Cinque tra le migliori commedie romantiche di sempre

Cinque tra le migliori commedie romantiche di sempre

Quante volte Hollywood vi ha fatto sognare? Certo, ci sono i film di fantascienza che sono capaci di lasciarvi negli occhi gli spazi desolati e i mondi inesplorati, così come ci sono i western che vi possono incantare con la Monument Valley e i duelli sotto il sole, ma pochi film possono farvi emozionare senza ricorrere a effetti speciali o paesaggi monumentali, basandosi unicamente sulla trama e l’interazione degli attori.

Tra questi ci sono sicuramente alcune commedie romantiche, genere in cui la cinematografia americana si è applicata con grande dedizione fin dagli anni ’30 ed in cui ha saputo produrre, al fianco di tanti film convenzionali, anche veri e propri capolavori, dotati di un humour sagace e contemporaneamente di una storia romantica e da sogno.

Abbiamo selezionato per voi cinque pellicole che, dalle origini fino ai tempi più recenti, hanno saputo secondo noi più delle altre creare, da questo punto di vista, la giusta alchimia: eccovele.


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1. Scandalo a Filadelfia

La nascita della commedia romantica sofisticata con Katharine Hepburn, Cary Grant e James Stewart

La commedia romantica, almeno quella di un certo livello, cominciò a solcare gli schermi americani attorno alla metà degli anni ’30, quando i primi effetti del New Deal rooseveltiano cominciarono a farsi sentire e il clima, dopo le tragedie del ’29, iniziava a rasserenarsi.

La gente, insomma, sembrava aver voglia di tornare a sorridere, e la commedia romantica metteva insieme, da questo punto di vista, sia le esigenze del pubblico femminile – che voleva una storia d’amore a lieto fine, magari interpretata da qualche bel divo del momento –, sia quelle del pubblico maschile, che, se doveva proprio sorbirsi del romanticismo, preferiva farlo in un film che strappasse qualche risata.

Cary Grant, il re della commedia rosa

La pietra miliare fu probabilmente Accadde una notte, uscito nel 1934 per la regia di Frank Capra e l’interpretazione di Clark Gable e Claudette Colbert, che riuscì a vincere tutti e cinque gli Oscar principali di quell’anno, spingendo le case di produzione a dare fiducia a tutta una serie di copioni che non aspettavano altro che un po’ di considerazione.

Nel giro di pochi anni il genere, così, si consolidò, con altri capolavori come La signora del venerdì e Susanna!, dove emerse tra l’altro il talento di Cary Grant, che divenne il re indiscusso del genere.

Il film che però a nostro avviso segna il coronamento di quell’epoca fu Scandalo a Filadelfia, datato 1940: in esso recitavano, agli ordini di George Cukor, tre star che sarebbero divenute leggendarie come lo stesso Grant, una Katharine Hepburn al massimo del suo fascino ed un giovane ma già affermato James Stewart.

La storia, ambientata a Philadelphia, raccontava le disavventure della bella e viziata Tracy Lord, che, dopo aver divorziato dal marito C.K. Dexter, col quale aveva un rapporto a dir poco burrascoso, meditava di sposarsi con il più tranquillo – ma anche noioso – George.

A rovinarle la festa però intervenivano lo stesso ex marito, deciso a riconquistarla, e il giornalista di una rivista scandalistica, incoraggiato dallo stesso ex a mettere i bastoni fra le ruote alla coppia.

L’Oscar a James Stewart

L’esito fu una commedia sofisticata tra le più memorabili mai prodotte ad Hollywood, in cui tutti gli attori davano grandi prove (Stewart venne anche premiato con l’Oscar, anche se in realtà dei tre era quello “meno in parte” e probabilmente il premio era un riconoscimento per il mancato Oscar dell’anno precedente per Mr. Smith va a Washington) e che è stata oggetto di numerosi remake nel tempo, tra cui il post-bellico Alta società con Grace Kelly, Bing Crosby, Frank Sinatra e Louis Armstrong.

Ultima nota a margine: non era affatto raro, in quei film degli anni Trenta e Quaranta, incappare in trame in cui coppie divorziate finivano per risposarsi; in realtà questo espediente era usato per evitare la censura nelle storie in cui in origine si voleva parlare di relazioni extraconiugali.

 

2. L’appartamento

Romanticismo in bianco e nero per Billy Wilder, Jack Lemmon e Shirley MacLaine

Rimaniamo su un film in bianco e nero – e per la verità l’ultima pellicola completamente in bianco e nero a vincere l’Oscar come miglior film, se si eccettua il recente The Artist – con L’appartamento, straordinaria pellicola del 1960 scritta e diretta da Billy Wilder assieme al fido I.A.L. Diamond.

La censura e le scappatelle extraconiugali

Erano passati solo vent’anni da Scandalo a Filadelfia, ma le maglie della censura si erano nel frattempo un po’ allentate e soprattutto Wilder era un maestro nel mettere in scena, tramite allusioni e riferimenti incrociati, qualcosa che normalmente non sarebbe stato ammesso (pensate solo alla carica sexy di Marilyn Monroe e al travestitismo di Jack Lemmon e Tony Curtis in A qualcuno piace caldo, girato solo l’anno prima).

Il protagonista di questo film era infatti l’impiegato C.C. Baxter (interpretato di nuovo da Lemmon), che per far carriera prestava il suo appartamento ai dirigenti della compagnia assicurativa per la quale lavorava, in modo che questi potessero avere un luogo in cui portare le loro amanti per le scappatelle extraconiugali.

Presto però Baxter si innamorava di una ragazza che lavorava agli ascensori dell’azienda (Shirley MacLaine, allora appena ventiseienne), scoprendo successivamente che era l’amante del potente capo del personale e salvandola pure da un tentativo di suicidio, fatto che lo avrebbe portato pian piano a prendere coscienza del proprio ruolo e dei propri doveri.

Lo smacco agli Oscar

Il film vinse cinque Oscar, tra i quali mancò però il riconoscimento a Lemmon, al quale fu ignominiosamente preferito il Burt Lancaster di Il figlio di Giuda; uno smacco verso l’attore – che comunque si aggiudicò il Golden Globe e avrebbe vinto la statuetta come attore protagonista una quindicina d’anni più tardi – che non passò inosservato, tanto è vero che perfino quarant’anni dopo, quando nel 2000 vinse la statuetta per American Beauty, Kevin Spacey volle ricordare quella straordinaria interpretazione di un attore col quale aveva tra l’altro lavorato in Americani.

Il trio Wilder-Lemmon-MacLaine avrebbe lavorato di nuovo assieme tre anni più tardi in un’altra straordinaria commedia romantica, Irma la dolce, in cui i temi scabrosi – e la critica alla società borghese, seppure nei toni leggeri della commedia americana – erano ancora di più messi in mostra visto che Irma era una prostituta parigina e il suo compagno un poliziotto integerrimo che si convertiva al ruolo di pappone.

 

3. Io e Annie

La commedia romantica e nevrotica di Woody Allen

Non è certamente una commedia romantica nel senso più tradizionale del termine, se non altro perché manca completamente il lieto fine, ma non ce la siamo sentita di escludere dalla cinquina Io e Annie, il capolavoro di Woody Allen in cui forse più che in ogni altro suo film si affronta il tema dell’amore, con sguardo disincantato, divertito ed onesto.

Alvy Singer e Annie Hall

La trama generale è di per sé molto banale: Alvy Singer, un comico newyorkese, racconta tramite un flashback la sua storia d’amore con Annie Hall, una ragazza preda di nevrosi quasi quanto lui e con la quale intrattiene un rapporto strano e sempre in bilico, fino a quando i due si lasciano e non intraprendono strade diverse.

I punti forti del film, però, non stanno tanto nel soggetto, quanto in altri fattori: intanto c’è l’abile sceneggiatura messa in piedi da Allen e Marshall Brickman, in cui il dialogo è sempre ricco di battute memorabili ma riesce anche ad approfondire la psicologia dei personaggi e a dire qualcosa di profondo e vero sull’amore.

C’è poi la regia di Allen, finalmente matura e capace di giocare con varie tecniche (lo split screen, i sottotitoli ad indicare i pensieri dei personaggi e così via).

Soprattutto, c’è una straordinaria Diane Keaton, che dà vita a uno dei personaggi più memorabili della storia del cinema, creando addirittura un look che ha fatto scuola e facendo da straordinaria controparte femminile per Allen come nessun’altra attrice è più riuscita a fare dopo di lei.


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I quattro premi Oscar

La pellicola, la prima in cui Allen allargava i suoi temi non creando solo una farsa ma un film complesso, fu premiata con quattro Oscar (miglior film, miglior regia, miglior attrice protagonista e miglior sceneggiatura originale) e portò Allen a proporre altre “commedie nevrotiche”, come lui amava definirle, di questo tipo nel corso degli anni.

Già due anni dopo uscì Manhattan, in cui forse è più forte l’elemento drammatico e malinconico, mentre in tempi più recenti possono essere annoverate in questo genere Tutti dicono I love you e Basta che funzioni, quest’ultima tra l’altro scritta e pensata proprio negli anni Settanta, a ridosso di Io e Annie, e poi accantonata per trent’anni.

 

4. Harry ti presento Sally

Nora Ephron e l’orgasmo simulato di Meg Ryan

Gli ultimi due film della nostra cinquina sono separati l’uno dall’altro da solo una manciata d’anni (il primo uscì nel 1989, il secondo nel 1993) e hanno per protagonista la stessa interprete femminile, Meg Ryan, ma sono segnati soprattutto dall’abilità di Nora Ephron, una delle più talentuose narratrici dell’amore dei tempi recenti.

Nata nel 1941 e purtroppo scomparsa, per leucemia, un paio d’anni fa, la Ephron è stata una delle più incisive sceneggiatrici degli anni ’80 e ’90 ad Hollywood, avendo messo la firma su Heartburn – Affari di cuore (con Meryl Streep e Jack Nicholson e parzialmente ispirato al tradimento che la stessa autrice subì da parte del secondo marito, il celebre giornalista Carl Bernstein, uno degli scopritori dello scandalo Watergate), C’è posta per te e le due pellicole che trovate qui di seguito, Harry ti presento Sally e Insonnia d’amore.

Il primo dei due film nacque da una serie di discussioni avute con l’amico regista Rob Reiner (da ragazzo, in qualità di attore, star di Arcibaldo e poi passato alla regia con This Is Spinal Tap, Stand by Me e un’altra famosa commedia romantica come La storia fantastica) riguardo alla domanda se fosse possibile un’amicizia tra uomo e donna.

Ne venne fuori così una sceneggiatura in parte ispirata alle fallimentari vicende amorose proprio di Reiner e della Ephron, sceneggiatura che poi lo stesso Reiner diresse affidando i ruoli principali a Billy Crystal (comico quarantenne con una buona carriera in TV ma al primo ruolo “a tutto tondo”) e Meg Ryan (all’epoca ventottenne con un passato nelle soap opera e un’unica pellicola di rilievo, Top Gun).

Incontrarsi di nuovo a distanza di anni

Il film fu un successo, sia per la sua disincantata narrazione delle vicende amorose dei due protagonisti – che si incontrano a distanza di vari anni, raccontandosi a vicenda le rispettive vicissitudini tra compagni che non vogliono sposarsi e donne con cui semplicemente il rapporto non funziona –, sia per alcune invenzioni come la celeberrima scena in cui Meg Ryan simula un orgasmo all’interno di un celebre ristorante newyorkese, scena che, a detta dei soggetti coinvolti, fu un’idea proprio dell’attrice e che le fruttò la sua prima nomination ai Golden Globe.

D’altro canto, il film si proponeva di essere un racconto a tutto tondo sull’amore e sui problemi della coppia, come dimostrano gli stacchi tra un incontro di Harry e Sally e l’altro, in cui Reiner riprese delle coppie navigate e reali intente a raccontare il loro primo incontro, avvenuto decenni di anni prima.

 

5. Insonnia d’amore

Appuntamento in cima all’Empire State Building

Dopo tante sceneggiature di successo, a metà anni ’90 Nora Ephron, ormai cinquantenne, si sentiva pronta per passare alla regia e dirigersi da sola le trame, sofisticate e romantiche, che era in grado di imbastire.

Arrivò così nel 1994 Insonnia d’amore, pellicola che come detto vedeva di nuovo il ruolo femminile affidato a Meg Ryan, ormai regina della commedia sentimentale, e quello maschile invece passare a Tom Hanks, a formare un trio affiatatissimo che avrebbe dato buona prova di sé anche cinque anni più tardi con C’è posta per te.

Da Chicago a Seattle a New York

La storia era quella di un vedovo di Chicago, Sam, che si trasferiva col figlio piccolo a Seattle, rimanendo da questi coinvolto in una telefonata a una radio in cui ricordava l’amore per la moglie perduta; a questa telefonata facevano seguito una serie di lettere di donne toccate dal racconto di Sam, tra cui la giornalista Annie che, incoraggiata dal film Un amore splendido (del 1957, con Cary Grant e Deborah Kerr, molto romantico ma anche strappalacrime), concordava col figlio di Sam un appuntamento in cima all’Empire State Building, a New York, la sera di San Valentino.

Sam e Annie avevano poi varie occasioni per conoscersi, ma per una serie di vicissitudini ed equivoci non riuscivano ad andare oltre a qualche incrocio di sguardi, non sapendo tra l’altro la vera identità l’uno dell’altro.

Il tutto fino a quando il figlio di Sam non fuggiva a New York, facendosi rincorrere dal padre proprio sulla cima del grattacielo mentre la giornalista finiva per lasciare il proprio ragazzo (interpretato da Bill Pullman) giusto in tempo per arrivare all’appuntamento, correndo comunque il rischio di mancare per ben due volte l’uomo e il figlio.

Il decollo di Tom Hanks

Il film, pur meno apprezzato dalla critica rispetto a Harry ti presento Sally – e d’altronde meno innovativo e ricco di invenzioni –, riscosse un enorme successo al botteghino.

Servì inoltre a rilanciare la stella di Hanks, che, dopo qualche buona prova a inizio carriera, era incappato in una serie di pellicole di scarso successo, riprendendosi poi a partire proprio dal 1993, visto che in quello stesso anno vinse anche l’Oscar per Philadelphia e firmò il contratto per Forrest Gump, il ruolo che l’avrebbe consacrato come probabilmente l’attore più importante degli anni Novanta.

 

E voi, quale commedia romantica preferite?

Ecco alcune tra le migliori commedie romantiche di sempre: vota la tua preferita.

 

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