Le 16 canzoni dei Queen più famose e belle

Freddie Mercury e Brian May dei Queen

I Queen sono uno di quei gruppi che non solo non hanno bisogno di presentazioni, ma sui quali ogni parola sembra essere banale e scontata. Sappiamo già tutto di questo storico quartetto inglese. Ne abbiamo ascoltato i dischi fino allo sfinimento, rivisto i concerti più celebri (da Montreal a Wembley), letto le biografie e pianto i lutti.

Freddie Mercury è stato una delle voci più potenti della storia del rock, ma anche un compositore e un musicista di raro spessore. Brian May gli faceva da perfetto contraltare con un’impostazione rock classica ma allo stesso tempo aperta alle novità.

La ritmica pressoché perfetta di Roger Taylor e John Deacon completava poi la formazione, anche se i due erano spesso anche autori di canzoni che finivano per entrare nella storia della band.

Vent’anni di una carriera travolgente

La parabola del quartetto è stata rapidissima e, purtroppo, relativamente breve. Il primo disco – Queen – uscì nel 1973. L’ultimo – Made in Heaven –, in un certo senso postumo, nel 1995.

In mezzo una ventina d’anni di carriera contrassegnata da straordinari successi, tanto che in vari sondaggi il pubblico britannico ha finito per sceglierli come la migliore rock band inglese di sempre, davanti a mostri sacri come i Beatles e i Rolling Stones.

Oggi i Queen esistono ancora, anche se non sono più una band attiva. I membri sono rimasti solo due, visto che, poco dopo la dipartita di Mercury, Deacon ha scelto di ritirarsi dalle scene. Inoltre, i due componenti rimasti preferiscono non produrre nuova musica col marchio “Queen”, ritenendo impossibile continuarne la storia.

Si svolgono, però, ormai abbastanza frequentemente dei tour, con la parte vocale che è stata affidata prima a Paul Rodgers e poi ad Adam Lambert. Tour che in una prima fase sono stati guardati con un certo sospetto dai fan, ma che ormai sono considerati come un bell’omaggio alla storia di uno dei gruppi più importanti di sempre.

Un omaggio che oggi vogliamo in un certo senso fare anche noi. Abbiamo infatti tentato di scegliere le canzoni più belle della storia dei Queen.

“Tentato” perché il compito in realtà non è dei più facili. La band inglese infatti ha svariato in tutta la sua carriera tra i generi – dal glam all’hard rock, dal pop alla classica –, cambiando pelle più volte eppure sempre rimanendo se stessa. Le canzoni meritevoli sono quindi tantissime.

Quelle che abbiamo scelto, però, ci sembrano avere una marcia in più. Ve ne raccontiamo la storia.

      

 

1. Bohemian Rhapsody (1975)

Non si può che partire da lì, dalla canzone che forse più di tutte rappresenta l’estetica dei Queen. Stiamo parlando, ovviamente, di Bohemian Rhapsody, il brano di traino di A Night at the Opera, quarto album della band.

Bohemian Rhapsody dei QueenPer i Queen fu, d’altronde, la canzone della svolta. I quattro venivano infatti da tre lavori più che discreti e che avevano venduto piuttosto bene, ma non volevano certo accontentarsi. Volevano diventare – secondo l’arroganza tipica di Mercury – la band più importante del mondo, e questo pezzo fu il loro biglietto da visita per guadagnarsi il titolo.

Un biglietto da visita di certo sontuoso. Scritta da Freddie Mercury, la canzone è un collage di diverse sezioni, tra loro molto diverse ma che riescono a stare magicamente assieme.

 
Parte come un brano a cappella, si trasforma in ballata, diventa poi un pezzo di opera lirica prima di ritornare sui suoi passi passando anche per l’hard rock più puro, in una struggente lotta tra la voce di Mercury e gli strumenti dei suoi compagni.


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Terzo singolo più venduto di sempre in Gran Bretagna, seconda canzone più trasmessa della storia alla radio, Bohemian Rhapsody è non solo uno dei brani più importanti dei Queen, ma dell’intera storia del rock. E, a completare l’opera, fu in assoluto anche uno dei primi pezzi per cui fu registrato un videoclip d’accompagnamento.

      

 

2. Somebody to Love (1976)

Dopo il successo stratosferico di A Night at the Opera, i Queen erano chiamati alla prova più importante: non perdersi. L’anno immediatamente successivo pubblicarono quindi un album che, per quanto non potesse tenere il passo con il capolavoro del 1975, si dimostrava comunque un buon lavoro.

Somebody to Love dei QueenLa prova, sostanzialmente, che la band non si era affatto lasciata andare, ma stava continuando a esplorare nuovi territori.

A Day at the Races, in realtà, non era neppure un disco troppo nuovo. Il titolo richiamava, come A Night at the Opera, i film del fratelli Marx, e infatti l’idea dei Queen era di creare due dischi a loro modo imparentati.

 
E, in un primo momento, anche di farli uscire assieme, in un album doppio. Solo i discografici, preoccupati per gli alti costi delle registrazioni della band, avevano obbligato i quattro a sdoppiare i due lavori.

Quando il rock si trasforma in gospel

Anche in A Day at the Races il fulcro si trovava nella seconda metà dell’album, quando partiva Somebody to Love. La canzone era scritta anche in questo caso da Freddie Mercury e faceva ampio uso delle voci dei suoi soci, quasi a diventare un brano gospel.

Ai cori, come spesso accadeva, parteciparono Brian May e Roger Taylor, ma non John Deacon, che era il più timido del gruppo e il meno dotato vocalmente. Ne venne fuori un brano che manifesta ancora oggi la grande varietà di stili della band ma che è anche entusiasmante.

      

 

3. We Will Rock You (1977)

Gli anni ’70 dei Queen si conclusero con due altri album di ottimo impatto commerciale: News of the World, che uscì nel 1977, e Jazz, del 1978. Entrambi, in realtà, finirono per soddisfare alcuni e scontentare altri sia tra i critici che tra i fan della prima ora.

We Will Rock You dei QueenDa un lato, il sound diventava in molti brani più semplice, tanto che qualcuno parlò di un passaggio dall’hard rock al soft rock. Dall’altro, alcuni pezzi erano sì destinati a diventare inamovibili nelle scalette live del gruppo, ma altri sembravano semplici riempitivi o canzoni troppo interlocutorie.

L’inizio di News of the World, però, era una di quelle partenze che restano nella storia della musica. L’album che in copertina mostrava un robot si apriva infatti con We Will Rock You e We Are the Champions, due tra le canzoni più famose e cantate dell’era moderna.

 
Che da allora vennero spesso eseguite insieme dai Queen anche durante i concerti, in una sorta di medley.

L’inno scritto da Brian May

We Will Rock You era stata scritta da Brian May ed era un inno semplicissimo nell’impostazione, ma disarmante nella sua capacità di catturare il pubblico. L’accompagnamento, per gran parte del brano, era dato solo dal battere dei piedi e delle mani, su cui si stagliava la voce potente di Freddie Mercury, fino al ritornello urlato in coro.

Tutto questo ha fatto sì che We Will Rock You sia stato reinciso, reinterpretato e parodiato milioni di volte. Basti pensare, citando solo le versioni umoristiche, alle cover di Elio e le storie tese, dei Gem Boy e dei Muppets.

      

 

4. We Are the Champions (1977)

Come detto, a fare il paio con We Will Rock You, News of the World presentava anche We Are the Champions, un pezzo debordante, enfatico ed eccessivo, che però è entrato nella storia. Se dovessimo giudicarlo oggi, infatti, lo troveremmo probabilmente due o tre spanne sopra al buon gusto.

We Are the Champions dei QueenLe stesse liriche scritte da Mercury – ancora una volta autore del brano – in cui ci si autoproclama “campioni del mondo” non hanno alcuna profondità. Ma proprio qui sta la forza dei Queen e del brano.

A quel punto della carriera, infatti, la formazione capitanata da Freddie Mercury aveva già capito che, oltre a dare il meglio di sé in sala d’incisione, sapeva darlo anche nelle arene e negli stadi.

 
Vero animale da palcoscenico, Mercury aveva messo da parte ogni timidezza (ammesso che ne avesse mai realmente avuta) ed era diventato padrone delle folle. Una capacità che negli anni ’80 avrebbe toccato l’apice. Serviva quindi, come raccontò poi Brian May, un inno da stadio, da cantare assieme al pubblico e sulle cui note farsi trascinare.

La trasformazione dei Queen in animali da stadio

Con queste intenzioni il cantante nato col nome di Farrokh Bulsara scrisse We Are the Champions. Un brano talmente pieno da diventare magnifico e talmente retorico da diventare epico.


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Da allora, la canzone è stata eseguita miliardi di volte, ed è probabilmente quella da cui i Queen rimanenti traggono i maggiori profitti in termini di royalties, visto che viene suonata in praticamente ogni evento sportivo, dal torneo di quartiere ai Mondiali di calcio.

      

 

5. Don’t Stop Me Now (1978)

Probabilmente faremo dispiacere chi ha amato i Queen degli anni ’80, ma la prima parte del nostro percorso nella storia del quartetto si conclude con un altro brano dei seventies, Don’t Stop Me Now. Non che nel decennio successivo i Queen non abbiano registrato dei pezzi straordinari, e ne parleremo nei prossimi paragrafi.

Don't Stop Me Now dei QueenNon possiamo però qui non citare Under Pressure (con David Bowie), The Show Must Go On, Another One Bites the Dust o Crazy Little Thing Called Love. Ma era per noi impossibile lasciare fuori il brano tratto da Jazz.

Don’t Stop Me Now comparve infatti alla traccia numero 12 di quel disco, penultimo pezzo prima della chiusa con More of That Jazz. Scritto per l’ennesima volta da Mercury, dava grande rilevanza al piano suonato dallo stesso cantante, ma si configurava anche come un inno alla sfrenatezza.

 
La fine degli anni ’70, infatti, erano un momento in cui sia Mercury, sia più in generale la società britannica stavano scoprendo una nuova libertà e una nuova sessualità, più leggera ed entusiastica.

Il successo anche negli ultimi anni

Il brano è in effetti trascinante e ha guadagnato consensi nel corso degli anni. All’inizio, infatti, fu un mezzo flop nelle classifiche di mezzo mondo, ma oggi – grazie anche agli spot TV e ai film che lo usano – è un classico della band.

Basti dire che la celebre trasmissione televisiva inglese Top Gear l’ha eletta la miglior canzone per chi è alla guida, mentre un importante studio di un neuropsichiatra l’ha scelta come la canzone che più di tutte stimola un sentimento positivo in chi l’ascolta.

      

 

Altre 11 canzoni dei Queen, oltre alle 5 già segnalate

Come promesso, però, la cinquina iniziale va assolutamente allargata. Qui di seguito vi presentiamo infatti altre 11 canzoni che non potete non conoscere, se volete ritenervi anche solo lontanamente dei fan dei Queen. Eccole, in ordine cronologico.

 

Killer Queen (1974)

Killer Queen fu il brano che cambiò la sorte dei Queen, quello che per primo li fece volare nelle parti alte delle classifiche britannica e americana. Scritto da Freddie Mercury – per una volta prima per il testo e poi per la musica –, comparve nel terzo album del gruppo, Sheer Heart Attack.

Rispetto agli esordi hard rock, questa canzone addolciva di molto le sonorità, pur mantenendo un classico stile-Queen. Memorabili, in questo senso, i cori di accompagnamento e gli assolo di Brian May, che pure non riuscì a partecipare pienamente alla scrittura per via di vari problemi di salute.

You’re My Best Friend (1975)

Come abbiamo scritto, A Night at the Opera è un capolavoro noto soprattutto per la presenza di Bohemian Rhapsody. L’album, però, è pieno zeppo di pietre miliari della storia dei Queen, e tra queste bisogna citare almeno You’re My Best Friend.

Il pezzo, classicamente d’amore, fu scritto da John Deacon, il bassista del gruppo, che volle dedicarlo alla moglie Veronica. Proprio Deacon vi si esibiva, oltre che al basso, anche al pianoforte elettrico Wurlitzer, che Freddie Mercury non amava invece suonare.

 

Fat Bottomed Girls (1978)

Nel 1978 i Queen pubblicarono Jazz, un disco che conteneva due tracce tra loro strettamente legate, che poi sarebbero state pubblicate insieme anche nel singolo. Si trattava di Bicycle Race e Fat Bottomed Girls, pezzi che si richiamavano anche reciprocamente in un paio di versi.

Il secondo di questi brani è ancora oggi uno dei più amati della band. Scritto da Brian May, la cui voce ha un ruolo fondamentale nel ritornello, è una canzone dedicata a una groupie un po’ corpulenta che aveva accompagnato la band durante la tournée statunitense.

Crazy Little Thing Called Love (1979)

Crazy Little Thing Called Love fu il primo singolo estratto da The Game, l’album con cui i Queen si affacciavano agli anni ’80. E fu un brano molto particolare, in primo luogo perché abbandonava le sonorità più dure della band per abbracciare un rockabilly d’annata.

Il pezzo, d’altra parte, era stato scritto in preda a un impulso creativo dello stesso Freddie Mercury poche ore prima che venisse inciso. Secondo la leggenda, il cantante stava facendo il bagno in una camera d’albergo di Monaco di Baviera quando gli venne in mente il motivetto centrale, che poi espanse fino a formare l’intera canzone.

 

Another One Bites the Dust (1980)

L’album The Game conteneva un’altra canzone destinata a rimanere nel cuore dei fan dei Queen, Another One Bites the Dust. Una canzone in cui i membri della band non avevano troppa fiducia, ma che furono convinti a pubblicare come singolo dopo le insistenze di Michael Jackson, che vi aveva intravisto ottime possibilità commerciali.

In effetti il pezzo andò benissimo proprio nel Nord America, dove l’influenza del funky e della disco music – ben presenti nell’arrangiamento – erano più forti. La canzone, d’altronde, era stata scritta dal bassista della band, John Deacon, a partire da un riff molto simile a quello di Good Times degli Chic.

Under Pressure (1981)

Nel 1981 la popolarità del gruppo era ormai vicina ai massimi storici. Così non era raro che altri artisti volessero collaborare con Mercury e soci, anche quando pure loro stessi erano delle star di prima grandezza. Ad esempio proprio in quell’anno David Bowie si recò in studio di registrazione per partecipare ai cori di Cool Cat.

La sua comparsata nel brano dei Queen però non lo soddisfò, e chiese ai quattro di cancellarla. In cambio, il gruppo decise di provare con lui a riprendere in mano un vecchio pezzo incompiuto, all’epoca chiamato Feel Like. La canzone mutò in una lunga jam session, divenendo Under Pressure, un grande successo internazionale.

 

Radio Ga Ga (1984)

Nei primi anni ’80 i Queen, come abbiamo in parte già detto, attraversarono alti e bassi sia a livello qualitativo, sia nelle vendite. The Works, datato 1984, andò però molto bene, trainato dalla sua canzone d’apertura nonché primo singolo: Radio Ga Ga.

La canzone era stata scritta da Roger Taylor, ispirandosi ad alcune parole pronunciate dal figlio piccolo ma anche come omaggio all’epoca d’oro della radio, che ormai sembrava giunta al tramonto. A trainare il singolo fu anche l’ipnotico video realizzato a partire dalle immagini del classico del cinema muto Metropolis.

I Want to Break Free (1984)

I Want to Break Free merita di essere inclusa in questa nostra lista, oltre che per la sua bellezza, anche per quello che rappresentò. Scritta da John Deacon, venne accompagnata infatti da un video controverso, che ebbe un enorme successo in Europa ma fu invece censurato in America, dove MTV si rifiutò per anni di trasmetterlo.

In esso infatti i quattro componenti della band si presentavano vestiti in abiti femminili, intenti in lavori di casa. L’idea provocatoria era venuta in mente alla fidanzata di Roger Taylor, che propose ai Queen di realizzare una parodia della soap opera inglese Coronation Street. Ma in America non la presero benissimo.

 

Who Wants to Live Forever (1986)

Ci avviciniamo alla fine. L’album A Kind of Magic fu pubblicato nel 1986, terzultimo realizzato con Mercury ancora vivo e l’ultimo prima di una pausa. Inoltre il tour che seguì a quest’album fu l’ultimo condotto dalla band al completo, visto che poi la malattia di Mercury prese il sopravvento.

Il disco era in realtà la colonna sonora del film Highlander, ma funzionava bene anche da solo. E lo dimostra questa Who Want to Live Forever, canzone scritta da Brian May, che ne esegue alla voce anche la prima strofa, prima di cedere il microfono a Mercury.

Innuendo (1991)

Innuendo chiuse in un certo senso il cerchio della carriera dei Queen. Se Bohemian Rhapsody era stata la canzone che aveva proiettato il gruppo nell’olimpo dei grandi, Innuendo era il suo corrispettivo negli anni ’90 e in fondo il canto del cigno del gruppo.

Anche qui, infatti, il brano rincorreva e fondeva tra loro diversi stili, dall’hard rock al flamenco, dal progressive all’opera. Il tema fu scritto da tutti i membri della band, ma è da sottolineare anche l’aiuto di Steve Howe, chitarrista degli Yes, che suonava l’assolo di chitarra flamenco.

 

The Show Must Go On (1991)

Concludiamo con The Show Must Go On, il cui singolo uscì appena sei settimane prima della morte di Freddie Mercury. Anche per questa coincidenza di date, fin da subito i fan sono stati portati a pensare che la canzone costituisse in un certo senso il testamento spirituale del cantante della gruppo.

In realtà, non fu Freddie Mercury a scrivere la canzone, ma il chitarrista Brian May. Ad ogni modo a cementare l’idea di “ultimo brano” fu anche il videoclip, che fu realizzato unendo immagini di vecchi video e concerti, visto che ormai Mercury non era più in grado di stare davanti a una telecamera.

 

E voi, quale canzone dei Queen preferite?

Ecco cinque straordinarie canzoni dei Queen: vota la tua preferita.

 

Segnala altre indimenticabili canzoni dei Queen nei commenti.

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