
Se amate il rock, non potete non amare la chitarra. Quello strumento è spesso stato, anzi, il simbolo principale di questo genere musicale, il depositario degli assolo più memorabili e il catalizzatore delle attenzioni di numerosi fan. D’altronde, il suono della chitarra elettrica genera subito nella mente e nell’animo le sensazioni del rock. Ma quali sono i chitarristi famosi più importanti di sempre?
Rispondere a questa domanda è più complicato di quanto possa sembrare a prima vista. Perché le migliori rock band hanno tutte esibito almeno un grande chitarrista, ma è molto difficile mettere in ordine i cosiddetti “mostri sacri“, soprattutto quando arrivano da epoche diverse.
Si possono paragonare, infatti, Kurt Cobain e Carlos Santana? George Harrison e Slash? Jimmy Page e Brian May? E soprattutto si può scegliere, promuovendone uno e bocciandone altri? E considerate che non abbiamo ancora citato Jimi Hendrix o Eric Clapton, giusto per complicarci ulteriormente la vita.
Ci rendiamo conto, insomma, che quello che vi chiediamo di fare è molto difficile. Ma, allo stesso tempo, pensiamo che possa essere divertente capire i vostri gusti e portarvi a riflettervi sopra, nel tentativo di individuare il più grande chitarrista della storia del rock.
Leggi anche: Cinque famosi assolo di chitarra elettrica
Così, abbiamo deciso di dedicare la nuova puntata del nostro tradizionale sondaggio “#5cosesocial” proprio a questo tema. Ecco che risultati ha dato e come sono andate le votazioni.
Indice
1. Jimi Hendrix
A trionfare in maniera molto netta nel nostro sondaggio è stato Jimi Hendrix. E non poteva, probabilmente, essere altrimenti. Hendrix è stato il più innovativo chitarrista che si sia mai visto su un palco rock, capace di introdurre sonorità che fino ad allora nessuno aveva mai ascoltato, e di fare letteralmente scuola.
Nato a Seattle nel 1942, proveniva da una famiglia di colore che vantava anche dei nativi americani tra i propri antenati. Povero, rimasto orfano di madre durante l’adolescenza, cominciò a strimpellare grazie a una chitarra regalatagli dal padre. Ma la giovinezza fu piuttosto turbolenta, con anche un arresto e qualche settimana nell’esercito.
Nei primi anni ’60 cominciò a farsi conoscere come chitarrista, cambiando varie volte formazione. Fu però solo nel 1966, grazie soprattutto all’interessamento di colleghi e discografici inglesi, che cominciò ad incidere e a dar vita ad alcune leggendarie esibizioni live.
Con la Jimi Hendrix Experience, una band formata da lui ed altri due elementi, diede alle stampe i primi singoli, tra cui anche Hey Joe, che rimane ancora oggi il suo pezzo più famoso. Furono però soprattutto i concerti a cementare la sua fama, a partire dal Festival di Monterey del 1967.
La morte prematura
Durante l’esibizione di Monterey, Hendrix arrivò addirittura ad incendiare la propria chitarra, dopo un’esibizione memorabile che lo aveva visto sfruttare lo strumento in modi inediti e perfino sensuali. Tutto questo ne aumentò la fama e ne fece decollare le vendite.
Nel giro di poco tempo il trio che aveva Jimi come guida incise vari pezzi ed album, ma arrivò anche alla rottura. Hendrix non era infatti un musicista con cui era facile suonare, e l’isteria (dei fan, delle forze dell’ordine, dello stesso chitarrista) portava i conflitti ad esasperarsi.
Così nel 1969 nel celeberrimo Festival di Woodstock si presentò con una formazione nuova ed allargata. Suonò all’alba dell’ultimo giorno della manifestazione, con una performance forse inferiore di quella di Monterey ma comunque significativa. Soprattutto per la sua versione – distorta e memorabile – dell’inno americano.
Purtroppo la sua vita si sarebbe interrotta poco dopo. Morì la mattina del 18 settembre 1970 in Germania, dove si trovava per un concerto, probabilmente soffocato dal suo stesso vomito dovuto a un cocktail di alcool e tranquillanti da poco ingerito. Aveva, come vuole la maledizione di alcuni dei più grandi rocker, 27 anni.
[wpzon keywords=”jimi hendrix” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
2. David Gilmour
La vera sorpresa della finale è stato probabilmente il nostro secondo classificato, David Gilmour, storico chitarrista dei Pink Floyd.
Sorpresa non perché il suo nome non sia da annoverare tra i massimi interpreti di questo strumento musicale, ma perché in genere il suonare all’interno di un gruppo di cui non sei (o non sei sempre stato) il leader assoluto finisce per penalizzarti un po’.
In effetti, nei Pink Floyd Gilmour ha dovuto a lungo condividere la scena con altri musicisti di livello eccellente, primo fra tutti Roger Waters, dalla personalità a suo modo molto ingombrante. Negli ultimi decenni, però, Gilmour è diventato il leader di quel che rimaneva del suo gruppo d’origine e ha continuato ad incidere anche come solista.
Nella nostra finale ha addirittura insidiato la leadership di Hendrix, ma molto bene aveva fatto anche nelle fasi preliminari del sondaggio, imponendosi nei quarti davanti a Jimmy Page (che avrebbe poi ritrovato nell’ultimo atto) e in semifinale davanti a mostri sacri come Mark Knopfler, Stevie Ray Vaughan e Randy Rhoads.
Nei Pink Floyd e da solo
Nato a Cambridge nel 1946, Gilmour proviene da una famiglia benestante e acculturata. Il padre insegnava zoologia all’università, mentre anche la madre era un’insegnante. Imparò così a suonare la chitarra a scuola, in un istituto che sorgeva quasi di fianco a quello frequentato da Syd Barrett, il primo leader dei Pink Floyd.
Proprio per sopperire alle mancanze di Barrett – sempre più vittima delle droghe – dopo qualche esperienza in gruppi minori fu assunto, nel 1968, all’interno di quella band. All’inizio doveva sostenere il leader durante le esibizioni live, ma quando quest’ultimo uscì dalla band Gilmour prese un posto importante negli equilibri del gruppo.
Nacquero così – dalla fusione tra gli stili di Gilmour e Waters – alcuni capolavori della storia del rock come The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here. Gilmour diede il suo contributo compositivo e canoro, ma si fece notare anche per alcuni assolo memorabili.
Ad un certo punto, a causa anche dei contrasti con Waters, cominciò a pubblicare album solisti, che hanno mostrato ulteriormente il suo talento. E quando il bassista lasciò la band, ne divenne la guida, dando vita a qualche altro apprezzato album.
[wpzon keywords=”david gilmour” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
3. Jimmy Page
Il terzo gradino del nostro podio viene occupato da un chitarrista che avrebbe potuto posizionarsi anche al primo posto, a seconda dei gusti: il Jimmy Page che inventò l’hard rock e che è riuscito a farsi inserire per due volte nella Hall of Fame del rock, sia come membro degli Yardbirds che dei Led Zeppelin.
Nato a Londra nel 1944, imparò a suonare prendendo lezioni da Jim Sullivan, solido musicista di fine anni ’50 che fu anche maestro di un altro pezzo da 90 della chitarra elettrica come Ritchie Blackmore. Inizialmente attratto dal blues, abbandonò la scuola a 16 anni per dedicarsi esclusivamente alla musica.
All’inizio degli anni ’60 cominciò a lavorare come turnista in vari studi di registrazione, collaborando ad incisioni di Marianne Faithfull, Van Morrison, Rolling Stones, Brenda Lee, Kinks, Who ed altri. In questi anni conobbe e divenne amico di altri due grandi chitarristi che hanno combattuto nel nostro sondaggio, Jeff Beck ed Eric Clapton.
Questi due nomi sono importanti, perché tra il 1964 e il 1965 a Page venne offerto di entrare negli Yardbirds proprio al posto di Clapton. Visto che però guadagnava di più come turnista e che temeva che Clapton se ne risentisse, Page rifiutò, facendo però il nome di Beck, che così entrò nella formazione.
Dagli Yardbirds ai Led Zeppelin
Page sarebbe comunque entrato nella formazione poco tempo dopo, anche se le rivalità interne avrebbero presto portato allo scioglimento del gruppo. Dalle sue ceneri, Page riuscì però a costituire i Led Zeppelin, che sarebbero diventati uno dei gruppi di maggior successo e alchimia della storia della musica rock.
Lì introdusse un nuovo modo di suonare. Registrò brani in cui abbondavano distorsioni e slide, alternando i suoi suoni più duri all’utilizzo anche di chitarre acustiche. In certi casi arrivò addirittura ad utilizzare un archetto da violino, in un delirio di sperimentazioni che ispirò molti dei chitarristi che vennero dopo di lui.
Il suo lavoro più famoso fu probabilmente l’assolo di Stairway to Heaven, giudicato da decine di classifiche come il più bello di tutti i tempi, ma Page dimostrò soprattutto una grandissima versatilità, facendosi notare anche per l’utilizzo prima della Fender Telecaster e poi della Gibson EDS-1275.
Nel 1980, in seguito alla morte del batterista John Bonham, i Led Zeppelin si sciolsero. Page da quel momento in poi ha cominciato a collaborare con vari artisti, sia intervenendo nella registrazione di alcuni album, sia accompagnando qualche esibizione live. Non ha però mai dato particolare continuità a queste collaborazioni.
[wpzon keywords=”jimmy page” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
4. Brian May
Se Jimi Hendrix era l’assoluto e indiscutibile leader delle formazioni in cui suonava, David Gilmour e Jimmy Page dovettero dividere per lungo tempo la ribalta con un altro musicista – Roger Waters il primo, Robert Plant il secondo – con cui si spartivano, all’interno del gruppo, oneri e onori.
Brian May, il quarto classificato del nostro elenco, fu invece un elemento importantissimo dei Queen, ma non ne fu mai il frontman, né poté mai oscurare la luce del cantante, Freddie Mercury. Colpa non tanto del talento, che anche May aveva (e ha) in grande quantità, quanto piuttosto della personalità debordante del collega.
Ad ogni modo, se i Queen sono stati una delle band di riferimento degli anni ’70 e ’80 lo si deve in buona parte proprio a questo chitarrista riccioluto, che forse nessuno si aspettava di vedere nella cinquina finale ma che ha, invece, ancora un alto numero di estimatori.
Leggi anche: Cinque famosi pezzi per chitarra classica
D’altronde, May non fu solo un grande esecutore, ma anche un importantissimo autore. Alcuni dei brani più celebri del gruppo portano la sua firma pressoché esclusiva, e anche in tutti gli altri mise spesso il suo zampino. Tra le sue opere bisogna menzionare, ad esempio, We Will Rock You, Who Want to Live Forever e The Show Must Go On.
La chitarra dei Queen
Nato a Londra nel 1947, arrivò alla chitarra partendo dal pianoforte, che aveva studiato da bambino. Visto che la famiglia non aveva grandi risorse ma il padre si dilettava anche di ingegneria, nell’adolescenza arrivò a costruirsi una propria chitarra, la Red Special, che utilizza ancora oggi ed è un oggetto di culto per i fan.
All’università incontrò altri musicisti con cui, nei primi anni ’70, diede vita ai Queen. Nel frattempo la musica però non era rimasta la sua unica occupazione, visto che si era anche laureato con lode in fisica ed aveva iniziato un dottorato in astrofisica, che dovette però poi abbandonare. L’avrebbe terminato circa trent’anni più tardi.
Nel frattempo i Queen e May stesso cominciarono a cementare il loro sound, fatto di sferzate hard rock (soprattutto agli inizi) ma anche di una vocazione polifonica. Brian May riuscì a tener fede a questo impegno soprattutto grazie a una serie di sovraincisioni durante la registrazione dei vari brani.
Anche dal vivo, però, il chitarrista dei Queen diede sempre ottima prova di sé, e soprattutto negli anni ’80 i suoi assolo trovarono ampio spazio nelle esibizioni che la band teneva davanti a folle oceaniche. Esibizioni che, dopo la morte di Freddie Mercury, May ha continuato occasionalmente a proporre in varie tournée e concerti, anche per fini benefici.
[wpzon keywords=”queen” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
5. Mark Knopfler
Al quinto posto della nostra classifica si piazza un vero e proprio virtuoso dello strumento, Mark Knopfler. Personaggio schivo e modesto, da molti anni lontano dallo star system per sua precisa scelta, non è stato dimenticato dai fan, che continuano – giustamente – a ritenerlo un maestro.
Nato a Glasgow, in Scozia, nel 1949, Knopfler ha origini molto particolari. La madre era infatti una insegnante scozzese, ma il padre era un immigrato ungherese scappato dalla sua patria perché oppositore del regime filonazista che vi era sorto prima della guerra. Anche il padre era un intellettuale, architetto e scacchista.
I genitori diedero quindi al giovane figlio un’attitudine verso lo studio che lui poi coniugò con l’amore per la chitarra, dovuta anche ad uno zio musicista. Fan di Bob Dylan, da ragazzo formò alcuni gruppi folk e rockabilly, spostandosi poi in Inghilterra per studiare.
Mentre cercava di sfondare nel mondo della musica ottenne prima una specializzazione come giornalista, che gli consentì di trovare impiego per qualche tempo a Leeds, e poi una laurea in letteratura, con cui cominciò a lavorare come insegnante.
I Dire Straits e la carriera solista
Nel 1977, dopo vari tentativi, riuscì a dar vita a una band finalmente duratura, i Dire Straits. Il gruppo – che suonava una musica fuori moda, in controtendenza rispetto al gusto new wave e punk – fu notata grazie a uno dei suoi primi pezzi, Sultans of Swing, e riuscì ad ottenere un contratto discografico.
Fin da subito, la chitarra di Knopfler divenne il tratto distintivo del suono della band. Anche perché il frontman la suonava in maniera molto originale, senza usare il plettro, sfruttando molti abbellimenti e legati. Il tutto era dovuto al fatto che, pur mancino, teneva la chitarra come un destrorso e quindi usava la mano forte sulla tastiera.
I lavori del gruppo iniziarono poi ad avere ottimi riscontri, nonostante si facessero via via sempre più elaborati e complessi. L’apice del successo commerciale fu raggiunto nel 1985 con Brothers in Arms, un album che ottenne 14 dischi di platino in Gran Bretagna e 9 negli Stati Uniti.
Da quel momento in poi, spaventato dall’enorme attenzione mediatica, Knopfler decise di diradare gli impegni. I Dire Straits pubblicarono un ultimo ulteriore album, sei anni più tardi, ma lui si dedicò sostanzialmente alla carriera solista, alla composizione di colonne sonore e soprattutto a numerose collaborazioni come chitarrista di qualità.
[wpzon keywords=”mark knopfler” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
Come ha funzionato #5cosesocial
I gironi sui chitarristi famosi
Per chi non lo conoscesse, sotto l’hashtag #5cosesocial noi realizziamo da mesi dei sondaggi su svariati temi, che proponiamo ai fan della nostra pagina Facebook. Lì ai nostri lettori vengono sottoposti dei gironi formati da cinque elementi, all’interno dei quali bisogna scegliere il proprio preferito.
Così abbiamo fatto anche coi chitarristi rock. Ne abbiamo selezionati inizialmente 30, che sono stati divisi in 6 gironi da 5 musicisti ciascuno. Ogni giorno vi abbiamo proposto dunque uno di questi gironi: i primi due artisti più i tre migliori terzi hanno passato il turno, accedendo alle semifinali.

Lì si sono scontrati i 15 chitarristi rimasti, organizzati in 3 gironi sempre da 5 elementi ciascuno. I primi classificati di ogni semifinale più i due migliori secondi sono poi giunti, infine, alla finalissima. Tutto è avvenuto tra il 26 e il 31 marzo per quanto riguarda i quarti di finale e tra il 2 e il 4 aprile per le semifinali. La finale si è svolta il 6 aprile.
Ci rimane da dirvi, però, come si è votato. Come già accaduto con altri nostri sondaggi, su Facebook i nostri fan hanno espresso il loro parere usando i “like button”, le reazioni: mettere il cuore, il sorriso, la faccia stupita, quella arrabbiata o la lacrimuccia ha permesso di dare il voto al chitarrista preferito.
Ma ecco i gironi e i risultati che si sono via via registrati.
Quarti di finale
Gruppo A: 26/3/2018
George Harrison: 9,06%
Jimi Hendrix: 49,74%
Brian May: 32,66%
Tom Morello: 6,10%
Neil Young: 2,44%
Hanno votato 1.148 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno Jimi Hendrix e Brian May. George Harrison concorrerà invece per l’eventuale ripescaggio.
Gruppo B: 27/3/2018
Duane Allman: 6,18%
Eric Clapton: 48,29%
Kurt Cobain: 18,82%
Joe Satriani: 17,20%
Pete Townshend: 9,51%
Hanno votato 1.052 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno Eric Clapton e Kurt Cobain. Joe Satriani correrà invece per il ripescaggio.
Gruppo C: 28/3/2018
David Gilmour: 41,73%
Tony Iommi: 10,14%
Jimmy Page: 37,32%
Johnny Ramone: 3,08%
Steve Vai: 7,73%
Hanno votato 1.203 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno David Gilmour e Jimmy Page. Tony Iommi rimane in corsa invece per l’eventuale ripescaggio.
Gruppo D: 29/3/2018
Carlos Santana: 28,28%
Stevie Ray Vaughan: 28,05%
Jack White: 3,62%
Angus Young: 25,23%
Frank Zappa: 14,82%
Hanno votato 884 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno Carlos Santana e Stevie Ray Vaughan. Angus Young concorrerà per il ripescaggio.
Gruppo E: 30/3/2018
Jeff Beck: 15,60%
Chuck Berry: 31,97%
John Frusciante: 20,13%
Kirk Hammett: 10,62%
Randy Rhoads: 21,68%
Hanno votato 904 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno Chuck Berry e Randy Rhoads. John Frusciante concorrerà invece per il ripescaggio.
Gruppo F: 31/3/2018
The Edge: 5,10%
Mark Knopfler: 38,04%
Keith Richards: 11,91%
Slash: 24,65%
Eddie Van Halen: 20,30%
Hanno votato 1.217 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passano il turno Mark Knopfler e Slash. Eddie Van Halen potrebbe però essere ripescato.
Girone dei migliori terzi
Angus Young (gruppo D): 25,23%
Eddie Van Halen (gruppo F): 20,30%
John Frusciante (gruppo E): 20,13%
Joe Satriani (gruppo B): 17,20%
Tony Iommi (gruppo C): 10,14%
George Harrison (gruppo A): 9,06%
Vengono ripescati Angus Young, Eddie Van Halen e John Frusciante.
Semifinali
Gruppo 1: 2/4/2018
Chuck Berry: 8,84%
Jimi Hendrix: 48,80%
Carlos Santana: 13,58%
Slash: 18,46%
Eddie Van Halen: 10,32%
Hanno votato 1.414 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passa il turno Jimi Hendrix, mentre Slash concorrerà per l’eventuale ripescaggio.
Gruppo 2: 3/4/2018
Eric Clapton: 21,60%
John Frusciante: 9,34%
Brian May: 25,19%
Jimmy Page: 33,39%
Angus Young: 10,48%
Hanno votato 1.755 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passa il turno Jimmy Page. Brian May invece tenterà di essere ripescato.
Gruppo 3: 4/4/2018
Kurt Cobain: 9,42%
David Gilmour: 43,28%
Mark Knopfler: 23,49%
Randy Rhoads: 10,85%
Stevie Ray Vaughan: 12,96%
Hanno votato 1.890 persone (qui il sondaggio su Facebook).
Passa il turno David Gilmour. Mark Knopfler concorrerà invece per il ripescaggio.
Gruppo dei migliori secondi
Brian May (gruppo 2): 25,19%
Mark Knopfler (gruppo 3): 23,49%
Slash (gruppo 1): 18,46%
Vengono ripescati Brian May e Mark Knopfler.
La finale
6 aprile 2018
David Gilmour: 22,94%
Jimi Hendrix: 29,65%
Mark Knopfler: 11,05%
Brian May: 16,69%
Jimmy Page: 19,67%
Note e approfondimenti
[-] Per i nostri sondaggi abbiamo utilizzato foto di Adriangregori, Alterna2, Vtpeters, Heinrich Klaffs, Adam Bielawki, Alberto Carrasco, Larry Philpot, Matt Becker, Heinrich Klaffs, Chris Hakkens, Kreepin Deth, xrayspx, aherrero, Daigo Oliva.