
Ogni paese ha un lungo elenco di misteri irrisolti. Alcuni hanno un retroterra politico, altri criminale. Altri ancora, invece, sono semplicemente dei fatti inspiegabili che sfociano nel paranormale e alimentano i siti inquietanti e complottisti.
In molti di questi casi, le autorità o i giornali hanno investigato a lungo, cercando di dipanare i dubbi e risolvere il mistero. Nella maggior parte delle situazioni, però, gli interrogativi resistono tuttora e probabilmente resisteranno per sempre.
È però interessante studiarli e leggerli, se non altro per stupirsi con leggerezza o, nei casi peggiori, rendersi conto di quanto assurdo possa essere questo mondo.
Per questo motivo abbiamo raccolto i cinque misteri irrisolti che ci sembravano più affascinanti e ve li proponiamo qui di seguito, con anche le teorie che sono state proposte per spiegarli. Ove possibile, vi mostreremo anche delle immagini che però, non temete, non risulteranno particolarmente terrificanti.
Tra omicidi, casi misteriosi e ipotesi futuristiche, ci sarà di che stimolare la vostra fantasia. Procediamo.
Indice
1. Jack lo squartatore
Forse il più affascinante mistero di tutti i tempi è quello che riguarda Jack lo squartatore. Nella seconda metà del 1888, la città di Londra – allora la metropoli più ricca ma anche pericolosa del mondo – fu piagata da una serie di omicidi.
Questi crimini avevano dei tratti comuni. Prima di tutto, si verificarono nella stessa zona, nell’East End della capitale britannica, più precisamente nella zona di Whitechapel. In secondo luogo, le vittime erano prostitute, tutte uccise nella medesima maniera: con un taglio alla gola (e con successive mutilazioni).
Leggi anche: Cinque famosi misteri della storia italiana
Ma l’aspetto più inquietante di tutta la faccenda è che c’era la quasi certezza della presenza di un serial killer. Il nome di Jack lo squartatore, infatti, fu preso da una lettera invita a un quotidiano della città per reclamare la paternità degli omicidi.
Jack uccise sicuramente cinque donne, anche se alcuni studiosi elevano il conto delle sue vittime fino a 14. Il suo primo omicidio fu probabilmente quello di Mary Ann Nichols, quasi decapitata e sfregiata anche nella zona genitale. Poi seguirono Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes, Mary Jane Kelly e forse altre.
Le indagini
Dopo un’iniziale sottovalutazione del caso, la polizia londinese indagò a lungo sul killer. E andò in almeno un’occasione vicina a coglierlo con le mani nel sacco, visto che alcuni cadaveri vennero scoperti pochi minuti dopo che l’assassino aveva lasciato la scena del crimine.
D’altronde, gli omicidi avvennero a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, tra il 31 agosto e il 9 novembre. Il tempo a disposizione degli investigatori, quindi, non fu moltissimo e gli indiziati erano davvero centinaia. Senza le tecniche di investigazione moderne, il caso appariva molto complesso.
I sospetti, al tempo, furono quindi parecchi. Su nessuno però si riuscirono a trovare prove abbastanza convincenti da poter essere risolutive. Questo ha fatto sì che, nei decenni successivi, molto si sia speculato sulla vera identità di Jack.
Qualcuno è arrivato anche ad ipotizzare che l’omicida fosse nientemeno che il principe Alberto Vittorio, nipote della regina Vittoria e figlio del futuro re Edoardo VII. In realtà, anche se si è molto fantasticato su questo strano principe morto ad appena 28 anni, durante alcuni degli omicidi lui non si trovava neppure in Inghilterra, quindi è certo che non fosse il killer.
Ma allora, chi era Jack lo squartatore?
L’identità del serial killer è quindi ancora un mistero, anche se si è cercato in tutti i modi di risolverlo, pure in anni recenti. L’FBI ne ha tracciato un profilo [1], ritenendolo un maschio bianco, probabilmente fra i 28 e i 36 anni, che viveva o lavorava nell’area di Whitechapel.
Secondo i profiler, il killer era cresciuto senza una forte figura paterna al suo fianco ed aveva a lungo esercitato una professione in cui poteva legalmente soddisfare le sue tendenze distruttive. Probabilmente smise di uccidere perché venne arrestato per qualche altro crimine, oppure sentì di essere troppo vicino ad essere scoperto.
Inoltre, secondo l’FBI l’omicida probabilmente aveva un qualche difetto fisico, che era per lui fonte di grande frustrazione o rabbia.
Il nome del serial killer
I nomi che gli studiosi hanno fatto con maggior insistenza sono forse tre. Il primo è quello di Aaron Kosminski, un barbiere polacco ed ebreo da poco arrivato a Londra. Usava i rasoi, abitava a Whitechapel ed era mentalmente disturbato, tanto che nel 1891 fu ricoverato in un manicomio da cui non sarebbe più uscito.
Nel 2014, tra l’altro, è stata effettuata un’analisi del DNA sul sangue rinvenuto sullo scialle di una vittima, che sembra compatibile, tramite i discendenti, con quello di Kosminski. In realtà queste analisi sono state molto contestate, anche perché non è certo che lo scialle fosse originale.
Il secondo sospettato è Joseph Barnett, uomo violento e convivente con l’ultima vittima, Mary Kelly. Alcuni sostengono che possa aver commesso tutti gli omicidi o anche solo l’ultimo, cercando poi di imitare lo stile di Jack. L’omicidio della Kelly fu infatti notevolmente più efferato dei precedenti.
Il terzo indiziato è infine sir William Withey Gull, medico personale della regina Vittoria. Questo specialista è stato indicato come colpevole sia dalla miniserie TV La vera storia di Jack lo squartatore che dal fumetto (e poi film) From Hell. Le prove a suo carico però sono piuttosto vaghe e trovano il movente in un presunto complotto ordito dalla corona.
[wpzon keywords=”jack lo squartatore” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
2. Il killer dello Zodiaco
Rimaniamo sul versante serial killer con il celebre caso del killer dello Zodiaco. A differenza di Jack lo squartatore, questi agì però nel nord della California per un periodo di circa 10 mesi, sul finire degli anni ’60. Uccise almeno cinque persone, ferendone altre due. Lo stesso omicida nelle sue lettere però affermò di aver compiuto 37 assassinii.
Le prime due vittime certe furono uccise a colpi di pistola, nella zona di Benecia. Il secondo omicidio avvenne a Vallejo, quando l’uomo sparò a due persone ma una – nonostante le ferite alla testa e al collo – sopravvisse.
Fu proprio in seguito a questo secondo caso che il killer telefonò alla polizia affermando di essere lo stesso assassino delle due precedenti vittime.
Un paio di mesi dopo, l’assassino tornò a colpire: aggredì un ragazzo e una ragazza travestendosi da boia e pugnalandoli. Lui sopravvisse, lei morì. Infine, un’ultima vittima, un tassista, morì quindici giorni dopo a San Francisco, freddato nella sua automobile.
Il messaggio del serial killer
Ai giornali della California nelle settimane degli omicidi arrivarono varie lettere, in cui il killer si firmava Zodiac. All’interno di esse c’erano dei messaggi cifrati, a volte divisi in più parti. Il killer affermava che, una volta decifrati, quei testi avrebbero fornito agli investigatori il suo nome.
Uno di quei messaggi venne decrittato (mentre con gli altri non si riuscì nell’impresa). Il testo conteneva molti errori sintattici e ortografici, ma in italiano può più o meno essere reso così:
Mi piace uccidere le persone perché è così divertente è più divertenti di uccidere gli animali selvatici nella foresta perché l’uomo è l’animale più pericoloso di tutti uccidere qualcosa è l’esperienza più eccitante è anche meglio che svuotarti le palle con una ragazza la parte migliore è che quando muoio io rinascerò in paradiso e quelli che ho ucciso diventeranno i miei schiavi non vi darò il mio nome perché tentereste di rallentarmi o fermare la mia collezione di schiavi per la mia vita nell’Aldilà. EBEORIETEMETHHPITI
Le ultime lettere sono incomprensibili perché gli investigatori non riuscirono a decrittarle. Si ritiene comunque che potesse trattarsi della firma del killer o quantomeno di un suo pseudonimo.
Il sospettato principale
Anche in questo caso nel corso degli anni si sono fatti vari nomi di possibili sospettati, anche se nessun dubbio è stato mai fugato in maniera definitiva. L’indiziato principale, su cui anche la polizia californiana concentrò i propri sforzi, fu Arthur Leigh Allen.
Su di lui pendeva un notevole numero di indizi. Un suo amico l’aveva denunciato alla polizia, perché si vantava di provare il desiderio di ammazzare uomini. Abitava vicino ai luoghi dei primi omicidi. Finì anche in carcere per violenza sessuale su minori, cosa che pareva sposarsi col profilo elaborato dagli esperti.
Sia in vita che soprattutto dopo la sua morte, avvenuta nel 1992, i test che dovevano essere decisivi per provare la sua colpevolezza hanno però sempre dato esito negativo. Le perizie calligrafiche hanno infatti negato che potesse essere l’autore delle lettere inviate alla polizia e ai giornali.
Inoltre, l’esame del DNA effettuato sulla saliva dei francobolli ha dimostrato che non può essere stato lui a imbustare le lettere. Certo, questo non esclude che possa comunque essere il killer, ma ha raffreddato di molto gli entusiasmi sulla sua possibile colpevolezza.
Il mistero oggi
Il caso dello Zodiaco è insoluto e tecnicamente ancora aperto in alcune contee del nord della California. E torna di tanto in tanto alla ribalta per i motivi più disparati.
In primo luogo, sono usciti vari film ispirati direttamente o indirettamente alla vicenda. Zodiac, del 2007, racconta i fatti dal punto di vista dei giornalisti che indagarono sugli omicidi. Già nel 1971, comunque, era stato prodotto un primo film che raccontava gli omicidi, The Zodiac Killer, che si prendeva però anche molte libertà nella trama.
Inoltre bisogna ricordare che il celebre Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo, con Clint Eastwood, era ambientato proprio a San Francisco e aveva il suo principale antagonista in un serial killer, Scorpio, molto simile a Zodiac.
Infine, c’è da dire anche che periodicamente negli ultimi vent’anni sono spuntati fuori uomini e donne pronti ad annunciare che il killer era il loro padre morto da poco o un loro conoscente. Nessuno di questi ha però potuto fornire delle prove conclusive sull’argomento.
[wpzon spec=”1″ asin=”B0041KW0PI,8804664428,B00GPYXS6S” country=”it” listing=”3″ col=”3″ descr=”0″]
3. Lady Babushka
Ricordate l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963 a Dallas? Certo che sì: è uno degli eventi-cardine della storia del ‘900. Un evento per la verità molto misterioso, perché sull’omicida ufficiale – Lee Harvey Oswald – e sul suo movente pendono molti dubbi.
Ma non è di questo, specificatamente, che vogliamo parlare, anche perché sull’omicidio Kennedy si sono già versati litri e litri d’inchiostro. Piuttosto, c’è una questione meno nota collegata a questo attentato, ma addirittura più misteriosa.
Guardando le numerose fotografie che vennero scattate quella mattina durante la visita di Kennedy a Dallas, infatti, molte persone hanno notato una particolare donna tra il pubblico presente in strada. Indossava un cappotto marrone e un foulard sui capelli, simile a quello che portavano le nonne russe.
Il nome di questa donna è ignoto, ma il suo particolare abbigliamento ha fatto sì che fosse ribattezzata dalla stampa come Lady Babushka, visto che questa parola in russo indica le anziane signore.
Il mistero della signora
Ma cosa c’è di così speciale in questa signora, tanto da farla emergere tra le centinaia di altre che salutavano il presidente? Ebbene, in primo luogo la donna appare in numerosissime foto, con in mano un oggetto che pare essere una fotocamera.
Inoltre, quando avvenne l’attentato e tutti cominciarono a scappare o a buttarsi a terra atterriti, lei, nelle foto, sembrò sempre perfettamente calma, intenta a scattare foto o a riprendere la scena.
Durante le indagini l’FBI la notò negli scatti e pubblicamente chiese che la signora si facesse avanti. Era posizionata infatti in un luogo molto importante per poter meglio comprendere la traiettoria dei proiettili, e le sue eventuali fotografie sarebbero potute essere molto utili.
La signora però non si presentò mai. Solo qualche anno più tardi, nel 1970, una donna di nome Beverly Oliver affermò di essere Lady Babushka, ma il suo racconto presentava parecchie incongruenze e gli investigatori non le credettero.
Le ipotesi fantasiose
Questo apparente mistero ha portato gli studiosi a formulare ipotesi piuttosto fantasiose sull’identità della donna. C’è chi pensa fosse una spia russa – e il soprannome quindi non sarebbe casuale – posta sul luogo dell’attentato per controllare che Oswald facesse quel che doveva fare. Quest’ipotesi, ovviamente, vede nei sovietici i veri mandanti dell’omicidio.
Leggi anche: Cinque celebri leggende metropolitane
C’è invece chi la ritiene una spia americana, o una insospettabile emissaria della mafia, più o meno con lo stesso compito ipotizzato nel caso in cui fosse russa. Ovvero, controllare che l’omicidio Kennedy avvenisse come concordato.
Ma ancora più suggestiva è la terza eventualità. C’è infatti anche chi sostiene che Lady Babushka fosse una viaggiatrice del tempo, informata in anticipo della morte di Kennedy perché proveniente dal futuro. Questo, secondo loro, spiegherebbe la sua calma davanti all’attentato e il fatto di trovarsi esattamente al punto giusto per potersi godere al meglio la scena.
Quest’ultima ipotesi ricorda tra l’altro la trama di 22/11/’63, il romanzo di Stephen King che narra proprio di un viaggiatore del tempo che si sposta negli anni ’60. Il suo compito, però, è quello di provare a impedire l’omicidio Kennedy, non certo quello di ammirarne gli effetti.
[wpzon keywords=”omicidio kennedy” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
4. La morte della famiglia Gruber
Torniamo su un caso di omicidio insoluto, l’ultimo della nostra lista. Anzi, per essere precisi di pluriomicidio, anche se qui non siamo tanto di fronte a un serial killer. L’assassinio della famiglia Gruber è infatti un caso talmente inspiegabile da sfociare quasi nel paranormale.
Il caso risale al 31 marzo 1922, quasi 100 anni fa. L’ambientazione è la campagna bavarese, nella piccola fattoria di Hinterkaifeck, tra Ingolstadt e Schrobenhausen, a circa una settantina di chilometri da Monaco. Ma prima di presentarla, dobbiamo fare un passo indietro.
A Hiterkaifeck vivevano infatti sei persone. Innanzitutto c’erano i due proprietari, i contadini Andrea Gruber, di 63 anni, e sua moglie Cäzilia, di 72. Con loro vivevano la figlia Viktoria Gabriel, di 35 anni, e i suoi due figli, Cäzilia di 7 anni e Josef di 2. A questi cinque, tra loro imparentati, si aggiungeva una cameriera di nome Maria Baumgartner, di 44 anni.
Il marito di Viktoria Gabriel e padre dei due bambini, Karl Gabriel, era morto durante la Prima guerra mondiale, che si era da poco conclusa. Il suo cadavere, come in molti casi analoghi, non era però mai stato rinvenuto.
L’addio della cameriera e altre stranezze
Come detto, i Gruber avevano a servizio una domestica, Maria. Fino a poco tempo prima, però, le cameriere erano due, perché nella fattoria viveva anche un’altra donna. Questa, a quanto raccontano le cronache, lasciò all’improvviso l’abitazione nel 1921, senza apparente motivo. L’unica giustificazione che portò era che la casa fosse infestata.
Poco tempo dopo, nel marzo 1922, effettivamente cominciò ad accadere qualcosa di strano nella fattoria. Il vecchio Gruber disse infatti ai vicini di aver trovato delle impronte nella neve e iniziò a sospettare che qualcuno si aggirasse di notte vicino alla sua proprietà.
Inoltre, il vecchio disse di aver sentito dei rumori provenire dalla soffitta e di aver scoperto due cose molto strane: che le chiavi del suo scrittoio erano scomparse e che la porta della fattoria era stata forzata. Le sue perlustrazioni nei dintorni armato di fucile, però, non avevano portato a nessun indizio risolutivo.
Il ritrovamento
Furono proprio i vicini, il 4 aprile 1922, ad andare a bussare alla porta della fattoria, preoccupati del fatto che non vedessero i Gruber da giorni. Li trovarono tutti morti. I cadaveri di Andreas, della moglie, della figlia e di uno dei nipoti erano nel granaio. Quello della cameriera e dell’altro nipote in casa.
Gli investigatori arrivarono poco dopo e fecero i primi importanti riscontri. Stabilirono che l’arma usata era un piccone. I membri della famiglia erano stati attirati nel granaio probabilmente in diversi momenti della giornata, e lì uccisi. L’assassino inoltre rimase nella casa per due giorni dopo l’omicidio, prendendosi anche cura del bestiame.
L’autopsia stabilì infatti che le vittime, ritrovate il 4 aprile, erano decedute appunto il 31 marzo. Si indagò su possibili amanti di Viktoria e su un vociferato rapporto incestuoso col padre, senza però trovare nulla di concreto. Si sospettò addirittura di un possibile ritorno del marito della guerra, ma non fu trovata alcuna prova a sostegno.
Vista la pressione dell’opinione pubblica e il buon credito di cui godevano in quegli anni i sensitivi, i crani delle vittime furono inviati a Monaco di Baviera per essere esaminati da alcuni sedicenti esperti. I teschi andarono poi addirittura perduti.
Le indagini recenti
Per lungo tempo il caso Gruber restò uno dei più misteriosi omicidi insoluti della Germania. Nel 2007, però, dei giovani studenti dell’Accademia di polizia di Fürstenfeldbruck decisero di riaprire il caso. Speravano che le moderne tecniche d’indagine scientifica avrebbero potuto aiutare a risolvere la questione.
Dopo aver ripreso in mano le prove ed aver esaminato tutto, però, i giovani cadetti hanno dovuto smorzare l’entusiasmo dei curiosi [2]. Troppo tempo era passato per poter dare una risposta completa sul caso, e d’altronde le indagini degli anni ’20 erano, a detta loro, state portate avanti con grandi approssimazioni.
In ogni caso, gli studenti giunsero comunque a un indiziato principale. Indiziato di cui, però, non hanno voluto fare il nome, per rispetto nei confronti dei suoi discendenti visto che non vi era la certezza che fosse lui il colpevole.
[wpzon keywords=”misteri” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
5. Il manoscritto Voynich
Concludiamo con un mistero in cui, almeno per una volta, non ci sono omicidi di mezzo: quello del manoscritto Voynich. Un mistero su cui, negli ultimi decenni, si sono accapigliati decine di studiosi di tutta Europa, senza però venirne a capo trovando una spiegazione risolutiva e definitiva.
Questo manoscritto prende il nome da Wilfrid Voynich, un commerciante inglese di libri rari di origini polacche. Nel 1912, Voynich acquistò il libro assieme a una serie di altri manoscritti antichi dal collegio gesuita di Villa Mondragone, a Frascati, nel Lazio. Il volume faceva parte di un lotto di trenta libri con la cui vendita l’ordine intendeva finanziare una serie di restauri.
Nessuno però sapeva precisamente da dove arrivasse, né in quale epoca fosse entrato in possesso dei gesuiti. Voynich iniziò quindi a studiarlo con calma. Per prima cosa, all’interno del libro rinvenne una lettera, scritta nel 1665 da Jan Marek Marci, rettore dell’università di Praga.
Con quella lettera Marci inviava il manoscritto a Roma perché venisse decifrato. Era infatti scritto in una lingua incomprensibile e, stando a quanto affermava lo studioso, proveniva dalla biblioteca dell’imperatore Rodolfo II, che l’aveva acquistato credendolo un’opera del filosofo duecentesco Ruggero Bacone [3].
La struttura del volume
Il libro presentava infatti parecchie particolarità e stranezze. Era piuttosto piccolo di dimensioni e di circa 200 pagine. Le pagine si presentavano fitte di scritte, però completamente incomprensibili. La lingua e perfino i caratteri non appartenevano infatti a nessuna lingua o idioma noto, e non erano noti neppure nel ‘600.
Ad orientare vagamente gli studiosi era solo la presenza di una serie di illustrazioni, che permettono di capire gli argomenti delle varie sezioni. C’è quindi una parte dedicata alla botanica, con 113 disegni di piante, anche se queste piante sono sconosciute agli studiosi. C’è una parte astronomica, dove sembrano essere disegnate stelle o costellazioni.
Poi si trova una sezione dal contenuto ambiguo. Alcuni ritengono possa trattare di biologia, ma i disegni rappresentano perlopiù donne nude immerse fino al ginocchio in uno strano liquido scuro. Infine, l’ultima parte si occupa probabilmente di farmacologia, per via dei disegni di ampolle ed erbe medicinali.
Alla fine, inoltre, c’è una parte senza disegni che alcuni ritengono possa essere l’indice del libro.
Le ipotesi
Fin dai tempi di Voynich si sono avanzate le più diverse ipotesi per spiegare l’esistenza di questo volume così strano. Lo stesso mercante di libri ipotizzò che il libro arrivasse davvero dal XIII secolo e che recasse, scritte in piccolo, delle piccole indicazioni in greco antico.
Quest’ipotesi però è presto stata scartata, sia perché quelle piccole iscrizioni erano in realtà pieghe della carta, sia perché gli strumenti di indagine più recenti hanno stabilito che il volume appartiene a un’epoca posteriore.
XV secolo? XVI?
In primo luogo, tra le piante disegnate nel codice molti ne hanno individuata una che sembra assomigliare al girasole. Questo giunse in Europa dopo la scoperta dell’America, quindi questa sarebbe una prima prova a favore del fatto che il manoscritto sia stato realizzato dopo il 1492.
Davanti a quest’eventualità, si è ipotizzato che il manoscritto potesse essere un falso creato ad arte da alcuni truffatori, interessati a venderlo ai curiosi regnanti europei. Per questo il pensiero è andato immediatamente al noto falsario inglese Edward Kelly, che nella seconda metà del ‘500 si guadagnò fama di alchimista e ciarlatano [4].
La datazione al carbonio-14
Oggi però non è più necessario ricorrere a congetture, visto che esistono tecniche per datare con una certa precisione gli scritti e gli oggetti antichi. Nel 2011 è stata così autorizzata l’asportazione di quattro piccoli campioni delle pagine del manoscritto da parte degli studiosi dell’Arizona University.
Questi hanno sottoposto i campioni all’esame del carbonio-14 e hanno datato la pergamena ad un periodo compreso tra il 1404 e il 1438, cioè di molto anteriore a quanto si credeva. Non è stato possibile però analizzare l’inchiostro e questo fa sì che la datazione non sia completamente risolutiva.
Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, un’analisi all’infrarosso ha rivelato la presenza di una firma poi cancellata. Tale firma riportava il nome “Jacobi a Tepenece”, ovvero Jacobus Horcicki, alchimista alla corte di Rodolfo II all’inizio del ‘600.
La lingua incomprensibile
Ma quello della datazione non è, in realtà, il problema più grosso. Il mistero vero e proprio sta nella lingua in cui il manoscritto fu redatto. Il libro è stato analizzato da vari crittografi a partire dagli anni ’20, usando anche le tecniche che vennero usate durante la guerra per decifrare i messaggi in codice dei nemici.
In nessun caso, però, si è riusciti a decifrare la lingua del manoscritto. Una lingua che però pare reale: per la ricorrenza dei simboli e la particolare struttura delle frasi, gli studiosi hanno infatti scartato l’ipotesi che il libro sia composto con caratteri casuali.
A partire dal dopoguerra qualche studioso è riuscito a convertire in caratteri latini alcune parti del testo, usando tecniche diverse. Ma il risultato è stato sempre incomprensibile, lasciando una grande ombra sulla questione.
Notando però la ripetitività di alcune sillabe e parole, gli studiosi Friedman e Tiltman [5] hanno però ipotizzato che la lingua sia un idioma filosofico, creato a tavolino secondo precise tabelle e categorie.
Su questo spunto si è inserito, in anni recenti, l’informatico scozzese Gordon Rugg, che ha dimostrato come potesse essere relativamente semplice anche nel ‘600 creare un linguaggio artificiale del genere.
Ma chi ne fu l’autore, dunque?
Compreso, forse, il metodo usato per la creazione del manoscritto, rimangono due interrogativi: di cosa parla il libro e chi l’ha scritto? Una domanda, tra l’altro, richiama l’altra. Chi ipotizza che il libro fosse semplicemente il frutto di un imbroglio, trova i naturali autori in Dee e Kelly. Chi invece lo ritiene un testo originale, ne cerca altri.

C’è chi lo ha attribuito allo scultore Filarete, chi all’umanista Poggio Bracciolini, chi ancora a Ruggero Bacone o a una comunità di catari sopravvissuta alle persecuzioni. Negli ultimi anni, infine, ha ripreso quota l’ipotesi che la lingua usata non sia affatto artificiale, ma semplicemente una lingua andata perduta.
Stephen Bax, professore di linguistica all’Università del Bedfordshire, ritiene infatti che il codice sia stato prodotto in Asia e scritto in un dialetto ora estinto, dotato di un proprio alfabeto. D’altronde, abbiamo prove di altre lingue del genere esistenti in passato in quell’area e pressoché dimenticate con l’avvento del cirillico.
In ogni caso, la questione rimane ancora avvolta nel mistero e non stupisce che gli studiosi si rivolgano ancora al manoscritto Voynich denominandolo come il libro più misterioso del mondo.
[wpzon spec=”1″ asin=”8827220097,1786780771,0300217234″ country=”it” listing=”3″ col=”3″ descr=”0″]
Note e approfondimenti
[1] Il profilo, redatto nel 1988, può essere letto per intero qui. ↑
[2] Il report sulle loro indagini, scritto in tedesco, lo trovate qui. ↑
[3] Ruggero Bacone, da non confondere con Francesco Bacone, fu un grande esponente della scolastica. Oltre alle sue osservazioni scientifiche ed empiriche, si occupò anche di occultismo e magia, cosa che spesso faceva sì che gli venissero attribuite varie opere dal carattere esoterico. ↑
[4] Kelly entrò presto in affari col filosofo John Dee. Con lui girò l’Europa affermando di essere in grado di comunicare con gli angeli e di produrre oro. Affermò anche che gli angeli usassero una lingua particolare per comunicare, l’enochiano, che però studi successivi hanno dimostrato essere una lingua inventata dallo stesso Kelly. In ogni caso, se si doveva cercare un falsario esperto di lingue nell’Europa del ‘500 e ‘600, il pensiero andava inevitabilmente a lui. ↑
[5] Qui trovate il lungo rapporto che Tiltman redasse per l’agenzia governativa americana NSA. ↑