Cinque auto sportive anni ’90 che hanno fatto epoca

L'Alfa Romeo 164 Quadrifoglio, una delle auto sportive più belle degli anni '90

Ecco le cinque auto sportive anni '90 secondo noi più rappresentative: vota la tua preferita e poi leggi l'articolo per scoprirne tutte le caratteristiche.

 
Dal punto di vista dei motori, gli anni ’90 non sono stati un decennio particolarmente legato alla rapidità. Quando si pensa al mito della velocità o della strada, infatti, sono altri i periodi storici che vengono immediatamente in mente. Ad esempio, la memoria può andare subito agli anni ’50, l’epoca delle sfide in auto immortalata da Gioventù bruciata e delle prime corse di Formula 1. Oppure agli anni ’70, quando a macinare chilometri erano però, almeno nell’immaginario, soprattutto le motociclette.

Una stagione di grande design

Eppure gli anni ’90 – ormai sempre più distanti ma allo stesso tempo abbastanza vicini da essere guardati con nostalgia – hanno espresso alcune delle più interessanti auto sportive dei tempi recenti. Interessanti soprattutto dal punto di vista estetico. Perché in quel decennio una serie di circostanze concomitanti fece sì che i migliori designer del mondo si applicassero a creare auto sportive dalla linea nuova e accattivante, legate alle tendenze di quel periodo ma allo stesso tempo molto originali.

Oggi intendiamo ripercorrere la storia delle migliori – o più mitiche – auto sportive di quel decennio. Come vedrete, spazieremo da vetture prodotte in quantità limitate ad altre estremamente popolari, da quelle che arrivarono in Italia solo per breve tempo a quelle che, invece, erano italiane fino al midollo. In ogni caso, si tratta di cinque auto che a nostro avviso hanno davvero fatto epoca. Eccole.


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Opel Omega Lotus

La più veloce berlina mai realizzata fino ad allora

La Opel Omega LotusPartiamo dall’auto sportiva che in un certo senso aprì il decennio: la Opel Omega, nella sua versione Lotus. La berlina tedesca che ha per nome le prime due parole del nostro titolo era stata lanciata nel 1986, con forme particolarmente aerodinamiche per la categoria. Si trattava, però, pur sempre di una berlina di fascia alta, dell’ammiraglia della casa di Rüsselsheim, che aveva discrete prestazioni ma non poteva certo essere catalogata come auto sportiva.

Sul finire degli anni ’80, però, alla Opel si convinsero della necessità di partecipare al campionato DTM, che faceva concorrere varie autovetture turismo prodotte in Germania. Per questo fu elaborata una versione speciale della Omega, chiamata Omega Evolution 500, rilasciata in solo 500 esemplari. E poco dopo si decise di spingere ancora di più sull’acceleratore, con una versione più estrema.

Un’operazione targata General Motors

Per elaborare la nuova auto fu chiesto aiuto alla Lotus, prestigiosa casa automobilistica inglese che di velocità se ne intendeva parecchio. Operazione tra l’altro facile perché all’epoca la Lotus era di proprietà della General Motors, lo stesso marchio che controlla da quasi un secolo la Opel. La collaborazione tra le due case portò alla creazione della Opel Omega Lotus, commercializzata in certi paesi anche col nome di Opel Carlton o Vauxhall Carlton.

L’auto era un piccolo gioiello, la più veloce berlina mai realizzata fino ad allora. La cilindrata fu portata a 3615 cm³, il cambio a sei marce fu preso dalla Chevrolet Corvette ZR1, la potenza arrivò a 377 CV per una velocità massima che arrivava oltre i 280 chilometri all’ora. Ma quello che stupiva era soprattutto l’accelerazione: la Omega Lotus era in grado di passare da 0 a 100 chilometri all’ora in appena 5 secondi netti. Ne furono prodotte in totale un migliaio di esemplari tra il 1990 e il 1994.

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Mitsubishi GTO

La giapponese che ricordava una Corvette

La Mitsubishi GTO, elegante e sportivaSempre nel 1990 fu lanciata sul mercato anche un’altra auto sportiva destinata a sconvolgerlo: la Mitsubishi GTO. Una coupé che univa, nella linea e nella tecnologia, due mondi: lo stile americano mutuato dalla Chevrolet Corvette e le conoscenze tecniche nipponiche. Il mix fu straordinario e diede all’auto un duraturo successo per tutti gli anni ’90, visto che la sua produzione fu interrotta solo nel 2001.

Anche in questo caso, l’elemento caratterizzante era la velocità, garantita da un ottimo motore ma anche dalle forme affusolate della carrozzeria. La ripresa permetteva di passare da 0 a 100 in 5,7 secondi e la velocità di punta si attestava attorno ai 250 chilometri orari. Un buon lavoro era però stato fatto anche per quanto riguarda le dotazioni di sicurezza, già all’epoca tra le migliori della categoria. Anche l’impianto di frenata brillava per reattività, permettendo l’arresto in 48 metri da una velocità di 112 chilometri all’ora.

I fari a scomparsa

Nella prima versione della vettura, prodotta fino al 1993, i fari erano a scomparsa, effetto molto particolare che però fu abbandonato nelle rielaborazioni successive. Molte modifiche furono infatti apportate attorno alla metà del decennio, con l’introduzione anche del cambio a sei marce di marca Getrag.

Anche gli interni erano allineati alla linea esteriore dell’auto, con una linea semplice ma dinamica e molti LED ad illuminare di notte i vari indicatori, soprattutto nelle versione successive alla prima. Nei paesi anglosassoni e in certi mercati l’auto – importata tramite le reti di Chrysler e Dodge – fu ribattezzata Mitsubishi 3000GT.

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Volvo 850 T-5R

Una sportiva giallo crema

La Volvo 850 T-5RA vederla, la Volvo 850 non sembrava affatto un’auto da cui potesse essere in qualche modo possibile far emergere un’indole sportiva. Impressione però sbagliata: nonostante le forme che sembrano più adeguate a una familiare o a una station wagon, la Volvo 850 è stata una delle sportive più amate degli anni ’90. Quantomeno nella versione T-5R, che garantiva prestazioni di prim’ordine.

Lanciata nel 1991 e prodotta negli stabilimenti belgi di Gand, la berlina era la prima della casa svedese ad esibire la trazione anteriore e il motore in posizione trasversale. Ma il suo punto di forza, in tutte le versioni, erano soprattutto le dotazioni di sicurezza: l’auto aveva di serie vari sistemi innovativi – anche contro il colpo di frusta – e presentava un grande rafforzamento della carrozzeria per impedire schiacciamenti e compressione.


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Dal punto di vista sportivo, la versione di riferimento è, come detto, la T-5R, presentata al Salone dell’auto di Ginevra del 1995. I miglioramenti al motore portarono a una potenza di 246 CV, una velocità massima di 250 chilometri all’ora (limitata elettronicamente) e un’accelerazione che faceva giungere da 0 a 100 chilometri all’ora in 6 secondi netti.

La T-5R fu prodotta in appena 5.500 esemplari, e perciò divenne un oggetto di culto. Presentava ammortizzatori a taratura sportiva, spoiler posteriore e interni in alcantara. I colori disponibili erano solo tre: il più venduto fu il nero, ma ne furono prodotte anche in verde e soprattutto giallo crema, tinta che la Volvo decise in quegli anni di applicare solo a questa serie di vetture.

 

Alfa Romeo 164 Q4

L’auto che segnò il rilancio della casa lombarda

L'Alfa Romeo 164 Quadrifoglio, una delle auto sportive più belle degli anni '90Come abbiamo scritto in apertura, nella nostra disamina delle migliori auto sportive degli anni ’90 c’è spazio anche per una vettura italiana. Stiamo parlando dell’Alfa Romeo 164 Q4, versione potenziata dell’ammiraglia della casa lombarda, la 164, lanciata nel 1987.

La casa automobilistica non era certo nuova alla produzione di auto sportive, che erano sempre state, anzi, il suo fiore all’occhiello. Nel 1986, però, la situazione era ben diversa dal passato. Dopo più di 50 anni in cui il marchio era stato in mano all’IRI, e quindi di proprietà statale, i conti pesantemente in rosso dell’azienda avevano convinto lo Stato a disfarsene. Ad acquisire la casa fu la FIAT, che superò la concorrenza della Ford. E secondo le decisioni dei vertici torinesi, la 164 divenne l’auto del rilancio dopo il cambio di proprietà.

Il disegno di Pininfarina

In effetti la nuova berlina raggiunse il suo scopo, grazie alle linee disegnate da Pininfarina, alle prestazioni di ottimo livello e alla tenuta di strada decisamente al di sopra della media di categoria. Nel 1993, il successo del modello di base convinse così i dirigenti a lanciarne anche una versione sportiva, denominata Quadrifoglio, sigla poi accorciata in Q4.

Il motore di questo modello era da 2959 cm³ e 231 CV, e passava alla trazione integrale. Il cambio a 6 marce era prodotto da Getrag, mentre gli ammortizzatori erano tarabili dall’interno in versione normale o sportiva. Tutto il quadro veniva completato da un abitacolo che presentava sedili e volante in pelle. A livello di prestazioni, si arrivava a una velocità massima di 240 chilometri all’ora e a uno scatto da 0 a 100 in circa 7 secondi.

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BMW Z3

La macchina di James Bond

La BMW Z3 alla sua prima comparsa in GoldenEyeConcludiamo con quella che è stata forse la più importante e simbolica auto sportiva degli anni ’90, la BMW Z3. Si trattava, infatti, di una due posti dal fascino indiscutibile, con linee sinuose, posto di guida arretrato e alcuni elementi retrò sulla carrozzeria. Prodotta dal 1996 al 2002, la Z3 fu lanciata addirittura al cinema, cosa che dimostra il suo stile unico. Prima ancora di essere commercializzata comparve infatti nel film GoldenEye, dove veniva usata addirittura da James Bond.

L’auto tedesca fu commercializzata in due versioni, roadster e coupé. In ogni caso la caratteristica fondamentale era la presenza di un motore (anteriore) a trazione posteriore associato a un passo relativamente lungo. Di buona qualità erano i sistemi di sicurezza, che contavano su una scocca con zone di cedimento a deformazione programmata, airbag, ABS ed altri optional che al tempo non era così comune trovare nelle dotazioni di serie.

Un richiamo agli anni ’50

La vettura ebbe un certo successo anche nel nostro paese, dove furono particolarmente apprezzate le linee della carrozzeria e il gusto aggressivo, ben sintetizzato dalle prese d’aria a forma di branchie di squalo. Queste ultime divennero il simbolo della Z3, ma erano in realtà una citazione della BMW 507, roadster prodotta dalla casa bavarese nella seconda metà degli anni ’50.

Considerando anche la variante M, che offriva una cilindrata che arrivava fino a 3246 cm³, in sette anni vennero prodotte quasi 300mila Z3, distribuite in più di un centinaio di paesi. Nonostante fosse stata progettata in Germania, la produzione della vettura fu localizzata a Spartanburg, piccolo centro della Carolina del Sud, negli Stati Uniti, dove la BMW assembla i suoi modelli sportivi.

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