
Ogni cantante ha il suo periodo d’oro. Quel momento storico in cui le sue canzoni finalmente “sfondano”, entrano in classifica e lo portano alla ribalta. Avviene per tutti quelli che raggiungono il successo. Il difficile, casomai, è rimanere sulla breccia anche negli anni e decenni successivi. Oggi, a tal proposito, parliamo delle canzoni anni ’70 di Adriano Celentano.
L’artista milanese, classe 1938, negli anni ’70 era ancora molto giovane. Ad alcuni, però, sembrava già vecchio. Il motivo è duplice.
Da un lato, aveva avuto successo molto presto e nel 1970 era già sulla breccia da un decennio abbondante. Dall’altro, nelle sue canzoni aveva fino ad allora scansato i temi politici, concedendosi al massimo qualche virata ecologista.
Nato a Milano da una famiglia di origini pugliesi, iniziò a farsi conoscere a metà degli anni ’50. A quel tempo fu uno dei primi a mettere insieme una band che cercava di importare in Italia i successi rock’n’roll americani. A livello nazionale la notorietà arrivò poi nel 1959 con Il tuo bacio è come un rock.
Per tutti gli anni ’60 Celentano continuò a mietere successi, ampliando il proprio pubblico. Aprì il decennio apparendo ne La dolce vita di Fellini, cosa che lo portò ad interessarsi pure al cinema [1]. Subito dopo conquistò anche il pubblico di Sanremo con 24mila baci.
Poi arrivarono il Clan, le canzoni con tematiche religiose [2], perfino i tour all’estero. Tour condotti sempre rigorosamente in treno, perché Celentano aveva paura dell’aereo.
Nella seconda metà degli anni ’60, forse intuendo un’aria che stava cambiando, presentò alcune canzoni inconsuete. Canzoni che non ottennero, a volte, un successo immediato, ma che nel breve e lungo periodo diventarono dei classici. La più famosa di queste è forse Il ragazzo della via Gluck, autobiografica ed ecologista.
Sul finire del decennio, lo stile cambiò ancora. O, meglio: emersero e si rafforzarono quelli che erano i semi già presenti nelle canzoni precedenti.
I testi cominciarono ad assomigliare sempre più a delle prediche contro i mali del mondo, oppure a un nostalgico rimpianto del passato. Le musiche, invece, mettevano da parte il rock’n’roll in favore della melodia e di qualche pizzico di valzer o di jazz.
I cambiamenti di fine anni ’60
Arrivarono così Mondo in Mi 7ª, La coppia più bella del mondo e Azzurro [3], che diventarono dei classici del repertorio. Ma si consumò in parte anche un distacco tra Celentano e i nuovi giovani. Che amavano sì la natura, ma non le prediche, né l’esaltazione della famiglia tradizionale.
Questa era la situazione a cui Adriano Celentano si affacciava nel 1970. Tante canzoni di successo nel suo passato, un pubblico che cambiava davanti a sé. Ecco i suoi principali successi in quel nuovo decennio.
Indice
1. Chi non lavora non fa l’amore
Gli anni ’70 sono stati un decennio di grandissima conflittualità sociale. Gli scioperi – che negli anni ’50 e nei primi anni ’60 non avevano quasi mai toccato l’Italia – si fecero frequentissimi. E presto la situazione degenerò in scontri di piazza, attentati, lotta armata.
Questo grande sommovimento però era cominciato tra il 1968 e il 1969, quando la contestazione giovanile aveva iniziato a saldarsi con le prime proteste operaie. Era stata la stagione del cosiddetto “autunno caldo“, che aveva in effetti portato discreti miglioramenti per il mondo del lavoro. E aveva segnato il ritorno sulla scena del sindacato.
Celentano, nel 1970, decise di presentarsi a Sanremo con un brano di cui era coautore, che affrontava proprio questi temi. E lo faceva sicuramente in modo controverso. Già il titolo, infatti, non lasciava spazio a dubbi: Chi non lavora non fa l’amore sembrava un atto d’accusa contro gli scioperanti [4].
Ad ascoltare le parole del brano, in realtà, ci si rendeva conto che il messaggio era meno netto. E che il cantante voleva probabilmente ironizzare sul clima conflittuale di quegli anni, non solo tra operai e padroni ma anche tra mogli e mariti. La canzone era comunque provocatoria, e come tale venne accolta dalla sinistra militante.
La prima hit del nuovo decennio
In ogni caso, a distanza di tanti anni, non si può non notare come Celentano avesse saputo cogliere i segni del tempo. In fondo, era solo da pochi mesi che il tema degli scioperi era diventato d’attualità. E quello del lavoro domestico delle donne lo sarebbe diventato solo negli anni successivi. Il cantante però mise tutto in una canzone popolare, anticipando i tempi.
A firmare il pezzo, oltre a Celentano, erano stati Nando De Luca, Luciano Beretta e Miki Del Prete. Cioè autori che già da tempo collaboravano con il cantante, avendo firmato – da soli o assieme ad altri – canzoni storiche come Il ragazzo della via Gluck, Mondo in mi 7ª e Una carezza in un pugno.
Inoltre il pezzo venne presentato a Sanremo assieme a Claudia Mori, bissando quanto era già avvenuto pochi anni prima con La coppia più bella del mondo. I due si erano infatti sposati nel 1964 e lei, giovane attrice, aveva messo momentaneamente da parte quella carriera per tentare la via della canzone. La coppia però aveva fino ad allora duettato in pochi brani.
Il pezzo, nella versione a 45 giri, vendette quasi un milione di copie e confermò la popolarità di Celentano. In quello stesso anno venne anche incluso in un 33 giri che raccoglieva vari successi, perlopiù già editi, intitolato Adriano Hits [5].
2. Prisencolinensinainciusol
Quando aveva iniziato ad esibirsi, negli anni ’50, Celentano era stato costretto a cambiare le parole di molte canzoni che riprendeva dai maestri americani. L’aveva fatto non tanto per un problema di pubblico, quanto per il fatto che non conosceva l’inglese.
Col tempo, ovviamente, imparò la lingua dei padri del rock’n’roll. E presto avrebbe inciso anche cover col testo in lingua originale, come vedremo a breve con Don’t Play That Song (You Lied) [6]. In compenso, negli anni ’70 cominciò a cantare anche in una lingua tutta sua, una sorta di inglese maccheronico.
Prisencolinensinainciusol [7] è forse la canzone più famosa di questa nuova tendenza del lessico di Celentano. Il titolo della canzone non è la storpiatura di un’analoga parola (o frase) inglese. È, semplicemente, l’accozzaglia di un insieme di suoni che sembrano americani, ma che non significano nulla.
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Lo stesso Celentano presentò questa scelta dicendo che dopo dischi pieni di significati (ecologia, famiglia e temi di cui abbiamo già parlato) voleva farne uno che non significasse nulla. Sulle prime il pubblico sembrò non apprezzare la decisione: il brano non riuscì infatti ad entrare in classifica in Italia.
In classifica
Invece, andò benissimo all’estero. Arrivò al quarto posto in Belgio, al quinto in Olanda, al sesto sia in Francia che in Germania. D’altronde, il testo non-sense non aveva alcun bisogno di traduzione. Ancora oggi in quei paesi la canzone è abbastanza famosa.
Da noi riuscì ad imporsi solo a scoppio ritardato. Nel 1974, due anni più tardi rispetto alla prima pubblicazione, Celentano la ripropose infatti in alcune trasmissioni televisive, anche con Raffaella Carrà. Questo gli permise di entrare finalmente in classifica.
La canzone ha vissuto tra l’altro una seconda giovinezza in anni molto recenti. Nel 2009 il blogger canadese Cory Doctorow l’ha segnalata online, facendola scoprire a molti ascoltatori americani.
Nel 2014 Microsoft l’ha utilizzata come colonna sonora per il videogioco Forza Horizon 2. Infine, nel 2017 è stata usata anche per accompagnare una puntata della serie TV Fargo.
3. Svalutation
La crisi petrolifera secondo Celentano
Il misto di ironia e parole inglesi inventate che aveva contraddistinto Prisencolinensinainciusol tornò poco tempo dopo in Svalutation [8]. Un brano che però qualcosa voleva dire, e qualcosa di molto attuale. Per la prima volta, infatti, Adriano Celentano si addentrava nel campo dell’economia.
Il pezzo uscì nel 1976 e divenne rapidamente uno dei più popolari degli anni ’70. Al centro c’era il problema della svalutazione della lira, molto sentito in quegli anni, che per la prima volta stava dando agli italiani l’impressione che la crescita economica fosse definitivamente finita.
Nel 1973, infatti, era scoppiata la cosiddetta crisi petrolifera, che aveva portato problemi in tutto il mondo occidentale. E che in Italia si era tradotta nella prima “austerità”: tagli ai consumi, aumento esponenziale del costo della benzina, domeniche a piedi.
Celentano infilò tutto questo nel testo del brano, assieme a un richiamo agli antichi valori contadini che non mancava mai.
L’inizio di Svalutation
Eh la benzina ogni giorno costa sempre di più
e la lira cede e precipita giù.
Svalutation, svalutation.
Cambiando i governi, niente cambia lassù,
c’è un buco nello Stato dove i soldi van giù.
Svalutation, svalutation.
4. Don’t Play That Song (You Lied)
Avevamo anticipato che, nonostante le canzoni in inglese maccheronico, negli anni ’70 Celentano si avvicinò anche alla lingua del rock. Incidendo alcune cover, perfino in lingua originale. La più importante di tutte è, secondo noi, Don’t Play That Song (You Lied) [9].
Il brano era stato scritto all’inizio degli anni ’60 da Ahmet Ertegün [10] e Betty Nelson. A inciderlo per primo fu Ben E. King, il cantante di colore di cui Celentano aveva già reinterpretato Stand by Me. E in America aveva avuto un discreto successo.
Nel 1970, poi, la canzone era stata reincisa da Aretha Franklin, sempre per la Atlantic, ottenendo un successo clamoroso. Il brano era arrivato infatti fino alla posizione numero 1 della classifica R&B, senza però sfondare eccessivamente in Europa.
Le cover italiane
In Italia si era cercato di importare il successo già negli anni ’60, quando Ricky Gianco aveva adattato la canzone nella nostra lingua. Ma fu proprio Adriano Celentano a farla entrare nella memoria degli italiani e più in generale di tutti gli europei.
La sua versione, infatti, andò bene anche al di fuori dell’Italia. In Francia, dove ormai Celentano aveva definitivamente sfondato, arrivò fino al numero 1. Entrò poi nella top ten sia in Austria che in Svizzera.
Il brano permise a Celentano di ripresentarsi come un cantante a tutto tondo, capace di interpretare anche stili diversi. In un momento in cui la sua carriera come attore sembrava prenderlo sempre di più [11], era importante ricordare a tutti che Celentano era anche un cantante. E di notevole livello.
5. Soli
Adriano Celentano ha avuto molti meriti. È stato il primo a portare in Italia il rock’n’roll e a renderlo celebre. È stato il primo ad esibirsi veramente come performer a tutto tondo, capace perfino di girare le spalle al pubblico per motivi scenici [12]. Infine, è stato anche il primo a trasformarsi da cantante in talent scout.
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Col suo clan, come già detto, ha scoperto decine di cantanti e musicisti. A volte li ha lanciati direttamente nel mercato discografico, altre volte li ha assunti nella sua band, o come autori. Abbiamo già citato Paolo Conte, che per Celentano scrisse Azzurro, ma l’elenco sarebbe lungo. E in questo elenco rientrerebbe anche Toto Cutugno.
Toscano ma di origini siciliane, Cutugno aveva esordito nel mondo della musica negli anni ’60. Aveva inciso qualche brano e fatto qualche comparsata in TV, ma la sua carriera stentava a decollare. Almeno quella come interprete, perché invece quella come autore procedeva alla grande.
A metà anni ’70 aveva anche firmato L’été indien portata al successo in Francia da Joe Dassin [13].
Tra il 1976 e il 1977 la carriera di Cutugno ebbe la sua prima svolta. Con il suo gruppo, gli Albatros, si presentò a Sanremo e arrivò terzo. L’anno dopo tentò di lanciarsi come solista e il suo primo pezzo, Donna donna mia, ottiene un buon successo. Insomma, tutto sembrava pronto per l’affermazione definitiva.
Da Toto Cutugno ad Adriano Celentano
Mentre preparava il suo disco d’esordio, che sarebbe uscito poi nel ’79, donò a Celentano una canzone d’amore. Si intitolava Soli [14], che Adriano inserì nell’album omonimo. Fu un successo clamoroso e inaspettato, che proponeva un’altra faccia di Celentano.
Il brano era infatti meno urlato e ritmato di quelli che abbiamo presentato finora, quasi intimista. Raccontava del desiderio di solitudine di una coppia, che ben si accostava al clima di quegli anni in cui – dopo l’apoteosi delle piazze – sembrava esserci un ritorno alla vita domestica.
Così Celentano mostrò di essere perfettamente in grado di cantare ballate romantiche, che da lì in poi sarebbero entrate sempre più prepotentemente nel suo repertorio. E il decennio si concludeva com’era cominciato: con il molleggiato ancora in testa alle classifiche.
E voi, quale canzone degli anni ’70 di Adriano Celentano preferite?
Note e approfondimenti
[1] In quel decennio diresse il suo primo film, Super rapina a Milano, e fu protagonista di una pellicola diretta da un regista importante, Serafino di Pietro Germi. ↑
[2] La prima fu Pregherò. ↑
[3] Queste ultime due musicate da Paolo Conte. ↑
[4] Qui potete vedere l’esecuzione a Sanremo 1970. ↑
[5] L’altro inedito di quell’album era Viola e lo potete ascoltare qui. ↑
[6] Più avanti, comunque, sarebbe tornato a incidere anche brani stranieri col testo tradotto, come nei due dischi I miei americani. ↑
[7] Per questo brano vi segnaliamo due video. Il primo, reperibile qui, è tratto dalla trasmissione televisiva Formula Due. Il secondo, molto più recente, è invece realizzato con la partecipazione di Roberto Bolle. ↑
[8] Qui potete vedere Celentano che esegue la canzone alla TV francese, mentre qui potete sentirla cantata in duetto con Piero Pelù. Pochi però sanno che anche Francesco Gabbani ne firmò una cover. Quando era ancora un cantante semisconosciuto, registrò infatti una sua versione, accompagnata da un simpatico video. Il tutto fu tra l’altro approvato dal Clan Celentano. ↑
[9] Eccola eseguita ancora una volta alla televisione francese. ↑
[10] La storia di Ahmet Ertegün è curiosa. Figlio di un diplomatico turco, si trasferì molto giovane in America per seguire il padre. Qui si immerse nello stile di vita americano, imparando ad amarne la musica. E alla fine degli anni ’40 fondò la Atlantic Records. Lui stesso scrisse alcuni classici del blues. Più avanti negli anni scoprì i Led Zeppelin, gli Yes, Neil Young. ↑
[11] Negli anni ’70 erano arrivati anche grandi successi commerciali, come Er più, Yuppi du, Bluff, Geppo il folle e Mani di velluto. ↑
[12] Qui un riassunto delle sue esibizioni che fecero scalpore. ↑
[13] Quella canzone era già stata incisa in italiano da Cutugno col titolo di Africa. ↑
[14] Potete ascoltarla qui. ↑