Cinque canzoni famose degli AC/DC

Brian Johnson e Angus Young degli AC/DC

Ci sono gruppi che non passano mai di moda. Che, a distanza anche di decenni, continuano a vedere le loro canzoni passate alla radio, i loro dischi venduti – anche se in forme sempre diverse –, i loro concerti pieni. Tra questi non si possono non annoverare gli AC/DC. Sono passati ormai quasi quarant’anni dai loro più celebri successi, eppure la band australiana è ancora un’icona del rock, conosciuta ai giovani e ai meno giovani, mentre i riff di chitarra di Angus Young continuano a essere usati in decine di posti e situazioni diverse.

Celebriamo allora questa vitalità e questo successo duraturo con una selezione delle canzoni più belle e famose degli AC/DC. Come vedrete, la gran parte di esse deriva dal periodo d’oro della band, vissuto in una stagione brevissima a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Non manca, però, anche una capatina un po’ più avanti nel tempo. Procediamo.


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Highway to Hell

Da Highway to Hell (1979)

Come probabilmente sapete, gli AC/DC si formarono in Australia ma i suoi membri sono in gran parte emigrati scozzesi. Il nucleo centrale del gruppo è infatti formato dai fratelli Young, Angus e Malcolm, a cui nel tempo si sono aggiunti vari altri professionisti, a partire da Bon Scott, primo indimenticabile cantante. L’album d’esordio, High Voltage, uscì nel 1975, seguito subito da T.N.T., primo robusto successo. La band faceva fatica però a farsi notare al di fuori dei confini nazionali. L’ingresso nelle classifiche europee si fece registrare infatti solo qualche anno più tardi, soprattutto grazie ad Highway to Hell.

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Quell’album, pubblicato nel 1979, segnò la svolta. Già da qualche anno la band aveva fatto maturare il proprio suono, producendo brani destinati a diventare dei classici. Ma fu solo Highway to Hell, pezzo d’apertura dell’omonimo disco, a proiettarli in vetta alle graduatorie. Tutto, in quel brano, era perfetto. Il titolo era quasi un manifesto d’intenti, e derivava da un’espressione coniata da Angus Young durante un’intervista, rispondendo alla domanda su cosa fosse per lui la vita. Il riff iniziale, poi, entrò direttamente nella storia del rock. A questo aggiungete il memorabile coro e la voce inconfondibile di Scott e avrete il primo capolavoro della band.

 

Hells Bells

Da Back in Black (1980)

Se Highway to Hell aveva fatto intuire che l’hard rock non era affatto morto, Back in Black confermò che quel genere aveva lasciato solo momentaneamente il palcoscenico al punk, ma ora era pronto a riprenderselo. La fase dei Ramones, dei Sex Pistols e dei Clash, nel 1980, stava almeno in parte esaurendo la propria spinta, e gli AC/DC, che in America non erano ancora stati capiti, riuscirono ad introdursi in quel vuoto con quello che è probabilmente il loro miglior album di sempre, appunto Back in Black. Un album segnato dal lutto, doloroso, tragico. Quasi un concept, nato in circostanze molto particolari, ma così potente da diventare uno dei dischi più venduti di tutti i tempi (secondo alcuni dati sarebbe secondo solo a Thriller di Michael Jackson).

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Il disco aveva una copertina completamente nera e si apriva con delle campane suonate a morto. E non poteva essere altrimenti. Nel febbraio 1980 Bon Scott, il cantante e frontman del gruppo, era infatti venuto a mancare in circostanze poco chiare, ma probabilmente legate a un abuso di alcol. Dopo qualche settimana, i fratelli Young avevano trovato un sostituto in Brian Johnson, un cantante britannico che dimostrò subito di essere all’altezza della situazione. Hells Bells, il brano che seguiva quei rintocchi, divenne un classico anche dal vivo, tanto è vero che per il tour gli AC/DC fecero forgiare addirittura una campana col logo del gruppo ad introdurre la canzone.

 

Back in Black

Da Back in Black (1980)

Il punto centrale dell’album arrivava però sul lato B del vinile. Back in Black è infatti una delle canzoni più celebri della band, forse quella più famosa in assoluto. Non è un caso che decine di riviste specializzate l’abbiano messa ai primi posti tra le migliori canzoni hard rock ed heavy metal di sempre, e che da allora ad oggi sia stata reincisa da decine di artisti, anche molto lontani dal rock duro degli AC/DC. Tra questi, basti ricordare i Beastie Boys, Shakira, Carlos Santana e Anastacia.

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Anche in questo caso è decisivo il riff iniziale scritto ed eseguito in maniera straordinaria di Angus Young. Un riff semplice nella sequenza, ma capace di scatenare una grandissima energia; un’energia che poi dal vivo veniva esaltata dal look da scolaretto usato dal chitarrista. Anche Brian Johnson, però, ci mise del suo. I membri del gruppo infatti gli chiesero esplicitamente di scrivere delle liriche da dedicare a Bon Scott, senza però che sembrassero morbose o sdolcinate. Il cantante accettò – non senza sentirne il peso – la sfida e riuscì a cogliere l’essenza di quello che era stato il suo predecessore ma anche dell’intero gruppo.

 

You Shook Me All Night Long

Da Back in Black (1980)

L’ultimo brano che abbiamo selezionato da Back in Black è You Shook Me All Night Long, canzone che veniva immediatamente dopo Back in Black. Anche in questo caso la modalità in cui il brano fu scritto è emblematico dei rapporti all’interno del gruppo dopo la morte di Bon Scott. I fratelli Young, infatti, si presentarono da Johnson con la musica già pronta per un nuovo pezzo, chiedendo al cantante di scriverci sopra le parole. Quest’ultimo ha più volte raccontato del blocco che, nei primi tempi, lo prendeva in quelle situazioni, ma in questo caso le liriche nacquero all’improvviso, quasi fossero ispirate dall’alto da Scott.

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Il titolo, You Shook Me All Night Long, era probabilmente ripreso da un classico blues cantato da Muddy Waters, ma gli AC/DC portarono quel testo alle estreme conseguenze. I riferimenti sessuali erano praticamente espliciti, e il videoclip rinforzò quest’interpretazione, scatenando le ire dei censori. Ciò non impedì alla canzone di scalare le classifiche e soprattutto di attirare un pubblico che solitamente non era interessato all’hard rock. Back in Black ebbe infatti un successo così clamoroso proprio perché riuscì – grazie a una qualità che trascendeva i generi – ad uscire dagli stretti steccati della musica più rude e a sfondare nel mercato mainstream.

 

Thunderstruck

Da The Razors Edge (1990)

Dopo l’inatteso e clamoroso successo di Back in Black, gli AC/DC attraversarono una fase di stanca. Nuovi album continuarono ad uscire, facendo, almeno nei primi tempi, registrare ottimi dati di vendita. Ma l’ispirazione sembrava sempre meno presente. A sostenere il tutto ci pensavano le esibizioni live, sempre potenti e memorabili, ma mancavano nuovi classici portati a dare linfa al repertorio. Si dovette così aspettare fino al 1990 perché il gruppo australiano riuscisse a produrre un album di inediti degno dei loro migliori successi, The Razors Edge.


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Un album che si apriva con Thunderstruck, una canzone clamorosa ed epica. Di nuovo, gli AC/DC tornavano a parlare e a cantare di elettricità, sostenendo il tutto con un assolo introduttivo di chitarra che era destinato ad entrare nella storia del rock. Emblematico, da questo punto di vista, anche il video, che la band registrò nell’agosto 1990 alla Brixton Academy di Londra. Alternando ad inquadrare più o meno classiche delle riprese sui ragazzi che li acclamavano, sulla chitarra di Angus Young, sulle bacchette della batteria di Phil Rudd e da sotto al pavimento in cui lo stesso Young eseguiva la sua celebre Duck Walk, la band creò un video che aiutò le vendite e fece entrare il brano nella mente di fan vecchi e nuovi.

 

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