Cinque canzoni di Gino Paoli famose e belle

Le canzoni di Gino Paoli più famose

Oggi Gino Paoli sembra un autore d’altri tempi. D’altronde, negli ultimi anni ha continuato a realizzare dischi, ma per la verità pochi di inediti, concentrandosi più sulle raccolte o sugli album live. E l’età non è più quella verde di un tempo. Classe 1934, il cantautore ha più di 80 anni alle spalle e una carriera piena di alti e bassi, di grandi successi e di rovinose cadute. Una carriera che vale la pena ricapitolare riprendendo in mano le canzoni di Gino Paoli famose e memorabili.

Per sé o per alcune interpreti

Dal 1959, anno dell’esordio, ad oggi i brani scritti da Paoli sono stati centinaia. Molti li ha cantati e portati al successo lui stesso. Altri sono stati affidati ad interpreti. Nomi che hanno fatto la storia della musica italiana, come Mina, Patty Pravo o Ornella Vanoni.

Basta citare una manciata di titoli, probabilmente, per farvi accendere una lampadina in testa. Canzoni come La gatta, Ti lascio una canzone, Averti addosso. O gli adattamenti, come Non andare via (traduzione di Ne me quitte pas) e Col tempo (anche questa adattata dal francese di Avec le temps).

E queste sono solo le canzoni che non sono riuscite ad entrare tra le cinque più famose e più belle che abbiamo scelto per il nostro elenco. Preparatevi, quindi, a farvi trascinare dai ricordi, diretti o indiretti. E ad immergervi per qualche minuto nella storia della musica d’autore italiana dagli anni ’60 agli anni ’90.

 

Il cielo in una stanza

La prima tra le canzoni di Gino Paoli famose

Il cielo in una stanza, la prima tra le canzoni di Gino Paoli famoseGli inizi della carriera di Gino Paoli non furono certo facili. Nato a Monfalcone, crebbe a Genova, dove, fin da giovanissimo, strinse amicizia con altri artisti. Fu infatti uno dei fondatori della cosiddetta “scuola genovese”, che annoverava anche Luigi Tenco, Umberto Bindi e Bruno Lauzi. E poi, qualche anno più tardi, pure Fabrizio De André.

Alla fine degli anni ’50, i primi cantautori di quel gruppo erano pronti per provare la via della discografia. Paoli arrivò così a Milano nel 1959, pieno di belle speranze. Venne messo sotto contratto dalla Ricordi e incise i primi 45 giri. Furono tutti dei fiaschi. Le sue canzoni, che pure mostravano un grande talento, non riuscivano a sfondare presso il grande pubblico. Erano però molto apprezzate dai colleghi e dagli addetti ai lavori.


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Fu così che Mogol, il paroliere che qualche anno dopo avrebbe accompagnato l’ascesa di Lucio Battisti, decise di dargli una mano. Spinse infatti perché un nuovo brano composto da Paoli venisse inciso non dal cantautore, ma da un’interprete già affermata. La scelta cadde su Mina, allora appena ventenne ma già famosa presso il grande pubblico. La “tigre di Cremona” aveva infatti già lanciato Tintarella di luna, Nessuno e Una zebra a pois, ottenendo ottimi riscontri.

Incisa da Mina

La canzone che Paoli le propose era Il cielo in una stanza. Un brano che Mina fu quasi costretta ad incidere, visto che lei era contraria, considerandola troppo lontana dalle proprie corde. Ma che ebbe invece un successo straordinario, arrivando in vetta alle classifiche. Nel giro di poche settimane fu reincisa anche da Paoli, che riuscì così a far decollare la propria carriera.

La canzone, una delle più belle della storia della canzone italiana, è stata da allora reinterpretata decine di volte. Tra le cover più famose bisogna menzionare quella in italiano e in inglese di Connie Francis (poi ripresa in tempi recenti anche da Morgan) e quella in italiano e francese di Carla Bruni. Tra le versioni fedeli all’originale, invece, vanno segnalate quelle di Massimo Ranieri, Franco Battiato, Noemi e Giusy Ferreri.

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Senza fine

La canzone d’amore scritta per Ornella Vanoni

L'album Gino Paoli che conteneva i primi successi del cantante genoveseLa carriera di Gino Paoli fece passi avanti molto rapidi. I primi anni ’60 furono il suo periodo più fortunato, in cui ogni canzone che usciva dalla sua penna sembrava destinata ad avere successo. E anche il suo ingresso nel mondo dello spettacolo fu piuttosto turbolento. Nel 1960 conobbe e intrecciò una relazione con Ornella Vanoni, giovane cantante sua coetanea. Nel 1962 fu poi responsabile di un incidente automobilistico in cui trovò la morte un suo amico.

Insomma, non erano anni tranquilli, e molto altro sarebbe ancora successo (ma ne parleremo tra qualche riga). Dal punto di vista discografico, dopo il successo de Il cielo in una stanza serviva un adeguato seguito. E questo arrivò con Senza fine, brano scritto pensando proprio alla storia d’amore con la Vanoni.

La fine della storia

La canzone divenne un successo immediato, che entrò nel repertorio sia di Paoli che della compagna di allora. Alla cantante milanese lui avrebbe poi dedicato in quegli anni altri pezzi, come Anche se e Me in tutto il mondo. La storia d’amore, però, entrò presto in crisi. La Vanoni sposò Lucio Ardenzi, cantante e attore con una decina d’anni in più d’età, dal quale ebbe anche un figlio.

Da allora, i due artisti sono comunque rimasti legati tramite un solido legame di amicizia. E hanno spesso cantato assieme, anche in apposite tournée.

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Sapore di sale

Il più grande successo commerciale di Gino Paoli

Sapore di sale di Gino Paoli, forse la più famosa tra le canzoni sull'estate in italianoLe vicissitudini, nella vita di Gino Paoli, non erano però affatto finite. Nel 1961 iniziò a bere whisky, un vizio che gli avrebbe creato problemi per i successivi 15 anni. Nel 1962, durante un tour, conobbe poi una giovanissima Stefania Sandrelli.

L’attrice viareggina aveva all’epoca 16 anni, ma era già una star. Aveva infatti recitato da protagonista in due film di grande successo, Il federale di Luciano Salce e soprattutto Divorzio all’italiana di Pietro Germi. Paoli si innamorò immediatamente di lei e i due iniziarono una relazione, nonostante i 12 anni di differenza anagrafica. Una relazione non semplice: quando i giornali la scoprirono, scoppiò infatti lo scandalo.


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La Sandrelli era infatti minorenne e Paoli era già sposato. Le cose si sarebbero addirittura complicate negli anni successivi, quando il cantante ebbe un figlio dalla moglie legittima, Anna Fabbri, e quasi contemporaneamente una figlia proprio dalla Sandrelli, Amanda. E come se non bastasse, nel 1963 Gino Paoli tentò addirittura il suicidio, sparandosi un colpo al cuore ma salvandosi in modo miracoloso.

È in questo contesto che nacque Sapore di sale, il più grande successo discografico del cantante. Uscì come singolo nel 1963 e in album l’anno successivo, arrivando in vetta alle classifiche. Secondo quanto raccontato da Paoli, fu scritto a Capo d’Orlando, in Sicilia, durante una tournée. Molti giornalisti l’hanno interpretato come una dichiarazione d’amore a Stefania Sandrelli, anche se Paoli ha spesso negato quest’interpretazione.

 

Una lunga storia d’amore

La rinascita negli anni ’80

Una lunga storia d'amore di Gino PaoliDopo i grandi successi dei primi anni ’60, la carriera di Gino Paoli sembrò arenarsi. I suoi dischi, che rimanevano spesso di ottimo livello, fecero sempre più fatica a sfondare in classifica. D’altronde, i tempi stavano cambiando. Arrivavano in Italia le sonorità inglesi e americane, caratterizzate da un impianto ritmico molto più marcato. La musica di Gino Paoli, insomma, all’improvviso cominciò a sembrare vecchia.

I cantautori degli anni ’70, in realtà, dovevano molto a lui e alla scuola genovese in generale. Ma le canzoni, per quanto simili, trattavano ora di temi diversi, molto più politici, mentre bene o male Gino Paoli aveva fino ad allora sempre avuto successo con canzoni d’amore. Anche i suoi tentativi di virare verso l’impegno, pur ben accolti dalla critica, non risolsero la crisi di vendite.

Per Una donna allo specchio

Tutto cambiò, però, negli anni ’80. Giunto ormai alla maturità anagrafica, Paoli venne riscoperto dal grande pubblico. E tutto accadde quasi per caso, grazie a una canzone che si chiamava Una lunga storia d’amore. Il pezzo venne scritto per entrare nella colonna sonora di un film con Stefania Sandrelli. Non una delle grandi produzioni a cui l’attrice ha spesso partecipato, ma un film minore, oggi quasi dimenticato: Una donna allo specchio.

La pellicola non ebbe grande successo, ma Paoli inserì la canzone nel suo album La Luna e il Sig. Hyde, uscito nel 1984. Grazie anche alla presenza di un altro brano importante, Averti addosso, e alla promozione della Five Records di Berlusconi, il disco andò molto bene e aprì una nuova stagione di successi.

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Quattro amici

L’ultimo grande successo di Paoli

Matto come un gatto, disco in cui era contenuto il brano Quattro amiciTra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 la vita personale e professionale di Paoli cambiò ancora. Già da qualche tempo, dopo il divorzio dalla prima moglie e la fine delle storie d’amore con la Vanoni e la Sandrelli, si era legato a Paola Penzo, dalla quale aveva avuto un figlio nel 1980. Nel 1991 i due si sposarono. Inoltre, tra il 1987 e il 1992 il cantante sedette anche alla Camera dei Deputati, eletto col Partito Comunista.

Dal punto di vista professionale, in quegli anni aiutò alcuni giovani cantanti, producendone i dischi o collaborando alla stesura di alcuni brani. Ad esempio, con Zucchero scrisse Con le mani e Come il sole all’improvviso nel 1986. Ma lavorò anche con Marcella Bella e Giorgia. Nel 1989 tornò perfino al Festival di Sanremo dopo più di vent’anni d’assenza.

Da Matto come un gatto

L’apoteosi di questo periodo fu però la pubblicazione dell’album Matto come un gatto, nel 1991. Quel disco si apriva con una canzone ironica e intelligente, Quattro amici, che ebbe un successo inaspettato. Paoli era infatti sì considerato un grande autore, ma il suo pubblico era ormai un po’ in là con gli anni.

Quattro amici, che pure rifletteva sulla vita con una certa nostalgia, piacque invece soprattutto ai giovani. Riuscì addirittura, quell’estate, a vincere il Festivalbar, una manifestazione spesso dominata da star con molti meno anni del cantautore. D’altronde, il brano strizzava un po’ l’occhio anche alle nuove generazioni e al loro idealismo. E inseriva, nel finale, pure una citazione di Vasco Rossi.

 

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