
Amore eterno, almeno una volta nella vita, l’abbiamo giurato tutti. Quasi mai, però, abbiamo mantenuto la promessa: un po’ perché è uno di quei giuramenti che si fanno da giovanissimi, credendo che l’eternità sia qualcosa di talmente breve da poterla governare, e non capendo ancora i propri limiti (e quelli del proprio amore); un po’ perché a volte la vita prende altre direzioni, per colpa nostra o per colpa altrui.
Fabrizio De André aveva già riassunto benissimo questo concetto sul finire degli anni Sessanta con la sua malinconica Amore che vieni, amore che vai: «Quei giorni perduti a rincorrere il vento / a chiederci un bacio e volerne altri cento / […] io t’ho amato sempre, non t’ho amato mai / amore che vieni, amore che vai».
Quando l’amore dura per sempre
Non vogliamo essere però troppo pessimisti: a volte questi amori effettivamente resistono nel tempo, sopravvivono alle vicissitudini quotidiane e durano tutta la vita.
Su questo tipo d’amore i cantanti hanno speso ore e ore di incisioni, cercando di coglierne l’essenza, di descriverne la forza, di trasmetterne l’emozione. Alcuni ci sono riusciti meglio di altri.
Per questo motivo ho selezionato per voi cinque brani, cinque classici della canzone romantica che mi sembrano esprimere al massimo livello quest’idea dell’amore eterno. Si va dagli albori della musica leggera, con gli anni ’50 dei Platters, fino a un pizzico d’Italia con Franco Battiato.
Indice
The Platters – Only You (And You Alone)
Gospel, doo-woop e una delle canzoni d’amore più famose di sempre
Gli anni Cinquanta, in America, sono stati un decennio da favola: finita da vincitori la Seconda guerra mondiale e usciti, nel 1953, pure dalla Guerra di Corea, gli Stati Uniti si godettero anni di espansione economica, benessere interno, relativa pace sociale e coesione politica (anche se il “pericolo rosso” era percepito con angoscia).
Non è un caso che molta letteratura a stelle e strisce dipinga ancora oggi quel decennio come un’età dell’oro, in cui tutto sembrava andare bene, contrapposto alla contestazione del decennio successivo e ai dissidi sociali e razziali degli anni ’70.
Il decennio del rock’n’roll
Fu, soprattutto, il decennio del rock’n’roll, come ci continuano a raccontare da decenni dischi e film. Pensate ad esempio ad American Graffiti, o a Grease, o a Happy Days: un’America serena, in cui anche il “teppismo” delle rockstar veniva accolto con il sorriso sulle labbra. In cui perfino dei cantanti di colore potevano incidere dei dischi per il mercato “dei bianchi” e fare uno straordinario successo.
[wpzon keywords=”platters only you” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]I cantanti di cui stiamo parlando sono i componenti dei Platters, storico gruppo vocale tra i più rappresentativi del decennio. I cinque componenti erano Tony Williams, che cantava da solista, e, a formare il coro, David Lynch, Paul Robi, Herb Reed e Zola Taylor; ma la particolarità su cui si basò il loro rapido successo fu da un lato la scelta di usare le voci degli altri componenti quasi come degli strumenti musicali, secondo una tecnica che divenne famosa come doo-woop, dall’altro gli arrangiamenti, che per la prima volta usavano gli archi all’interno di brani R&B.
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Il successo anche in Italia
Only You fu il loro primo successo, pubblicato inizialmente nel 1954 senza successo e poi riedito, con un nuovo arrangiamento, nel 1955: fu questa versione a incontrare un enorme successo, prima in patria – dove arrivò fino alla posizione numero 5 della classifica – e poi in tutto il resto del mondo, Italia compresa, dove giunse solo nel 1957 ma si aggiudicò senza problemi la vetta della hit parade.
Oltre a dire «solo tu e tu sola puoi operare questo cambiamento in me», la canzone affermava anche che «è vero, tu sei il mio destino, quando tieni la mia mano io capisco la magia che fai, tu sei il mio sogno che diventa realtà, la mia sola e unica tu, solo tu».
Ben E. King – Stand by Me
Un successo dagli anni ’60 agli ’80
Proveniva da un gruppo doo-woop anche Ben E. King, al secolo Benjamin Earl Nelson, cantante originario della Carolina del Sud ma cresciuto ad Harlem che si affacciò sulla scena della musica pop americana sul finire degli anni ’50, all’interno dei Drifters. L’esperienza in un gruppo durò però poco e già nel 1960, a ventidue anni, il giovane cantante di colore era pronto per intraprendere la carriera da solista, assumendo a tale scopo un nome d’arte.
Una delle più grandi canzoni del secolo
L’ottimo esordio fu Spanish Harlem, ma ancora più travolgente fu il suo secondo singolo, che la RIIA (l’associazione delle etichette discografiche) avrebbe poi inserito nella lista delle più grandi canzoni del secolo: Stand by Me, brano scritto a sei mani assieme a Jerry Leiber e Mike Stoller ma ispirato ad un gospel di sei anni prima.
[wpzon keywords=”ben king stand by me” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]La canzone raggiunse la vetta della classifica americana e quasi subito diede origine a una serie pressoché infinita di cover: tra le più famose si annoverano quella di John Lennon, degli U2 e di Bruce Springsteen (entrambi dal vivo), di Lady GaGa, di Sting, di Bon Jovi e di altri ancora; in italiano fu adattata già nel 1962 da Adriano Celentano col titolo di Pregherò (e con un significato completamente modificato).
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Il film di Rob Reiner
Ma non fu solo negli anni Sessanta che Stand by Me risalì le varie classifiche: anche nel 1986 la canzone tornò prepotentemente in vetta alla graduatoria; l’impresa – piuttosto rara nel vorticoso mondo dell’industria discografica – si realizzò a causa del lancio del film omonimo, Stand by Me – Ricordo di un’estate, tratto da un racconto di Stephen King, diretto da Rob Reiner e interpretato da Wil Wheaton, River Phoenix, Kiefer Sutherland ed altri.
Dal punto di vista del testo, la canzone chiede alla persona amata di restare accanto al cantante: «Quando arriva la notte e la terra è oscura, e la luna è la sola luce che vediamo, no, non avrò paura, oh, non avrò paura, almeno finché starai accanto a me. E quindi cara, cara, resta accanto a me».
Kool & the Gang – Cherish
Romanticismo e amori da custodire
Facciamo ora un balzo in avanti ed arriviamo agli anni Ottanta, l’età dell’amore fugace in cui parlare di eternità poteva sembrare quantomeno fuori luogo; eppure c’era qualcuno che lo faceva e, trascinato anche dal successo del movimento New Romantic, scalava pure le classifiche. La canzone che abbiamo scelto è infatti una di quelle di maggior successo di quegli anni, cioè Cherish di Kool & the Gang.
Funk e disco music
Il gruppo aveva allora già vissuto molte vite: si era fatto conoscere negli anni Sessanta praticando l’R&B e il funk, ma aveva incontrato il primo grande successo solo nel decennio successivo, cavalcando l’onda della disco music. Negli anni ’80, gradualmente, i componenti della gang si convertirono al pop, macinando ancora grandi successi fino all’album Emergency del 1984, che segnò forse il loro canto del cigno; dopo, infatti, stentarono a ritrovare la vena migliore, complici anche varie defezioni e cambiamenti nell’organico del gruppo.
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Due erano le canzoni che, in quel disco, la facevano da padrone: Fresh e, appunto, Cherish, che arrivò fino al secondo posto della classifica dei singoli di Billboard, dove rimase per varie settimane, non riuscendo comunque a scalzare Money for Nothing dei Dire Straits e di Sting.
Contro lo scorrere del tempo
Il brano è una ballata romantica molto delicata nei toni (e forse addirittura un po’ melensa), che si sofferma sul bisogno di proteggere l’amore di una coppia dallo scorrere del tempo: «Facciamo una passeggiata insieme vicino alla spiaggia dell’oceano, mano nella mano tu ed io. Prendiamoci cura di ogni momento che ci è stato dato, il tempo sta passando. […] Custodisci l’amore che abbiamo, dovremmo custodire la vita che viviamo».
Bon Jovi – Always
L’amore che dura anche quando si è lasciati
Per questa cinquina, come avrete già intuito, abbiamo deciso di scegliere solo canzoni di grande successo, non perché quelle che vendono siano sempre necessariamente le migliori – anzi, spesso è vero il contrario – ma perché volevamo dei brani che non solo parlassero di amore eterno, ma fossero anche loro in un certo senso eterne, rese immortali dal successo. Da questo punto di vista, immancabile è Always, il singolo più venduto della storia dei Bon Jovi.
Il più grande successo della band
Scritta da Jon Bon Jovi per il primo best della band, uscito nel 1994 e intitolato Cross Road, la canzone ha infatti venduto un milione e mezzo di copie solo negli Stati Uniti, andando benissimo anche in Gran Bretagna e nel resto d’Europa e rilanciando in grande stile un gruppo che aveva vissuto periodi di gloria negli anni ’80 ma che sembrava in difficoltà nell’adattarsi al nuovo decennio. Il brano – una ballata rock romantica e dolceamara – invece riuscì a scrollare di dosso a Jon Bon Jovi e ai suoi compagni l’etichetta di band hair metal e ad adattarli alle nuove sonorità.
[wpzon keywords=”bon jovi cross road” sindex=”Music” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Il testo, d’altra parte, virava completamente sul romanticismo (anche se il video giocava anche sulla sensualità, in maniera pure un po’ pacchiana), ma senza essere celebrativo visto che la storia raccontata era quella di un amore ferito, di un amante abbandonato; ma l’amore può essere eterno anche quando si è stati lasciati e ci si rende conto che il proprio sentimento non è scomparso, né scomparirà mai.
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Finché le stelle non smetteranno di brillare
Così infatti cantava Bon Jovi: «Sta piovendo da quando mi hai lasciato, ora sto affogando nel diluvio, sai che sono sempre stato un combattente, ma senza di te mi arrendo. […] Ed io ti amerò, baby, sempre, e ci sarò per sempre e un giorno in più, sempre. Ci sarò finché le stelle non smetteranno di brillare, finché il cielo non scoppierà e le parole non rimeranno, e so che quando morirò tu sarai nella mia mente e ti amerò, sempre».
Franco Battiato – La cura
La poesia scritta con Manlio Sgalambro
Come promesso, concludiamo con una canzone italiana, l’ultima anche cronologicamente nella nostra cinquina: La cura, scritta dal filosofo Manlio Sgalambro e musicata da Franco Battiato per l’album del 1996 di quest’ultimo, L’imboscata. Una canzone che non doveva in principio essere uno dei brani trainanti dell’album, ma che si è guadagnata fin da subito un grande seguito tra i fan del cantautore siciliano ma anche e soprattutto tra chi non lo conosceva, tanto che è oggi uno dei suoi brani più conosciuti.
Un inedito brano d’amore
La cosa è abbastanza curiosa, considerando che le canzoni d’amore di Battiato – quelle quantomeno in cui l’amore non è la metafora di qualcos’altro – si contano davvero sulle dita di una mano, visto che il catanese è da sempre attirato da temi più alti del mero amore carnale o terreno; ed è ancora più emblematico che il testo, come molti di quelli incisi negli anni ’90, sia da imputare a un filosofo come Sgalambro, profondamente pessimista nella sua produzione filosofica quanto attratto in quegli anni dalla leggerezza della musica pop.
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Il prodotto – non l’unico – di questa strana collaborazione è una canzone che riesce a comunicare, con una poesia toccante ma allo stesso tempo vicina alla sensibilità contemporanea, quella forma di rapporto d’amore in cui ci si prende cura l’uno dell’altro e ci si solleva dagli affanni e dai dolori quotidiani, alla maniera presupposta proprio da quell’Arthur Schopenhauer di cui Sgalambro era un profondo ammiratore.
…ed io avrò cura di te
«Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore – recita infatti il testo –, dalle ossessioni delle tue manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te».