Cinque capolavori del teatro dell’assurdo nei diversi paesi europei

Alla scoperta delle opere più famose del teatro dell'assurdo

Il teatro dell’assurdo nasce e si sviluppa prevalentemente in Europa, tra gli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta del XX secolo. Si tratta di un periodo difficile per gli stati europei, che infatti dovevano affrontare i problemi sorti nell’immediato dopoguerra. Si stava affermando inoltre un concetto filosofico nuovo, quello riguardante l’assurdità dell’esistenza trattato soprattutto dai francesi Sartre e Camus.

Saranno proprio le loro idee a stimolare la nascita di questo nuovo movimento teatrale che prende vita, in un certo senso, inconsapevolmente: i drammaturghi non vi aderiscono volutamente ed è il critico Martin Esslin che, nel 1961, conia la denominazione di “teatro dell’assurdo”.

Il concetto di assurdità dell’esistenza passa così dai trattati filosofici al palcoscenico, destando non poco stupore e, nella maggior parte dei casi, al principio addirittura disprezzo.

Gli spettatori cominceranno per cui ad assistere a rappresentazioni prive di qualsiasi tipo di razionalità, a partire dal rifiuto di un linguaggio logico. I dialoghi risultano infatti ripetitivi e senza alcun fondamento e lo stesso accade agli eventi che si succedono apparentemente in modo casuale.

Un ulteriore sforzo è quindi richiesto allo spettatore, ossia quello di dare un senso a ciò che vede. Scopriamo quindi insieme quali sono le cinque opere “assurde” che hanno fatto ammutolire l’Europa.

 

1. Samuel Beckett – Aspettando Godot

La vita tra immobilità e nonsenso

Capolavoro del drammaturgo irlandese Samuel Beckett, Aspettando Godot è l’opera a cui si è soliti associare il teatro dell’assurdo. Composta inizialmente in francese nel 1952, fu poi tradotta dall’autore stesso in inglese, anche se solo due anni più tardi. A lasciare interdetti gli spettatori è un’opera del tutto incentrata sulla condizione dell’attesa resa assurda dai dialoghi che esprimono un movimento che non viene mai attuato.

In tutto i personaggi sono giusto una manciata, ma i protagonisti sono due: Vladimiro, detto Didi, ed Estragone, soprannominato Gogo. In mezzo ad una strada deserta, ravvivata, per quanto è possibile, da un albero, attendono entrambi l’arrivo di un certo Mr. Godot, il quale non compare mai sulla scena tanto che, se non mandasse di quando in quando un ragazzo a posticipare il suo arrivo, si stenterebbe quasi a crederne l’esistenza.

La copertina italiana di Aspettando Godot di Samuel Beckett

Questo in effetti è un dubbio che persiste, poiché il tanto atteso Godot dichiara di volersi presentare in un “domani” rinviato all’infinito.

Eppure, il tempo passa: l’albero infatti perde e riacquista le foglie. A fornire un’ulteriore contraddittorietà allo spettacolo è il mancato legame tra i dialoghi dei personaggi, che esprimono un’azione, e la loro immobilità.


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Persino la parola Godot contiene un contrasto: è formata da “go”, che significa “vai”, ma è arrestata da “dot”, che in inglese vuol dire “punto” e testimonia perciò l’impossibilità di un cambiamento.

 

2. Eugène Ionesco – Il rinoceronte

Quando il conformismo diventa una malattia bestiale

Il rinoceronte è un’opera teatrale composta dal drammaturgo francese Eugène Ionesco nel 1959. La prima rappresentazione fu il 22 gennaio dell’anno successivo al teatro Odeon di Parigi e riscosse tanto successo da debuttare anche in Inghilterra appena quattro mesi più tardi. Forse perché l’assurda epidemia di “rinocerontite” non è che un pretesto per invitare il pubblico a riflettere sulla Seconda guerra mondiale, conclusa pochi anni prima.

Mentre nel capolvoro di Beckett i personaggi si possono contare sulle dita della mano, in quest’opera il protagonista Berenger interagisce con diversi conoscenti.

Il rinoceronte, capolavoro di Eugène Ionesco

Ad essere stravolto, infatti, è un intero paesino di provincia in cui i molteplici avvistamenti di rinoceronti rivelano alla fine una verità sconcertante: a trasformarsi in quegli animali selvaggi sono i poveri abitanti, colpiti da una malattia contagiosa. Berenger vedrà così come tutti i suoi concittadini perdono a poco a poco ogni sembianza umana.

L’assenza di umanità ne Il rinoceronte è metaforicamente collegata all’affermarsi dei tre grandi totalitarismi che hanno caratterizzato il primo Novecento: fascismo, nazismo e comunismo. Diversamente da Vladimiro ed Estragone, Berenger, inizialmente criticato dall’amico Jean per la sua mancanza di carattere, sceglie invece di non seguire la mandria di rinoceronti e conservare integralmente la sua umanità, dando vita ad una vera e propria resistenza personale.

 

3. Miguel Mihura – Tres sombreros de copa

L’assurdo tra Guerra Civile e Dittatura

Come per Aspettando Godot, la prima rappresentazione di Tres sombreros de copa avviene nel 1952, anno in cui si verifica il boom del teatro dell’assurdo: è il motivo principale per cui si è soliti considerare la commedia dello spagnolo Miguel Mihura appartenente a questo genere, anche se in realtà fu composta vent’anni prima.

Tuttavia non vi è alcun dubbio che essa presenti elementi riconducibili a questo nuovo stile teatrale; anzi, proprio per la sua anteriorità rispetto alle altre opere, in un certo senso lo anticipa.

Tres sombreros de copa, un classico del teatro spagnolo

Tres sombreros de copa è inoltre importante perché rinnova completamente il teatro iberico: la realtà spagnola dell’epoca, infatti, si discosta parecchio da quella che invece accomuna il resto dei paesi europei. Mentre questi utlimi sono dilaniati dalle lacerazioni provocate dal conflitto mondiale, la Spagna si ritrovava a fare i conti con una guerra civile che opponeva le diverse classi sociali.

È proprio da questa lotta interna che Mihura prende spunto per tessere la trama del suo primo capolavoro in cui all’ipocrisia borghese resiste chi si dimostra libero da ogni convenzionalismo.

A cercare di evadere da una realtà piatta e noiosa sono due giovani, Dionisio e Paula. Si incontrano per caso in un albergo: il primo aspetta il momento delle nozze fissate per l’indomani, mentre la seconda è una ballerina di passaggio stanca dell’ambiente costruito in cui lavora. Le poche ore trascorse a parlare li convincono quasi a fuggire insieme, ma alla fine il peso della realtà trascina ognuno verso il proprio destino.

 

4. Sławomir Mrożek – Tango

Una società governata da valori superficiali

Sławomir Mrożek, oltre ad essere un giornalista, scrittore e fumettista polacco, emerge come drammaturgo negli anni Sessanta del secolo scorso. Una delle sue opere appartenente al teatro dell’assurdo è Tango, inizialmente pubblicata nella rivista letteraria Dialog e portata invece in scena un anno più tardi, nel 1965. La storia di Artur, un giovane che cerca di andare controcorrente, ottiene tanto successo da favorirne la diffusione in moltissimi stati europei.

Il protagonista è uno studente di medicina che vive in un ambiente privo di qualsiasi logica: nella sua casa regnano il caos e il disordine sia spaziale che morale. Le stanze sono infatti piene di mobili e oggetti, alcuni addirittura inutili, e nessun componente della famiglia segue delle regole prestabilite.

Tango di Sławomir Mrożek

L’unico a cercare di allontanarsi da questo stile di vita smodato è proprio Artur: la sua attitudine ribelle e il tentativo di ripristinare l’ordine lo portano ad essere in continuo contrasto con i suoi genitori.

Tutti i suoi sforzi sono in realtà vani, perché ogni buon proposito sembra destinato al fallimento. A causa della mancata dichiarazione alla fidanzata viene piantato in asso da lei, che lo rimpiazza con Edek, colui che si trasformerà nel suo assassino.

Dopo la morte di Artur, l’opera si conclude con un tango, ballo che in questo contesto è simbolo della totale mancanza di valori di cui, secondo Mrożek, l’intera società dell’epoca era vittima.

 

5. Fritz Hochwälder – L’accusatore pubblico

Le atrocità del passato che rimandano all’assurdità del presente

Mentre nella maggior parte dei paesi europei il teatro dell’assurdo si diffuse progressivamente, l’Italia non abbracciò mai questo genere: l’unico drammaturgo che vi venne accostato fu Achille Campanile, ma lui smentì, in quei tempi, questa interpretazione del suo lavoro.

Non tutte le opere furono quindi tradotte in italiano e poco successo riscossero quelle del viennese Fritz Hochwälder, i cui scritti sono invece considerati tra i più importanti della letteratura in lingua tedesca del XX secolo.

Edizione originale de L'accusatore pubblico

Lo stile utilizzato dall’artista austriaco differisce in realtà da quello degli altri autori assurdisti, ma l’unione dei modelli classici e storici e l’inserimento di tematiche rimandanti al disagio postbellico ci permettono di inserirlo nel genere. È soprattutto ne L’accusatore pubblico, composto nel 1948, che emerge il problema dell’ingiustizia politica e dell’abuso del potere.


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Come ne Il rinoceronte di Ionesco, in quest’opera viene mossa una critica nei confronti dei vari regimi totalitari, anche se rimandando all’avvenimento epocale della Rivoluzione francese.

Gli sbagli di un passato remoto forniscono quindi il pretesto per riflettere sulle atrocità di una storia più recente, in cui l’individualità dei personaggi si scontra con l’autorità dei dittatori.

 

E voi, quale capolavoro del teatro dell’assurdo preferite?

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