Cinque celebri film di Tinto Brass

Tinto Brass

Se si vuole cercare un regista, in Italia, che genera sempre scandalo e polemica, non bisogna guardare a Nanni Moretti, Paolo Sorrentino o, rivolgendosi un po’ più indietro, Francesco Rosi, che scuotono le coscienze ma che ormai la società italiana ha imparato in un certo senso ad “assorbire”; bisogna guardare invece verso chi non solo scandalizza, ma offende, letteralmente; verso chi attacca il pubblico pudore in maniera frontale, soprattutto per il gusto della provocazione più che per presunte pretese artistiche.

A rispondere appieno a questo identikit è Tinto Brass, forse il regista in assoluto più criticato – e non sempre a torto – del panorama cinematografico italiano.

Classe 1933, milanese ma nipote di un pittore goriziano, Brass esordì in realtà nel cinema in modo molto tradizionale: prima si formò a Parigi, assorbendo i dettami della nouvelle vague; poi divenne assistente di Roberto Rossellini, fino ad esordire nel 1963 con un film sui giovani e il loro disagio.


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Dopo alcune altre pellicole di questo genere e un veloce passaggio attraverso lo spaghetti western, dalla metà degli anni ’70 virò decisamente verso l’erotico fino a sfiorare la pornografia vera e propria, generando proteste e giudizi critici anche molto duri ma incontrando pure un buon successo commerciale, in Italia e all’estero.

Ci fu anche un periodo – e ne parleremo – in cui diventare la protagonista femminile di uno dei suoi film significava vedersi aprire le porte dello star system.

Oggi Brass continua a riproporre periodicamente nuove pellicole, con un successo per la verità più ridotto, anche a causa di internet che gli ha sicuramente portato via il pubblico di voyeur che seguivano i suoi film non per le inquadrature artistiche, ma semplicemente per i nudi e le scene di sesso esplicito.

Ma alcune sue pellicole continuano a conservare fama ed estimatori: scopriamo assieme quali.

 

1. Dropout

Gli esordi impegnati

Partiamo forse dal meno noto dei film della nostra cinquina, ma anche da quello che ha segnato il punto d’arrivo del primo Brass e insieme la produzione più importante, con un cast d’attori per l’epoca stellare che poteva contare su una Vanessa Redgrave reduce dal successo di Blow-Up di Michelangelo Antonioni, su suo marito Franco Nero e su un giovane Gigi Proietti.

Il film, che uscì anche in Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti con un discreto successo, era stato inizialmente varato da Carlo Ponti, il celebre produttore marito di Sophia Loren che aveva finanziato in quegli anni anche le pellicole di Antonioni e vari film americani.

Una scena di Dropout, film del 1970 di Tinto Brass

Il produttore, però, si tirò indietro all’ultimo, e il progetto fu portato a termine nel 1970 grazie ai soldi che ci misero, di tasca propria, lo stesso Brass, Nero e la Redgrave, fortemente convinti della bontà della pellicola.

Il cameo del regista

La storia era incentrata su una donna, Mary, moglie di un banchiere inglese, che veniva rapita da un italiano evaso dal manicomio criminale, Bruno.

I due si trovavano così a viaggiare insieme e ad incontrare tutta una serie di esclusi della società – dal disoccupato all’anarchico, dal drogato al cultore della pornografia (interpretato, guarda caso, dallo stesso Brass) – coi quali si confrontavano e dai quali apprendevano qualcosa di nuovo.

Il finale, però, dopo un avvicinamento sentimentale tra i due, era tragico per entrambi i protagonisti.

 

2. Salon Kitty

Nel bordello nazista

L’avanzamento verso il cinema erotico continuò negli anni ’70 e trovò forse la sua massima espressione in un film del 1975, Salon Kitty, che ebbe un grande successo sia in Italia che all’estero, forte anch’esso di un cast di prim’ordine.

Una delle locandine di Salon Kitty

Alle dipendenze di Brass recitavano, infatti, l’Helmut Berger già protagonista di importanti film di Luchino Visconti (La caduta degli dei Ludwig su tutti), una Ingrid Thulin anch’essa reduce da film di Visconti e di Ingmar Bergman, e molti altri grandi attori internazionali (mentre nel doppiaggio figurava ancora una volta Gigi Proietti).

La storia, d’altro canto, sembrava perfetta per un film che fosse un punto di incontro tra il clima decadente proprio dei film di Visconti e la passione voyeuristica che avrebbe contraddistinto il cinema di Brass negli anni ’80 e ’90.

 
Tratta da fatti realmente accaduti, raccontava le vicissitudini di un bordello berlinese – appunto il Salon Kitty – durante il nazismo e in particolare la Seconda guerra mondiale.


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Un bordello, però, molto particolare, da un lato perché frequentato esclusivamente da ufficiali di un certo rango dell’esercito, dall’altro perché controllato dal servizio segreto delle SS, corpo di cui le prostitute facevano parte e che registrava tutte le conversazioni tra i clienti e le ragazze, con lo scopo di ricattare i militari o di processare eventuali oppositori.

La vendetta delle prostitute

All’interno di questo impianto generale, Brass imbastiva una storia di tradimenti e amori che portava una delle prostitute a incastrare il capo di tutta l’operazione per vendicarsi della morte dell’amato.

Il film, come detto, ebbe un notevole successo di pubblico, anche se ricevette critiche piuttosto dure; un responso che sarebbe diventato ancora più netto col successivo film del regista milanese, Caligola, uscito nel 1979.

 

3. Caligola

Il film per Penthouse

La vera pietra dello scandalo fu però, come detto, Caligola, che uscì nel 1979, frutto ancora di una produzione di primo livello.

Caligola in una recente edizione in DVD

Basti pensare che il protagonista era Malcolm McDowell, già interprete principale di Arancia meccanica (film, tra l’altro, che Brass sostiene gli fu offerto prima che finisse nelle mani di Stanley Kubrick), al fianco del quale figuravano Teresa Ann Savoy – già vista in Salon Kitty e chiamata all’ultimo momento a sostituire Maria Schneider –, Peter O’Toole, Leopoldo Trieste e Helen Mirren.

Ancora più importante, però, era il nome del produttore della pellicola: Caligola infatti fu finanziato da Bob Guccione, l’editore italoamericano di Penthouse, che ovviamente insisteva per dare un taglio sessualmente esplicito al film.

 
Il progetto gli era stato messo in mano addirittura da Franco Rossellini, nipote di Roberto, che anni prima aveva pensato di creare una miniserie televisiva dedicata all’imperatore romano, basandola su una sceneggiatura dello scrittore americano Gore Vidal.

Guccione, che aveva offerto il film prima a John Huston e poi a Lina Wertmuller, intervenne però pesantemente sulla lavorazione, montando da solo la pellicola dopo aver licenziato lo stesso regista e rendendola un film pieno di scene di sesso che turbarono non poco il pubblico nelle sale.

Litigi, licenziamenti e processi per oscenità

I problemi, durante la lavorazione, furono però anche altri: Brass e Vidal non si sopportavano, né stimavano; la sceneggiatura fu, così, spesso stravolta, ma anche i set e i costumi di Danilo Donati – già collaboratore di Fellini – furono rimaneggiati più volte.

Il risultato fu un grandissimo scandalo, con condanna a quattro mesi di reclusione per Rossellini (poi annullata in appello) e distruzione di tutte le copie originali della pellicola, che nel corso degli anni uscì nuovamente, rimontata di volta in volta secondo le indicazioni della sceneggiatura o dei vari produttori.

Il film, per quanto rinnegato da Brass, servì a lanciarne le quotazioni di regista maledetto.

 

4. La chiave

Stefania Sandrelli e lo sdoganamento del cinema erotico

Il passaggio definitivo verso il genere erotico avvenne nel 1983, quando Brass incontrò il suo più grande successo di critica e di pubblico con La chiave, pellicola che aveva per protagonista Stefania Sandrelli.

La locandina de La chiave

Quest’ultima nel decennio precedente era stata attrice per Bertolucci, Monicelli, Scola e Comencini ma ora, quasi alle soglie dei quaranta, si mostrava disposta ad abbandonare il cinema impegnato e aprire la strada a quello erotico.

La storia era tratta da un romanzo omonimo del giapponese Jun’ichirō Tanizaki, scritto addirittura nel 1956 ma da Brass riadattato con un’ambientazione italiana, a Venezia, ai tempi del fascismo: protagonisti erano due sposi, il professore di mezza età Nino Rolfe e la sua giovane e avvenente moglie, Teresa.

 
Tutto prendeva avvio appunto da una chiave che l’uomo lasciava volutamente in vista della moglie, per far sì che lei aprisse il suo cassetto segreto e scovasse i vari diari in cui descriveva le sue fantasie erotiche, che in questo modo potevano essere messe in atto dalla collaborativa consorte.

I silenzi e il triangolo

In un gioco di aspettative segrete, comunicazioni mai esplicite e la presenza di un terzo incomodo (il giovane fidanzato della figlia della coppia), il rapporto si sviluppava in un vortice di seduzione ed erotismo in cui la Sandrelli non risparmiava di mostrarsi più volte anche integralmente nuda, suscitando lo scandalo della critica dell’epoca.


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Il film, infine, vantava le musiche di Ennio Morricone e un’apparizione di Ugo e Ricky Tognazzi.

 

5. Paprika e Così fan tutte

I successi degli anni ’90

Paprika con Debora Caprioglio

Per concludere la nostra cinquina abbiamo scelto due film che vanno obbligatoriamente a braccetto, perché usciti a distanza di appena un anno l’uno dall’altro, perché molto simili tra loro e perché baciati dalla stessa fortuna: Paprika, del 1991, e Così fan tutte, del 1992.

Il primo, liberamente ispirato al romanzo Fanny Hill di John Cleland, affidava il ruolo di protagonista alla giovane Debora Caprioglio, già fidanzata e collaboratrice di Klaus Kinski, affrontando il tema sempre d’attualità delle case chiuse.

 
Ambientato nell’Italia del 1958, raccontava la storia di una ragazza, Mimma, che decideva di mettersi a lavorare in un bordello per aiutare economicamente il fidanzato, assumendo il “nome d’arte” di Paprika e continuando poi il mestiere fino al varo della legge Merlin.

Da Debora Caprioglio a Claudia Koll

Il secondo, basato sull’omonima opera di Mozart, vedeva invece la quasi esordiente Claudia Koll nei panni di una giovane moglie nell’Italia contemporanea che, per rivitalizzare il rapporto col marito, non esitava a tradirlo con vari altri uomini, rischiando anche per un certo momento di perderlo.


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A queste due pellicole, in cui la trama era più che altro una scusa per mettere in scena una serie di situazioni erotiche, lavorò tra l’altro anche Bernardino Zapponi, sceneggiatore tra i più importanti del cinema italiano del dopoguerra, con alle spalle una lunga e proficua collaborazione con Federico Fellini, ma anche con Dino Risi, Dario Argento (in Profondo rosso) e Mauro Bolognini.

 

La filmografia di Tinto Brass commentata

Chiaramente Tinto Brass non ha diretto solo questi film di cui vi abbiamo appena parlato. La sua attività anzi è stata molto proficua e vale la pena di ripercorrere, anche se velocemente, la sua filmografia completa. Eccola.

Gli esordi
– Chi lavora è perduto (inizialmente intitolato In capo al mondo) (1963)
– Ça ira, il fiume della rivolta (documentario) (1964)
– La mia signora (film a episodi, Brass ne dirige due) (1964)
– Il disco volante (1964)
– Yankee (1966)

Il cinema impegnato
– Col cuore in gola (1967)
– L’urlo (1968)
– Nerosubianco (1969)
– Dropout (1970)
– La vacanza (1971)

Il primo erotismo
– Salon Kitty (1975)
– Caligola (1979)
– Action (1979)

Il cinema erotico
– La chiave (1983)
– Miranda (1985)
– Capriccio (1987)
– Snack Bar Budapest (1988)
– Paprika (1991)
– Così fan tutte (1992)

La fase calante
– L’uomo che guarda (1994)
– Fermo posta Tinto Brass (1995)
– Monella (1998)
– Tra(sgre)dire (2000)
– Senso ’45 (2002)
– Fallo! (2003)
– Monamour (2005)

 

E voi, quale film di Tinto Brass preferite?

Ecco cinque bei film di Tinto Brass: vota il tuo preferito.

 

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