
Il Medioevo sembra essere legato a doppio filo alla storia del romanzo europeo. Se infatti questo genere narrativo, che pure aveva avuto i suoi primi esempi anche in secoli remoti, trionfa sulla scena a partire dal primo ‘800, parallelamente ad esso l’Europa sembra riscoprire i “secoli bui”, il lungo periodo cioè che convenzionalmente va dalla fine dell’Impero Romano d’Occidente alla scoperta dell’America.
E non è un caso che uno dei primi generi che si impongono sulla scena sia quello del romanzo storico, un romanzo in cui non solo si ambienta la storia nel passato, ma si cerca di coglierne anche le peculiarità, facendo pensare i personaggi come uomini del loro tempo, riproducendo le relative strutture sociali, imponendo a una trama indubbiamente di fantasia un retroterra da accurato studioso di eventi storici.
Leggi anche: Cinque caratteristiche fondamentali del romanzo storico
E tra i romanzi ambientati nel passato, una rilevanza non indifferente l’hanno quelli che si svolgono proprio durante il Medioevo, sia perché sono stati i primi a dar vita a questo genere, sia perché ci si sono cimentati alcuni dei più grandi narratori di ogni epoca, sia, infine, perché la mentalità medievale ha delle caratteristiche molto particolari, per certi versi molto vicine ma per altri molto lontane dalle nostre.
In fondo, parlare di quegli anni può fornire dei buoni stimoli per riflettere attorno al mondo che ci circonda. Ma quali sono i romanzi storici ambientati nel Medioevo più interessanti? Ne abbiamo scelti cinque, cercando di dare una panoramica che spaziasse dalle origini fino ai giorni nostri: eccoli.
[wpzon keywords=”medioevo” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
Indice
Ivanhoe
Walter Scott e la creazione del romanzo storico
L’inventore del romanzo storico è comunemente identificato nella figura di sir Walter Scott, l’avvocato scozzese che, affascinato dalla narrativa gotica e dalla storia del suo popolo, consegnò all’Europa una serie di libri che ebbero una profonda influenza su tutta la letteratura dell’Ottocento, da Alessandro Manzoni ad Alexandre Dumas padre.
Cresciuto nelle lande scozzesi sentendosi continuamente raccontare leggende locali e storie di insurrezioni contro gli inglesi, Scott esordì sulla scena letteraria con alcuni componimenti in versi, in parte ispirati ai Canti di Ossian che tanta fortuna stavano avendo nell’Europa del periodo.
Fu però solo con Waverley – storia di un inglese che a metà del Settecento scopre le tradizioni scozzesi e se ne innamora fino al punto da indossare il kilt e mettersi a combattere contro il suo stesso popolo – che allo scrittore arrise un successo clamoroso ed inatteso, poi confermato quattro anni dopo da Rob Roy, ambientato questa volta all’inizio del ‘700.
Il romanzo storico era insomma nato, ma fu solo con Ivanhoe, pubblicato nel 1819, che le influenze del periodo fecero sentire tutto il loro peso e l’epoca d’ambientazione fu spostata nel Medioevo, epoca in cui i romantici trovavano le radici dell’Europa moderna ma anche quel dominio di sentimenti, passioni e nobiltà d’animo che tanto volevano esaltare.
Riccardo Cuor di Leone, Giovanni Senzaterra e Robin Hood
Il romanzo, ambientato a fine XII secolo, infatti narra le vicissitudini del nobile sassone Wilfred di Ivanhoe, cavaliere innamorato della bella Rowena che però si è attirato le ire del padre per il suo appoggio al re normanno Riccardo Cuor di Leone e per le sue idee di pacificazione tra sassoni e normanni.
Dopo aver partecipato anonimamente a un torneo e averlo vinto contro dei crudeli nobili francofoni, Ivanhoe deve salvare la bella Rowena e l’ebrea Rebecca da rapimenti e processi condotti spesso con l’appoggio o l’intervento dell’aristocrazia, mentre fa la sua ricomparsa in patria un re Riccardo – precedentemente alle crociate – voglioso di riprendersi il trono dall’usurpazione del fratello Giovanni, impresa che cercherà di portare a termine con l’aiuto del nobile Locksley che si rivelerà essere Robin Hood.
Mescolando personaggi inventati (Ivanhoe e Rowena) ad altri leggendari (Robin Hood e la sua banda), ad altri ancora realmente esistiti (Riccardo e Giovanni), ed introducendo elementi di critica sociale (il diffuso antisemitismo, i processi sommari per stregoneria alle donne, la difficile integrazione tra sassoni e normanni), Scott crea un affresco avventuroso e cavalleresco, in cui forse non brillano le personalità dei personaggi ma in cui l’azione, i colpi di scena e le passioni la fanno innegabilmente da padrone.
[wpzon keywords=”walter scott” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
Notre-Dame de Paris
Il gotico alla fine del Medioevo
Scott fu indubbiamente il primo romanziere a proporre romanzi storici veri e propri, che non a caso ebbero un successo dirompente e straordinario prima in Gran Bretagna e poi in tutta l’Europa, dando il via ad una serie infinita di epigoni e lanciando una vera e propria moda: ogni letterato sembrava sentirsi chiamato a misurarsi col passato, fosse quello seicentesco dei moschettieri di Dumas padre o dei promessi sposi di Manzoni o quello rinascimentale dell’Ettore Fieramosca di D’Azeglio.
La tematica medievale fu però ripresa con maggior vigore dal grande Victor Hugo, che nel 1831 diede alle stampe il suo primo romanzo di grande successo, Notre-Dame de Paris, ambientato nel 1482, quindi ad un passo dall’Età Moderna ma ancora fortemente influenzato dal pregiudizio, dai sentimenti, da quelle passioni travolgenti e irrefrenabili che i romantici cercavano.
La zingara Esmeralda e il servo Quasimodo
La storia è nota: la bella zingara Esmeralda suscita suo malgrado la passione del perfido Frollo, arcidiacono della cattedrale parigina, che la fa rapire dal suo servo Quasimodo, deforme ma di buon cuore; attraverso varie avventure, Esmeralda riesce prima a liberarsi ma poi viene processata per stregoneria e per il tentato omicidio del capitano delle guardie, reato in realtà ascrivibile allo stesso Frollo, che medita di farla condannare per poi costringerla a cedere alle sue lusinghe.
Il finale è tragico, ben diverso da certe versioni edulcorate che ci sono state proposte in adattamenti recenti, ed è un finale in cui il potere costituito – rappresentato sia dalla Chiesa, sia dalle guardie, sia dal re Luigi XI – è malvagio o sciocco ed indifferente davanti ai turbamenti del popolo e ai suoi dolori.
Accolto con enorme fortuna sia in epoca romantica che in quella attuale, il romanzo è stato poi usato come soggetto per film – celebri la versione americana del 1939 con Charles Laughton e quella italofrancese del ’56 con Gina Lollobrigida e Anthony Quinn –, cartoni animati, musical e balletti.
[wpzon keywords=”notre-dame de paris” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
Il nome della rosa
La riscoperta operata da Umberto Eco
Per vari motivi – di affinità ideologica, legati all’esaltazione del nazionalismo e così via – il romanzo storico e in particolare quello medievale visse la sua fase migliore durante gli anni del Romanticismo, come abbiamo ampiamente avuto modo di vedere finora; e non è un caso che lo sviluppo del genere letterario abbia subito una vistosa battuta d’arresto con l’avvento del positivismo e del verismo.
Si è dovuto aspettare, infatti, parecchi decenni perché quello che solitamente viene chiamato post-moderno recuperasse l’eredità del passato: come ironicamente ha sottolineato Umberto Eco nelle sue Postille al Nome della rosa, il termine post-moderno vuol dire tutto e niente, perché in fondo ogni epoca ha la sua fase post-moderna, ma è vero che in questi ultimi trenta o quarant’anni si è sentita più forte l’esigenza di fare i conti col passato, recuperandolo spesso in modo ironico e disincantato.
E proprio Umberto Eco, che abbiamo citato non a caso, è stato il principale fautore della rinascita del romanzo storico medievale col suo Il nome della rosa, pubblicato da Bompiani nel 1980 e oggi uno dei più grandi best-seller della nostra letteratura con più di 50 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Guglielmo di Baskerville e Adso da Melk
Anche in questo caso, l’estrema diffusione del libro, il suo impatto culturale e la sua riduzione cinematografica ne rendono arcinota la trama: verso la fine dell’anno 1327 un francescano ex inquisitore, Guglielmo di Baskerville, ed il suo allievo benedettino Adso da Melk si recano in un monastero del nord Italia per partecipare ad un convegno sulla povertà della Chiesa.
Qui, però, rimangono coinvolti in una serie di misteriosi omicidi che colpiscono i monaci e che sembrano annunciare l’arrivo dell’Apocalisse, salvo in realtà essere legati a un prezioso manoscritto aristotelico custodito in segreto nella biblioteca dell’Abbazia.
Leggi anche: Cinque grandi film ambientati nel Medioevo
Una accuratissima ricostruzione storica – che spazia dalla vita monacale ai contrasti filosofici dell’epoca, dalla descrizione artistica e precisa dei portali all’uso amplissimo del latino – si mescola quindi alle tecniche tipiche del giallo classico, al quale Eco si dimostra debitore fin nella scelta del luogo d’origine del “detective” Guglielmo, quel Baskerville che non può non richiamare alla mente Il mastino dei Baskerville di Sherlock Holmes.
Il risultato è un libro smaccatamente intellettuale ma anche fortemente autoironico che, nonostante un carattere così antipopolare, ha avuto un successo strepitoso.
[wpzon keywords=”il nome della rosa” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
I pilastri della Terra
Amore, morte e stile gotico nell’Inghilterra del XII secolo
Se il romanzo storico dell’Ottocento aveva un carattere prettamente avventuroso e picaresco, negli ultimi trent’anni, dall’appena citato lavoro di Umberto Eco in poi, si è preferito spesso insistere sull’aspetto misterioso e inquietante di quell’epoca, con le case editrici intente a sfornare anche in grande quantità libri su pericolosi codici proibiti e sette esoteriche che mirano alla conquista del mondo.
Da questo andamento generale e un po’ manieristico fa però eccezione quello che è diventato il più celebre romanzo di Ken Follett, peraltro stimato autore proprio di thriller: nel 1989 lo scrittore britannico ha infatti dato alle stampe il corposo I pilastri della Terra, grande saga familiare in cui le ambizioni, gli amori e gli scontri dei personaggi si intrecciano alla storia dell’Inghilterra della metà del XII secolo.
[wpzon keywords=”i pilastri della terra” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]La cattedrale di Kingsbridge
Sullo sfondo di una sanguinaria lotta per il trono e per il potere, infatti, Follett segue le vicissitudini della famiglia di un costruttore impegnato nell’edificazione della nuova cattedrale dell’immaginario villaggio di Kingsbridge, oltre che degli avvenimenti che tengono il capomastro Tom lontano dalla donna che ama e che portano poi il figliastro Jack a raccoglierne l’eredità, aderendo al nascente gotico che tanta fortuna cominciava ad avere nelle cattedrali europee e completando un’opera durata decenni.
Forse meno preciso dal punto di vista storico dei libri che abbiamo presentato finora, il romanzo di Follett ha però il pregio di cercare di fornire un affresco maestoso dell’epoca. E lo fa non tanto quando indugia sulle storie personali e sui piccoli dettagli, ma soprattutto quando mostra la fragilità del singolo davanti ai grandi sommovimenti della storia, siano essi la lotta per il trono, l’accusa di stregoneria, l’imporsi di un nuovo stile architettonico, la crisi economica e politica.
Quasi un Via col vento medievale, il libro riesce ad appassionare proprio per l’incredibile tenacia con cui alcuni personaggi – Tom prima e Jack e Aliena poi – riescono ad ottenere quello che cercavano nonostante la storia sembri fare di tutto per impedirlo.
La cattedrale del mare
Emozioni forti nella Barcellona del Trecento
Concludiamo con un romanzo più recente, anche per dar conto di un genere ancora molto vitale; un romanzo che, come molti di quelli che escono oggi, mette la fedeltà storica in secondo piano, limitandosi a collegare la trama ad alcuni grandi eventi storici e ad evocare l’epoca passata tramite suggestioni, ma arrivando spesso a forzarla in favore di un maggior effetto drammatico.
La cattedrale del mare, ad esempio, è un romanzo di buon successo pubblicato nel 2006 dallo spagnolo Ildefonso Falcones, al suo esordio letterario: ambientato nella Barcellona del ‘300, presenta la vita di Arnau Estanyol, nato servo della gleba ma presto liberato, diventato lavoratore del porto prima e poi un ricco banchiere, fino ad assumere cariche pubbliche e rischiare, ormai maturo, di perdere tutto per la sua amicizia con un gruppo di ebrei, diventati capri espiatori del malcontento popolare a causa della peste.
Le imprecisioni storiche
La trama ha, come detto, ben poco dell’affidabilità storica a cui eravamo abituati. Si parte con un nobile che pretende l’applicazione dello ius primae noctis, pratica che è ormai dimostrato essere solo una leggenda, mai realmente applicata nel Medioevo. Si prosegue poi con continue scalate sociali impensabili al tempo, con un’Inquisizione più da feuilletton popolare che non da romanzo storico e con una descrizione dei fenomeni sociali abbastanza approssimativa.
Ciononostante, il romanzo di Falcones ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, trascinato da una trama dalle emozioni forti, dai suoi personaggi estremi – o fin troppo buoni e sfortunati, o fin troppo malvagi – e dal suo ottimismo di fondo, che lascia intravedere sempre una speranza anche nelle situazioni più buie. Un meccanismo narrativo, insomma, che sembra mescolare richiami storici ad un ritmo da telenovela, con un effetto però molto efficace sui lettori.
[wpzon keywords=”ildefonso falcones” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]