
Romeo e Giulietta è una delle tragedie più celebri della nostra letteratura, ed è forse l’archetipo e il modello di tutte le storie basate su un amore impossibile: a separare i due giovani protagonisti del dramma di William Shakespeare non sono infatti solo le faide tra le due famiglie a cui appartengono, ma anche la sorte, il destino e l’ingenuità degli stessi personaggi.
Da Romeo e Giulietta ai drammi moderni
Da quando fu rappresentata per la prima volta, verso il 1597, quell’opera è diventata non a caso il simbolo dell’amore proibito e avversato dalla società, un amore che comunque non si piega davanti a niente e preferisce una fine onorevole (col suicidio o comunque con un atto estremo) alla sconfitta.
Quello dell’amore impossibile è però un tema che non si ritrova solo nella letteratura dei secoli passati ma che, anche in tempi moderni, è stato riproposto più e più volte ed è diventato centrale soprattutto nel cinema dell’ultimo ventennio, quando ha ripreso particolare vigore.
Di film incentrati su questo tema, infatti, ce ne sono parecchi, e alcuni anche molto belli: ne abbiamo selezionati cinque.
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Indice
Casablanca
«Avremo sempre Parigi»
Gli amori impossibili sono spesso legati a degli addii strappalacrime, a dei momenti in cui i due innamorati devono confrontarsi con la difficile realtà delle cose e accettare – con un atto di dignità oppure perché sconfitti dagli eventi – l’impossibilità del loro amore.
Tempo fa, non a caso, abbiamo dedicato un articolo agli addii più memorabili della storia del cinema, e un posto di riguardo l’abbiamo riservato a Casablanca, la celebre pellicola del 1942 diretta da Michael Curtiz e interpretata da Humphrey Bogart e Ingrid Bergman.
La storia è nota: Rick, un espatriato americano, e Ilsa, una profuga norvegese, si sono conosciuti e innamorati a Parigi nei giorni immediatamente antecedenti all’occupazione nazista; quando sono stati costretti a lasciare la città, però, Ilsa non si è presentata all’appuntamento in stazione, gettando Rick nello sconforto.
Rick e Ilsa, ovvero Humphrey Bogart e Ingrid Bergman
Tempo dopo, lei si reca nel locale che l’americano ha aperto a Casablanca, nel marocco francese che fa capo alla Repubblica di Vichy, chiedendo aiuto per far scappare il proprio marito, capo della resistenza cecoslovacca.
Dopo qualche tentennamento, Rick – magistralmente interpretato da Bogart – riuscirà a superare il cinismo in cui era caduto e a mettere a rischio la propria attività e la propria vita solo per permettere alla sua ex compagna di scappare col suo rivale.
La storia è una delle più famose di Hollywood, in cui si innestano elementi romantici e noir, intrighi politici ed eroismo.
In questo caso, l’amore è reso impossibile dal precedente matrimonio di Ilsa: quando aveva cominciato a frequentare Rick, a Parigi, credeva che il proprio marito fosse morto; la sua ricomparsa, nonostante lei sia ancora innamorata – e ricambiata – dell’americano, rende però impossibile il loro rapporto anche solo in base alla lealtà che li contraddistingue.
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Ghost
Quando a separare è la morte
Avviciniamoci ora ai tempi più recenti, anche se non certo contemporanei visto che dall’uscita del secondo film in cinquina sono ormai passati quasi venticinque anni.
Era il 1990, infatti, quando nelle sale di tutto il mondo veniva proiettata la struggente storia di Ghost, film che confermò l’astro nascente di Demi Moore e di Whoopi Goldberg e soprattutto regalò al cinema d’amore alcune delle scene più memorabili di sempre (basti pensare a quella in cui i due fidanzati lavorano un vaso con la creta, sulle note di Unchained Melody).
Diretto da Jerry Zucker – al primo lavoro in solitaria dopo aver lavorato per anni assieme al fratello David e a Jim Abrahams in prodotti demenziali come L’aereo più pazzo del mondo e Una pallottola spuntata –, il film raccontava la storia di Sam, un bancario newyorkese che viveva un’esistenza felice con la sua fidanzata ma che veniva ucciso durante un tentativo di rapina.
Invece di salire al cielo, però, la sua anima rimaneva sulla Terra allo scopo di smascherare le macchinazioni di chi aveva voluto farlo fuori e di difendere la sua fidanzata.
“Ti amo” contro “idem”
Grazie all’intercessione di una truffatrice che non era consapevole di essere anche una reale sensitiva, Sam riusciva a eliminare il suo migliore amico e il suo complice, cioè i due responsabili della sua morte, e, soprattutto, in un finale strappalacrime, a manifestarsi finalmente alla sua vecchia compagna, sussurrandole quel “ti amo” che in vita non era mai riuscito a dire, trincerandosi sempre dietro a un meno efficace “idem”.
Il film, a suo tempo, fu un successo clamoroso, forse anche al di sopra delle sue effettive qualità: vinse due premi Oscar (miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura originale) e un Golden Globe, e si rivelò un affare d’oro per i produttori, che, a fronte di un investimento di 22 milioni di dollari, ne incassarono 505 al box office.
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Vi presento Joe Black
Innamorarsi della persona sbagliata
Rimaniamo negli anni ’90 – decennio che amava mescolare tetro e romantico – per Vi presento Joe Black, pellicola del 1998 diretta da Martin Brest e interpretata da Brad Pitt, Claire Forlani e Anthony Hopkins.
L’amore impossibile nasce infatti in questo caso dall’incrocio, quasi freudiano, tra Eros e Thanatos: in una caffetteria Susan, fidanzata non entusiastica di un giovane manager, incontra un ragazzo che a prima vista pare essere la sua anima gemella, appunto Joe Black.
Peccato che questo giovane muoia subito dopo e il suo corpo venga preso in consegna dalla Morte, che lo usa per far visita al padre di Susan, destinato a lasciare questo mondo.
Un amore nero
Il film però non è la consueta pellicola che vuole suscitare commozione tramite il dolore dei protagonisti, bensì un film in cui un romanticismo a tratti anche eccessivo convive con una certa dose di humour nero, che stempera le emozioni.
Anche il finale, d’altro canto, è aperto, visto che Susan finisce per perdere per due volte Joe, salvo poi ritrovarselo tra le mani, anche se decisamente cambiato.
Il film, forse anche per questa sua ambivalenza di fondo, generò alla sua uscita reazioni contrastanti: molto amato dai più giovani, che vi trovavano un Brad Pitt al massimo della forma e della popolarità e un romanticismo dark e maledetto che ben si sposava coi miti dell’adolescenza, fu però accolto tiepidamente dai critici, che gli imputarono un eccesso di lentezza.
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Moulin Rouge!
Un melodramma in musica
Finora abbiamo visto diversi tipi di amore impossibile: quello che trova un ostacolo nella guerra e quello in cui gli amanti vengono divisi dalla morte, quello in cui la fa da padrone il fato e quello, che vedremo nel prossimo punto della cinquina, in cui è la natura stessa dei soggetti coinvolti a generare il dramma.
C’è un film, però, che tutti questi elementi li raccoglie insieme, in una formula tanto eccessiva quanto epica e riuscita, perché un po’ di melodramma può risultare stucchevole, ma l’esagerazione del melodramma porta dritti verso il capolavoro.
Scritta e diretta nel 2001 dal regista australiano Baz Luhrmann (assieme a Craig Pearce), Moulin Rouge! è infatti una delle pellicole in cui il tema dell’amore impossibile tocca una delle sue vette più struggenti.
La Traviata e la tubercolosi
La storia – presentata nell’originale forma di un musical – è ispirata a quella della Traviata di Giuseppe Verdi (a sua volta tratta da La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio), e si concentra sul giovane scrittore Christian (Ewan McGregor) che, trasferitosi nella Parigi del 1899, si innamora perdutamente di Satine (Nicole Kidman), la bella ballerina di punta del locale notturno noto come Moulin Rouge.
Tra i due nasce un’intesa, ostacolata prima dal perfido Duca (Richard Roxburgh) che ha delle mire sulla ragazza, poi dalla tubercolosi, che si porta via Satine proprio nel momento in cui sembra coronare il suo sogno d’amore.
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Apprezzatissimo da pubblico e critica, il film ha rilanciato il musical, genere che era stato da anni dimenticato da Hollywood, e soprattutto ha confermato il talento di Luhrmann, che già si era messo in mostra con Romeo + Giulietta (altro film su un amore impossibile, con Leonardo DiCaprio e Claire Danes) ma che da lì in poi avrebbe avuto a disposizione budget faraonici per le sue successive pellicole, come dimostrano Australia e il recente Il grande Gatsby.
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Lei
L’amore impossibile per un computer
Concludiamo col più strano e più recente dei film che abbiamo scelto di inserire nella nostra cinquina: Lei, di Spike Jonze, lanciato lo scorso anno e fresco vincitore dell’Oscar per la miglior sceneggiatura originale.
Il film, alla sua uscita, ha fatto parlare molto i giornali di tutto il mondo.
L’idea di partenza, infatti, è tanto attuale quanto fantascientifica, visto che la sceneggiatura di Jonze si concentra su un presupposto molto originale: cosa succederebbe se, in futuro, le industrie informatiche fossero in grado di realizzare un sistema operativo dotato di un’intelligenza artificiale capace non solo di interagire con l’utente, ma anche di elaborare emozioni?
Scarlett Johansson e Micaela Ramazzotti
La “lei” del titolo è infatti Samantha, un sistema operativo particolarmente evoluto che è in grado di apprendere dall’interazione con gli esseri umani ed instaurare anche un rapporto emotivo con loro.
Samantha – che nell’originale è doppiata da Scarlett Johansson e in italiano da Micaela Ramazzotti – si avvicina infatti sempre di più al suo padrone, il timido e infelice Theodore, innamorandosi ricambiata di lui e cercando di diventare in tutto e per tutto la sua fidanzata, anche sfruttando una persona reale per dare al partner una forma di contatto fisico.
Purtroppo, però, il rapporto è destinato a non continuare, non tanto perché Theodore non accetti la relazione con un software, quanto perché Samantha si evolve e inizia ad elaborare dati in maniera troppo veloce per un solo essere umano, amoreggiando in contemporanea con tutta una serie di altre persone via web. La sconfitta, insomma, è dietro l’angolo, consapevoli che aggirare le difficoltà di un rapporto con gli altri esseri umani non comportano una risoluzione dei propri problemi.
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