
Quello delle crociate è un tema che, da sempre, interessa molto sia gli storici che i profani della materia. Ancora di più oggi, in cui si fa tanto parlare – spesso a sproposito – di scontro di civiltà, di guerre di religione e di quanto altro i media più farneticanti possano inventare. Proprio in mesi come questi è quindi utile rinfrescare un po’ la memoria e guardare nuovamente a cosa furono, in realtà, le crociate. Chi le combatté, quando e perché.
Ecco quindi a voi cinque cose che non sapete, o che troppo spesso vengono dimenticate, riguardo alla storia delle guerre sante della cristianità. Sarà, come vedrete, un articolo che utilizzerà il meno possibile le date e i nomi, non perché questi non siano in certi casi importanti, ma perché ora a noi interessa molto di più indagare le idee e le motivazioni. Cominciamo.
Indice
La parola “crociate” non era usata dai crociati
Un’invenzione settecentesca
Intanto, chiariamo subito i termini della questione. Con la parola “crociate” intendiamo, in storia ma anche nel linguaggio comune, una serie di guerre che si combatterono in epoca medievale, tra l’XI e il XIII secolo. In genere, come vedremo alla fine di questa breve trattazione, gli storici individuano 8 o 9 principali crociate, a cui però bisogna aggiungere delle crociate minori e delle guerre non combattute contro i musulmani a cui fu però attribuito lo stesso nome.
Ciò che colpisce di più, però, è che chi fu protagonista quelle guerre non si considerava un crociato. Né chiamava “crociate” quei conflitti. Per i soldati erano molto più comuni, invece, le espressioni “segnati con la croce” o “soldati della croce”. Il termine “crociate”, infatti, è un’invenzione posteriore. Pare sia stato usato per la prima volta nel Settecento, e ovviamente deriva, tramite lo spagnolo e il francese, dal latino cruciata, cioè “segnata con la croce”. I soldati cristiani, infatti, spesso combattevano con una grande croce disegnata o cucita sul petto, come i quadri e più di recente i film ci hanno spesso mostrato. Attenzione, però: la croce era presente sulle vesti anche dei pellegrini prima che queste guerre scoppiassero.
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Gli arabi, al loro arrivo, erano stati visti come liberatori
Ma in Terra Santa la situazione si era aggravata
L’idea che a livello popolare si ha, di solito, di queste lunghe e sanguinose guerre vede da un lato il popolo cristiano, compatto e animato da spirito religioso, e dall’altro i musulmani, invasori e spesso persecutori di cristiani e pellegrini. Un’immagine che non è del tutto erronea, ma che è ampiamente incompleta. Parliamo prima di tutto degli arabi, mentre poi ci soffermeremo sull’esercito cristiano. Come sapete, Maometto era vissuto fino al 632 d.C. Dopo la sua morte, i suoi successori guidarono il popolo arabo prima alla conquista dell’Asia Minore (comprese la Palestina e la Siria), poi del nord-Africa. Arrivarono perfino in Spagna e in Sicilia, dove rimasero per parecchi decenni.
Quando arrivarono in quelle terre, però, i musulmani non vennero visti come invasori feroci. Anzi, in certi casi furono salutati come dei liberatori. Soprattutto in Asia Minore, dove si scontrarono con l’Impero Bizantino, una buona parte della popolazione li accolse con grande favore. I motivi furono molteplici. In primo luogo, gli arabi garantivano maggior tolleranza dei bizantini: la legge coranica infatti imponeva di non forzare la conversione di cristiani ed ebrei, che per poter professare la loro religione dovevano semplicemente pagare una tassa aggiuntiva, tra l’altro più leggera di quella imposta dall’Impero. Inoltre, non si faceva distinzione tra le varie chiese cristiane, mentre da Costantinopoli si erano più volte perseguitati gli appartenenti a chiese eretiche.
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Certo le cose non furono sempre rosee sotto il dominio arabo. Se nei primi secoli i musulmani avevano portato cultura e tolleranza, con l’andar del tempo, soprattutto nella zona di Gerusalemme, le cose cambiarono. Tra l’VIII e il X secolo i cristiani si videro più volte discriminati anche a livello legislativo, e le chiese e i monasteri furono sottoposti a estemporanei saccheggi. Una situazione che si fece più grave proprio nell’XI secolo. Le cronache, infatti, ci raccontano che i pellegrini spesso dovevano recarsi in Terra Santa scortati da uomini armati, per evitare di essere uccisi. Anche se non è chiaro se queste fonti siano del tutto veritiere (la situazione potrebbe essere stata ingigantita per scopi propagandistici), è sicuro che la vita per i cristiani in Palestina non era più tranquilla.
Non un vero esercito
La difficoltà di controllare i soldati e le loro diverse motivazioni
Il bello della storia è che non ci sono quasi mai dei colpevoli e degli innocenti. Molto più spesso, i popoli e le persone sono allo stesso tempo l’una e l’altra cosa, sia innocenti che colpevoli. Abbiamo visto, infatti, come gli arabi seppero essere sia persecutori che liberatori, ma pure i cristiani mostrarono segni di grande ambivalenza. Pensiamo, infatti, alle motivazioni che spingevano gli uomini occidentali a lasciare la loro patria e a dirigersi verso la Terra Santa. Esse erano molto complesse. Da un lato, c’era il fervore religioso. L’uomo medievale viveva la sua vita in una dimensione che a noi è ormai totalmente estranea, che è quella di una fede priva di dubbi, capace di plasmare tutta la vita dell’individuo. Per questi uomini intervenire in difesa della cristianità e dei luoghi sacri era in primo luogo un dovere morale.
Ma poi c’erano anche motivazioni diverse, che convivevano con quelle religiose. I più poveri, i nobili di basso rango, i figli cadetti delle famiglie più importanti speravano di arricchirsi, di conquistare terre e di saccheggiare i possedimenti degli infedeli. Molti, però, erano animati anche da un sincero spirito di avventura. La loro mentalità, soprattutto in certe regioni come la Francia, era quella dei cavalieri, in cui un uomo era di valore solo se combatteva per difendeva la cristianità e ciò che era giusto. Il che voleva dire che, animati dai racconti delle gesta di Artù e dei suoi cavalieri, bisognava lasciare tutto e partire all’avventura.
[wpzon keywords=”crociate” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”6″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Certo è che davanti a motivazioni così diverse, era ben difficile tenere unito l’esercito cristiano. E infatti non si può nemmeno parlare di un vero e proprio esercito. In genere, ognuno partiva per conto suo, armandosi con le proprie finanze. Vi era un capo, ma si trattava quasi solo di un titolo onorifico, e ogni soldato perseguiva obiettivi proprio. Questo faceva sì che quando le gesta militari andavano a segno, tutto filasse liscio; ma alle prime difficoltà questi eserciti tendevano a sfasciarsi e a non mantenere alcuna disciplina.
I massacri, a volte anche contro correligionari
La presa di Costantinopoli durante la quarta crociata
In generale, le crociate furono guerre molto sanguinose. Per quanto la motivazione religiosa non fosse l’unica, né forse la principale, il contrasto tra religioni diverse portava spesso a un odio viscerale verso il nemico. Il che comportava saccheggi, distruzione, stupri, uccisioni. Le religioni, spesso, giustificavano all’epoca comportamenti di questo tipo. Le prime crociate furono indette addirittura dal papa, mentre i capi musulmani invocavano il jihad (con scopi difensivi, visto che queste terre erano legittimamente islamiche e sotto attacco).
Uno degli episodi più cruenti e famosi fu la presa di Costantinopoli, durante la quarta crociata. I soldati si radunarono nel 1201 a Venezia: memori delle difficoltà nelle crociate precedenti, volevano infatti raggiungere l’Impero Bizantino via mare. Qui strinsero un accordo col doge Enrico Dandolo, e nel 1202 si partì. Visto che i crociati non riuscivano a pagare del tutto le navi, i veneziani parteciparono all’impresa, prendendone le redini. Così, invece che puntare su Gerusalemme, si diressero prima a Zara, città che era stata veneziana ma era ora passata sotto l’Ungheria. Qui la assediarono e la conquistarono, ricevendo la scomunica papale (che fu però presto tolta) per il fatto di aver attaccato una città cristiana.
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Poi strinsero accordi col principe detronizzato di Costantinopoli, Alessio IV, e puntarono sulla capitale dell’Impero Bizantino. La assediarono una prima volta, rimettendo Alessio (e suo padre) sul trono. Quando questi due furono uccisi, però, i veneziani e i crociati assediarono nuovamente la capitale, questa volta in maniera più dura. Il saccheggio che ne seguì fu uno degli episodi più cruenti della storia: tutte le basiliche e le chiese (compresa Santa Sofia) furono depredate e persero altari, arazzi e paramenti sacri. Centinaia di persone vennero uccise per strada e torturate perché rivelassero dove tenevano i loro beni. Le monache vennero stuprate e i monaci uccisi. Per 14 giorni continuarono le uccisioni e i saccheggi, fino a quando i comandanti non imposero il cessate le armi.
Le otto o nove crociate
La periodizzazione storica
Concludiamo cercando di fare un po’ d’ordine in queste numerose crociate. La prima in assoluto, che sfugge alla numerazione canonica, fu la cosiddetta Crociata dei pezzenti, nel 1096. Fu un moto spontaneo di cittadini poveri e poco armati che, su invito del papa Urbano II, avevano anticipato la crociata ufficiale. I cristiani erano circa 20mila e furono massacrati a Nicea. Subito dopo partì la prima crociata vera e propria, che si svolse tra il 1096 e il 1099. Vi parteciparono francesi, tedeschi e italiani e portò alla conquista dell’Anatolia e della Palestina, compresa Gerusalemme.
La seconda crociata (1145-1149) mirò alla riconquista della contea di Edessa, vicino ad Antiochia, tra Siria e Armenia. Fu però un completo fallimento. La terza (1189-1192) fu condotta da tre re per cercare di riconquistare Gerusalemme, caduta in mano turca. Vi parteciparono Federico Barbarossa, che morì cadendo da cavallo, Filippo II di Francia e Riccardo Cuor di Leone. Si concluse senza la conquista di Gerusalemme ma con la riconquista di San Giovanni d’Acri, città 150 chilometri a nord della capitale.
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Della quarta crociata abbiamo già detto, mentre la quinta si svolse tra il 1217 e il 1221. Questa fu ancora una volta un mezzo fallimento, principalmente per il fatto che Federico II, nuovo imperatore, rimandò più volte il suo intervento. In ogni caso, è ricordata anche perché San Francesco d’Assisi riuscì a parteciparvi, attraversando le linee e chiedendo un colloquio col sultano d’Egitto, nipote di Saladino. L’obiettivo era quello di convertirlo al cristianesimo, operazione che però non riuscì.
La sesta crociata (1228-1229) fu l’unica in cui non si combatté. Federico II la condusse infatti con armi puramente diplomatiche, ottenendo la città di Gerusalemme. La settima (1249-1250) fu diretta ancora contro l’Egitto e guidata da Luigi IX di Francia, ma non portò a conquiste. L’ottava (1270) era guidata sempre da Luigi IX, ma si diresse verso Tunisi; qui il sovrano trovò la morte per peste e tutto si concluse in un nulla di fatto. Infine la nona (1271-1272) è da alcuni considerata solo una seconda fase dell’ottava. In essa Edoardo I d’Inghilterra e Carlo d’Angiò, fratelli di Luigi IX e re di Sicilia, partirono da Tunisi verso Acri, in Palestina, ultimo avamposto crociato, ma non riuscirono a effettuare altre conquiste. Anche Acri, qualche anno più tardi, fu conquistata dai musulmani, ponendo definitivamente fine al dominio cristiano nella zona.