
Le mitologie di tutti i popoli sono piene di creature che combinano insieme vari elementi della natura e, in fin dei conti, servono per dare un nome a quello che non si sa spiegare o di cui si ha paura. Abbiamo, così, stuoli di creature mitologiche volanti, striscianti e natanti, ma anche di quelle che si insinuano nel cuore dell’uomo o nei suoi pensieri e ne dominano le azioni.
La potenza evocativa di queste creature mitologiche è sempre stata forte, non solo per i nostri antenati, ma anche per noi oggi: basti pensare, per esempio, allo Yeti o al celeberrimo Chupacabra. Spesso, poi, i mass media riferiscono di ritrovamenti di strani animali che alimentano la nostra curiosità e ci fanno pensare che, forse, gli “antichi” non avevano poi tutti i torti a immaginare un mondo in cui accanto a noi esseri umani ci fossero anche tanti altri esseri viventi che condividevano i nostri stessi spazi, a volte in pace, altre volte con intenti malevoli.
Le creature mitologiche spesso rappresentano quell’attrazione verso l’inspiegabile che ha affascinato i nostri antenati e che anche oggi affascina noi.
Ogni mitologia ha le sue creature mitologiche: alcune di esse sono rimaste confinate nei libri che ne parlano o anche sono andate disperse nella memoria dei tempi, altre hanno sfidato il tempo e la storia e sono giunte fino a noi, anche se solo come immagini di un mondo che non c’è più o come potenti simboli di una realtà che non si riesce a spiegare.
Proviamo a vedere alcune di queste creature mitologiche che, in un modo o nell’altro, destano meraviglia anche ai nostri giorni.
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Indice
Fenrir, il possente lupo che sa parlare
Un personaggio che ha avuto molta influenza nella cultura moderna: lo troviamo, infatti, anche in diversi videogiochi
La mitologia norrena ci tramanda la figura di Fenrir, un lupo veramente possente e dall’intelligenza sopraffina. Fenrir è un lupo gigantesco che ha come padre il dio Loki e come madre la gigantessa Angrboða. Non solo: suoi genitori sono anche la regina degli inferi Hel e al Miðgarðsormr, enorme e mostruoso serpente chiamato anche Jörmungandr che vuol dire “demone cosmicamente potente”. Se la genealogia non bastasse a rendere questa creatura mitologica un vero portento, si aggiunga che Fenrir venne generato nella “Foresta di ferro”, luogo in cui vennero alla luce anche i lupi Sköll e Hati (il primo insegue costantemente il Sole per divorarlo e il secondo fa lo stesso con la Luna, dando vita alle eclissi quando riusciva a farlo).
Come suo padre, Fenrir ha un’intelligenza fuori dal comune e sa anche parlare: in pratica era un avversario pressoché imbattibile, sia dal punto di vista fisico che mentale. Non è un caso che tra i suoi appellativi troviamo quello di “demone del Ván” (il Ván è il fiume che nasce dalla sua saliva) e anche “lupo nemico del popolo”.
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Glatisant la Bestia
Un insieme di animali compongono Glatisant, la bestia che emette un latrato spaventoso
Nel ciclo arturiano troviamo la figura di Glatisant la Bestia. Nota anche come Bestia Latrante, il nome di Glatisant deriva dal francese glapissant che sta per “che guaisce” o anche “che latra”. Infatti questa Bestia emette un forte rumore dal suo stomaco che viene descritto come il latrato di “trenta coppie di cani da caccia”.
Fisicamente non è certo un belvedere: Glatistant la Bestia ha la testa e il collo di un serpente, il corpo di un leopardo, la cosce di un leone e i piedi di un cervo. Cavalieri celebri del ciclo arturiano come Palamede, Pellinore e Percival la cercano in continuazione.
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L’Ircocervo, il mostro mitologico diventato metafora
Da Aristotele a Benedetto Croce, l’Ircocervo gode di ampia popolarità
L’Ircocervo è un animale mitologico per metà caprone e per metà cervo. Diodoro Siculo lo chiama anche Tragelafo e lo descrive come “avente corna di cervo, e il mento irto per la lunga barba, spalle pelose, impeto velocissimo nel primo correre, e facilità a stancarsi subito”.
Troviamo la presenza dell’Ircocervo in tanti scritti da Aristotele a Benedetto Croce, passando per Boezio e per Guglielmo di Ockham. Il motivo di tutto questo interesse per il caprone-cervo è dovuto al fatto che l’Ircocervo da animale mitologico si è trasformato in metafora per indicare cose assurde e irreali. Così Aristotele afferma che un nome in sé non è né vero né falso: il termine Ircocervo esiste, ma l’animale in sé no; Boezio riprende Aristotele e ci fa le sue speculazioni; Guglielmo di Ockham ne parla sottolineando che si deve porre attenzione al concreto e non all’astratto; Benedetto Croce, infine, usa l’Ircocervo quando parla del liberalsocialismo, due concetti inconciliabili per Croce. Come l’Ircocervo, appunto.
Jinmenju, l’albero dalla faccia umana
Volto umano e frutti che sorridono: una splendida creatura mitologica
Una creatura mitologica e folcloristica che non è un animale ma un vegetale: si tratta del Jinmenju o Ninmenju, della mitologia giapponese. La leggenda del Jinmenju è di origine cinese e poi è giunta in Giappone, che lo ha catalogato come yōkai, vale a dire “apparizioni”, “spirito” o “demone”.
Si tratta di un albero che cresce tra i monti, nelle valli: il suo frutto ha una testa umana che non parla ma ride o sorride. Se ride troppo, però, il frutto cade dall’albero. Il sapore di questi frutti – chiamati jinmenshi o frutti dalla faccia di bambino – hanno un sapore dolce/amaro. Da notare che questa caratteristica di una faccia umana non è solo dei frutti: anche i semi del Jinmenju, infatti, somigliano molto al volto di noi esseri umani, con tanto di occhi, orecchie, naso e bocca.
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Tlaltecuhtli, la femmina di coccodrillo della mitologia azteca
Da mostro marino a creatura mitologica che si nutre di sangue umano
Nella mitologia azteca troviamo la figura di Tlaltecuhtli detta anche Tlaltecutli. Stando alle storie tramandate dagli aztechi Tlaltecuhtli era un mostro marino che, dopo il quarto Grande Diluvio, viveva nell’oceano più profondo. Tuttavia Quetzalcoatl, il dio serpente piumato, e Tezcatlipoca, dio della notte, del nord e delle tentazioni, la spezzarono a metà e ne gettarono una parte verso l’alto e l’altra verso il basso. La parte lanciata in alto diede origine al firmamento, mentre quella caduta in basso diede origine alla terra.
Pur spezzata a metà, Tlaltecuhtli rimase in vita e assunse la forma di una femmina di coccodrillo con zampe artigliate e teschi tanto sulla schiena quanto sui fianchi. Oltre a questa trasformazione fisica, Tlaltecuhtli ne ebbe anche una intima: da quando le due divinità la smembrarono pretese in segno di riparazione del sangue umano.
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