Cinque domande sulla vita dal film Il sentiero della felicità

Il manifesto del film Il sentiero della felicità sulla vita di Yogananda

Il libro Autobiografia di uno Yogi del 1946 è un best seller internazionale ed è il racconto della vita di un monaco indiano che dedicò la sua vita alla diffusione della pratica dello yoga in Occidente. Trasformare un libro in un film è sempre un’operazione difficile: come quando si traduce un testo da una lingua ad un’altra, si perde e si aggiunge qualcosa.

Per questo il film-documentario intitolato Il sentiero della felicità è completamente nuovo e sperimentale. Non è una pellicola giudicabile secondo i canoni convenzionali della cinematografia, ma una coraggiosa opera di divulgazione. L’aspetto più singolare è che un testo così diffuso nel mondo approdi nelle sale cinematografiche a distanza di mezzo secolo. Forse non siamo mai abbastanza pronti ad ascoltare un messaggio di pace e d’amore.

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Ti sai donare al mondo?

L’insegnamento dei grandi maestri

Il guru YoganandaSpesso viviamo come se il mondo servisse a colmare ciò che ci manca: dall’amico all’amante, dal lavoro alla macchina, perfino un figlio ci serve per stare bene. Se non abbiamo delle “cose” stiamo male e quindi le cerchiamo e lottiamo per ottenerle. Anche le persone sono diventate “cose – merci” che noi possediamo e consumiamo; quindi non bastano mai, nemmeno le nostre relazioni per quanto belle siano. Invece che viverle, le abbiamo.

Il sentiero della felicità ci presenta un uomo che per scelta di vita, per una naturale predisposizione e inclinazione, per cultura e saggezza orientale, vuole far capire anche agli americani d’inizio secolo che la felicità è dentro di noi e non fuori; e che questa consapevolezza ci può far vivere in pace e in armonia con noi stessi e con gli altri. Non aveva nessun bisogno di andare negli Stati Uniti a diffondere le sue conoscenze: ma lo fa.


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È quello che hanno fatto tutti i grandi maestri spirituali, Gesù, Buddha, san Francesco… Un maestro lo riconosci perché non ti chiede niente, ti si dona e tu semplicemente lo senti. E se per sentire l’amore abbiamo bisogno di prove scientifiche, forse è perché ancora cerchiamo all’esterno una conferma di ciò che già sappiamo, dentro di noi.

 

In quale realtà credi?

Dentro piuttosto che fuori

Articoli d'epoca che compaiono nel documentarioUn altro insegnamento di Yogananda è di guardare la realtà fisica e materiale con occhi nuovi: anzi di invertire la prospettiva cui siamo abituati. Non è reale ciò che vedo, tocco, mangio, ascolto all’esterno; è reale ciò che vedo chiudendo gli occhi e meditando, dimenticando il mio corpo. Lì c’è una cosa che alcuni chiamano contatto con il divino o anima. Una cosa dentro di noi, non fuori.

Forse siamo un po’ zucconi e abbiamo bisogno di prove “materiali”. Il film non parla di scienza, ma di pratiche: praticare è qualcosa di simile a quello che fanno i fisici nei loro laboratori: sperimentano e vedono cosa succede. In questo film non si parla di magia, né di santoni, a meno di non essere predisposti a credere nelle superstizioni. Perché in quel caso la magia o l’inganno possono essere visti dappertutto, anche in un libro o in un film.

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Come sta la tua mente?

I pensieri positivi

Una raccolta di detti di YoganandaUn altro concetto insegnato dallo Yogi è che la mente può essere un grande strumento di autoguarigione per l’essere umano. A volte siamo dominati da una mente antipatica, arcigna, arrabbiata e depressa, è lei al timone delle nostre vite, quindi siamo in balia di nostri pensieri, idee e convinzioni. E non sempre abbiamo pensieri carini e pieni di affetto. La mente critica e si lamenta di questo e di quello, è una brontolona caffettiera.

Invece possiamo essere noi i padroni di casa nostra, della nostra mente e scegliere in cosa credere e se avere un pensiero d’amore oppure no. Il pensiero non è un qualcosa di superfluo e inutile, può determinare il proprio stato di salute psicofisico. Pensare bene ti fa stare bene. È il mens sana in corpore sano che può essere tradotto con il corpo è sano in una mente sana: è il corpo, il mondo fisico e materiale che dipende dalla mente e non il contrario.

 

Chi è un mistico?

Una vita molto umana

George Harrison e la sua iniziazione allo yogaLa vita di Yogananda è la vita di un uomo, semplicemente. Questo film-documentario parla anche dei suoi dolori, la perdita della mamma quando era piccolo, la decisione di seguire una vita monastica osteggiata dalla famiglia. I viaggi continui, gli incontri pubblici. Il legame con il suo maestro spirituale ed il dolore di averlo perduto, il litigio ed il conflitto con il suo migliore amico. La delusione di non essere capito, la voglia di fuggire dal mondo e ritirarsi a vita privata, la scelta di tornare: speranze, entusiasmi, abbattimenti. È un mistico, è una persona carismatica, determinata, ma anche un semplice e un umile.

Pare che i maestri siano così: umani. A un discepolo che gli pone questo problema: «Non so, chi è il mio guru?» Lui risponde: «Il tuo guru è la luce che ti brilla negli occhi». Dentro, non fuori. In un’altra intervista un uomo racconta di avergli chiesto se dovesse smettere di bere, fumare, fare sesso per seguire un cammino spirituale e lui pare abbia risposto: «Puoi continuare a fare quello che vuoi; però non ti posso promettere che a te non venga più il desiderio di fare queste cose dopo che avrai praticato yoga». Non è simpaticissimo?

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Cosa significa per te volontà?

Il silenzio e l’ascolto

YoganandaUn ultimo concetto espresso nel film che dà entusiasmo e speranza è il discorso sulla volontà: non è arrogante, non ha nulla a che fare con il dovere o la forza di volontà. È l’espressione della libertà di scelta e il desiderio di portarla avanti con umiltà, costanza e disciplina, con pazienza, determinazione, gioia, divertimento e amore. Credo sia anche la capacità di ascoltare.

Oggi tutti commentiamo tutto, parliamo di tutto, scriviamo di tutto, pensiamo di sapere un sacco di cose perché con un click su internet troviamo informazioni o perché abbiamo, e ancora possediamo, le conoscenze, i libri, abbiamo letto… Ma vivere è un’altra storia; stare ad ascoltare ed ascoltarsi in un’epoca non solo consumistica ma anche tecnologica, non è banale; stare in silenzio non è una cosa semplice.


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Ma credo sia un buon esercizio per iniziare: parlare di meno. Non so se Yogananda sarebbe d’accordo, spero di sì. In fondo i film si guardano in silenzio.

 

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