
Quanto inchiostro è stato versato sui vizi umani! Religiosi, filosofi, moralisti, letterati: tutti hanno cercato di delinearne le cause e di suggerire i possibili rimedi. Pochi però sono riusciti nel loro intento, se è vero che i vizi di oggi non sono poi così diversi da quelli di ieri. Ancora non riusciamo a contenerci in certi settori, ci infuriamo anche quando non serve e siamo almeno in parte artefici della nostra infelicità. Lo dimostrano anche le frasi sull’invidia che vi presentiamo oggi.
Sono citazioni che giocano su uno dei vizi più fastidiosi. Perché se «l’invidia è una brutta bestia», come dice un detto popolare, è perché è un sentimento che ti rode dentro e da cui non riesci ad uscire.
L’ira ti porta ad infuriarti e a sfogarti, ma dopo un po’ passa. E, se le cose ti vanno bene, non emerge. La gelosia, quando hai un partner molto fedele, viene attenuata. Ma l’invidia, quando c’è, non se ne va praticamente mai.
E non tocca solo le “persone cattive”, o quelle che ci piace ritenere tali. L’invidia prima o poi la proviamo tutti, perché è naturale sentire fastidio quando gli altri riescono in qualcosa in cui noi abbiamo fallito.
Per fortuna a volte si può prendere il tutto con un po’ d’ironia, con aforismi che ci mostrano la pochezza di questo nostro sentimento. Scopriamo allora cinque efficaci frasi sull’invidia che, forse, ci faranno sentire un po’ meglio.
Indice
1. Ciò che abbiamo e ciò che vogliamo
L’ironia di Jerome K. Jerome
Jerome Klapka Jerome è noto come uno dei più grandi umoristi dell’Ottocento. I suoi romanzi ebbero un grande successo nell’Inghilterra vittoriana e presto si diffusero in tutta Europa. Il più celebre, e letto ancora oggi, è di sicuro Tre uomini in barca, ma un certo seguito ebbe anche Tre uomini a zonzo, suo seguito.
La sua frase che abbiamo scelto focalizza bene l’attenzione sullo strano meccanismo che porta all’invidia. Un meccanismo che gioca sulla nostra costante insoddisfazione.
Quello che abbiamo non ci basta mai, anche perché quando raggiungiamo una cosa desiderata essa smette improvvisamente di piacerci. In compenso, quello che di colpo ci comincia ad interessare è sempre in mano a qualcun altro.
Ogni persona ha ciò che non vuole, e ciò che vorrebbe l’hanno gli altri.
(Jerome Klapka Jerome)
Jerome, oltre che abile narratore, era anche un buon aforista. Le sue massime si trovano perlopiù nel primo libro che gli diede fama, e che anticipò i romanzi. Si tratta de I pensieri oziosi di un ozioso, pubblicato per la prima volta nel 1886.
In questo volume lo scrittore raccolse 14 racconti o saggi brevi in cui, prendendo spunto da questioni comuni, sfoderava una serie di esilaranti considerazioni. C’era spazio quindi per la pipa, le bollette, l’amore, la vanità. E, perché no, anche l’invidia.
2. Credere nella fortuna
La considerazione di Jean Cocteau
Se descrivere la vita di Jerome K. Jerome è relativamente semplice, molto più complicato è fare lo stesso per Jean Cocteau. Nella sua lunga esistenza, infatti, l’autore francese ha attraversato diverse forme d’arte, lasciando ovunque un segno ben preciso. Ha scritto poesie ma anche saggi, ha diretto film ma vi ha anche recitato, ha disegnato e composto libretti d’opera.
Nato non distante da Parigi nel 1889, non compì studi regolari, tanto è vero che non conseguì neppure la maturità. Iniziò però fin da giovanissimo a scrivere, soprattutto poesie. Già attorno ai vent’anni ricevette il plauso di un maestro come Marcel Proust, che – visto che parliamo d’invidia – gli scrisse queste parole:
«Crepo di gelosia nel vedere come nei suoi straordinari pezzi su Parigi lei sappia evocare delle cose che io ho sentito e che son riuscito ad esprimere solo in modo assai pallido».
Dobbiamo credere nella fortuna. Altrimenti come potremmo spiegare il successo di chi non ci piace?
(Jean Cocteau)
Durante la Grande guerra strinse amicizia con alcuni artisti, che frequentava assiduamente. Tra questi c’erano Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Guillaume Apollinaire, Max Jacob e altri. Il grande successo arrivò comunque nel 1929 con I ragazzi terribili, un romanzo breve. Nel frattempo esordì anche alla regia, dove avrebbe trovato i più grandi successi tra il 1946 (con La bella e la bestia) e il 1950 (con Orfeo).
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La frase che abbiamo scelto spiega l’origine del concetto di fortuna. Un concetto che secondo Cocteau deriva proprio dall’invidia, dal fatto che dobbiamo cercare di spiegarci il successo altrui. Quando non vogliamo attribuire al nostro avversario del talento, non possiamo far altro che ritenerlo fortunato. E per questo odiarlo ancora di più.
3. Rompersi una gamba
L’analisi del sociologo Helmut Schoeck
Il nome di Helmut Schoeck è meno noto di quelli che abbiamo presentato finora. Ma non meno importante, soprattutto quando si stanno elencando delle frasi sull’invidia. Lo studioso austro-tedesco, infatti, ha dedicato la sua vita alla sociologia. E ha indagato in particolare proprio i meccanismi di questo pericoloso vizio.
Nato nel 1922 a Graz, iniziò a insegnare all’inizio degli anni ’50 negli Stati Uniti. Lì rimase per un quindicennio, lasciando il segno in numerose università americane. Nel 1965 rientrò in Europa, stabilendosi in Germania Ovest; insegnò infatti a Mainz fino alla pensione, nel 1990. È scomparso nel 1993.
L’uomo invidioso pensa che se il suo vicino si rompe una gamba, egli sarà in grado di camminare meglio.
(Helmut Schoeck)
La sua opera principale, pubblicata prima in tedesco e poi in inglese, fu Der Neid: Eine Theorie der Gesellschaft. In italiano è stata tradotta solo di recente dai tipi di liberilibri col titolo L’invidia e la società. Rappresenta a tutt’oggi il principale studio sull’argomento.
La frase che abbiamo scelto, però, non è una lunga e profonda analisi sociologica, che non avrebbe trovato qui posto, quanto piuttosto una felice sintesi, che manifesta anche una discreta ironia.
4. Salire in alto
L’aforisma di Friedrich Nietzsche
A proposito di aforismi e invidia, non può mancare nella nostra selezione una frase di Friedrich Nietzsche. Il filosofo, in fondo, sull’invidia ha basato perfino una parte del suo pensiero. Soprattutto per cercare di spiegare la genesi della morale.
Se ricordate, Nietzsche sostiene infatti che la morale odierna sia basata su valori anti-vitalistici. Valori come la rassegnazione, il perdono, l’ubbidienza, la castità. Valori che secondo lui limitano l’uomo, lo mortificano, e derivano non tanto (o non solo) dal cristianesimo, quanto più in generale dalla casta sacerdotale.
Quanto più in alto sali, tanto più piccolo ti vede l’occhio dell’invidia.
(Friedrich Nietzsche)
Questa casta sacerdotale in passato avrebbe operato una sorta di “colpo di mano”. Nel mondo classico, infatti, i valori erano totalmente opposti. Il “caro agli dei” non era l’individuo umile, ma quello orgoglioso. Non era l’uomo casto, ma quello sessualmente attivo, e così via. I valori erano, insomma, quelli dei cavalieri, dei guerrieri, non certo dei religiosi.
Ad un certo punto, però, la casta sacerdotale ha preso il sopravvento e ha rovesciato tutti i valori. E perché l’ha fatto? Nietzsche sostiene che provava “risentimento” nei confronti dei cavalieri e della vita stessa. E questo risentimento è sicuramente un parente prossimo dell’invidia. D’altronde, come recita la frase qui sopra, più sali in alto, più generi invidia.
5. I buoni e i cattivi
Le frasi sull’invidia di Epicuro
Concludiamo con un altro filosofo, ma ben più antico di Nietzsche. Un filosofo che è stato accusato di portare avanti una morale scriteriata, edonistica, senza in realtà comprendere a fondo il suo pensiero. Stiamo parlando, ovviamente, di Epicuro, il grande pensatore greco.
Tutta la sua filosofia – come d’altronde quella dei suoi contemporanei – era votata alla ricerca della felicità. Il maestro doveva infatti aiutare i discepoli a discernere non tanto, o non solo, tra il bene e il male, ma soprattutto tra ciò che era utile a raggiungere la letizia e ciò che era dannoso.
E quindi ci si interrogava su virtù e vizio, dando ovviamente ampio spazio anche ai vizi più comuni come l’invidia.
Non si deve invidiare nessuno; i buoni non meritano invidia; per quanto riguarda i cattivi, più hanno fortuna e più si rovinano.
(Epicuro)
La frase che leggete qui sopra manifesta il preciso stile di Epicuro. Che era un filosofo che esponeva tante massime, ma non col fare didascalico e altero dei suoi predecessori. Il fondatore della scuola del giardino era un pensatore pragmatico: la filosofia, per lui, doveva servire a risolvere problemi molto concreti.
Anche in questo caso, come in molti altri, parte da una distinzione. Prima di tutto, bisogna considerare chi si sta invidiando. Se è una persona buona, che in fondo stimiamo, dobbiamo smettere di invidiarla, perché non se lo merita.
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Se invece è cattiva, non dobbiamo preoccuparci, perché la ricchezza e gli onori sono molto dannosi per chi non sa gestirli. Quante volte i ricchi badano più al loro denaro che alle cose importanti e si ritrovano soli e infelici?