
Avrete di sicuro guardato l’Italia, qualche ora fa, urlando contro quei giocatori che si sono fatti superare dal Costa Rica nella seconda partita dei Mondiali brasiliani del 2014; ma, per una volta, dimentichiamo la stretta attualità – anche perché non è delle più rosee – e ricordiamo come sono andate le cose otto anni fa, ai Mondiali tedeschi che ci hanno visto vincitori: ricordate quella Nazionale di Lippi? Ricordare i gol di Grosso e Materazzi, le chiusure di Cannavaro, gli infortuni, i cambi, le formazioni? E gli eroi di quel Mondiale?
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Ma che fine hanno fatto, quei protagonisti? Alcuni giocano ancora, tra Nazionale (Buffon, Barzagli, De Rossi, Pirlo) e serie A (Totti, Toni, Gilardino, Zaccardo), altri continuano a farsi conoscere tramite spot televisivi o avventure in panchina (Inzaghi, Del Piero, Gattuso); ma che fine hanno fatto tutti gli altri? Dove sono finiti quelli di cui non sentiamo più parlare da anni? Abbiamo selezionato cinque giocatori di quella squadra che hanno avuto un ruolo importante nel Mondiale tedesco ma di cui da qualche tempo si sono perse le tracce: vediamo dove sono e cosa fanno oggi.
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Indice
Fabio Grosso
L’eroe dei Mondiali che ora allena la Primavera della Juve
Fabio Grosso è probabilmente la prova vivente del fatto che i Mondiali possono cambiare completamente non dico le persone, ma sicuramente i giocatori. Fino alla convocazione di Lippi, infatti, il terzino che allora giocava nel Palermo era un discreto giocatore di ventotto anni che, in carriera, aveva conosciuto poche glorie: aveva iniziato in C2 col Chieti e poi aveva fatto d’improvviso il grande salto a quasi 24 anni, piombando in serie A grazie a quel Perugia che amava andarsi a prendere i talenti nelle serie minori; in generale, nel curriculum internazionale aveva solo una manciata di presenze in Coppa UEFA e, dopo tre partite in cui era stato “testato” nel 2003, era tornato in Nazionale giusto per le Qualificazioni al Campionato del Mondo 2006, anche se spesso gli erano stati preferiti altri giocatori come Favalli, Pancaro, Chiellini.
In Germania doveva quindi essere un comprimario, ma si trasformò nell’eroe della competizione, soprattutto nella fase ad eliminazione diretta: nella difficile gara degli ottavi con l’Australia si guadagnò al 93′ il rigore della vittoria; nella semifinale con la Germania segnò il primo dei due gol che ci permisero di arrivare in finale; nei rigori con la Francia segnò infine il gol decisivo per la vittoria della Coppa del Mondo.
Il lavoro alla Juventus
Dopo quell’esperienza esaltante passò subito all’Inter, dove però giocò un’annata non all’altezza delle aspettative; accettò quindi di passare al Lione, dove fu protagonista nella conquista dello scudetto al suo primo anno in Francia.
Nel 2009 tornò in Italia, alla Juventus di Ciro Ferrara, ma dopo una buona prima stagione fu relegato ai margini della rosa sia nell’anno di Delneri, sia soprattutto con Conte. Nel 2012, svincolato dalla società, si è quindi ritirato dall’attività agonistica, iscrivendosi subito al corso di Coverciano per diventare allenatore; ottenuto il patentino a luglio 2013, è diventato subito vice allenatore della Primavera della Juventus, subentrando poi a maggio di quest’anno ad Andrea Zanchetta come primo allenatore.
Vincenzo Iaquinta
Titolare ai Mondiali, svincolato da Antonio Conte
Non fu protagonista come Grosso, ma anche Vincenzo Iaquinta fece la sua parte ai Mondiali tedeschi: collezionò cinque presenze, entrando anche in semifinale e in finale, e siglò un gol nella vittoria per 2-0 contro il Ghana. All’epoca della convocazione era la punta più brillante di quell’Udinese che si guadagnava anche la partecipazione alla Champions League, squadra nella quale giocava dal 2000 dopo varie esperienze nelle serie minori; a Udine sarebbe rimasto un altro anno, prima di passare alla Juventus di Ranieri appena ritornata in serie A dopo l’anno di Purgatorio seguito a Calciopoli.
Il difficile rapporto con Antonio Conte
Le prime due stagioni in bianconero furono positive; poi arrivò un lungo stop per un’operazione al menisco, reiterato in parte anche nel 2010/11. Partecipò anche – da titolare – alla fallimentare spedizione in Sudafrica del 2010, segnando un gol su rigore contro la Nuova Zelanda, sua ultima esperienza con la maglia azzurra. Fu però soprattutto con l’arrivo in panchina di Antonio Conte che il suo destino alla Juventus fu segnato: mandato prima in prestito al Cesena, fu relegato poi anch’egli rapidamente ai margini della rosa, finendo per non vedersi assegnare neppure il numero di maglia.
Svincolato alla fine della stagione 2012/13, lo scorso gennaio è stato in trattativa per andare al Lugano, nella serie B svizzera, ma alla fine non se ne è fatto nulla; le ultime informazioni lo danno tuttora in cerca di un ingaggio per la prossima stagione.
Gianluca Zambrotta
Il terzino che ora allena in Svizzera
Protagonista in Germania, ma autore di una splendida carriera anche dopo la vittoria di quel Mondiale fu Gianluca Zambrotta, centrocampista retrocesso al ruolo di terzino e lì capace di imporsi come uno dei più forti giocatori a livello mondiale. All’epoca della spedizione in terra tedesca era già una colonna della Nazionale e della Juventus, nella quale aveva giocato più di duecento partite in sette stagioni, conquistando quattro scudetti – due dei quali poi revocati – e una finale di Champions.
In Nazionale aveva già partecipato agli Europei del 2000 (quelli persi al golden goal con la Francia in finale) e poi da titolare ai Mondiali del 2002 – uscendo infortunato per colpa di un fallo omicida nell’ottavo contro la Corea diretto da Byron Moreno – e agli sfortunati Europei del 2004, ma la sua lunga carriera internazionale sarebbe stata arricchita anche dagli Europei del 2008 e dai Mondiali del 2010, concludendo un decennio da assoluto protagonista.
[wpzon spec=”1″ asin=”8874968493,B00KCKVY9E,B000BRA4AS” country=”it” listing=”3″ col=”3″ descr=”0″]La nuova carriera da trainer
In Germania segnò in apertura un fantastico gol con l’Ucraina (condito poi anche da un assist per il 3-0 finale), ma tornato in patria si ritrovò con la sua squadra di club relegata in serie B, incapace di pagare gli ingaggi alla sua rosa di campioni: per questo motivo fu ceduto, assieme al compagno di reparto Lilian Thuram, al Barcellona, dove rimase per due stagioni, prima di riuscire a tornare in Italia, ingaggiato dal Milan. In rossonero ha giocato per altre quattro stagioni, conquistando uno scudetto, prima di lasciare la squadra al termine del campionato 2011/12.
Dopo un anno di stop, durante il quale ha frequentato anche i corsi di Coverciano per diventare allenatore, ha firmato per il Chiasso, nella serie B svizzera, ricoprendo il doppio ruolo di giocatore e vice allenatore; dopo appena tre mesi, però, è subentrato al manager titolare, esonerato, ritirandosi di fatto dall’attività come giocatore e conducendo la squadra a una salvezza insperata.
Mauro Germán Camoranesi
L’oriundo che in Argentina ha riscoperto un carattere riottoso
Se i primi tre campioni che abbiamo presentato sono rimasti sempre bene o male vicini all’Italia, il quarto ha messo tra lui e il nostro paese un intero oceano. D’altronde, Mauro Germán Camoranesi non era propriamente un giocatore italiano fin dall’inizio: nato e cresciuto in Argentina, arrivò nel nostro paese nel 2000, a quasi 24 anni d’età, acquistato dal Verona in cui Attilio Perotti aveva appena preso il posto di Cesare Prandelli.
Con gli scaligeri disputò due stagioni, passando poi alla Juventus di Marcello Lippi, dove giocò per otto anni filati, accettando anche la retrocessione in serie B e prendendo, nel 2003, la cittadinanza italiana grazie a un nonno marchigiano emigrato in Argentina a fine Ottocento: poté così esordire in Nazionale proprio in quello stesso anno, convocato da Giovanni Trapattoni, e partecipare poi agli Europei del 2004, al Mondiale 2006 – in cui giocò da titolare inamovibile –, agli Europei del 2008 e di nuovo ai Mondiali del 2010.
Le risse col Racing Club Avellaneda
Alla fine di quell’ultima stagione, ormai trentaquattrenne, lasciò la Juventus e si trasferì in Germania, allo Stoccarda, dove giocò però solo qualche mese, rescindendo già a gennaio il contratto; subito dopo tornò a giocare in Argentina, prima col Lanús, poi col Racing Club Avellaneda, dove trovò posto sempre da titolare ma dove si è reso anche protagonista di alcuni episodi di nervosismo, vedendosi coinvolto in almeno un paio di occasioni in risse in campo e negli spogliatoi.
Lo scorso febbraio ha annunciato il suo ritiro a fine stagione, visto che ormai è vicino a compiere 38 anni, ma alcune dichiarazioni sulla mentalità troppo difensivista del tecnico del Racing, Reinaldo Merlo, l’hanno portato a finire fuori rosa già qualche mese prima del termine del suo contratto.
Fabio Cannavaro
Il Pallone d’Oro adottato dagli Emirati Arabi
Concludiamo con Fabio Cannavaro, quello che al Mondiale 2006 fu il capitano degli Azzurri, nonché vincitore poi del Pallone d’Oro, ultimo degli italiani a raggiungere tale importante traguardo e solo terzo difensore di sempre dopo Franz Beckenbauer e Matthias Sammer. Classe 1973, a Berlino il difensore napoletano era uno dei giocatori più “stagionati”, coetaneo di Filippo Inzaghi e Marco Materazzi e superato solo da Angelo Peruzzi per anzianità; ciononostante, mostrò una freschezza atletica impressionante, sopperendo benissimo all’infortunio del compagno di reparto Alessandro Nesta e dimostrandosi il vero e indiscusso leader difensivo della squadra.
Dopo essere cresciuto e aver esordito nel Napoli, Cannavaro era passato al Parma nel 1995, disputando addirittura sette stagioni in gialloblu coronate dalla vittoria di due Coppe Italia e una Coppa UEFA; nel frattempo, dopo aver conquistato due Europei Under-21, aveva esordito anche in Nazionale maggiore, guadagnandosi la maglia da titolare già ai Mondiali del 1998 in Francia e conservandola in tutte le successive manifestazioni internazionali (tanto è vero che avrebbe chiuso la carriera con addirittura 136 presenze in azzurro, primo per partite giocate al momento del ritiro e ora secondo, superato da Buffon).
[wpzon keywords=”fabio cannavaro” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Negli Emirati Arabi
A livello di club, dopo il Parma era passato all’Inter, dove giocò due stagioni sottotono, salvo poi approdare alla Juventus per riformare il trio difensivo proprio con Buffon e Thuram che aveva fatto a suo tempo la fortuna del Parma; dopo Calciopoli fu ceduto, assieme ad Emerson, al Real Madrid, vincendo due campionati spagnoli consecutivi. Tornato alla Juventus nel 2009, decise dopo un anno di andare a giocare per l’Al-Ahli, squadra di Dubai, con la quale ha disputato un campionato, entrando poi nello staff dirigenziale.
Nell’ultima stagione, dopo aver frequentato il corso a Coverciano, è stato vice allenatore della stessa squadra degli Emirati Arabi, facendo da secondo al romeno Cosmin Olaroiu, già allenatore della Steaua. Durante questi Mondiali sta lavorando come commentatore per la TV inglese.