Cinque evasioni celebri ed incredibili

Guida alle più famose evasioni dal carcere

Ammettiamolo: noi umani siamo abbastanza strani. Sempre pronti a giudicare qualcuno e a condannarlo con pene esemplari (com’è che si dice? «Mettetelo in carcere e buttate la chiave»), ci esaltiamo quando qualche criminale evade dalla prigione.

E più l’evasione è incredibile, più siamo curiosi di conoscere tutti i particolari e quasi giungiamo al punto di considerare l’evaso un eroe. Forse, chissà, perché sotto sotto speriamo che, semmai dovesse succederci qualche guaio, potremo avere la speranza di fuggire anche noi.


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Comunque, bisogna ammetterlo: alcune evasioni sono state veramente rocambolesche e, in un certo senso, hanno fatto la storia. E sebbene siamo portati a pensare che queste evasioni così particolari avvengano per lo più all’estero – negli USA soprattutto – anche in Italia abbiamo la nostra bella tradizione di evasioni.

 

L’evasione di Giacomo Casanova dai Piombi

Abile nell’entrare nella camera da letto delle nobildonne e altrettanto abile nel fuggire da una prigione

Giacomo CasanovaGiacomo Casanova (1725-1798) era abilissimo, come ben sappiamo, nell’intrufolarsi nei letti delle belle donne e dimostrò di essere altrettanto capace di svignarsela da una prigione. Il nostro venne arrestato nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1755 e venne chiuso nei Piombi, l’antica prigione che si trova nel sottotetto del Palazzo Ducale di Venezia. L’accusa per l’arresto era di libertinaggio con donne sposate ma anche di spregio alla religione, di circonvenzione di diversi patrizi e, in linea generale, di comportamento pericoloso per il buon nome e la stabilità dell’aristocrazia.

Fin da subito Casanova iniziò a pianificare la sua evasione. Un primo tentativo andò a vuoto perché lo cambiarono di cella e quindi dovette iniziare a riprogettare il tutto. L’occasione propizia gli si presentò nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre del 1756: un suo compagno di cella, frate Marino Balbi, riuscì a realizzare un foro capiente nel soffitto della cella e così dalle prigioni, attraverso le soffitte, Casanova si trovò all’interno del Palazzo Ducale, scendendo da un abbaino. In compagnia di frate Marino Balbi passò di sala in sala del Palazzo Ducale cercando il modo di uscire e guadagnare la libertà.

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E qui l’evasione si fa leggendaria: un passante vide qualcuno che si muoveva nel Palazzo Ducale e, pensando che si trattasse di un visitatore rimasto chiuso, chiamò un addetto del palazzo che, senza fare tante storie, aprì il portone a Giacomo Casanova e a frate Marino Balbi che, lesti, salirono su una gondola e furono liberi. Il carceriere di Casanova, invece, dovette scontare dieci anni di prigione per esserselo fatto sfuggire!

 

L’ultima evasione di John Dillinger

La fuga con una pistola giocattolo

Il celeberrimo bandito John Dillinger, uno dei re delle evasioniJohn Herbert Dillinger (1903-1934), meglio noto solo come John Dillinger, si costruì una carriera di rapinatore di banche durante la Grande depressione (la celebre crisi del ’29 di Wall Street). Arrestato varie volte, riuscì a evadere spesso e la sua evasione più celebre è quella del 3 marzo 1934 quando fuggì dalla prigione di Crown Point, nell’Indiana. Dillinger era stato arrestato a gennaio del 1934 con l’accusa di omicidio.

In cella riuscì a sagomare un pezzo di legno dandogli la forma di una pistola con la quale minacciò due guardie carcerarie e le disarmò senza che i due secondini capissero che quella che brandiva John Dillinger era un’arma giocattolo. Certo, dopo averli disarmati le armi le aveva davvero e così riuscì a evadere. Una volta fuori rubò una macchina, tanto che c’era, e fuggì alla volta di Chicago, riuscendo a far perdere le sue tracce. Tuttavia questa fu l’ultima evasione di John Dillinger perché l’FBI era decisa a catturarlo con tutti i mezzi, vivo o morto.


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Venne ucciso da agenti federali il 22 luglio 1934, mentre usciva da un cinema. Ironia della sorte, John Dillinger aveva appena visto il film Le due strade diretto da W.S. Van Dyke con Clark Gable, che è un film di gangster.

 

Frank Morris, John e Clarence Anglin: la fuga da Alcatraz

L’evasione più celebre di tutte

Una storia che molti di noi conoscono non fosse altro per il film Fuga da Alcatraz del 1979 con Clint Eastwood. I fatti avvennero la notte dell’11 giugno 1962 e a distanza di così tanti anni ancora diverse cose non sono chiare. I tre – i carcerati Frank Morris, John Anglin e Clarence Anglin – impiegarono un anno per scavare un buco nel muro della loro cella: a quanto pare scavarono con tanta pazienza con dei cucchiai rubati alla mensa del carcere e, per non far scoprire il loro piano, avevano realizzato una falsa parete di giornali che copriva il foro.

La notte della fuga organizzarono tutto nei minimi dettagli: nel letto misero dei fantocci così a un controllo visivo esterno sembrava che dormissero, mentre loro attraverso il foro che avevano realizzato nella parete si calarono nel canale di riscaldamento del carcere, scesero per quindici metri e arrivarono a terra. Che fine fecero? Non si è mai saputo.

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Sono morti nelle fredde acque della baia di San Francisco? O, come racconta un quarto detenuto che non fuggì, c’era una persona che li aspettava lungo la costa e li portò in Messico? L’FBI fece ricerche minuziose, ma tutto quello che trovò furono resti di una zattera, salvagenti e una borsa impermeabile con oggetti di Clarence Anglin. Nel 1979 vennero dichiarati ufficialmente morti, ma chissà se è vero.

 

La prima fuga di Renato Vallanzasca

Una dieta a base di uova marce

Renato Vallanzasca al suo arresto nel 1972Renato Vallanzasca – il bel René, come era chiamato a Milano negli anni Settanta –, capo della Banda della Comasina, è evaso diverse volte dal carcere e la sua evasione più celebre e originale è la prima, avvenuta nel 1972. Mentre era detenuto nel carcere di San Vittore, infatti, Renato Vallanzasca contrasse volontariamente l’epatite: si era iniettato urine per via endovenosa, aveva mangiato uova marce e inalato gas propano.

Venne, pertanto, ricoverato in ospedale, da dove, riuscendo a corrompere chi gli stava intorno e, approfittando della scarsa sorveglianza a cui era sottoposto, riuscì a fuggire.

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Max Leitner, il re delle evasioni

Quando il cordoglio per la morte del genitore è una scusa come tante

Max Leitner in una delle rare foto che lo ritraggonoL’italiano Max Leitner è noto come “il re delle evasioni” perché è riuscito a evadere da ben cinque carceri differenti. Nel 1990 venne arrestato a Innsbruck per furto e condannato a dodici anni; dopo pochi giorni riuscì a evadere da quella che lui definì una “prigione medioevale” e si consegnò alla polizia italiana perché, disse: «Meglio stare in un carcere italiano che in uno austriaco». Portato nel carcere di Bolzano, evase nel 1992 nel più classico dei modi, vale a dire calandosi dalla finestra grazie a delle lenzuola. Si costituì, venne rinchiuso nel carcere di Padova, da cui – indovinate un po’? – fuggì durante un permesso premio del tribunale di sorveglianza. Arrestato di nuovo, venne rinchiuso nel carcere di Bergamo da dove evase nel 2004. Max Leitner venne di nuovo arrestato nel 2004.

Detenuto nel carcere di Asti, nel 2007 chiese al cappellano del carcere di poter essere accompagnato al suo paese natale per incontrare la madre e andare a pregare sulla tomba del padre, che era deceduto da poco. Così il 27 ottobre 2011 il cappellano del carcere don Giuseppe Bussolino lo accompagnò. Approfittando di una sosta presso l’area di servizio dell’Autostrada A22 di Rovereto, Max Leitner si diede di nuovo alla fuga. Riacciuffato, è in carcere. Per ora.

 

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