
È piuttosto difficile stabilire l’origine delle filastrocche: i nostri bambini le ripetono da generazioni, usandole per le conte nei vari giochi in cui ci dev’essere qualcuno “che sta sotto” o per ricordare qualche dato difficile da memorizzare, ma non sappiamo nulla di chi le abbia inventate o, in certi casi, cosa significhino.
Prendete l’Ambarabà ciccì coccò, la filastrocca sicuramente più celebre della nostra tradizione, di cui parleremo già al primo punto della nostra cinquina: chi l’ha inventata? E cosa significano quelle parole iniziali? E perché le civette dovrebbero stare sul comò a far l’amore con la figlia del dottore?
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Sono quesiti che possono sembrare comici e assurdi, ma che hanno incuriosito i filologi e gli storici della lingua, che hanno cercato, con esiti a volte incerti, di dirimere alcune questioni. Cercheremo di darvene conto, per quel poco che c’è da dire, in questa lista di cinque famose filastrocche per bambini provenienti dalla tradizione folcloristica.
Indice
1. Ambarabà ciccì coccò
Dal latino alle civette sul comò
La più celebre delle filastrocche italiane è senza dubbio la conta Ambarabà ciccì coccò, che nel corso dei secoli è stata citata da decine di artisti, che l’hanno usata come simbolo dell’infanzia e del suo gusto per il non-sense.
Lasciando da parte le canzoni dello Zecchino d’Oro, nelle quali i riferimenti alla filastrocca abbondano a profusione, la si trova citata infatti in brani di artisti tra loro diversissimi come Nilla Pizzi e i Punkreas, Vasco Rossi ed Elio e le storie tese, oltre che in sketch comici, romanzi (Ambarabà di Giuseppe Culicchia) e perfino saggi ironici (all’interno de Il secondo diario minimo di Umberto Eco).
[wpzon spec=”1″ asin=”884527487X,8804605928,8849305060″ country=”it” listing=”3″ col=”3″ descr=”0″]Il significato del testo di questa filastrocca, che trovate qui di seguito nella versione ormai cristallizzata in tutte le regioni italiane, è ignoto.
Una spiegazione quantomeno per le prime parole è stata ipotizzata, qualche anno fa, dal linguista Vermondo Brugnatelli, famoso soprattutto per lo studio della lingua berbera: secondo lui, il primo verso deriverebbe dal latino, lingua nella quale la conta doveva suonare come «Hanc para ab hac quidquid quodquod», traducibile con un «Ripara questa (mano) da quest’altra (che fa la conta)».
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Per quanto riguarda il resto, cioè le civette e la figlia del dottore, sono state avanzate diverse ipotesi, prive però di prove convincenti: c’è chi vi ha visto un riferimento alle civette di Minerva, chi invece un’allusione sessuale. Il mistero sembra destinato a rimanere insoluto ancora a lungo.
Ambarabà ciccì coccò,
tre civette sul comò,
che facevano l’amore
con la figlia del dottore;
il dottore si ammalò:
ambarabà ciccì coccò!
2. Trenta dì conta novembre
Per ricordare i mesi
Se la prima è una filastrocca tipica unicamente dell’infanzia, la seconda che abbiamo scelto di inserire nella nostra cinquina è una filastrocca utilizzata parecchio anche dagli adulti.
Trenta dì conta novembre è infatti la cantilena per eccellenza quando si tratta di ricordare quanti giorni ha ciascun mese dell’anno, insegnata di solito alle elementari e poi ripetuta per tutta la vita.
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Trenta dì conta novembre
con april, giugno e settembre.
Di ventotto ce n’è uno,
tutti gli altri ne han trentuno.
3. Cavallino arrì arrò
Il cavallo dalle molte varianti
Le filastrocche sono elementi folcloristici che raramente finiscono sulla carta: nate come forma di memorizzazione orale che fa largo uso di onomatopee, rime, assonanze e consonanze, spesso arrivano al giorno d’oggi in una forma quasi infinita di varianti, dovute alla naturale azione del tempo ma anche all’influsso dei diversi dialetti.
Qualcosa del genere l’avevamo già sottolineato tempo fa, quando ci eravamo trovati a presentare alcune ninne nanne tradizionali, ma il discorso è ancora più pressante con le filastrocche: in molti casi, di una stessa cantilena esistono decine di versioni, che spesso condividono l’inizio ma poi si differenziano notevolmente man mano che i versi si susseguono.
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Questo è anche il caso di Cavallino arrì arrò, filastrocca la cui esistenza è già accertata a inizio Ottocento, in cui le due parole “arrì” e “arrò” erano dei comuni incitamenti che si davano ai cavalli in varie lingue europee. Eccone il testo più diffuso.
Cavallino arrì arrò
piglia la biada che ti do,
prendi i ferri che ti metto
per andare a San Francesco.
San Francesco è sulla via
per andare alla Badia;
alla Badia ci sta un frate
che prepara le frittate;
le frittate non son cotte,
mangeremo le ricotte;
le ricotte son salate,
mangeremo le frittate!
4. Cecco Rivolta
Il morto dei maccheroni
Di chiara origine toscana – e in particolare probabilmente della zona più settentrionale della regione – è invece la filastrocca che ha per protagonista Cecco Rivolta, infelice malcapitato che per colpa di un incidente digestivo finì secondo la tradizione diritto al cimitero.
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Forse per la sua localizzazione, ma sicuramente anche perché meno nota, questa filastrocca non è stata soggetta all’analisi filologica che ha visto protagonista l’Ambarabà, ma quello che stupisce è il ritorno pure qui del tema della malattia, che nella cantilena con cui abbiamo aperto la nostra lista colpiva il dottore e qui invece si scaglia sul piccolo Cecco.
Al di là di tutto, è sicuramente un segno di tempi in cui la morte era un’esperienza quotidiana nella vita dei bambini, tanto che imparavano ad esorcizzarla già con le prime filastrocche.
Cecco Rivolta rivoltava i maccheroni
se la fece nei calzoni,
la sua mamma lo picchiò,
povero Cecco, s’ammalò.
S’ammalò di malattia,
povero Cecco, lo portaron via,
lo portarono all’ospedale,
povero Cecco, ci stava male,
lo portarono al camposanto
e ci stava come un santo!
5. Stella stellina
Una ninna nanna dai risvolti psicologici
Concludiamo, com’è d’obbligo, con una filastrocca della buonanotte, che è anzi a dir la verità una via di mezzo tra la ninna nanna e la filastrocca vera e propria: la celebre Stella stellina.
Poco è dato sapere sulla storia e sull’origine di questa cantilena, anche se è ovvio che è stata creata per accompagnare i più piccoli al sonno: tramite l’elencazione di vari legami madre-figlio nel mondo animale, infatti, si rassicura il bambino della presenza della famiglia accanto a lui nel momento della nanna e lo si invita a lasciarsi andare e a chiudere gli occhi.
Stella stellina,
la notte s’avvicina,
la fiamma traballa,
la mucca è nella stalla,
la mucca e il vitello,
la pecora e l’agnello,
la chioccia coi pulcini,
la gatta coi gattini,
ognuno ha i suoi bambini,
ognuno ha la sua mamma,
e tutti fan la nanna.
In verità sarebbe CHE FACEVANO TIMORE ALLA FIGLIA… non che facevano l’amore😁