Cinque famosi artisti omosessuali del ‘900

Rauschenberg e Johns negli anni '50

Abbiamo dedicato anche in passato vari articoli al mondo LGBT. Articoli in cui, di tanto in tanto ma in maniera non casuale, emergeva il collegamento tra esponenti di questo mondo e l’arte. Già presente nelle età passate, questo collegamento si è fatto più esplicito e profondo nel corso del Novecento. Se è probabile che già molti grandi nomi del Rinascimento fossero eterosessuali solo di facciata, nel corso dello scorso secolo – parallelamente alle conquiste sociali e politiche – molti artisti hanno infatti deciso di fare coming out e di esplicitare la loro sessualità.

Quali sono stati, però, i più famosi? Non è facile rispondere, anche perché si dovrebbe spaziare dalla fotografia all’architettura, dalla pittura alla scultura. Per questo abbiamo deciso di limitare per il momento il campo della nostra indagine alla sola arte pittorica, selezionando gli uomini e le donne che più hanno avuto un impatto sulla scena internazionale. Scopriamoli assieme.


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1. Tamara de Lempicka

Una pittrice Art Déco nell’Europa degli anni ’20 e ’30

A lungo dimenticata dalla critica, Tamara de Lempicka è stata riscoperta di recente, diventando una delle pittrici più studiate (e chiacchierate) degli ultimi vent’anni. Alla base di questa nuova fortuna c’è l’interesse che la sua biografia e le sue scelte artistiche hanno stimolato in esponenti dello star system, e in particolare in Madonna, che ne ha spesso citato le opere anche all’interno dei suoi video musicali.

D’altronde, l’artista polacca è stata protagonista di una vita che ha precorso i tempi. Nata a Varsavia nel 1898 da una famiglia ebrea russa, girò durante la giovinezza per l’Italia e la Francia, sposandosi ad appena 18 anni con un ricco avvocato e trasferendosi con lui a Parigi dopo la rivoluzione bolscevica. Lì iniziò ad apprendere i rudimenti della pittura e ad esporre i suoi lavori, avvicinandosi allo stile Art Déco ma mantenendo anche una certa originalità.

Divorziata attorno ai 30 anni, cominciò a viaggiare di nuovo per l’Europa, facendo le esperienze più diverse. È in questo periodo che esplorò anche nuove forme di sessualità, spesso ammesse pubblicamente. Bisessuale dichiarata, resistette però, a quanto pare, alle avances di D’Annunzio.

Si sposò poi con il barone Raoul Kuffner, trasferendosi in America. Ma lì, soprattutto nel dopoguerra, la sua fama e il suo successo andarono scemando. È morta nel 1980.

 

2. Frida Kahlo

Dal surrealismo al proprio dolore

Anche il nome di Frida Kahlo, un tempo, era abbastanza ignorato dal grande pubblico. Un po’ perché messicana, lontana – anche per gusti – dall’arte europea che studiamo di solito; un po’ perché offuscata dall’ombra del marito, Diego Rivera, grande muralista impegnato politicamente. In parte anche grazie a un bel film dedicato alla sua vita, però, negli ultimi anni la tendenza è cambiata.

Nata nella parte meridionale di Città del Messico nel 1907, era figlia di un fotografo ebreo ungherese e di una donna di origini amerinde. L’evento che le cambiò la vita si verificò a 18 anni, quando l’autobus sul quale viaggiava fece un pauroso incidente.

La sua colonna vertebrale ne uscì martoriata, ma anche le gambe e l’osso pelvico subirono danni molto gravi. Questo la costrinse a passare gran parte della sua vita successiva a letto o in ospedale, cosa che però le permise di dedicarsi alla pittura.

Generalmente è accostata al surrealismo, anche a causa dell’ammirazione che aveva per lei André Breton. In verità lei non si sentì mai pienamente parte di quella corrente, perché riteneva di dipingere non i suoi sogni, ma la sua realtà.

I suoi quadri sono spesso autoritratti, in cui rappresenta il suo dolore in toni anche fantastici e a volte con una certa dose di autoironia. Dal punto di vista sentimentale, fu più volte tradita da Rivera, ma anche lei ebbe – per risposta – numerose avventure extra-coniugali, anche di natura omosessuale.

 

3. Andy Warhol

Il padre vergine della Pop Art

Probabilmente il più famoso esponente della nostra cinquina, e uno dei più celebri artisti del Novecento in assoluto, è Andy Warhol. Il padre della pop art e tutor di molti futuri artisti – non solo in campo pittorico – era nato a Pittsburgh nel 1928 da una famiglia di origini slovacche. I suoi esordi erano stati nel campo pubblicitario, ma da lì il passo verso un’arte nuova e popolare era stato breve.

Le sue opere giocavano sul divismo e sulla ripetizione. Tramite le serigrafie, infatti, riproduceva in molti esemplari i volti dei divi del momento, colorandoli con tinte vivaci. Inoltre replicava oggetti di largo consumo, come bottiglie di Coca-Cola o lattine di zuppa (la famosa Campbell).

Il successo gli permise di aprire una “factory”, in cui ospitava e faceva crescere giovani artisti, tra cui anche i Velvet Underground (con Lou Reed), Jean-Michel Basquiat o Keith Haring.

Dal punto di vista sessuale, Warhol si dichiarava gay ma vergine. Se la prima affermazione è sicuramente vera – visti anche certi suoi quadri giovanili, i film e la frequentazione degli ambienti omosessuali del Village –, i biografi hanno sollevato qualche dubbio sulla seconda.

A quanto pare, nel 1960 fu infatti ricoverato per una lieve malattia sessualmente trasmissibile. In ogni caso, chi gli era vicino parla di pratiche soprattutto voyeuristiche.

 

4. Robert Rauschenberg e Jasper Johns

Gli amanti che fondarono il New Dada

Più o meno coetanei di Warhol, e spesso a lui accostati per vari motivi, furono anche Robert Rauschenberg e Jasper Johns. Due pittori che abbiamo deciso di menzionare assieme sia per la comune appartenenza al movimento New Dada, sia per un rapporto sentimentale che i due condivisero per 6 anni.

Dopo un lungo silenzio (e la morte di Rauschenberg), è infatti diventato di pubblico dominio nel mondo artistico il legame che i due artisti strinsero verso la fine degli anni ’50.

Rauschenberg era nato in Texas nel 1925 e aveva esordito nel campo dell’arte esplorando le possibilità del collage. Grazie anche all’influenza di alcuni viaggi nell’Italia nel dopoguerra, aveva creato uno stile che mescolava materia e disegno e che fu uno dei precursori della stessa Pop Art.

Poi, con gli anni, sperimentò una miriade di diverse tecniche: tra esse anche la serigrafia di Warhol, la fotografia con ingrandimenti di particolari (il blow-up), il cinema, l’installazione e altro.


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Johns, invece, è l’unico ancora vivo della nostra cinquina ed è considerato uno dei più grandi pittori dell’America contemporanea. Nato nel 1930, si è imposto come l’altra grande voce del New Dada statunitense, sfruttando oggetti di uso comune e trasfigurandone il significato nei suoi quadri (un chiaro riferimento al lavoro di Duchamp). La sua opera più famosa è Tre bandiere, realizzata con la tecnica dell’encausto.

 

5. Keith Haring

La street art negli anni ’80

L’ultimo grande artista del nostro elenco è Keith Haring, uno dei più famosi esponenti della street art, che anzi proprio con lui acquisì fama internazionale. Purtroppo però Haring è morto ad appena 31 anni d’età, a causa dell’AIDS: lui stesso, qualche mese prima che gli venisse diagnosticata la malattia, aveva confessato di aver vissuto anni di grande promiscuità sessuale a New York, e di aspettarsi quindi un esito negativo.

Nato nel 1958 in Pennsylvania, scoprì sia l’arte che le sue preferenze omosessuali durante un lungo viaggio in autostop verso San Francisco, attorno alla metà degli anni ’70. Già nel 1977 cominciò ad esporre a Pittsburgh, spostandosi poi a New York.

Le sue composizioni erano sovente realizzate sui muri dei palazzi (cosa che gli costò parecchi arresti) ed erano volutamente stilizzate, in modo da incontrare il gusto popolare. Una stilizzazione basata su figure semplici e colori forti, spesso in atteggiamenti dinamici e di ballo.

I suoi graffiti divennero uno dei simboli e delle icone degli anni ’80, e in breve iniziò ad essere invitato in giro per il mondo. Realizzò anche delle opere in Italia, in alcuni casi poi cancellate da amministrazioni poco consapevoli del valore artistico del murale. Dichiarò di aver contratto l’HIV in una famosa intervista a Rolling Stone sul finire degli anni ’80 e morì pochi mesi dopo, nel febbraio 1990.

 

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