
I dinosauri hanno un fascino strano. Nonostante siano tra gli animali più pericolosi che abbiano mai vissuto sulla Terra nell’epoca preistorica, i bambini ci giocano con grande entusiasmo, spesso conoscendone nomi e caratteristiche nel dettaglio. Sanno che molti di loro sbranavano e attaccavano tutto ciò che incontravano, ma non esitano a portarsene a letto il peluche.
Dai film e dai libri alla realtà storica
Questo paradosso si deve, almeno in parte, alla lontananza. I dinosauri sono per noi un lontano retaggio del passato e, non avendone mai dovuto soffrire la presenza, possiamo amarli senza timore di conseguenze.
E anche quei film e quei libri che hanno cercato di mostrarceli al giorno d’oggi, ci hanno dato appena un brivido, che subito si assopisce quando torniamo alla luce del giorno, sicuri che mostri del genere non possono minacciarci.
Forse proprio per questo, come dicevamo, i dinosauri continuano ad avere un seguito non indifferente. Ogni anno escono nuove collane, in edicola e in libreria, che ne raccontano la vita e le tipologie. Inoltre anche il cinema e la TV hanno cavalcato e continuano a cavalcare il settore, traendone enormi profitti.
Ma proprio perché a volte la realtà storica viene forzata a fini narrativi, non è detto che conosciamo poi con così grande esattezza la verità. E allora cerchiamo di rimediare con questa guida ai più famosi tipi di dinosauri.
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Indice
Tyrannosaurus Rex
Il terribile (ma un po’ sopravvalutato) re dei dinosauri
Sicuramente il dinosauro più famoso della storia è il Tyrannosaurus Rex.
Vari sono gli elementi che ne hanno alimentato il mito. Da un lato, era un animale mastodontico, capace di superare i 12 metri di lunghezza e i 4 di altezza. Dall’altro, era un carnivoro molto potente, probabilmente dotato della mandibola più forte di tutto il regno animale.
Ma la sua fama è, almeno in parte, sopravvalutata. Non era infatti il più grande dinosauro esistente, visto che veniva superato dallo Spinosauro, dal Gigantosauro e da altre specie. Inoltre, le sue abilità predatorie sono oggetto di discussione, visto che alcuni paleontologi lo ritengono un necrofago, cioè un dinosauro che si nutriva di carcasse di animali già morti.
L’origine del nome
Comunque sia, il Tyrannosaurus Rex incute paura fin dal nome, che non a caso gli fu attribuito proprio per il suo aspetto potente. “Tyrannosaurus” è l’unione delle parole greche týrannos e sâuros, che significano “tiranno” e “lucertola”, mentre rex è il termine latino per “re”.
Pertanto, la regalità e la crudeltà di questo animale furono ampiamente rimarcate da Henry Fairfield Osborn, il paleontologo americano che gli diede il nome. Questo dinosauro visse nel Cretaceo superiore, circa 66-68 milioni di anni fa, soprattutto nella zona del mondo che oggi fa parte del Nord America.
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Il peso era molto rilevante, probabilmente vicino alle 10 tonnellate, ma poco si sa della sua velocità in corsa. Aveva zampe posteriori molto possenti e una coda lunga e voluminosa, mentre gli arti anteriori erano meno sviluppati. I denti erano 58 (30 sopra e 28 sotto), di lunghezza e forma assai diverse. Probabilmente era piumato, anche se mancano prove decisive in tal senso.
Ottime, infine, erano la sua vista e il suo udito. Non è vero, infatti, che vedesse solo le cose che si muovevano, ma pare anzi che riuscisse a scorgere le cose anche a 6 chilometri di distanza, meglio di quanto facciano le aquile.
Sentiva, infine, i suoni a bassa frequenza, tanto che poteva seguire lo spostamento delle prede anche a lunga distanza.
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Velociraptor
Piccolo, veloce e letale
Decisamente diverso, ma forse altrettanto famoso, è il Velociraptor. Intanto è differente l’epoca storica, visto che questo dinosauro visse nel Cretacico superiore, cioè più di 71 milioni di anni fa.
Poi non sono per nulla paragonabili le dimensioni: il Velociraptor arrivava a mezzo metro d’altezza alla schiena, anche se era lungo un paio di metri. Il peso era di appena 15 chili.
Ciò non vuol dire, però, che non sapesse essere un animale letale. Particolarmente emblematica, in questo senso, la conformazione delle sue zampe posteriori e delle mani.
In queste ultime erano presenti tre artigli ricurvi, mentre nei piedi si poteva notare un vero e proprio sperone, mentre il secondo dito – ritratto dal suolo – era un falcetto di 6,5 centimetri che veniva usato forse per lacerare le prede o, secondo altri, per attaccarle nelle zone vitali. Anche questo animale era quasi sicuramente piumato.
Il fossile dei dinosauri combattenti
Il nome deriva ancora una volta dal latino ed è dovuto a Henry Fairfield Osborn. Dopo che ne venne rinvenuto il primo esemplare, nel 1923, il paleontologo americano decise di chiamarlo Velociraptor unendo le parole latine velox (cioè “veloce”) e raptor (cioè rapace).
Si comprese infatti fin da subito che l’animale era un carnivoro particolarmente rapido e agile. Da questo punto di vista, la conferma più importante è arrivata dal ritrovamento, nel 1971, del fossile dei “dinosauri combattenti”, in cui un Velociraptor era immortalato durante un combattimento con un Protoceratops.
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Spinosauro
Spine e pesci

Ritorniamo a dimensioni simili a quelle del Tyrannosaurus Rex con lo Spinosauro. Anzi, per la verità più grandi: gli studi infatti sembrano indicare che questo dinosauro, benché forse più leggero, fosse più lungo del suo maestoso cugino, arrivando fino a 15 metri di lunghezza. Era però un predatore meno terribile, o almeno questa è l’immagine che ce ne giunge.
Si nutriva infatti soprattutto di pesci, anche se certi ritrovamenti fanno pensare che non disdegnasse anche animali terricoli nel caso se ne presentasse l’occasione.
Pochi reperti e molti enigmi
Dal punto di vista della paleontologia, lo Spinosauro presenta ancora tanti enigmi. Non sono molti, infatti, i reperti a disposizione, e anche quei pochi sono in parte andati distrutti.
Il primo esemplare fu ritrovato nel 1912 dal tedesco Ernst Stromer in Egitto, ma quelle ossa andarono distrutte durante i bombardamenti di Monaco di Baviera nella Seconda guerra mondiale. Per fortuna, in anni recenti nuove ossa sono state trovate in Marocco.
L’area di maggior diffusione era infatti l’attuale Nord Africa, mentre il periodo è quello del Cretaceo, tra i 70 e i 110 milioni di anni fa. Il nome fu attribuito dallo stesso Stromer, e significa “rettile spinoso”.
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L’elemento più caratteristico, che balza subito agli occhi, è infatti la presenza di processi spinosi sulla schiena dell’animale, lunghi anche più di 1,5 metri. Molto hanno dibattuto gli studiosi riguardo a queste ossa. Tradizionalmente si è pensato che fossero ricoperte da uno strato di pelle e avessero la funzione di attirare il partner o di spaventare i nemici.
Studi più recenti, però, sembrano propendere per un’ipotesi diversa: cioè che le spine fossero ricoperte da uno strato di grasso, a formare una sorta di gobba, utile forse per la termoregolazione.
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Triceratopo
L’erbivoro più conosciuto

Un altro tipo di dinosauro celebre è il Triceratopo. Il motivo di tanta fama non è da ascrivere alle sue dimensioni o alla sua pericolosità, quanto alla forma della sua – passateci il termine – silhouette.
Il Triceratopo era sicuramente un animale possente, simile per certi versi ai moderni rinoceronti, ma non paragonabile al coevo Tyrannosaurus Rex, di cui era anzi forse una preda. Entrambi i dinosauri, infatti, vivevano nell’attuale Nord America. È invece la caratteristica forma del suo corpo, e in particolare del suo cranio, ad averne determinato la fortuna.
Corna e collare
Il Triceratopo infatti presentava innanzitutto tre corna, due sulla parte alta del volto e uno, più piccolo, sul naso. Esibiva inoltre un collare osseo che proteggeva il collo e le spalle in maniera particolarmente efficace.
E di difendersi aveva molto bisogno: era infatti un erbivoro e la sua stazza non gli permetteva fughe rapide. Le corna, d’altro canto, non è detto che venissero usate nei combattimenti. Nonostante fossero protuberanze ossee molto dure e solide, alcuni hanno ipotizzato che avessero una funzione importante più che altro nel corteggiamento.
Ultimo elemento che ne ha determinato la fortuna mediatica: la presenza di un grandissimo numero di reperti. I primi ritrovamenti risalgono addirittura al 1889, ma decine di scheletri più o meno completi si sono trovati e si continuano a trovare anche in anni recenti.
Questo fa sì che si abbiano molte conoscenze su questa specie, anche riguardo alla postura (da quadrupede, anche se le zampe anteriori venivano usate in un modo ancora poco evoluto).
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Stegosauro
Placche e thagomizer

Concludiamo con un altro erbivoro, lo Stegosauro. Un dinosauro altrettanto riconoscibile: sulla schiena, infatti, presenta una serie di “piastre” facili da riconoscere, che comunque non sono citate nel suo nome.
La parola “Stegosauro”, infatti, significa semplicemente “lucertola tetto”. Le placche comunque non sono altro che prolungamenti delle vertebre, e questo spiega la loro alternanza a destra e a sinistra; la misura di ognuna può arrivare al metro di altezza.
La funzione di queste protuberanze è stata dibattuta. Secondo alcuni, infatti, dovevano servire come armi di difesa, anche se in realtà sono piuttosto fragili e difficilmente avrebbero resistito ai dinosauri più grossi. Secondo altri avevano una funzione di termoregolazione.
L’ipotesi più probabile, però, è che – stante la grande quantità di vasi sanguigni – potessero cambiare colore in caso di eccitazione o paura, sconcertando i predatori.
Grosso e non molto intelligente
Vissuto tra i 100 e i 150 milioni di anni fa, tra il Giurassico superiore e il Cretacico inferiore, questo animale abitava i territori oggi dell’America Settentrionale, dove sono stati trovati numerosi reperti. Sue ossa, comunque, sono state rinvenute pure in Portogallo e in Cina, a mostrare una presenza assai diffusa.
Le dimensioni erano considerevoli: anche 9 metri di lunghezza per 4 di altezza. Probabilmente si sapeva sollevare sulle gambe posteriori per raggiungere grandi altezze. La sua intelligenza però non era proporzionata al suo corpo: si stima che il suo cervello fosse infatti delle dimensioni di una noce.
Concludiamo con una curiosità. Come si vede anche nella foto qui di fianco, la coda dello Stegosauro si chiudeva con quattro particolari aculei. Queste ulteriori protuberanze venivano usate come armi contro i predatori, ma è particolare l’origine del loro nome.
Oggi i paleontologi le chiamano infatti thagomizer non perché un loro collega abbia attribuito loro tale nome, ma per via di una striscia comica del fumettista Gary Larson, che per primo, all’interno di una storia, usò tale appellativo.
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