Cinque favole di Gianni Rodari più per adulti che per bambini

Gianni Rodari in una scuola

Ho un’amica che si chiama Marcella la quale, da quando è nata mia figlia, procede per monografie. Prima la stagione di Topo Tip, che le ho restituito quando è venuto il suo momento; poi è passata a Gianni Rodari; infine a Frances H. Burnett. Rodari l’ho riscoperto una lettura da adulti, cioè da bambini fino al punto in cui l’adulto non sente che deve farla propria.

Ogni volta che terminavamo una favola, mia figlia mi chiedeva che significato avesse quella storia, non sempre intuitiva eppure così affascinante da ricercarne il senso oltre il punto fermo. In Rodari non ci sono “e vissero felici e contenti” con cui consolarsi e augurare una definitiva buonanotte. Quando finisce la pagina, inizia il bello. Vediamo allora cinque favole, tratte da Le favolette di Alice (Einaudi), più per adulti che per bambini.

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Il semaforo blu

Nel centro di Milano un semaforo sembra impazzito: niente più verde, rosso e arancio, a un tratto le luci si tingono di blu. Leggiamo proprio il verbo “tingersi” che è di una magia infinita. Il semaforo (finalmente un semaforo intelligente) guarda gli uomini che non sanno capire, non sanno interpretare questo improvviso cambiamento e perdono la grande possibilità di unirsi a tutto quel blu. Prima di spegnersi, il semaforo pensa:

Poveretti! Io avevo dato il segnale di via libera per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse è mancato il coraggio.

 

Il giovane gambero

È una storiella sulla diversità e sulla coerenza. Un giovane gambero vuole imparare a camminare in avanti, non importa se nella sua famiglia tutti camminano all’indietro, non importa se si ammacca la corazza mentre si esercita. E non importa nemmeno se la sua famiglia lo rifiuta, lui si sente nel giusto e va avanti per la sua strada, non indietro come tutti gli altri. Non c’è un finale a questa favola, solo un sacco di domande che l’autore si fa sul destino del gambero augurandogli buon viaggio.

Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: «Buon viaggio!».

 

La strada che non andava in nessun posto

Una strada che porta di sicuro al mare, una che porta di sicuro alla città e una che non porta da nessuna parte. Lo sapevano tutti e tutti ci credevano. Martino Testadura prende la strada che non andava in nessuno posto e, dopo un bel po’ di strada e di difficoltà che quasi stava per tornare indietro, arriva a un castello, viene accolto e a questo punto inizia una favola dentro la favola.


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Quando torna a casa, Martino racconta la sua storia, è contento, porta dei regali (primo fra tutti la sua conoscenza, viene da dire) e così anche altri, presi dall’entusiasmo di Martino, provano a percorrere la stessa strada. Ma non andranno da nessuna parte, non arriveranno mai a quel castello e torneranno al paese delusi,

perché certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova.

 

Il sole e la nuvola

La nuvola “di umore temporalesco” rimprovera al sole di essere uno sprecone, di regalare troppi raggi, di lasciarsi scippare tutto e da tutti. Uva, erba, ragno, fiore, goccia d’acqua, ogni cosa si nutre del sole, ma lui non si sente impoverito. Più dà e più ha da dare, la sua risorsa di energia non si esaurisce mai e non si stizzisce nemmeno quando la nuvola lo provoca.

Solo al tramonto contò i raggi che gli rimanevano: e guarda un po’, non gliene mancava nemmeno uno.

 

La parola piangere

Una maestra accompagna i suoi alunni al Museo del Tempo che fu. Tra i reperti di ogni genere, in una vetrinetta “un po’ polverosa” si trova la parola piangere. I bambini non capiscono, la maestra spiega che “quella parola era molto usata e faceva male” e mostra una fialetta che contiene lacrime aggiungendo che sembra acqua “ma scottava e bruciava”. Gli scolaretti non capiscono e si annoiano, allora la maestra li porta a vedere altri oggetti del mueso che, per fortuna, nel paese felice di domani non esistono più. L’incipit ci rassicura:

Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani.

 

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1 COMMENTO

  1. Oltre a quelle già citate -meravigliose!- è davvero speciale “Giacomo di cristallo” la storia di un bambino, e poi adulto, trasparente nel corpo e nell’anima. Imprigionato dal dittatore nelle più oscure segrete, tramuta il carcere in cristallo, e tutti tutti lo vedono e traggono coraggio e speranza. Perché “la verità è più forte di qualsiasi cosa,più luminosa del giorno, più terribile di un uragano”

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