Cinque film indimenticabili usciti nel 2013

I migliori film usciti nei cinema nel 2013

Siamo arrivati alla terza puntata della nostra esplorazione sulle opere a nostro avviso più importanti del 2013, una terza puntata dedicata stavolta al cinema e ai film. L’annata, diciamolo subito, non è stata delle migliori, né in Italia, né negli Stati Uniti. Le grandi pellicole prodotte ed uscite nel 2013 si contano sulle dita di due mani, e la nostra cinquina sarebbe abbastanza povera se non potessimo contare su qualche innesto del 2012.

Come ben sapete, infatti, molte pellicole che sbarcano negli schermi americani nella seconda parte dell’anno finiscono per arrivare da noi con qualche mese di ritardo, all’inizio dell’anno successivo. Così, le prime tre pellicole che vi presentiamo sono in realtà datate 2012, ma in Italia si sono viste solo in questo 2013 che sta ormai chiudendo i battenti. Abbiamo quindi deciso di farle rientrare di diritto nella nostra classifica. Le altre cinquine che riassumono il 2013 le potete trovare cliccando qui.


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Cloud Atlas

di Lana Wachowski, Andy Wachowski e Tom Tykwer

Apriamo la nostra cinquina col film sicuramente più complesso e controverso comparso quest’anno sui nostri schermi, Cloud Atlas. Un film scritto e diretto dai fratelli Wachowski assieme al tedesco Tom Tykwer, già autore qualche anno fa di Lola corre.

L’attesa era grande. Dopo la trilogia di Matrix – molto apprezzata nel primo capitolo ma accompagnata via via da responsi più incerti con le puntate seguenti –, la sceneggiatura di V per Vendetta e il passo falso di Speed Racer, i Wachowski erano chiamati a proporre qualcosa di grandioso.

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Una trama che si dipana tra il 1849 e il 2321

E, sebbene non abbia soddisfatto tutti i palati, Cloud Atlas grandioso lo è di sicuro. Sei storie che si dipanano tra il 1849 e il 2321 si intrecciano tra loro, i personaggi muoiono e ritornano, il senso sembra sempre sfuggire ma ad una lettura più attenta ritorna, potente e preponderante.

I registi sono stati supportati da un cast di primo livello, composto da Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, il loro attore feticcio Hugo Weaving, Jim Sturgess, Susan Sarandon e Hugh Grant, solo per citare i più famosi. Ma in generale i fratelli Wachowski mettono in scena un grande affresco sull’umanità e i suoi tentativi di superare le difficoltà, di emanciparsi, di liberarsi dalla schiavitù, dal pregiudizio e dalla sottomissione. Tratto dall’omonimo libro di David Mitchell, il film si rivela ambizioso e complesso al punto giusto, intrigante e innovativo, segnando in maniera indelebile l’annata.

 

Django Unchained

di Quentin Tarantino

Lo confesso: gli ultimi film di Quentin Tarantino non m’avevano convinto pienamente. Grindhouse – A prova di morte e Bastardi senza gloria, per quanto pieni di scene memorabili, mancavano a mio avviso della potenza narrativa di altre pellicole precedenti. Mi erano sembrati semplici divagazioni su temi non ancora affrontati, quasi che Tarantino si ritenesse ormai in grado di poter dire la sua semplicemente pensando a un argomento qualsiasi e non costruendo un film solido. Quasi, insomma, si piacesse troppo e fosse eccessivamente sicuro dei suoi mezzi.

Mi sono dovuto però completamente ricredere con Django Unchained, un vero capolavoro in grado di rivaleggiare alla pari con le sue pellicole più riuscite. Un film in cui saggiamente Tarantino è tornato a un soggetto semplice, lineare ma potente e non banale. Un soggetto in cui non mancano come al solito le invenzioni stupefacenti, i dialoghi calibrati ma anche la partecipazione emotiva in una storia di liberazione e redenzione.

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Un’emancipazione a più livelli

Come in Cloud Atlas, anche qui il tema principale è l’emancipazione, non solo dal pregiudizio razziale ma soprattutto dalla condizione di subalternità psicologica. Un tema però gestito con lo stile di Tarantino, meno intellettuale e più attento ai colpi di scena.

Diciamo di più: qui, come nei migliori capolavori del regista ormai cinquantenne, si respira un’aria da grande tragedia teatrale. Una storia in cui le tensioni si misurano in termini di dialoghi e sguardi, gli ambienti fondamentali sono pochi e tutto sommato irrilevanti, e il percorso di redenzione dell’eroe, i lutti e le vittorie, richiamano in versione moderna i migliori drammi shakespeariani.

 

Looper – In fuga dal passato

di Rian Johnson

Concludiamo la lista dei bei film del 2012 arrivati in Italia solo quest’anno con Looper, una pellicola dal budget molto più modesto rispetto ai kolossal di cui abbiamo parlato finora ma non per questo meno riuscita.

Scritto e diretto da Rian Johnson, autore con un discreto seguito nella scena indipendente ma non certo noto al grande pubblico, il film è, nello spunto iniziale, una sorta di rivisitazione della saga di Terminator. In cui però i paradossi temporali assumono un significato quasi filosofico a causa del fatto che vittima e killer sono la stessa persona e, anzi, si scambiano il ruolo a vicenda.


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Un thriller con qualche paradosso

All’idea di un sicario di mezza età che torna nel suo passato per uccidere un bambino che gli rovinerà la vita, si sovrappone infatti la figura dello stesso sicario da giovane, incaricato di uccidere il se stesso invecchiato. Il tutto sviluppato con i tempi di un ottimo thriller, con colpi di scena a ripetizione e grandi scene d’azione.

Oltre a un cast di livello capitanato dall’attore in grande ascesa Joseph Gordon-Levitt e dal veterano Bruce Willis. Un gioiello di cui non si è parlato moltissimo, ma che merita indubbiamente di stare in questa cinquina.

 

La grande bellezza

di Paolo Sorrentino

In genere, quando possiamo, cerchiamo sempre d’infilare nelle nostre cinquine “generaliste” almeno un pizzico d’Italia, per mostrare che qualcosa di bello e valido continua ancora ad uscire nel nostro paese. Qualcosa in grado di rivaleggiare con la produzione straniera.

A volte, però, questi inserimenti possono apparire un po’ forzati, influenzati dall’amor di patria o da un certo provincialismo. Così non è, però, per La grande bellezza, maestosa pellicola firmata da Paolo Sorrentino, alla sesta prova da regista e forse a quella più ambiziosa almeno dal punto di vista narrativo.

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La dolce vita cinquant’anni dopo

Come hanno rilevato molti critici, infatti, La grande bellezza è una sorta de La dolce vita cinquant’anni dopo. Il protagonista è ancora una volta un giornalista fallito, un aspirante scrittore che, per i soliti fatti della vita, è finito per occuparsi di costume, feste e salotti romani.

Quello che cambia, però, è l’età, sia della città che del protagonista. La Roma di Fellini era quella del boom economico e il suo Marcello aveva 35 anni. La Roma di Sorrentino è invece quella della Seconda Repubblica, non solo decadente come quella degli anni ’50 e ’60 ma addirittura grottesca. E il suo Jep di anni ne ha 55. Ne esce un affresco ben diverso e forse ancora più vacuo, ma in grado di lasciare nuovamente a bocca aperta per la qualità registica di un autore che è ormai il più importante regista italiano.

 

Gravity

di Alfonso Cuarón

Concludiamo la cinquina con una pellicola, finalmente, uscita negli ultimi mesi ma capace di convincere subito noi e non solo noi: Gravity di Alfonso Cuarón. Un film scritto dal regista de I figli degli uomini e Harry Potter e il prigioniero di Azkaban assieme al figlio Jonás Cuarón.

Ci ha convinti intanto perché è un gran film, dotato di un ottimo senso del ritmo e della tensione, ma anche e soprattutto perché è stato in grado di prendere un genere e sconvolgerlo completamente. Lo space movie a cui ci avevano abituato blockbuster come Armageddon, Apollo 13 o anche i vari Star Wars e Star Trek non esiste più, né potrà più essere lo stesso.

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La fine del mito della frontiera

Lo spazio come un immenso far west da colonizzare ed esplorare mostra qui la sua faccia più oscura e dark. Non a caso la storia è opera di due messicani, popolo che il mito della frontiera americana l’ha sempre visto più come un pericolo da abbracciare con il terrore di non farcela che non una promessa di benessere e felicità.

Di horror ambientati nello spazio se ne erano già visti, così come di divagazioni filosofiche e fantascientifiche. Basta citare 2001: Odissea nello spazio per rendersene conto. Ma forse mai i due elementi si erano mescolati con un così alto livello di tensione e la perfezione narrativa del miglior cinema hollywoodiano.

 

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