
Non è raro, nella storia della letteratura ma non solo, che un capolavoro non riscuota alcun successo durante la vita dell’autore, e solo dopo la sua morte venga invece rivalutato. Nei casi più estremi, il libro rimane inedito per anni e viene pubblicato solo postumo.
C’è però una categoria ancora più ristretta di capolavori postumi: quelli che al momento della morte dell’autore erano ancora in lavorazione e quindi risultano incompiuti.
Libri insomma che, nonostante la sorte possa sembrare aver remato del tutto contro ai loro autori, hanno finito comunque per lasciare un segno indelebile. Ecco i cinque volumi di questo tipo che ci sembrano più interessanti.
Indice
1. Blaise Pascal – Pensieri
Quando la morte genera uno stile nuovo
Se nel ‘600 ci fossero stati i premi Nobel, o qualcosa di analogo, Blaise Pascal avrebbe sicuramente potuto battere svariati record. A 16 anni già scriveva trattati di matematica e di fisica, a 21 inventò la prima macchina calcolatrice, da allora nota come pascalina. Ma più di tutto, è emblematica la celebre descrizione che ne diede il romantico Chateaubriand.
«Ci fu un uomo – scrisse – che a 12 anni, con aste e cerchi, creò la matematica; che a 16 compose il più dotto trattato sulle coniche dall’antichità in poi; che a 19 condensò in una macchina una scienza che è dell’intelletto; che a 23 dimostrò i fenomeni del peso dell’aria ed eliminò uno dei grandi errori della fisica antica; che nell’età in cui gli altri cominciano appena a vivere, avendo già percorso tutto l’itinerario delle scienze umane, si accorge della loro vanità e volge la mente alla religione; […] che, infine, […] risolse quasi distrattamente uno dei maggiori problemi della geometria e scrisse dei pensieri che hanno sia del divino che dell’umano. Il nome di questo genio è Blaise Pascal».
Gli aforismi raccolti post-mortem
Proprio i Pensieri rappresentano la sua opera più importante e la più incompiuta. Pensati in origine come una monumentale Apologia del cristianesimo, furono interrotti dalla morte dell’autore a soli 39 anni.
Vennero così pubblicati postumi nella forma di una serie di aforismi e riflessioni sparse e non coordinate in un discorso fluido, uno stile nuovo che ne ha decretato però anche la fortuna letteraria.
2. Franz Kafka – America
Tutti conosco la triste vita di Franz Kafka, tra amori tormentati, rapporti personali difficili e una morte prematura. Pochi sanno, però, che il primo libro a cui cominciò a lavorare nel 1911, a 28 anni d’età, rimase incompiuto ma divenne, dopo la sua morte, una delle sue opere maggiori.
Pensato in origine col titolo di Il disperso, America venne pubblicato nel 1927, tre anni dopo la morte del suo autore, grazie al lavoro dell’esecutore testamentario di Kafka, Max Brod.
Nella storia, a cui dalle ricostruzioni pare mancare solo la parte conclusiva, si presentano le disavventure americane di Karl Rossman. Questi è un sedicenne praghese costretto a partire per il Nuovo Mondo dopo esser stato sedotto ed aver ingravidato una cameriera più vecchia di lui.
Le disavventure del giovane Karl
In America, il giovane troverà prima aiuto in un ricco zio, ma poi verrà cacciato di casa praticamente senza colpa. Sarà così costretto a vagabondare per un po’ con un francese, Delamarche, e un irlandese, Robinson, che non si risparmieranno dal malmenarlo in alcune occasioni e saranno causa di molte rovine.
Nel finale, però, Karl troverà lavoro nel Teatro Naturale di Oklahoma City. Un lavoro che, secondo quanto riportato da Max Brod, doveva portare a un miglioramento netto della vita del protagonista e, forse, anche a un suo ritorno a Praga.
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Il romanzo, abbandonato da Kafka ben prima della morte per occuparsi di altri progetti letterari, presenta già alcuni tratti del suo stile.
Ad esempio, si notano l’oppressione data dal lavoro meccanizzato, le situazioni al limite dell’assurdo, la sottomissione davanti a forze più grandi e incomprensibili. Vi emerge però anche uno stile più leggero e realistico rispetto a quello usato negli altri capolavori.
3. Ernest Hemingway – Festa mobile
La magica Parigi della generazione perduta
Midnight in Paris, il film del 2011 di Woody Allen, ha avuto tra gli altri un grande merito: quello di risvegliare l’attenzione del grande pubblico per la cosiddetta generazione perduta. Cioè quel gruppo di scrittori e artisti, perlopiù americani, che negli anni ’20 del Novecento si ritrovò a vivere a Parigi attorno alla casa di Gertrude Stein.
La fonte principale per ricordare quegli eventi è sicuramente il libro di memorie Festa mobile di Ernest Hemingway. Un volume che l’americano scrisse negli ultimi anni della sua vita, dopo aver ritrovato, nel 1956, due piccoli bauli colmi di appunti che aveva lasciato, nel 1928, nel seminterrato dell’Hotel Ritz, proprio a Parigi.
Completato dalla moglie
Suicidatosi prima di poterlo pubblicare e, probabilmente, di averne dato una versione definitiva, il libro è stato presentato al pubblico tre anni dopo la morte di Hemingway, nel 1964.
A metterlo insieme fu la quarta moglie, Mary Welsh. Tale lavoro, però, è stato contestato negli anni, sia per alcuni tagli operati dalla Welsh – in particolare in quei passi in cui Hemingway si scusava con la sua prima moglie, Hadley Richardson –, sia per alcuni rimaneggiamenti sull’ordine dei capitoli, invertiti, a quanto pare, rispetto alla stesura dello scrittore.
Una seconda versione del libro, quindi, è stata curata nel 2009 da Séan Hemingway, nipote di Ernest e Pauline Pfeiffer, la seconda moglie. Anche questa versione però ha ricevuto delle critiche e delle accuse di intromissione nel testo originale.
4. Michail Bulgakov – Il Maestro e Margherita
La storia sopravvissuta alla censura staliniana
Il Maestro e Margherita è forse il capolavoro più amato e più a lungo dimenticato del ‘900 russo, la cui storia si lega, sia a livello di trama che di vicende editoriali, alla storia dell’Unione Sovietica e del suo sistema censorio.
Michail Bulgakov, l’autore, nasce a Kiev, in Ucraina, nel 1891, figlio di un professore di storia delle religioni occidentali. Studia da medico e inizia ad esercitare in varie parti del paese, fino ad abbandonare la professione dopo la Prima guerra mondiale – e la rivoluzione bolscevica – per dedicarsi alla scrittura.
Assieme ai primi lavori pubblicati, iniziano però pure i problemi con la censura. Anche perché Bulgakov non lesina attacchi al regime. A salvarlo, paradossalmente, è però proprio una sua opera, I giorni dei Turbin, un dramma teatrale tratto dal suo romanzo La guardia bianca, che piace molto a Stalin e lo rende lo scrittore preferito del dittatore.
Proprio per questo la lavorazione de Il Maestro e Margherita, che si può leggere anche come una poderosa satira dell’Unione Sovietica, fu così combattuta. Lo stesso Bulgakov ne bruciò la prima stesura nel 1930 per paura delle ritorsioni politiche, salvo poi riscriverlo a partire dal 1931.
La circolazione illegale in Russia
Ci lavorò fino a pochi anni prima della morte, avvenuta nel 1940 per problemi renali, ma fu poi completato dalla moglie. L’opera rimase inedita fino al 1966, quando la rivista Moskva ne pubblicò una versione ampiamente epurata e rimaneggiata.
Contemporaneamente, però, la versione originale del romanzo cominciò a girare illegalmente in Russia, fino a quando non sbarcò in Occidente e non fu pubblicato nel 1967 prima a Francoforte e poi nel resto del mondo.
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La trama è difficile da riassumere, ma vi basti sapere che prende avvio dall’arrivo a Mosca del diavolo in persona, il signor Woland. Assieme a lui compare una serie di bizzarri personaggi, come il gatto nero Behemot, il sicario Azazello e così via.
Attorno alle satiriche disavventure di questi personaggi, si sviluppa la storia d’amore del Maestro, lo scrittore di un racconto su Ponzio Pilato, e Margherita, l’amante da cui è stato separato.
5. Beppe Fenoglio – Il partigiano Johnny
Un libro incompiuto che non doveva essere pubblicato
Come spesso accade quando si parla di libri postumi, bisogna parlare anche di vite finite prematuramente e in maniera improvvisa e imprevedibile. Così fu anche per Beppe Fenoglio, partigiano e scrittore scomparso a 40 anni nel 1963 a causa di un cancro ai bronchi.
All’epoca aveva pubblicato la raccolta di racconti I ventitré giorni della città di Alba e due libri, La malora, stampato da Einaudi, e Primavera di bellezza, edito da Garzanti.
Due mesi dopo la sua morte sarebbe uscito, sempre presso Garzanti, Una questione privata, che qualche tempo dopo Italo Calvino avrebbe definito il romanzo definitivo sulla guerra partigiana. Il libro che ha però reso celebre Fenoglio è un altro, Il partigiano Johnny, pubblicato da Einaudi nel 1968, cinque anni dopo la scomparsa del suo autore.
Il lavoro dei filologi
La vicenda editoriale del libro è piuttosto complessa. Gli editor Einaudi, infatti, ricavarono il romanzo da due diverse stesure di Fenoglio (nessuna delle quali era intitolata così).
Due stesure probabilmente risalenti a molti anni prima della morte, secondo alcuni addirittura alla fine degli anni ’40. La prima, la più vecchia, mancava di tutta la parte iniziale della storia ed era scritta usando una gran quantità di anglicismi e neologismi, mentre la seconda era più completa, ma ancora allo stadio di bozza.
Nel corso degli anni i vari editor hanno cercato di ricostruire il romanzo pescando ora da una, ora dall’altra versione, compiendo però un’operazione che secondo alcuni lo stesso Fenoglio non avrebbe forse approvato.
Da questo progetto poi Fenoglio avrebbe tratto Primavera di bellezza, che si concludeva poco dopo l’8 settembre (e in cui Johnny, dietro insistenze degli editor Garzanti, moriva) e poi, rimaneggiando molti aspetti della trama, Una questione privata, che si occupava appunto dei partigiani.
E voi, quale libro incompiuto preferite?