
Margaret Mazzantini è una narratrice ormai nota non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Al suo attivo ha al momento 8 romanzi, ma anche pièce teatrali, sceneggiature per il cinema, monologhi. Lavori spesso molto amati dai suoi lettori, e tradotti in tutto il mondo. Venuto al mondo è, in questo senso, uno dei suoi romanzi più famosi e riusciti, ma non certo l’unico di una bella carriera che ha prodotto anche libri celebri come Non ti muovere e Nessuno si salva da solo.
Nata a Dublino nel 1961, è figlia di una pittrice e di un professore universitario. Suo padre Carlo raggiunse anche una certa notorietà negli anni ’80, quando si mise a raccontare – non senza spirito critico – la sua esperienza come combattente nella Repubblica di Salò. Inoltre, il clima aperto alle arti si respirava, in famiglia, anche per la presenza di Giselda, sorella maggiore di Margaret e attrice col nome d’arte di Giselda Volodi.
Da attrice a scrittrice
Margaret, cresciuta a Tivoli, ha studiato anch’essa da attrice, diplomandosi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Dopo qualche apparizione al cinema e in TV, però, ha scoperto il suo talento letterario, e dagli anni ’90 si è concentrata prevalentemente sulla scrittura, ottenendo risultati ragguardevoli. In bacheca, tra gli altri, ha anche un Premio Strega, un Grinzane-Cavour, un Flaiano e, proprio per Venuto al mondo, un Campiello.
Sul lato personale, è sposata dal 1987 con Sergio Castellitto (conosciuto lavorando a teatro), dal quale ha avuto quattro figli. Con lui condivide non solo la vita familiare, ma spesso anche il lavoro. Lei, da sola o assieme al marito, ha scritto infatti tutte le sceneggiature dei film di cui Castellitto è stato regista. Gli ha inoltre fornito copioni anche per spettacoli teatrali, mentre a lui è capitato di dirigerla, ad esempio nella pièce Manola.
I due hanno lavorato assieme anche a Venuto al mondo, film diretto da Castellitto e interpretato da Penélope Cruz e Emile Hirsch. E tratto dall’omonimo romanzo, che concentra molti dei temi cari alla Mazzantini: l’amore, la maternità, la morte, il dolore. Oggi cerchiamo di esplorare meglio quel romanzo tramite cinque citazioni che ci paiono significative.
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Indice
Rinunciare alle persone migliori
La telefonata di Gojko
Cominciamo dall’inizio. La protagonista di Venuto al mondo è Gemma, una donna con un figlio adolescente, Pietro. All’inizio la troviamo intenta a pensare in camera sua, a Roma. Di fianco a lei dorme un uomo, Giuliano, che però non è il padre del ragazzo.
Una telefonata la sorprende. È mattina, molto presto. All’altro capo della cornetta sente una voce che, sulle prime, non riconosce. Intuisce però che, nonostante il buon accento, non è una voce italiana. Le ci vuole solo qualche attimo per riconoscere Gojko, un vecchio amico di Sarajevo, conosciuto tanti anni prima. I due non si sentono da molto, e ogni parola sembra rievocare dei ricordi. E, mentre parlano cercando di superare l’imbarazzo iniziale, Gemma si chiede per quale motivo i due si siano persi, nonostante si facciano così bene a vicenda.
Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?
Siamo ancora alle prime pagine del romanzo, e un nome che Gojko pronuncia al telefono ci apre verso nuove prospettive. È il nome di Diego. L’amico bosniaco telefona proprio per quello. Per parlare a Gemma di Diego. A Sarajevo stanno infatti per aprire una mostra fotografica per ricordare l’assedio della città. E tra gli scatti ce ne sono alcuni di Diego.
Chi è questo Diego lo capiremo solo più avanti. Ma la reazione di Gemma non lascia spazio a molti dubbi: «Il freddo del pavimento si arrampica sulle gambe, si ferma nella pancia», scrive la Mazzantini. È qualcuno di cui non è facile parlare. E d’altronde il tono del romanzo era già chiaro nella citazione che abbiamo riportato sopra: un tono che spiega come a volte si perda la felicità, e la si veda scappare via. Almeno fino a quando non si cerca di ricrearla.
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Dove mi porterà questo pazzo?
Il fascino di Diego
Venuto al mondo racconta una storia che si dipana su più piani. O, sarebbe meglio dire, su più momenti. C’è un oggi, con Gemma che, come detto, ritorna a Sarajevo assieme al figlio. E ci sono vari ieri, dal 1984 in poi. Il legame di Gemma con la città e con Gojko si intreccia, infatti, con quello con Diego, con il figlio, perfino con gli altri uomini con cui è stata.
La presenza più importante, quella attorno a cui ruota tutto, è però quella di Diego. I due sembrano più volte destinati a stare insieme, eppure allo stesso tempo incapaci di riuscirci. Si rincorrono, si amano, si perdono. Non riescono veramente a stare lontani l’uno dall’altro. La frase che riportiamo qui di seguito arriva proprio dopo l’ennesimo incontro, a Sarajevo, città in cui Gemma è stata in un certo senso attirata con l’inganno da Gojko.
Dove mi porterà questo pazzo? In quale inferno? In quale paradiso? Intanto non voglio scollarmi dalle sue labbra.
Gemma e Diego si erano già conosciuti e amati, ma anche lasciati. Lei era rientrata in Italia, a Roma, e qui si era sposata con un certo Fabio. Un uomo che non amava veramente, e da cui non era probabilmente neppure riamata. Diego era un’altra cosa. E così quando, al battesimo a cui Gojko l’ha attirata, si ritrova di fianco all’amato fotografo, non può far altro che lasciarsi trascinare di nuovo nel vortice.
Diego, d’altronde, ha tutto quello che serve per affascinare. Ha stile, carattere, e una vita avventurosa. Puzza perfino un po’, perché è arrivato lì a Sarajevo correndo da un lato all’altro del mondo, solo per raggiungere lei. Lei che si sente quasi dimenticata dal marito, lei che non sa nemmeno quello che vuole. E lui è lì, per lei. Per farla ballare come nessun altro riesce a fare.
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Avevamo bisogno di un altro essere vivente?
Con Diego, a Roma
Come detto, il libro procede continuamente avanti e indietro nel tempo. Seguiamo Gemma lungo praticamente tutta la sua vita da adulta, tra i suoi alti e i suoi bassi. Ad un certo punto ci troviamo nel 1989. La storia con Diego procede, i due vivono assieme. Ma manca qualcosa. Qualcosa, o qualcuno, a cui Gemma non vuole in realtà pensare. Nel loro rapporto c’è come un’ombra, quella di un bambino mai nato.
La prima volta che i due si erano conosciuti, a Sarajevo, Gemma era rimasta infatti incinta. L’aveva scoperto solo una volta rientrata in Italia, senza Diego. Non aveva avuto praticamente neppure il tempo per rendersene conto, perché la gravidanza era finita com’era iniziata: in un attimo. Un aborto spontaneo. Ma quel pensiero le era rimasto addosso, e tornava di tanto in tanto a tormentarla.
In realtà non volevo cedere all’idea che insieme cominciavamo a essere un po’ tristi, che avevamo bisogno di un altro essere vivente che invadesse il silenzio della casa, dei pensieri che io facevo da sola… che lui faceva da solo.
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La frase che trovate qui sopra, in realtà, non si riferisce direttamente a un figlio, ma ad un cane. Ma è chiaro che sotto alla scorza dell’apparenza cela già qualcosa d’altro. Gemma la pensa, o meglio la ricorda, correndo con la mente a quando andava a prendere Diego al lavoro. Lui in quel periodo si guadagnava da vivere insegnando in un’accademia privata di fotografia. Aveva tanti allievi, perlopiù adoranti. E anche le ragazze lo adoravano, soprattutto quelle carine.
Gemma, che di tanto in tanto lo aspettava per mangiare un panino assieme, però non era gelosa. Perché, semplicemente, lui non le dava motivo di esserlo. Non guardava le ragazze ma, appunto, i cani. Ne avrebbe voluto uno, ma era Gemma a frenarlo. Per motivi che pian piano si stavano cominciando a capire.
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Ora so cos’è l’arte
Gojko davanti a una foto speciale
La vita con Diego prosegue, tra l’Italia e la Jugoslavia. L’amicizia con Gojko è una delle cose che lega i due, e quindi di tanto vanno a trovarlo, seguendo in questo modo anche l’evolversi della situazione in quel paese martoriato. Una volta, d’estate, sono a Dubrovnik, in un clima teso per via dello sfaldamento del paese. Gojko, quando gliene chiedono conto, ci ride su, col suo fare spavaldo che però cela un velo di tristezza.
D’altronde, tutti e tre i personaggi di questo strano triangolo ridono, ridono spessissimo. Ma tutti e tre sono attraversati dalla tristezza, da una sorta di malinconia con cui guardano al mondo. Anche se ognuno esprime questa malinconia in modi diversi. Gojko scherza e provoca. Gemma pensa. Diego fotografa.
Ora so cos’è l’arte […] è Dio che ha nostalgia degli uomini.
Ad un certo punto, Diego e Gemma iniziano a frequentare anche una spiaggia in cui vedono dei ragazzi, che lui pensa possano diventare dei bei soggetti per i suoi scatti. Uno in particolare desta la sua attenzione, e una sera, al tramonto, riesce a fotografarlo proprio nel momento in cui afferra un pesce in acqua. È un istante fuggevole, che però la macchina riesce a catturare.
«Vedo Diego che cade supino, respira stanchissimo, stringendo
la sua Leica – scrive la Mazzantini –. Allora penso che c’è un angelo che ogni tanto si posa perché ha pena di noi, di tutte le cose che ci sfuggono dalle mani, che non resteranno nei nostri occhi». Ed è proprio davanti a questa fotografia, anni dopo, che Gojko se ne uscirà con la frase che abbiamo riportato sopra.
Forse questo è l’amore
Volare alto e soffrire
La frase con cui abbiamo scelto di chiudere proviene sempre dal capitolo dedicato alla vacanza a Dubrovnik. Un capitolo che si chiude in modo decisamente triste, a tratti anche tragico. La lunga permanenza nel bel mare croato sembra infatti non far bene alla coppia. E tra una serata e l’altra Gemma si sfoga con Gojko e con la sua “amichetta” Ana, raccontando della difficoltà di avere figli. Perché questa è, almeno in questa fase, la spada di Damocle che grava sulla coppia: l’ombra della sterilità.
Ana però getta lì una frase che è destinata ad avere un certo seguito nel romanzo, anche se sul momento sembra fine a se stessa. Racconta di una donna austriaca che conosce che “s’è fatta prestare la pancia” da una ragazza kossovara. Così quando prendono il traghetto per tornare, per colpa anche di quel discorso Gemma e Diego non sembrano aver molta voglia di parlare.
Pesci, pensai, non siamo altro che pesci… branchie che si gonfiano e si chiudono… poi viene un gabbiano che dall’alto ci prende e mentre ci smembra ci fa volare, forse questo è l’amore.
È mentre lei guarda il mare, e guarda Diego come rintontito dal viaggio, che Gemma pensa la frase che trovate qui sopra. Una metafora decisamente efficace, almeno dal punto di vista di chi ha sofferto a lungo per amore, di cosa possa essere questo sentimento che ci proietta in alto e allo stesso tempo ci lacera.
I pensieri di Gemma, però, durano poco. Mentre sono sul traghetto vedono infatti alzarsi degli aerei militari. Partiti, scopriranno poi, dalle più vicine città croate. I venti di guerra spirano sempre più forti, e Milošević, il leader serbo, stava passando all’attacco della Croazia che stava tentando di rendersi indipendente. Quella guerra, vista in TV ricordando i luoghi in cui erano stati, alimenta il clima di crisi della coppia e di Gemma in particolare, combattuta e fragile come quelle terre.