Architetti italiani contemporanei: i più famosi e bravi

Alla scoperta dei migliori architetti italiani contemporanei, parlando anche del Bosco verticale di Milano

L’architettura alcuni di noi la studiano a scuola, altri se ne interessano per diletto. Così non è difficile sapere quali sono stati i più grandi architetti del passato, sia in Italia che nel resto del mondo. Più complesso è invece essere informati sui giorni nostri. Per questo vi aiutiamo noi: qui di seguito, infatti, parleremo dei più famosi e bravi architetti italiani contemporanei.

«Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza». O almeno così diceva Alessandro Manzoni riguardo a Napoleone Bonaparte nella sua celeberrima Il cinque maggio.

Ma così si potrebbe dire di qualsiasi grande uomo che, nel suo campo, cerchi di lasciare un segno nella storia dell’umanità. Solo chi viene dopo è in grado di giudicare con il dovuto distacco, di valutare, di ergere tra i grandi o abbassare tra quelli di poco conto.

E questo è tanto più vero nel campo artistico, nel quale le mode e le tendenze momentanee della cultura di massa possono portare a grandi riconoscimenti ad un pittore, un musicista, un cineasta mentre questi è in vita. Salvo poi farlo cadere nel dimenticatoio quando il tempo consente di valutarlo per ciò che realmente ha prodotto.

Renzo Piano e tutti gli altri

Anche per questo motivo è difficile valutare quali siano i più grandi architetti italiani contemporanei. Perché nell’ultimo cinquantennio in molti sono riusciti ad imporsi sia in Italia che all’estero.

E se anche ce n’è uno che domina incontrastato dall’alto dei riconoscimenti e delle opere (e stiamo parlando ovviamente di Renzo Piano), alle sue spalle ce ne sono moltissimi che, chi per un motivo, chi per l’altro, avrebbero meritato di entrare nella nostra lista.

Alla fine, come al solito, ne abbiamo scelti una manciata tra quelli viventi o comunque scomparsi nell’ultimo ventennio. Speriamo siate d’accordo con noi. Se non lo foste, c’è sempre lo spazio per i commenti in chiusura di articolo, per integrare ed aggiungere.

 

1. Renzo Piano

Dal Centro Pompidou ai grattacieli

Genovese, classe 1937 e da poco nominato senatore a vita dal presidente Giorgio Napolitano, Renzo Piano è indubbiamente il più grande architetto italiano vivente.

D’altronde, i suoi premi parlano per lui. Ha vinto, unico italiano assieme a Gae Aulenti, il prestigioso Premio Imperiale giapponese nella sezione dell’architettura nel 1995. Si è poi aggiudicato il Premio Pritzker (una sorta di Nobel per l’architettura) nel 1998, unico italiano assieme ad Aldo Rossi.

Il centro Pompidou a Parigi, progettato da Renzo Piano
Ha vinto inoltre l’importante Premio Sonning per la cultura europea, unico architetto italiano a riuscirvi. E poi il Compasso d’oro, il Leone d’oro alla carriera e decine di altri riconoscimenti in giro per il mondo.

All’università ha studiato a Firenze prima e Milano poi, frequentando lo studio di Franco Albini e iniziando subito a spostarsi tra Stati Uniti e Gran Bretagna, dove ha conosciuto il collega Richard Rogers.


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Ha iniziato in quella fase a sperimentare parecchio, soprattutto nelle direttrici di un’architettura anti-accademica e nelle tipologie strutturali, attirando l’attenzione di diversi addetti ai lavori e pubblicando su importanti riviste.

Architettura high-tech?

Il vero salto di qualità nella sua carriera è arrivato nel 1971, quando lui e Rogers hanno vinto il concorso per progettare il nuovo Centro Pompidou di Parigi, che è diventato subito il manifesto della cosiddetta architettura high-tech.

Definizione che però lo stesso Piano ha sempre rifiutato, definendolo un palazzo più legato all’artigianato che alla tecnologia.

Negli anni ’80 poi ha ridisegnato il Porto Antico di Genova in vista dell’Expo del 1992, aggiungendovi l’Acquario e il Bigo, ed ha edificato lo Stadio San Nicola di Bari in vista dei Mondiali.

La sede del New York Times – grande e storico giornale di New York – progettata da Renzo Piano

Nel decennio successivo si è occupato di Potsdamer Platz a Berlino, del Kansai International Airport a Osaka e dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.

In tempi più recenti ha progettato il grattacielo londinese The Shard (il più alto d’Europa), la New York Times Tower a Manhattan, il nuovo Palazzo di Giustizia parigino e il Grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino.

 

2. Aldo Rossi

Premio Pritzker e teoria

Quando abbiamo elencato i premi e i riconoscimenti incassati da Renzo Piano abbiamo citato anche il nome di un architetto che prima del suo avvento era considerato il più importante d’Italia.

Si tratta di un architetto scomparso nel 1997 a causa di un incidente automobilistico, e forse per questo in parte oggi ingiustamente dimenticato, cioè Aldo Rossi. Ovvero, l’unico altro italiano a vincere il Premio Pritzker, nel 1990.

Aldo Rossi
Milanese, classe 1931, si è laureato al Politecnico di Milano sul finire degli anni ’50. Nel decennio successivo ha iniziato a produrre i primi lavori, affiancando l’attività di studio a quella di giornalista e di insegnante anche allo IUAV di Venezia, prima di tornare a Milano.

Il primo lavoro importante è stato ospitato all’interno del complesso Monte Amiata a Milano, progettando poi l’ampliamento del cimitero San Cataldo di Modena.

Successivamente ha lavorato a Berlino (dove alternava progetti di urbanistica a palazzi come il Deutsches Historisches Museum), Genova (dove ha ristruttura il Teatro Carlo Felice) e Torino. Ha esposto ed insegnato in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, dove il suo lavoro è particolarmente apprezzato.

Dal neoliberty al post-modern

Partito da istanze neoliberty, come forma di reazione al razionalismo che imperversa in quegli periodo, nel corso del tempo si è avvicinato al post-modern. In questo stile ha realizzato opere anche controverse come il Monumento a Sandro Pertini a Milano e il Bonnefantenmuseum a Maastricht.

Il Bonnefantenmuseum di Maastricht di Aldo Rossi
Più delle costruzioni effettivamente realizzate, quello che si ricorda di Rossi è però soprattutto il suo apporto teorico, focalizzato negli anni in articoli, saggi, mostre personali ospitate da tutti i più grandi musei mondiali. Inoltre ha lasciato una buona serie di disegni, sia preparatori che finali, particolarmente vividi ed efficaci.

 

3. Gae Aulenti

La più grande donna architetto italiana

Come purtroppo ci confermano decine e decine di statistiche e studi, per una donna non è mai facile sfondare in quei campi in cui maggiore è la responsabilità, in quei settori in cui si deve dirigere e governare il lavoro di altri.

Gae Aulenti all'interno del Museo d'Orsay

Perché, nonostante il passare del tempo, sembrano resistere antichi pregiudizi, forme più o meno subdole di maschilismo, impedimenti di vario tipo.

Questo è tanto più vero nel campo dell’architettura, dove la progettazione di un lavoro impegnativo dal punto di vista economico ed ancora di più la direzione di un cantiere continuano, volenti o nolenti, ad essere considerati spesso appannaggio dell’uomo. Con tutto l’impoverimento – in termini di varietà di soluzioni e innovazione – che questo comporta.


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Qualche tempo fa, non a caso, vi abbiamo raccontato le storie e la vita di cinque grandi donne architetto, da Zaha Hadid a Kazuyo Sejima. Senza trovare lo spazio per segnalare che una grande progettista l’abbiamo avuta anche noi qui in Italia nella figura di Gae Aulenti, recentemente scomparsa nella sua Milano.

Una designer neoliberty

L'Istituto Italiano di Cultura a Tokyo (foto di Yasu via Wikimedia Commons)
L’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo (foto di Yasu via Wikimedia Commons)

Nata nel 1927 in Friuli da una famiglia di origini meridionali, Gaetana Aulenti si è laureata al Politecnico di Milano nei primi anni ’50. Aderì presto come Rossi al neoliberty e come lui iniziò a collaborare con varie riviste, come quella Casabella che in quegli anni stava lasciando il segno nel settore.

I grandi successi li ottenne però soprattutto col design, prima lavorando per la Olivetti, poi anche per la famiglia Agnelli, che le affidò vari progetti di arredamento.

Sempre più immersa nella Milano degli anni ’70 e ’80, allacciò una relazione con Carlo Ripa di Meana. Dal punto di vista architettonico lavorò alla ristrutturazione del Museo d’Orsay a Parigi, del Museo Nazionale d’Arte Catalana di Barcellona e di Piazzale Cadorna a Milano, oltre a realizzare l’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo.

 

4. Ettore Sottsass

Il designer che fece grande la Olivetti

Di un’altra generazione rispetto agli architetti che abbiamo presentato finora, anche se scomparso pure lui meno di dieci anni fa, è invece Ettore Sottsass.

L’architetto italoaustriaco è noto, oltre che per le sue realizzazioni architettoniche, anche per i suoi lavori di design industriale e per essere stato il marito di Fernanda Pivano.

L'Olivetti Valentine
Figlio di un architetto che portava il suo stesso nome (il suo, infatti, per esattezza è Ettore Sottsass junior), si è laureato al Politecnico di Torino, trasferendosi poi subito a Milano.

Negli anni ’50 iniziò a collaborare con la Olivetti, disegnando tutta una serie di prodotti elettronici che trovano il loro apice nell’Elea 9003 del 1959, prodotto col quale la ditta di Ivrea cercava di insidiare il predominio statunitense nel campo degli elaboratori elettronici.

Quel progetto valse a Sottsass il primo Compasso d’oro, importante premio per il design industriale che avrebbe poi conquistato altre due volte.

Il gruppo Memphis e le case

A partire dagli anni ’80 collaborò con la Alessi e fondò il gruppo Memphis. Con quest’ultimo realizzò tutta una serie di complementi d’arredo, sedie, librerie e decine di altri oggetti che vengono oggi ospitati nei migliori musei del mondo (alcuni suoi oggetti sono anche nella collezione permanente del MoMA di New York).

L'Acme House progettata da Sottsass a Maui

Dal punto di vista prettamente architettonico realizzò vari condomini e case private sia in Italia (Marina di Massa) che all’estero (Zurigo, Tokyo, Londra, Singapore, Hawaii), oltre agli interni dell’aeroporto di Milano Malpensa.

 

5. Massimiliano Fuksas

L’architetto amato dai francesi

Abbiamo aperto con un architetto vivente e, dopo averne visti tre da poco scomparsi, chiudiamo la prima parte della nostra lista con un altro vivente, Massimiliano Fuksas.

L'ingresso della Fiera di Rho progettato da Massimiliano Fuksas (foto di Goldmund100 via Wikimedia Commons)
L’ingresso della Fiera di Rho progettato da Massimiliano Fuksas (foto di Goldmund100 via Wikimedia Commons)

Anch’egli molto famoso in Italia grazie alla recente attenzione dei mass media nei suoi confronti, è però noto in tutto il mondo per le sue realizzazioni, che hanno trovato fortuna soprattutto in Francia ed Austria, paesi a cui è particolarmente legato.

Un architetto di fama europea

Nato a Roma nel 1944 da un medico lituano e da una donna appunto franco-austriaca, ha passato gli anni dell’infanzia a Graz, tornando a Roma per frequentare prima il liceo e poi l’università.

Laureatosi in pieno clima sessantottino, iniziò a lavorare in Italia assieme ad Anna Maria Sacconi, inaugurando un sodalizio che si interruppe solo una ventina d’anni dopo.

Il Centro Peres di Jaffa, disegnato da Massimiliano Fuksas (foto di Roi Boshi via Wikimedia)
Il Centro Peres di Jaffa, disegnato da Massimiliano Fuksas (foto di Roi Boshi via Wikimedia)

In questo periodo vide crescere la sua fama in tutta Europa, fino ad arrivare alla realizzazione dell’Università di Brest e Limoges, della Vienna Twin Tower, della Fiera di Milano Rho-Pero, del Centro Peres per la Pace di Giaffa a Tel Aviv e di vari progetti recenti, come il nuovo Centro Congressi dell’EUR e il Grattacielo della Regione Piemonte di Torino.

Docente o visiting professor in numerose università europee e americane, è stato insignito di vari premi e onorificenze. Tra questi, il Grand Prix d’Architecture nel 1999 e la Legion d’Onore francese.

 

Altri 5 grandi architetti italiani contemporanei, oltre ai 5 già segnalati

Se è vero che è difficile stilare una classifica degli architetti più influenti oggigiorno, è comunque vero che si possono indicare anche più di cinque nomi. Qui di seguito raddoppiamo infatti la posta con altri cinque grandi architetti che meritano di essere ricordati.

 

Stefano Boeri

Milanese, classe 1956, Stefano Boeri è il fratello dell’economista Tito e il figlio di Cini Boeri, a sua volta una delle più grandi designer italiane, già collaboratrice di Gio Ponti. Laureato al Politecnico di Milano, dove insegna tutt’ora, dal 2018 è anche presidente della Triennale sempre del capoluogo lombardo.

Ha sviluppato grandi progetti di riqualificazione sia in Italia che in Europa, in particolare per i porti di Marsiglia, Genova, Salonicco, Napoli e Trieste. Il suo lavoro più celebre sono però i due grattacieli del Bosco Verticale di Milano, secondo un modello che ha poi replicato anche in Olanda e a Parigi.

Vittorio Gregotti

Vittorio Gregotti è scomparso da poco a Milano, dopo una carriera lunga e fruttuosa. Nato nel 1927 a Novara, proprio a Milano si è laureato, presso il Politecnico, insegnando poi nel capoluogo lombardo ma anche a Venezia e Palermo. Allievo di Ernesto Nathan Rogers, ha mosso i primi passi attorno alla rivista Casabella.

Influenzato dal razionalismo, realizza opere in tutto il mondo, tra cui la ristrutturazione dello stadio Luigi Ferraris di Genova, la trasformazione dell’area Pirelli Bicocca a Milano e il Teatro degli Arcimboldi, sempre nel capoluogo lombardo. Suo è però anche il controverso quartiere ZEN di Palermo, simbolo del degrado di alcune periferie italiane.

 

Mario Cucinella

Mario Cucinella è uno degli architetti italiani più importanti della nuova generazione. Nato a Palermo nel 1960, si è imposto soprattutto negli ultimi anni, ottenendo diversi riconoscimenti anche per la sua attenzione ad un’architettura “green”.

Allievo di Renzo Piano per il quale ha lavorato fino al 1992, ha poi aperto un proprio studio, lavorando in Italia e all’estero. È il fondatore della Building Green Futures, un’organizzazione no-profit che si occupa di architettura sostenibile. Suoi sono il Polo Chirurgico del San Raffaele di Milano, la sede della 3M a Milano e il CSET di Ningbo.

Carlo Ratti

Carlo Ratti è italiano soprattutto di nascita, perché da tempo opera perlopiù negli Stati Uniti, dove è uno dei designer più apprezzati e influenti. Nato nel 1971 a Torino, insegna infatti presso il MIT di Boston ed è stato spesso celebrato da riviste come Wired, Fast Company e Time.

Laureato tra Torino e Parigi, si è trasferito appunto a Boston nel 2000. Lì ha approfondito la sua concezione architettonica, lavorando soprattutto sui concetti di smart city e di un’architettura che risponda alle nuove esigenze della società. Ha esposto sia alla Biennale di Architettura di Venezia che al MoMA di New York.

 

Michele De Lucchi

Chiudiamo col ferrarese Michele De Lucchi, che dall’architettura è passato progressivamente al design, diventando negli anni uno dei progettisti più apprezzati a livello mondiale. Nato nel 1951, è stato allievo e collaboratore proprio di Ettore Sottsass, lavorando per Olivetti, Compaq, Siemens e altri.

In Germania ha progettato il design e gli arredi della Deutsche Bank e della Deutsche Bahn, ma ha svolto lo stesso compito anche per molte aziende italiane. Più volte vincitore del Compasso d’Oro, i suoi prodotti sono esposti nei principali musei del mondo, tra cui il Pompidou di Parigi, l’MFA Museum of Fine Arts di Boston e la Triennale di Milano.

 

E voi, quale architetto italiano contemporaneo preferite?

Architetti italiani contemporanei: qual è il tuo preferito?

 

Ci siamo dimenticati qualcuno? Segnala altri grandi architetti italiani contemporanei nei commenti qui sotto.

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