25 grandi canzoni sulla droga italiane e straniere

Cinque grandi canzoni sulla droga

C’è stato un tempo in cui l’ispirazione artistica dipendeva in buona parte dalle droghe e non ci si preoccupava nemmeno tanto di nasconderlo. Sperimentare, anzi, nuovi allucinogeni era la moda del momento: si pensava potessero aprire le porte dell’inconscio, far avere percezioni più approfondite sul mondo, aiutare l’artista a sopportare il peso delle pressioni e dei fan.

Tra la metà degli anni ’60 e i primi anni ’70 questo atteggiamento toccò probabilmente il suo apice: i vari tipi di droga erano ormai ampiamente disponibili sul mercato e, nel contempo, la pericolosità delle stesse non era pienamente percepita come un problema, visto che ancora non c’era stata quella moria di giovani divi dello spettacolo che avrebbe, all’improvviso, allarmato l’opinione pubblica.

Al di là dei film – che questo fenomeno lo analizzarono soprattutto a posteriori –, fu nella musica che la nuova situazione fu raccontata con ampiezza e fedeltà, aggirando a volte i vincoli censori tramite metafore non particolarmente difficili da svelare ma spesso parlando anche esplicitamente delle varie dipendenze.

La discografia sull’argomento, a ben guardare, è impressionante: si va da Jimi Hendrix ad Eminem, da Neil Young ai Red Hot Chili Peppers, dai Led Zeppelin ad Amy Winehouse.

Ma le cinque più grandi canzoni sulla droga, a nostro modestissimo avviso, uscirono quasi tutte tra il 1966 e il 1967, in un biennio in cui sembrava che, in Gran Bretagna come negli Stati Uniti, non ci fosse spazio per altro.

Ve le segnaliamo qui di seguito, raccontandovi la loro storia. Ma poi, a fine articolo, vi parleremo anche di altre 20 canzoni, molte delle quali in italiano.

 

1. Rolling Stones – Mother’s Little Helper

I più grandi cantori – non solo con le loro canzoni, ma forse anche con la loro stessa vita – dell’artista maledetto che si nutre di sesso, droga e rock’n’roll sono probabilmente i Rolling Stones, all’interno della cui discografia troviamo vari pezzi dedicati all’argomento.

In Sticky Fingers, solo per citare un album dei più rappresentativi, erano presenti sia Brown Sugar – una canzone che non si è mai capito pienamente se si riferisse al sesso o all’eroina, anche se probabilmente parlava di entrambe le cose e di molto altro ancora –, sia Sister Morphine, ma l’elenco potrebbe essere davvero molto lungo.

Mother's Little Helper dei Rolling Stones

Noi abbiamo scelto di concentrarci, però, su uno dei primi pezzi che gli Stones dedicarono all’argomento e in cui, per una volta, non si concentravano su loro stessi ma provavano a tracciare un quadro, acido e per questo scandaloso, della società inglese del tempo.

I divi dell’eccesso contro l’abuso di psicofarmaci

Mother’s Little Helper uscì infatti nel 1966 all’interno della versione britannica di Aftermath, aprendosi col verso «What a drag it is getting old».

La canzone parlava del “piccolo aiutante della mamma”, cioè del diazepam, che proprio in quegli anni cominciava ad essere usato in quantità preoccupanti proprio dalle donne della classe media, non avvertendo la pericolosità dell’abuso di psicofarmaci.

I ragazzi oggi sono diversi, sento dire da ogni donna. La mamma ha bisogno di qualcosa oggi per calmarsi e, anche se non è davvero malata, c’è una piccola pillola gialla. Va in cerca di rifugio nel piccolo aiuto della mamma e l’aiuta nel suo cammino attraverso la sua impegnativa giornata.

 

2. Jefferson Airplane – White Rabbit

Spostiamo avanti di solo qualche mese e arriviamo al febbraio 1967. Se c’è un brano simbolo della cultura hippie e dell’effetto che gli allucinogeni avevano sui giovani, quello è infatti una canzone che uscì proprio quel mese, White Rabbit dei Jefferson Airplane.

Formatisi poco tempo prima a San Francisco e con un album all’attivo, Jefferson Airplane Takes Off, del 1966, la band riuscì nello spazio di pochi mesi a ridefinire se stessa e l’intero panorama del rock psichedelico dando alle stampe il disco Surrealistic Pillow, manifesto musicato dello stile di vita dei figli dei fiori.

Il singolo di White Rabbit e Somebody to Love dei Jefferson Airplane

I cambiamenti erano stati molti rispetto al loro esordio: dalla formazione erano usciti infatti sia il batterista Skip Spence che la cantante Signe Toly Anderson, subito sostituiti da Spencer Dryden e soprattutto Grace Slick, che portò in dote un paio di canzoni che aveva scritto per la sua precedente band.

Si trattava proprio di White Rabbit e Somebody to Love, che sarebbero divenuti i due principali successi di Surrealistic Pillow e dell’intera carriera dei Jefferson Airplane.

Alice nel paese degli allucinogeni

Fortemente ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie e ad Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, il brano proponeva – in un crescendo memorabile – un parallelo tra la favola così famosa nella tradizione anglosassone e l’effetto degli allucinogeni, pur senza mai dichiararlo esplicitamente, permettendo così alla canzone di essere passata dalle radio e dalle televisioni.

Una pillola ti rende grande – recita in apertura – e una pillola ti rende piccolo. E quelle che ti dà la mamma non fanno proprio nulla. Vai a chiederlo ad Alice quando è alta 3 metri.

 

3. Velvet Underground – Heroin

Come abbiamo raccontato in occasione della sua dipartita, Lou Reed amava raccontare il lato sporco dell’esistenza, senza esprimere giudizi di valore ma semplicemente mostrando da un punto di vista oggettivo le situazioni che la gente comune preferiva non vedere, davanti alle quali distoglieva lo sguardo.

E questo era vero nella fase più matura della sua carriera solista, ma anche agli inizi della sua attività musicale, quando, assieme a John Cale e ad altri, suonava e cambiava la scena rock americana coi Velvet Underground.

The Velvet Underground & Nico, il celebre disco con in copertina la banana di Andy Warhol

Il loro primo album – The Velvet Underground & Nico – uscì proprio nell’anno decisivo del 1967, lasciando il segno solo a distanza di qualche tempo a causa anche dell’assoluta novità sia dei testi che delle musiche.

D’altro canto, come ebbe dire anni dopo Brian Eno: «Soltanto cento persone acquistarono il primo disco dei Velvet Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o è un critico musicale o è un musicista rock».

«Eroina, sii la mia morte»

All’interno dell’album vari brani parlavano o alludevano alla droga, come I’m Waiting for the Man che raccontava di un bianco che si recava ad Harlem in cerca del suo spacciatore, ma la canzone che più di tutte impressionò per il suo testo fu Heroin.

Scritta nel 1964 da un giovanissimo Reed, la canzone descriveva il rapporto di un tossico con l’eroina dal punto di vista del tossico stesso, con un’onesta che non mancò di suscitare grandi polemiche perché ad alcuni sembrò quasi un elogio della tossicodipendenza.

Eroina, sii la mia morte. Eroina, è mia moglie e la mia vita. Perché un ago nella mia vena fa centro nella mia testa, e allora sono meglio spento che morto. Perché quando l’eroina comincia a fluire non m’importa davvero più.

 

4. Beatles – Lucy in the Sky with Diamonds

Concludiamo il trio di canzoni del 1967 con Lucy in the Sky with Diamonds, celebre brano dei Beatles tratto da Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band.

La canzone è sempre stata descritta come una metafora neppure troppo velata degli effetti dell’LSD, il cui acronimo si ritroverebbe anche nelle iniziali delle parole del titolo, ma a detta di John Lennon, che del brano era l’autore, l’ispirazione era invece da attribuire ad altre fonti.

Da un lato, essa derivava da un disegno del figlio Julian, che aveva infatti rappresentato la compagna di scuola Lucy mentre volava in un cielo pieno di diamanti; dall’altro dagli immaginifici racconti di Lewis Carroll, che Lennon aveva sempre ammirato.

Una canzone storica

Il brano divenne fin da subito uno dei più celebri del quartetto di Liverpool, citato in articoli, libri e perfino in altre canzoni (recentemente l’hanno fatto pure i Kasabian).

Basti sapere che una nana bianca è stata ribattezza Lucy dagli astrofisici in onore del brano e che quando, nel 1974, un gruppo di paleontologi scoprì in Etiopia i resti di una femmina di Australopithecus afarensis, decise di chiamarla proprio Lucy perché la radio in quel momento stava trasmettendo la canzone dei Beatles.

Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles, band rock tra le più celebri di sempre

Inoltre, dopo lo scioglimento della band la canzone visse un nuovo periodo di giovinezza, visto che proprio sul finire di quello stesso ’74 Elton John la inserì – con Lennon alla chitarra e ai cori, nascosto dietro allo pseudonimo di dr. Winston O’Boogie – nel suo album Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy, portandola in vetta alla classifica dei singoli.

Proprio durante il tour per quell’album, a New York, John Lennon salì sul palco del compatriota per cantare con lui tre canzoni – oltre a Lucy in the Sky with Diamonds, anche I Saw Her Standing There e Whatever Gets You Thru the Night: quella fu l’ultima esibizione dal vivo di Lennon, prima della sua morte.

 

5. Eric Clapton – Cocaine

Più tarda, e forse anche per questo legata a stupefacenti di tipo diverso, è Cocaine, una delle canzoni più celebri del repertorio di Eric Clapton, che fu incisa dal chitarrista inglese nel 1977, all’interno dell’album Slowhand.

Il brano divenne tra l’altro un singolo solo tre anni più tardi, nel 1980, grazie anche alla sapiente produzione di Glyn Johns (collaboratore storico degli Who e degli Eagles, oltre che dei Led Zeppelin nella fase iniziale della loro carriera).

Il brano fu il primo che Clapton prese da J.J. Cale, che fino ad allora era un musicista blues ben poco noto al grande pubblico nonostante avesse inciso svariati dischi (e uno di questi, Troubadour, del 1976, conteneva infatti la prima versione originale di Cocaine).

La cocaina non mente

Un brano che, con quel tipico Tulsa sound che era il marchio di fabbrica di Cale, raccontava in maniera molto semplice perché si assumeva quella droga, senza intenti moralistici o paternalistici: «Se hai avuto cattive notizie e vuoi cacciar via la tristezza, cocaina. Quando il giorno è finito e vuoi correre, cocaina. Lei non mente, lei non mente, lei non mente, cocaina».

Il singolo di Eric Clapton contenente Cocaine e Lay Down Sally

Per evitare polemiche, Clapton ha più volte ribadito che la canzone è critica nei confronti dell’uso di droga, sottolineando il verso in cui si dice «Se vuoi scendere, scendere a terra, cocaina» e aggiungendo, nelle esibizioni live, l’espressione that dirty cocaine.

Ciononostante, è innegabile quanto il testo di questo brano – come d’altra parte quello dei Heroin di Lou Reed – sia ambiguo e proprio sull’ambiguità di fondo abbia basato la sua forza e il suo successo.

 

Altre 20 canzoni sulla droga, oltre alle 5 già segnalate

Dopo aver parlato di queste prime 5 canzoni, passiamo a tutte le altre, che vi abbiamo promesso quantomeno di citare. Qui troverete molti brani italiani – sia del passato che dei giorni nostri – ma anche qualche altra chicca proveniente dalla Gran Bretagna o dagli Stati Uniti.

 

Rolling Stones – Sister Morphine

I Rolling Stones li abbiamo messi anche nella cinquina iniziale, ma non possiamo non citare anche Sister Morphine. Il pezzo venne scritto da Mick Jagger, Keith Richards e Marianne Faithfull, e fu infatti lei la prima a inciderlo nel 1969. Gli Stones registrarono poi la loro versione due anni più tardi.

Jimi Hendrix – Purple Haze

Rimaniamo negli anni ’60 con Purple Haze, brano di Jimi Hendrix celebre per l’inventiva con cui lui stesso vi suonava la chitarra. Il pezzo è stato introdotto nella Grammy Hall of Fame ed è considerato unanimemente uno dei migliori del chitarra afroamericano.

 

Neil Young – The Needle and the Damage Done

Per i rocker americani, alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70 l’eroina e la droga erano compagni di vita, o perché si drogavano loro stessi, o perché cadevano in quel vortice i loro compagni d’avventura. Questo pezzo fu scritto da Young proprio ispirato dalla tossicodipendenza di un suo musicista, Danny Whitten.

Fabrizio De André – Cantico dei drogati

Tutti morimmo a stento è uno degli album più apprezzati e famosi di Fabrizio De André, uscito nel 1968. Si apriva con il Cantico dei drogati, ispirato, nel testo, da una poesia di Riccardo Mannerini. E il pezzo è da lì diventato uno dei classici italiani sulla droga.

Fabrizio De André condiva sempre le sue canzoni con grandi e memorabili frasi

 

Afterhours – La sottile linea bianca

È un pezzo d’apertura anche La sottile linea bianca, brano degli Afterhours che avviava il loro acclamato album Ballate per piccole iene del 2005. La canzone ha un testo criptico, che parla d’amore in modo molto cupo, ma non è difficile leggerci dei riferimenti alla droga («bianche lame», «bianco calore» e lo stesso titolo).

Prozac+ – Acida

Se eravate adolescenti o comunque giovani a fine anni ’90, di sicuro ricorderete Acida, il pezzo dei Prozac+ che occupò la programmazione radiofonica per qualche mese. La band non riuscì poi a trovate altri successi oltre a questa canzone, ma il brano – che trascinò l’album di riferimento a vendere 250mila copie – li portò comunque nella leggenda.

 

Articolo 31 – Ohi Maria

A proposito di tormentoni italiani degli anni ’90, non si può non citare – parlando di droghe, pesanti o leggere che siano – Ohi Maria degli Articolo 31. Il pezzo uscì nel 1994 e si riferiva, in maniera per la verità piuttosto esplicita, alla marijuana, con accenni anche alla lotta per la legalizzazione di Marco Pannella.

Eugenio Finardi – Scimmia

Eugenio Finardi è un cantante che, soprattutto a fine anni ’70, si è occupato più volte di droga. Bisogna citare, in questo senso, Legalizzatela, il cui titolo è piuttosto esplicito, ma anche e soprattutto Scimmia. Questo pezzo parla di eroina in modo esplicito, visto che inizia con il verso: «Il primo buco l’ho fatto una sera a casa di un amico così per provare».

Eugenio Finardi negli anni giovanili

 

Neffa – La mia signorina

Neffa è stato a lungo uno dei più interessanti esponenti della scena hip hop italiana. All’inizio degli anni Duemila, però, ha moderato il suo genere musicale avvicinandosi al pop, in particolare con La mia signorina, singolo di buon successo. Che però si riferisce alla marijuana.

Rolling Stones – Brown Sugar

Abbiamo citato Sister Morphine, brano scritto all’inizio per Mairanne Faithfull e poi pubblicato anche dai Rolling Stones. Quella canzone uscì all’interno di Sticky Fingers, celebre disco che si apriva con un’altra canzone sulla droga, anch’essa famosissima: Brown Sugar.

 

Bob Dylan – Rainy Day Women #12 & 35

Non è chiaro praticamente a nessuno se Rainy Day Women #12 & 35 di Bob Dylan sia effettivamente una canzone sulla droga. Lui lo ha sempre negato, mentre i critici l’hanno sempre affermato. Il ritornello dice: «Everybody must get stoned», dove “stoned”, nel gergo, si può tradurre come “fatti”, “drogati”. E però significa anche “lapidati”, e probabilmente Dylan giocò molto su quest’ambiguità.

Pink Floyd – Comfortably Numb

Comfortably Numb è una delle canzoni più celebri dei Pink Floyd, contenuta nell’album del 1979 The Wall. Parla di una sensazione di intorpidimento dovuta a un’iniezione subita da un musicista che si è sentito male. Ma può essere letta come una metafora degli effetti della droga.

 

Luca Carboni – Silvia lo sai

Nel 1987 la scena discografica italiana vide l’emergere di Luca Carboni, giovane cantautore bolognese che riuscì a piazzare in alto in classifica il suo terzo album, intitolato semplicemente Luca Carboni, anche grazie ad alcuni azzeccati singoli. Uno di questi era Silvia lo sai, che nel ritornello diceva: «Silvia lo sai, lo sai che Luca si buca ancora?»

Luca Carboni negli anni '80

Primal Scream – Higher than the Sun

Di droga si è occupata spesso anche la musica dance, soprattutto nella sua versione acid house. Lo dimostra, tra le tante canzoni, anche Higher than the Sun degli scozzesi Primal Scream, uscita nel 1991 all’interno dell’album Screamadelica.

 

Ramones – Carbona Not Glue

Carbona Not Glue è una delle canzoni più amate e controverse dei Ramones. Venne pubblicata nel loro secondo album, Leave Home, del 1977, con l’idea di renderla un seguito ideale di Now I Wanna Sniff Some Glue, uscita l’anno prima. D’altronde, vi si diceva che il detersivo Carbona era migliore della colla, da sniffare.

Rino Gaetano – A Khatmandu

A Khatmandu è un brano poco noto di Rino Gaetano, contenuto nel suo album d’esordio, Ingresso libero, del 1974. Vi si parla, col consueto stile, di droghe leggere e degli effetti allucinogeni che possono avere.

 

Antonello Venditti – Lilly

Lilly fu probabilmente il primo grande successo di Antonello Venditti. Uscita nel 1975, trascinò il disco omonimo fino alla prima posizione della hit parade, nonostante parlasse di un tema all’epoca scabroso. Lilly era infatti una ragazza sconvolta dalla tossicodipendenza.

Vasco Rossi – Bollicine

Bollicine, del 1983, è uno dei dischi più importanti di Vasco Rossi e sicuramente della storia del rock italiano. C’erano dentro Vita spericolata, Una canzone per te ma anche appunto la title-track, che parlava di Coca-Cola intendendo in realtà la droga.

Vasco Rossi, uno dei cantanti italiani anni '80 più famosi

 

Velvet Underground – I’m Waiting for the Man

Anche ai Velvet Underground abbiamo già riservato uno spazio in apertura, ma vale la pena di citarli anche qui, alla fine del nostro articolo. I’m Waiting for the Man era presente nel celebre The Velvet Underground & Nico del 1967 e parlava infatti di un ragazzo alla disperata ricerca del suo spacciatore.

Pitura Freska – Marghera

Tra i tanti gruppi poco noti che negli anni ’90 e ’00 hanno raccontato, in Italia, l’impatto delle droghe leggere vi segnaliamo i Pitura Freska, storica band veneziana che vide il suo momento di massima gloria quando, nel 1997, partecipò al Festival di Sanremo. Qualche anno prima, però, aveva inciso anche il brano Marghera, in cui vagheggiava di campi di marijuana.

 

Segnala altre cinque grandi canzoni sulla droga nei commenti.

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