
Leggere è un’attività spesso sottostimata, in Italia. A dircelo sono tutte le ricerche degli ultimi anni, che hanno indicato come nel nostro paese quest’abitudine non sia affatto diffusa. Eppure, i vantaggi che ne deriverebbero sono davanti agli occhi di tutti: un’informazione più completa e ampia, una maggior attenzione ai problemi “poco mediatici”, una miglior comprensione della realtà, lontano dalla spettacolarizzazione dei media.
Inoltre, leggere migliora il linguaggio e la proprietà linguistica di chi vi si dedica con costanza. Si imparano parole nuove, si rinfrescano quelle vecchie, si apprende – anche tramite libri leggeri e non impegnativi – ad articolare meglio il proprio pensiero e ad esprimersi in modo più adeguato. E, particolare non da poco, leggere romanzi può aiutare anche ad apprendere una nuova lingua.
Leggere romanzi in lingua originale
L’abbiamo rimarcato anche altre volte, parlando sia dell’inglese che del francese: una volta che si sono appresi i rudimenti di un linguaggio, uno dei modi più entusiasmanti per fissarli in testa è leggere romanzi in lingua originale. Magari partendo da quelli più semplici, e pensati appositamente per la didattica, e poi passando gradualmente a quelli più complessi.
Altrove vi abbiamo già consigliato una serie di libri adatti allo scopo. Ora però, per chi già mastica piuttosto bene le lingue straniere, vogliamo segnalare cinque grandi classici della letteratura europea e mondiale che meritano di essere letti in lingua originale. Perché, per quanto bene siano tradotti, la prosa dei loro autori merita una lettura che va direttamente alla fonte. Ecco quindi cinque libri imperdibili scritti in francese, inglese e spagnolo.
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Indice
Gustave Flaubert – Madame Bovary
Una prosa non semplice, ma intrigante
In lingua francese, molti sono i romanzi che presentano una prosa assai interessante. Si può anzi dire che forse la letteratura francese sia quella che più di ogni altra, in Europa, ha lavorato oltre che sulle trame e sui concetti filosofici, anche e soprattutto sulla forma e sul linguaggio. Emblema di questa ricerca e di questa tensione è in un certo senso il Madame Bovary di Gustave Flaubert, romanzo ottocentesco che però non ha perso, dopo tutti questi anni, la sua bellezza.
La trama è abbastanza nota. La protagonista è Emma Bovary, una ragazza che si sposa con un buon uomo, un vedovo, che le garantisce una agiata esistenza in campagna. La sua vita, però, non è felice. Piena di sogni romantici e di desideri che non riesce neppure ad esprimere adeguatamente, cerca di dare un senso alla sua esistenza concedendosi a degli amanti, senza però appagare questa sua sete. In compenso spende e spande, mascherando il tutto con bugie sempre più grosse, fino all’inevitabile e tragico epilogo.
Il problema dell’inadeguatezza delle parole
Al di là della trama, rappresentativa della società dell’Ottocento e anche del ruolo della donna, il libro è interessante proprio per la prosa di Flaubert, estremamente precisa e raffinata. Una prosa che tenta anche di esprimere uno dei problemi più cari all’autore francese, quello di una sorta di incomunicabilità, o meglio di inadeguatezza della parola nel descrivere la vera realtà dei fatti. Certo, il risultato è una prosa non semplice, ma allo stesso tempo estremamente intrigante.
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Antoine de Saint-Exupéry – Le Petit Prince
La semplice ma profonda storia del piccolo principe
Il secondo libro in lingua francese che abbiamo scelto è sempre un classico, ma decisamente più semplice. Si tratta infatti de Il piccolo principe, favola di formazione sentimentale scritta nei primi anni ’40 dall’aviatore Antoine de Saint-Exupéry, che in realtà la pubblicò prima in inglese e solo qualche giorno dopo in francese.
La storia è quella proprio di un aviatore che, nel deserto, incontra uno strano ragazzino biondo che dice di essere un principe e di provenire da un lontano asteroide. I due fanno lentamente conoscenza, col principe che racconta la sua vita sulla sua terra d’origine, lo strano rapporto che ha con una rosa e tutte le persone che ha incontrato nel viaggio che l’ha condotto sulla Terra.
Un linguaggio elementare ma poetico
Il linguaggio di Saint-Exupéry è semplice ma allo stesso tempo poetico, e questo è stato, da sempre, uno degli elementi più importanti per il successo del libro. La favola raccontata sa parlare, infatti, sia ai bambini che agli adulti e presenta innumerevoli livelli di lettura. Per un neofita del francese, quindi, non è particolarmente gravoso accostarvisi, anche perché di sicuro l’avrà già letta anche in italiano.
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Vladimir Nabokov – Lolita
La discesa agli inferi di un uomo di mezz’età
Dopo aver visto due grandi classici da leggere in francese, passiamo all’altra grande lingua europea che noi in Italia studiamo ampiamente: l’inglese. Nell’idioma di Shakespeare sarebbero ovviamente molti i testi che meriterebbero una lettura in originale, ma c’è anche da dire che una buona parte di questi viene già affrontata a scuola. Non avrebbe senso qui riproporvi i soliti Orwell, Stevenson o Wilde, che conoscete probabilmente già per conto vostro.
Allo stesso modo, tralasciamo Agatha Christie, scrittrice accattivante che abbiamo però già suggerito altrove. Invece, per una volta, vorremmo spostarci oltreoceano. Perché – checché ne dicano gli inglesi – anche negli Stati Uniti si sono scritti grandi romanzi in cui la prosa è particolarmente curata e meritevole di attenzione. Basti citare Hemingway, uno che con le parole – asciutte e taglienti – ha lavorato parecchio. Oppure un russo come Vladimir Nabokov, che non praticava l’inglese come sua lingua nativa ma imparò presto a maneggiarla a dovere.
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Humbert Humbert e la figliastra
Lolita è il romanzo in cui narra, con uno stile impeccabile, una sorta di discesa agli inferi di un uomo di mezz’età. Inferi che non sono quelli classici della cristianità o del mondo greco, ma i recessi dell’animo, visto che il protagonista, il professor Humbert Humbert, si innamora perdutamente di una ragazzina di 12 anni, appunto Lolita, che poi diventa anche sua figliastra. Il libro non è altro che la sua confessione, non priva di trasporto. E presenta vari passi che resero celebre Nabokov, oltre che per lo scandalo suscitato, per l’eleganza della sua prosa.
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J.D. Salinger – The Catcher in the Rye
L’America degli anni ’50, ma da un altro punto di vista
Restiamo nell’America degli anni ’50 com Il giovane Holden, celebre romanzo di J.D. Salinger. Un libro che però, nonostante appartenga alla stessa epoca di quello di Nabokov, è decisamente diverso da Lolita, anche e soprattutto nel linguaggio. Là avevamo, infatti, una sorta di memoriale di un dotto professore di letteratura, che confessava le sue pene senza però dimenticare l’eleganza della prosa. Qui abbiamo, invece, una narrazione in prima persona che si avvicina al linguaggio dei giovani.
Salinger, infatti, è celebre per la sua capacità di raccontare con realismo le ansie e la rabbia della sua generazione. Un’ansia e una rabbia ben riprodotte anche nel linguaggio, con l’uso di espressioni gergali che i traduttori in italiano che si sono succeduti hanno sempre avuto difficoltà a rendere nella nostra lingua. E non è un caso in questo senso che Einaudi abbia recentemente lanciato – con grande battage pubblicitario – una nuova versione del celebre romanzo, ritradotta da Matteo Colombo.
Le disavventure di Holden Caulfield
Al di là del titolo originale – The Catcher in the Rye – di cui ogni fedele fan salingeriano conosce il significato, il libro è quindi da scoprire riga dopo riga, con le sue difficoltà linguistiche e le sue innovazioni. Al centro, come saprete, ci sono le disavventure di Holden Caulfield, un ragazzo di sedici anni appena espulso dall’ennesima scuola che passa il weekend cercando in pratica di trovare qualcuno con cui scappare via.
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Gabriel García Márquez – Cien años de soledad
Alla base del realismo magico
Concludiamo abbandonando le lingue inglese e francese e parlando, almeno per un romanzo, in spagnolo. Il libro che ci sentiamo di suggerire per chi vuole approfondire la conoscenza dell’idioma di Cervantes non proviene in realtà dalla Spagna, ma da una delle sue ex colonie: si tratta infatti del celebre Cent’anni di solitudine, scritto dal colombiano Gabriel García Márquez.
Non che questo essere nato lontano dai luoghi centrali della letteratura spagnola rappresenti un difetto. Anzi, proprio questo romanzo è stato fondamentale per spostare l’attenzione dei critici e dei lettori verso un mondo ancora sconosciuto dal punto di vista letterario, quello del Sudamerica, caratterizzato da peculiarità molto interessanti. Considerato il capostipite del realismo magico, il romanzo mescola infatti realtà e mito, presente, passato e futuro, in uno stile molto interessante che alla sua uscita (nel 1967) fece scuola.
La famiglia Bundía a Macondo
La storia è quella della famiglia Buendía, il cui capostipite fondò la città di Macondo. Attraverso sette generazioni seguiamo gli intrecci dei personaggi ma anche il procedere dello sviluppo della città, con l’arrivo della modernità, della guerra e del mondo esterno in quella che un tempo era una realtà isolata e arretrata. Ma l’aspetto che qui ci preme sottolineare è il linguaggio usato da García Márquez, che è anche forse il suo lascito più importante: un linguaggio fiabesco, magico, ma anche preciso e tagliente quando serve, che non lascerà indifferenti.
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