
I film sono frutto del lavoro di un gran numero di professionisti. Nonostante i meriti vadano sempre al regista e agli attori principali, vi lavorano infatti una serie di figure professionali spesso dimenticate ma di vitale importanza. Trucco, montaggio, colonna sonora, stuntmen, tecnici del suono o delle luci, scenografie e così via sono elementi essenziali del successo di una pellicola, ed è raro che il grande pubblico se ne renda conto.
Tra tutti questi ruoli, particolare rilevanza ha quello del direttore della fotografia. Colui il quale, cioè, si occupa di gestire tutto quello che riguarda la luce e la resa su pellicola (o in digitale) delle immagini. Un ruolo che è a metà strada tra l’aspetto tecnico e quello artistico. Perché deve essere in grado di comprendere le esigenze del regista, aggiungerci il proprio gusto personale e mediare con le possibilità tecniche e i fondi a disposizione.
Leggi anche: Cinque tra i registi italiani più famosi all’estero
[wpzon keywords=”direttori della fotografia” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]
Il nostro cinema, di figure di questo tipo, ne ha avute parecchie, e sempre di ottimo livello. Un paio li vedremo nella nostra cinquina, ma qui vale almeno la pena di citarne qualche altro. Come Tonino Delli Colli, collaboratore di Pier Paolo Pasolini, Sergio Leone, Marco Bellocchio, Federico Fellini, Roman Polanski e Roberto Benigni. O Otello Martelli, il direttore della fotografia di Roberto Rossellini, di Vittorio De Sica e del primo Federico Fellini. O ancora Dante Spinotti, al lavoro con Ermanno Olmi, Michael Mann e Curtis Hanson.
Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Ma quali sono i cinque più grandi direttori della fotografia della storia del cinema? Ecco le nostre scelte.
Indice
Gregg Toland
Il direttore della fotografia di Quarto potere
Il primo grande direttore della fotografia del cinema americano è stato senza dubbio Gregg Toland. Prima della sua venuta, negli anni ’20 e ’30, i responsabili delle luci facevano un uso piuttosto semplice del bianco e nero. In pratica, lo usavano solo per separare i vari livelli della scena e dare profondità di campo. Toland, invece, nello spazio di pochi anni seppe rivoluzionare il settore, prima che un’improvvisa trombosi coronarica lo uccidesse, nel 1948, ad appena 44 anni.
[wpzon spec=”1″ asin=”B00MRGSCZA,B00MRGSCKU,B006EYLNIE” country=”it” listing=”3″ col=”3″ descr=”0″]Ad Hollywood aveva esordito come cameraman, guadagnando presto il rispetto dei registi e il coinvolgimento nelle decisioni. Il suo primo film importante era stato Cercasi avventura del 1929. A questo erano seguiti Notte di nozze di King Vidor e Il sergente di ferro, che nel 1935 gli fruttò la prima nomination agli Oscar. Da lì in poi la sua fotografia fece sempre più scalpore. Lavorò a La voce nella tempesta di William Wyler, Furore di John Ford, Il mio corpo ti scalderà di Howard Hughes e I migliori anni della nostra vita ancora di Wyler. I suoi capolavori sono però Viaggio senza fine, ancora di Ford, e Quarto potere di Orson Welles.
Giuseppe Rotunno
Al lavoro con Visconti, Fellini e Monicelli
Italiano, e per la precisione romano, è invece Giuseppe Rotunno, una delle grandi firme della fotografia italiana. Classe 1923, ha collaborato ad alcuni importanti capolavori sia del nostro cinema che di quello mondiale, ottenendo però meno premi di quelli che avrebbe meritato. Esordì attorno alla metà degli anni ’50, trovando subito l’occasione di lavorare con Luchino Visconti in Le notti bianche. La collaborazione col regista milanese sarebbe proseguita poi con Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo, ma nel frattempo avrebbe cominciato a lavorare anche all’estero.
[wpzon spec=”1″ asin=”B00BHITPQE,B00288LR7M,B000SL1PXW,B003H06TTG,B000SL1VQI,B000WGL3MG” country=”it” listing=”6″ col=”3″ descr=”0″]In America firmò la fotografia de La Bibbia di John Huston, di alcune pellicole di Stanley Kramer e di All That Jazz di Bob Fosse (prima e unica sua nomination agli Oscar). In Italia, invece, avrebbe lavorato a La grande guerra di Monicelli, Cronaca familiare di Zurlini, Ieri, oggi, domani di De Sica, Roma e Amarcord di Fellini e Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi. Dirige da molti anni il corso di Direzione della fotografia alla Scuola Nazionale del Cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia.
Vittorio Storaro
Forse il migliore al mondo, con tre premi Oscar in bacheca
Il secondo italiano della nostra lista è forse il più apprezzato e stimato direttore della fotografia mondiale, Vittorio Storaro. Nato a Roma nel 1940, studiò al Centro Sperimentale ed esordì con i primi lungometraggi sul finire degli anni ’60. Già nel 1970, comunque, firmò la luce di tre importanti film come Il conformista e Strategia del ragno, entrambi di Bernardo Bertolucci, e L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento.
[wpzon spec=”1″ asin=”B00DG94XJG,B000VVI5R8,B00FVTS39A,B009EL6K32,B00FPT7DSI,B00004CY5Y” country=”it” listing=”6″ col=”3″ descr=”0″]Proprio i film con Bertolucci – tra i quali figurano anche Ultimo tango a Parigi, Novecento, L’ultimo imperatore e Piccolo Buddha – gli aprirono le porte di Hollywood. Nel 1979 fu infatti chiamato da Francis Ford Coppola per Apocalypse Now, che è forse il suo capolavoro. Ha poi lavorato anche a Reds (che gli fruttò il secondo premio Oscar) e Dick Tracy di Warren Beatty. Teorico appassionato della sua professione, ha più volte cercato di imporre un nuovo termine per indicare il suo ruolo: non più direttore della fotografia, ma cinefotografo. Inoltre è stato forse il primo a portare la teoria dei colori elaborata da Goethe all’interno del mondo del cinema.
Roger Deakins
Il direttore della fotografia dei fratelli Coen (e non solo)
Se Storaro ha portato a casa tre statuette dell’Academy, c’è anche chi ci è andato vicino ben 12 volte, non vincendone però alla fine mai nessuna. Stiamo parlando di Roger Deakins, direttore inglese che vanta un record non invidiabile ma anche un grande talento. Al cinema, a parte qualche esperienza sporadica, è arrivato tardi, dopo aver lavorato a lungo nel campo dei documentari in Africa. La svolta della sua carriera è legata all’incontro coi fratelli Coen, coi quali ha lavorato in tutti i loro film a partire da Barton Fink del 1991.
[wpzon spec=”1″ asin=”B0041KW2HE,B00IGE0SO0,B000SL1O8I,B0041KXN4K,B0041KWJTA,B00AMVA50W” country=”it” listing=”6″ col=”3″ descr=”0″]Le nomination sono arrivate per Le ali della libertà, Fargo, Kundun, Fratello, dove sei?, L’uomo che non c’era, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, Non è un paese per vecchi, The Reader, Il Grinta, Skyfall, Prisoners e Unbroken. Ma nel suo curriculum ci sono anche Dead Man Walking, Il grande Lebowski, A Beautiful Mind, The Village e Revolutionary Road.
Wally Pfister
Da Christopher Nolan alla regia
Finiamo col più giovane del gruppo, Wally Pfister, classe 1961. Anche la carriera del direttore della fotografia di Chicago è legata in particolare a un regista di grande successo, Christopher Nolan, per il quale ha firmato ogni fotografia a partire da Memento del 2000. Una carriera che si è interrotta però nel 2012. All’uscita de Il cavaliere oscuro – Il ritorno, Pfister ha infatti annunciato di voler dedicarsi alla regia. Il suo primo film, così, è stato Trascendence, uscito nel 2014 e interpretato da Johnny Depp e Rebecca Hall.
[wpzon spec=”1″ asin=”B0058B8K4Y,B004DZUM2O,B0041KW7GK,B00O4VQJQA,B006JLGJ7C,B00NVMFRUW” country=”it” listing=”6″ col=”3″ descr=”0″]Alla fotografia Pfister è arrivato abbastanza tardi, dopo aver lavorato per anni come cameraman di notiziari nell’area di New York. Come cinematographer ha esordito collaborando a vari progetti a basso costo di Roger Corman, ma l’incontro decisivo è stato quello con Nolan, conosciuto al Sundance Film Festival. Dopo Memento e Insomnia, nel 2006 ha conquistato la prima nomination agli Oscar con Batman Begins. L’anno successivo è arrivata quella per The Prestige. Dopo un’altra nomination per Il cavaliere oscuro, la statuetta è infine stata vinta nel 2011 con Inception.