Cinque grandi esponenti del modernismo inglese

Piccadilly Circus, a Londra, nei primi anni del Novecento, negli anni d'oro del modernismo inglese

Il modernismo è una corrente letteraria che si affermò soprattutto in ambito anglosassone nei primi decenni del Novecento, dopo che per molto tempo il romanticismo e il realismo avevano dominato la scena della letteratura inglese e europea in generale. Si riconosce in generale un grande rinnovamento del linguaggio, che tende a diventare più oggettivo e a fare uso di termini in genere riservati alla lingua parlata.

Le grandi innovazioni narrative sono influenzate dalla psicanalisi, scienza nata da poco e in grande crescita. L’autore ricerca un distacco dalla propria opera, torna a interessarsi di mitologia e religione e fa largo uso di simboli.

Si assiste solitamente a una disgregazione dei limiti spazio-temporali, a favore di un’analisi dell’interiorità dei personaggi. Cominciano a essere trattati temi fino a quel momento considerati tabù, ad esempio la sessualità.

 

1. Thomas Stearns Eliot

Nato nel Missouri nel 1888, dopo aver studiato letteratura e filosofia all’università di Harvard e aver seguito le lezioni di Bergson a Parigi, si trasferì in Inghilterra, vivendo prima a Oxford e poi a Londra. Nel 1915 sposò Vivian Leigh e conobbe Ezra Pound.

La sua prima raccolta poetica, Prufrock and Other Observations, uscì nel 1917. Tre anni dopo pubblicò la sua prima raccolta di saggi, The Sacred Wood, che ebbe grande influenza sulla critica anglosassone. L’opera che lo rese famoso in tutto il mondo, e che ancora oggi è quella più celebre, è The Waste Land, pubblicata nel 1922.

Thomas Stearns Eliot

Prese la cittadinanza britannica nel 1927, convertendosi anche all’anglicanesimo. Cambiò il suo modo di intendere la poesia, così come i temi affrontati: nel 1943 uscirono infatti i Four Quartets, opera di un poeta religioso che cerca di indagare la crisi del mondo contemporaneo sul sentiero della fede.

Negli anni Trenta si era invece dedicato al teatro, scrivendo Murder in the Cathedral (Assassinio nella cattedrale, 1935) e The Family Reunion (Riunione di famiglia, 1939). Gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1948. Muore a Londra il 4 gennaio del 1965.

Un poeta capace di sperare nell’immaginazione come forza di rinascita

Eliot era un poeta intellettuale, interessato all’indagine sulla parola portata avanti dai simbolisti francesi.

Scriveva secondo il principio degli objective correlatives (correlativi oggettivi), che mostrano al lettore non ciò che lo scrittore pensa o sente, ma dei semplici oggetti che egli ha associato a determinate esperienze.

Eliot crea un suo paesaggio, in cui la solitudine dell’uomo permea tutte le cose. Vede solo rovina e decadimento nella sua epoca, per cui tenta di dimostrare che l’immaginazione ha ancora la possibilità di riaffermarsi: nonostante si trovi in una terra desolata, cerca ancora di costruire qualcosa.

 

2. James Joyce

Nato a Dublino nel 1882, James Joyce è uno degli autori che ha avuto più influenza a livello internazionale sulla letteratura della sua epoca. Viaggia molto, fermandosi anche in Italia, in particolare a Trieste e a Roma, ma rimane sempre legato alla “città della paralisi”, Dublino, che è il centro di tutte le sue opere letterarie.

Nel 1914 pubblica Dubliners (Gente di Dublino), raccolta di racconti scritti tra il 1904 e il 1907, ancora legati al mondo letterario ottocentesco, in particolare a Maupassant e Flaubert.


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Nel 1916 esce A Portrait of the Artist as a Young Man, tradotto poi in italiano da Cesare Pavese con il titolo Dedalus. Con questo romanzo inaugura una nuova forma e un nuovo stile, trasformando la sua città in un labirinto.

L’autore irlandese che ha rivoluzionato le letteratura di tutto il mondo

La vera rivoluzione nella carriera di Joyce, così come nella letteratura europea e non solo, è la pubblicazione di Ulysses (Ulisse) nel 1922, scritto in sette anni fra Trieste e Zurigo.

Impone alla scena letteraria una nuova tecnica, che spiazza e stupisce, ossia quella del monologo interiore, che propone al lettore i pensieri dei personaggi senza filtri e senza regolamentazioni né grammaticali né grafiche.

James Joyce, lo scrittore dublinese per eccellenza

Allo stesso modo, i limiti spazio-temporali perdono qualsiasi significato. Con Finnegans Wake (1939) propone una nuova sfida, componendo il poema del sonno.

L’Ulisse di Joyce, con le sue allusioni a Omero, Dante e Shakespeare, con le sue sperimentazioni linguistiche e l’inevitabile riferimento alle nuove istanze della psicologia che stavano prendendo piede in quegli anni, rimane ancora oggi una delle opere più complesse e più geniali a cui un lettore possa approcciarsi.

 

3. Virginia Woolf

Di Virginia Woolf, autrice straordinaria, si tende spesso a ricordare l’immagine di una donna vittima della depressione, che riesce a liberarsi dalla sua malattia solo con il suicidio, avvenuto il 28 marzo 1941.

Eppure, Virginia Woolf fu molto di più: fu una donna capace di ribellarsi prima a ciò che il costume vittoriano le impediva, ossia una vera e propria istruzione, che lei ottenne comunque da autodidatta, poi, come scrittrice, a ciò che il romanzo corrente dell’epoca proponeva, ossia la corrente realista.

Virginia Woolf in un celebre ritratto fotografico

Alla descrizione precisa di fatti e personaggi, Virginia Woolf sostituisce l’analisi della realtà interiore delle figure che popolano i suoi romanzi.

Anche se la sua prima opera, The Voyage Out (La crociera, 1915), è ancora piuttosto tradizionale, già vi si intravedono le tracce di una volontà nuova e diversa. La vera svolta avviene con Jacob’s Room (La stanza di Jacob, 1922), che della trama presenta solo una debole impalcatura.

Una scrittrice anticonformista, in lotta contro una malattia invincibile

Una delle sue opere più famose, Mrs Dalloway (La signora Dalloway), pubblicata nel 1925, è anche una delle più rappresentative della poetica dell’autrice inglese. L’intero romanzo è composto dallo scorrere dei flussi di coscienza dei personaggi: non succede nulla se non quello che si verifica nella testa dei protagonisti.

E così cambia la concezione del tempo, rappresentato in maniera rivoluzionaria anche nei successivi romanzi, To the Lighthouse (Gita al faro) e Orlando, usciti nel 1927 e 1928.

Virginia Woolf non scrive solo romanzi; si occupa anche di giornalismo e critica letteraria, e ci lascia un importante manifesto poetico, Mr Bennet e Mrs Brown, originariamente una conferenza tenuta a Cambridge, pubblicata poi nel 1924.

Insieme al marito e a importanti rappresentanti della cultura londinese di quel tempo fonda il gruppo di Bloomsbury, che aveva sede proprio nell’abitazione dei coniugi Woolf e che si distinse per la portata rivoluzionaria e anticonformista delle sue idee.

Figura controversa, ma soprattutto grandissima scrittrice, Virginia Woolf ha composto opere complesse, annoverate ancora oggi tra i capolavori della letteratura inglese.

 

4. Joseph Conrad

Il vero nome di Joseph Conrad, nato in Ucraina nel 1857 e morto in Inghilterra nel 1924, era in realtà Teodor Józef Konrad Korzeniowski. Apparteneva a una famiglia della nobiltà terriera polacca e, quando rimase orfano, andò a studiare a Cracovia.

La vita di mare l’aveva da sempre affascinato, cosicché decise di imbarcarsi per Marsiglia all’età di diciassette anni. Dopo aver navigato sotto bandiera prima francese, poi inglese, nel 1884 diventò cittadino britannico. I suoi romanzi e i suoi racconti nascono soprattutto dalle sue esperienze in giro per il mondo.

Joseph Conrad

La sua prima pubblicazione è Almayer’s Folly (La follia di Almayer), nel 1895. Per gli ultimi vent’anni della sua vita, abbandonò completamente la vita di marinaio per dedicarsi alla letteratura, diventando uno dei più importanti autori inglesi.

La sua opera più nota è sicuramente Heart of Darkness, pubblicato nel 1902 in italiano come Cuore di tenebra. Anche se nessun dettaglio, nel romanzo, permette di capire dove sia ambientato, è comune pensare che questo libro si ispiri al viaggio in Africa compiuto dall’autore nel 1890.

Il viaggiatore polacco alla ricerca del male

Heart of Darkness è il viaggio di Charles Marlow alla ricerca dell’ormai celebre Kurtz, ma si caratterizza più come una discesa negli inferi, sia dal punto di vista storico che psicologico.

Nel romanzo, infatti, si parla degli effetti devastanti del colonialismo inglese, ma si va anche alla ricerca del male assoluto, quello capace di impadronirsi completamente dell’essere umano. Affronta i temi comuni a tutta l’opera di Conrad, in particolare il viaggio per mare, il confronto con la natura, la lotta del bene contro il male e l’introspezione psicologica.

 

5. Edward Morgan Forster

Subito dopo la laurea a Cambridge Edward Morgan Forster comincia a viaggiare, facendo tappa in Svizzera, Francia, Austria e Italia. E sarà grazie ai suoi pellegrinaggi che Forster scoprirà la sua vocazione di scrittore.

La sua prima pubblicazione, Where Angels Fear to Tread (Monteriano), risale al 1905, mentre si trova in Germania.

Un ritratto di E.M. Forster realizzato da Dora Carrington

Il celebre A Room with a View (Camera con vista) viene pubblicato tre anni dopo, ma è con Howards End (Casa Howard, 1910) che l’autore inglese riesce finalmente a guadagnarsi il favore del pubblico. Poco dopo comincia a frequentare il Bloomsbury Group, dove conosce Virginia Woolf.

Continua a viaggiare, prima in India, poi ad Alessandria d’Egitto, dove è volontario per la Croce Rossa durante la Prima guerra mondiale. Maurice, pubblicato postumo, nasce dal tentativo di accettare la propria omosessualità.

Il suo ultimo romanzo esce nel 1924: si tratta di A Passage to India (Passaggio in India), nato dopo il suo secondo viaggio nel continente asiatico. Dopo quest’ultima fatica Forster si dedicherà ad articoli di giornale, saggi e riflessioni.

L’innovazione nei temi si coniuga all’amore per i viaggi

Nei suoi romanzi Forster offre al lettore un ritratto della società del tempo, con i conflitti di classe, il perbenismo e la rigidità della buona educazione inglese che bloccano i rapporti interpersonali.

Anche se appartiene alla stessa epoca di Joyce e di Virginia Woolf, la sua modernità va ricercata più nei temi trattati che nelle tecniche narrative: la forma, nei suoi romanzi, rimane infatti ancora ancorata a quelle più tradizionali.

Gran parte del successo gli arriverà dopo la sua morte, grazie alle trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi, in particolare Passaggio in India, uscito nel 1984 con la regia di David Lean, e Camera con vista, di due anni posteriore, diretto da James Ivory.

 

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