Cinque tra i migliori film di Robin Williams

Robin Williams, i suoi personaggi e i suoi film migliori

Ecco i migliori personaggi e film di Robin Williams secondo noi: vota il tuo preferito e poi leggi l'articolo per scoprire tutti i dettagli.

 
Se ve lo ricordate, la notizia del ritrovamento del corpo senza vita di Robin Williams, uno degli attori più amati di Hollywood, giunse, qualche anno fa, come un fulmine a ciel sereno. La star – 63 anni compiuti da poco – venne ritrovata nella sua casa di Tiburon, in California. Dopo un’iniziale incertezza, si fece strada l’ipotesi di un suicidio, una tesi presto avvalorata anche dal suo staff e dalla famiglia. L’attore infatti combatteva da qualche tempo contro una grave forma di depressione.

La famiglia, nella persona della terza moglie Susan Schneider, dopo qualche ora intervenne. Chiese di rispettare la privacy e di ricordare Williams non per la sua morte, ma per le tante risate e per i momenti di gioia che aveva saputo dare a milioni di persone. E visto che pure a noi questo sembra il modo migliore per ricordarlo, abbiamo deciso di preparare una lista di cinque grandi film e personaggi (anche della TV) interpretati da Robin Williams. Perché una delle sue più grandi qualità come attore è stata quella di riuscire ad infondere una grande umanità nei ruoli in cui si calava.


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Mork in Mork & Mindy

L’ingenuo alieno che veniva da Ork

Che Robin Williams avesse un indiscutibile talento comico era evidente fin dagli inizi della sua carriera. Si diplomò alla Juilliard – una prestigiosa scuola di recitazione drammatica di New York – nel 1976, dove assieme al suo grande amico Christopher Reeve, futuro interprete di Superman, fu uno dei due soli studenti ammessi al corso avanzato. Già l’anno dopo fu assunto per interpretare il ruolo di Mork, un bizzarro extraterrestre che dopo una comparsata in Happy Days si conquistò uno show tutto suo.

Mork & Mindy durò solo quattro anni ma divenne un vero fenomeno di costume. E questo avvenne sia negli Stati Uniti, dov’era trasmesso dalla ABC, sia in Italia, dove fu importato prima dalla Rai e poi da Italia 1. E dove fu replicato per tutti gli anni ’80. Spesso, anzi, lo si può trovare ancora oggi trasmesso in fascia oraria notturna.

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Al di là delle trame ben congegnate e di un ottimo cast di attori, tutto l’equilibrio della serie poggiava sulle spalle di Williams. L’attore infatti dava vita a un alieno dirompente nella sua ingenuità, i cui usi e costumi – spesso improvvisati dallo stesso attore e non presenti nel copione – venivano imitati da tutti i fan più piccoli. Così capitava di cercare di salutare aprendo le dita e dicendo «Nano-nano», di sedersi a testa in giù sui divani, di bere le bibite aspirandole col dito e così via.

Williams conquistò, grazie a quel personaggio, un Golden Globe nel 1978, premio che durante gli anni successivi avrebbe vinto altre quattro volte per ruoli in film hollywoodiani, senza contare un riconoscimento alla carriera nel 2005. Più in generale vide i suoi ingaggi decollare, tanto che, mentre era ancora in onda la serie, si impose anche al cinema con il Popeye di Robert Altman e Il mondo secondo Garp di George Roy Hill.

 

Adrian Cronauer in Good Morning, Vietnam

L’istrionico DJ radiofonico che scopriva la dura realtà della guerra

Nel 1982 Williams sembrava pronto scoccare il salto decisivo. Stava per lasciare l’ormai angusto set televisivo di Mork & Mindy per passare definitivamente ad Hollywood. E pure i suoi show comici in giro per il paese avevano un successo dirompente.

Qualcosa però andò storto. Proprio in quell’anno morì John Belushi, suo grande amico, col quale tra l’altro aveva passato del tempo proprio prima dell’overdose. Il fatto lo scosse e lo portò, per sua stessa ammissione, a disintossicarsi dalla cocaina, della quale era diventato dipendente in quegli stessi anni.

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Al cinema però non arrivavano i ruoli sperati e il rischio era quello di vedersi ridotto a semplice caratterista in commedie di scarso successo, vedendo vanificare tutte le promesse che su di lui erano state fatte. La svolta arrivò nel 1987, quando gli cucirono addosso un ruolo più drammatico che comico, quello di Adrian Cronauer in Good Morning, Vietnam.

Da una storia vera

La pellicola, ambientata durante la guerra conclusa una decina d’anni prima, raccontava la storia vera del DJ militare Adrian Cronauer, attivo a Saigon durante i primi anni del conflitto e spesso in difficoltà davanti ai tentativi delle autorità militari di censurare le notizie dal fronte.

Williams, che fu il primo a credere nel soggetto presentato dallo stesso Cronauer, si fece preparare un copione su misura in cui molto spazio era lasciato – nelle scene in cui parlava alla radio – alle sue ormai celebri improvvisazioni ed imitazioni. Non mancarono però anche i momenti di tensione e drammatici, con una aperta critica all’intervento statunitense in Estremo Oriente.

L’esito fu trionfale. Williams conquistò il suo secondo Golden Globe e una nomination agli Oscar, ottenendo, da lì in poi, una serie di offerte sempre più interessanti per ruoli di primo piano. Ruoli che, come vedremo, l’avrebbero reso una delle star più splendenti di Hollywood a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.

 

John Keating in L’attimo fuggente

Il professore che citava Walt Whitman e saliva sulle cattedre

Fino a quel momento Robin Williams aveva dimostrato di essere un grande comico con qualche carta da giocare anche sul versante drammatico. Fu però solo nel 1989, con l’uscita de L’attimo fuggente, che divenne il mito di un’intera generazione.

La pellicola di Peter Weir negli ultimi anni è stata in parte ridimensionata dalla critica per qualche eccesso retorico. A quel tempo, però, seppe mischiare con grande sapienza poesia e dramma, esaltazioni tipiche dell’adolescenza e un messaggio forte e non comune.


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Al di là della bella sceneggiatura firmata da Tom Schulman, vincitore anche dell’Oscar, il film si reggeva da un lato sui giovanissimi interpreti degli allievi e dall’altro su Williams. Tra i primi spiccavano il Robert Sean Leonard poi visto in Dr. House, l’Ethan Hawke di Training Day e Prima dell’alba e il Josh Charles che recentemente è stato tra i protagonisti di The Good Wife. Williams, invece, contenne i suoi eccessi istrionici, risultando misurato e commovente nel suo ritratto del professor Keating.

Le frasi divenute epocali

Alcune frasi del film divennero epocali. D’altro canto, la pellicola stupì ed emozionò un’intera generazione di giovani. Una generazione che così si avvicinò – per la prima volta fuori dai banchi di scuola – alla poesia di Orazio e Walt Whitman, che sognò di poter salire sulle cattedre per “guardare il mondo da un’altra prospettiva” e di poter mettere in scena il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare interpretando il ruolo di Puck.

Il film e l’interpretazione di Williams, amate forse più dai giovani che dagli adulti, ottennero comunque più nomination che premi. Tra le tante, fruttarono al protagonista anche la seconda candidatura agli Oscar in tre anni.

 

Peter Pan in Hook – Capitan Uncino

L’età adulta del bambino che non voleva diventare grande

Steven Spielberg, uno che gli attori capaci di far ridere e piangere allo stesso tempo li amava parecchio, non si fece scappare l’astro nascente di Hollywood. All’inizio degli anni ’90 lo mise sotto contratto per il suo nuovo progetto, Hook – Capitan Uncino, film in cui si voleva rivisitare il mito di Peter Pan adattandolo ai tempi moderni.

La pellicola, di per sé riuscita solo fino a un certo punto e non una delle migliori nella filmografia di Spielberg, permise a Williams e al suo antagonista Dustin Hoffman di fornire due ottime prove d’attore. Per quanto riguarda il primo, anzi, lo aiutò anche a consolidare la sua fama di attore prediletto dai bambini e dai ragazzi di ogni età, piccoli o grandi che fossero.

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La storia, congegnata da James Hart e Nick Castle, presentava un manager di successo che, dopo il rapimento dei propri figli, scopriva di essere nientemeno che un Peter Pan cresciuto ed in preda ad un’amnesia. Un po’ alla volta riconquistava i propri poteri e si lanciava all’inseguimento del suo acerrimo nemico Capitan Uncino, che nel frattempo aveva tentato di plagiarne il figlio maggiore in modo da farne un pirata.

Con una selva di attori di prim’ordine (oltre ai due protagonisti, si segnalano Bob Hoskins, Julia Roberts e Maggie Smith), il film è famoso anche per le fantastiche scenografie di Norman Garwood. Ma anche per gli effetti speciali della Industrial Light & Magic di George Lucas e per le comparsate di alcune star come Gwyneth Paltrow, Glenn Close, Phil Collins, Carrie Fisher e lo stesso George Lucas.

 

Sean McGuire in Will Hunting – Genio ribelle

Il ruolo drammatico che fece arrivare Robin Williams all’Oscar

I grandi successi di quegli anni furono seguiti, a stretto giro di posta, da quelli di Aladdin, Mrs. Doubtfire, Jumanji e Patch Adams. Poi, la carriera di Williams comincio a cambiare direzione.

Forse per l’età che nel frattempo avanzava, forse per il tentativo di ritagliarsi un’immagine nuova e diversa iniziò infatti ad accettare sempre più spesso ruoli drammatici, come ad esempio in One Hour Photo o Insomnia. La sua interpretazione più riuscita, però, a giudizio nostro e anche dei delegati dell’Academy fu quella di Sean McGuire in Will Hunting – Genio ribelle, nel 1997.

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Il film era stato scritto da Matt Damon e Ben Affleck, allora attori semisconosciuti che vantavano al massimo qualche apparizione in film indipendenti. Al centro c’era la storia del giovane Will Hunting, scontroso e rissoso ventenne di Boston che però dimostrava un’inattesa capacità logica e di analisi.

La frequentazione con lo psicologo

Per questo il ragazzo veniva spinto da un professore del MIT a frequentare uno psicologo che potesse aiutarlo ad intraprendere una vita normale e sfruttare il proprio potenziale. Questo psicologo – interpretato magistralmente da Williams – metteva in campo anche i propri dolori personali e la propria storia per riuscire ad arrivare alla mente ed al cuore del ragazzo. E riusciva a convincerlo così a non lasciare perdere la relazione con la giovane fidanzata Skylar e a cercare una propria strada nella vita.

Diretto da Gus Van Sant, il film fruttò a Robin Williams il suo primo e unico Oscar come miglior attore non protagonista. Inoltre vinse un Oscar e a un Golden Globe alla sceneggiatura e un Orso d’Argento speciale a Berlino a Matt Damon.

 

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