Cinque grandi film sulla pazzia

Anthony Perkins interpretò Norman Bates in Psyco

Cos’è la pazzia? Nel corso dei secoli se lo sono chiesti fior di medici e di psichiatri – e a volte perfino qualche filosofo –, proponendo diagnosi cliniche, terapie, fattori scatenanti. Se lo sono chiesti, però, molte volte anche gli artisti, sempre abituati a vivere in un certo senso in bilico tra l’ossessione e l’ispirazione, tra la mania e il desiderio di rompere gli schemi tradizionali. Non a caso, molti artisti finiscono la loro carriera in un manicomio o hanno cercato di rappresentare, in concreto o in astratto, le derive della mente.

Anche il cinema, ovviamente, non può esimersi da questa tendenza, anche se in questo genere artistico la pazzia viene solitamente rappresentata in due modi tra loro opposti.

Da un lato, nei film di denuncia, che mostrano senza reticenze la vita dei malati di mente e gli abusi che spesso sono costretti a subire. Dall’altro, nei film horror, in cui il pazzo è il violento che minaccia lo status quo e la vita dei “sani”.

Sono ascrivibili a questi due generi anche quasi tutti i film che abbiamo scelto per la nostra cinquina, classici hollywoodiani che in certi casi hanno fatto la storia del cinema. Unica eccezione, la pellicola con cui concludiamo il nostro percorso, in cui la malattia viene esplorata senza pietismi né rimproveri.

Ma vediamo insieme quali sono i film sulla pazzia che abbiamo scelto per voi.

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1. Psyco

Norman Bates è, con ogni probabilità, il pazzo più celebre, e a suo modo inquietante, della storia del cinema.

Creato dalla penna del romanziere Robert Bloch, che a sua volta si era ispirato al serial killer Ed Gein, il protagonista di Psyco fu in realtà reinventato completamente da Alfred Hitchcok, che da uomo tozzo e di mezz’età lo fece diventare alto e giovane, col viso innocente e pulito di Anthony Perkins.

I fatti sono arcinoti, quindi non è necessario mantenere il riserbo: Bates gestisce un motel appena fuori dall’autostrada e contemporaneamente finge che la madre che lui stesso ha ucciso anni prima sia ancora viva, sviluppando un forte e violento disturbo della personalità.

A farne le spese è la giovane Marion Crane, una donna che ha rubato una ingente somma di denaro e si è fermata nel motel durante la fuga, complice una pioggia battente.

Norman Bates e le personalità multiple

Due, tra tutte, le scene memorabili del film. La prima è quella dell’uccisione di Marion, che avviene mentre sta facendo la doccia con una serie di pugnalate riprese e montate in maniera memorabile da Hitchcock.

La seconda è il gran finale, quando Lila scende nella cantina di Bates e ci trova la madre, morta e imbalsamata, senza accorgersi che alle sua spalle sta arrivando lo stesso Bates travestito da donna e pronto ad ucciderla.

Del film sono stati girati tre sequel – mai diretti da Hitchcock, anche se sempre interpretati da Perkins, che non riuscì a crearsi una vera carriera separata da quel personaggio –, uno spin-off, un remake (diretto nientemeno che da Gus Van Sant) e una recentissima serie TV.

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2. Qualcuno volò sul nido del cuculo

Per carità, il cinema hollywoodiano è perlopiù una forma di intrattenimento: ha lo scopo primario di offrire allo spettatore un diversivo dai suoi problemi quotidiani, di farlo sognare e di creare un immaginario che, possibilmente, possa essere sfruttato in maniera commerciale.

A volte, però, anche ad Hollywood – passando magari attraverso produttori indipendenti – si decide di fare sul serio, cioè di proporre qualcosa che faccia anche riflettere e possa in qualche modo scuotere le coscienze.

Leggi anche: Cinque film horror tratti da storie vere

A questa categoria appartiene indubbiamente anche Qualcuno volò sul nido del cuculo, capolavoro di Milos Forman tratto da un romanzo di Ken Kesey.

Dentro a un istituto mentale

La sua denuncia delle condizioni in cui versavano i malati mentali, del clima repressivo e psicologicamente violento in cui venivano mantenuti, colpì al cuore l’opinione pubblica americana e mondiale, fruttando alla pellicola addirittura tutti i cinque premi Oscar principali.

Si aggiudicò infatti il premio per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista e miglior sceneggiatura non originale. Un’impresa riuscita solo ad altri due film nella storia del cinema, Accadde una notte e Il silenzio degli innocenti.

La storia racconta di un criminale, Randle Patrick McMurphy (magistralmente interpretato da Jack Nicholson), che si finge malato mentale per evitare il carcere.

Rimane però invischiato nell’ospedale psichiatrico, sia a livello emotivo – stringendo amicizia con altri internati e sviluppando una profonda antipatia per la caporeparto –, sia per quanto riguarda la sua salute mentale, visto che diventerà alla fine un paziente a tutti gli effetti.

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3. Shining

Se c’è un attore che più di tutti, ad Hollywood, ha incarnato l’immagine del pazzo o comunque del mentalmente instabile, quello è sicuramente Jack Nicholson.

Al già citato Qualcuno volò sul nido del cuculo bisogna aggiungere infatti Batman, Le streghe di Eastwick (in cui non è forse pazzo ma è sicuramente demoniaco), Wolf e Qualcosa è cambiato, in cui ha sempre dato prove da grande attore.

Il suo capolavoro, però, è indubbiamente l’interpretazione di Jack Torrance, il protagonista di Shining di Stanley Kubrick.

Tratto da un celebre romanzo di Stephen King, il film racconta la storia di uno scrittore in crisi che si trasferisce assieme alla famiglia in un albergo, l’Overlook Hotel, chiuso per la stagione invernale, col compito di fare da guardiano.

All work and no play makes Jack a dull boy

Lì, in seguito a una serie di visioni, impazzirà e cercherà di ammazzare la moglie e il figlio come già era accaduto anni prima a un precedente guardiano invernale, ma i poteri paranormali del figlio e soprattutto un labirinto permetteranno ai familiari di salvarsi.

Più che il destino dei vari personaggi, però, è la pazzia di Torrance e il modo in cui Kubrick l’ha messa in scena a rimanere impressa nella memoria.

La scena in cui Nicholson sfonda la porta della stanza in cui si sono barricati moglie e figlio e, soprattutto, il suo sorriso mefistofelico sono entrati di diritto nella storia del cinema e dell’horror.

Ma lo stesso si può dire per la pagine dattiloscritte del romanzo in cui viene ripetuta ossessivamente un’unica frase, All work and no play makes Jack a dull boy nella versione originale e Il mattino ha l’oro in bocca in quella italiana.

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4. Ragazze interrotte

Se Qualcuno volò sul nido del cuculo è un viaggio negli ospedali psichiatrici maschili, Ragazze interrotte è il suo corrispettivo al femminile girato quasi venticinque anni dopo.

Tratto dal libro autobiografico di Susanna Kaysen, racconta la storia di come questa ragazza – figlia tra l’altro di un insegnante del MIT e consigliere economico di John Fitzgerald Kennedy – fu internata per diciotto mesi nel 1967 in seguito a un presunto tentativo di suicidio.

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Così poté conoscere una serie piuttosto ampia di malate, dalla sociopatica Lisa (interpretata da Angelina Jolie, che da quel punto in poi vide decollare la propria carriera) alla bulimica Daisy (Brittany Murphy), e compiere alcune bravate fino a fuggire momentaneamente assieme a Lisa dall’ospedale.

Malattia mentale al femminile

Interpretato e fortemente voluto da Winona Ryder, che si era innamorata del libro e aveva tentato inutilmente per sette anni di portarlo a Hollywood prima di raggiungere il suo scopo, il film si aggiudicò alla sua uscita vari premi in tutto il mondo, tra cui un Oscar e un Golden Globe alla Jolie.

Soprattutto, riportò in auge il problema dei disturbi psicologici femminili e di come essi fossero stati, e in parte venissero ancora, trattati, portando l’opinione pubblica a riflettere sul limite tra anticonformismo e disturbo.

Prima di La ragazza interrotta la Kaysen aveva già pubblicato un paio di romanzi basati su storie inventate, ma dopo il successo del suo memoriale ha proseguito sulla strada dell’autobiografia.

Prima è uscito The Camera My Mother Gave Me, non tradotto in italiano, che narra dei suoi problemi di natura sessuale e poi il recente Cambridge, in cui si ripercorrono i suoi ricordi sul Massachusetts degli anni ’50.

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5. Fight Club

Solo un paio di mesi prima di Ragazze interrotte, un’altra pellicola sconvolse gli spettatori prima americani e poi di tutto il mondo con un viaggio all’interno di una mente malata: Fight Club di David Fincher, tratto anch’esso da un romanzo (stavolta per nulla autobiografico, fortunatamente) firmato da Chuck Palahniuk.

Interpretato da Edward Norton e Brad Pitt (più, tra gli altri, anche un giovane Jared Leto, presente proprio anche in Ragazze interrotte), il film racconta l’incontro tra un narratore senza nome con diversi problemi ad accettare la propria vita e un certo Tyler Durden.

Quest’ultimo è un personaggio istrionico e anticonformista, che spinge il narratore prima a organizzare appunto dei fight club – cioè degli incontri di lotta quasi senza regole che si svolgono nei seminterrati della città – e poi una serie di azioni sempre più violente e pericolose contro la società.

Un pazzo contro la società

Da impiegato tutto sommato integrato anche se preda di un continuo malessere, il narratore si trasforma poco a poco in un uomo senza più legami né possessi e quindi, proprio per questo, pronto a compiere qualsiasi gesto.

Cade così in un vortice nichilista che non lascia scampo e che minaccia pure la sua stessa vita, una discesa nei meandri del tormento e della pazzia con un clamoroso colpo di scena finale.

Non è un caso che la colonna sonora del film di David Fincher contenga, in un momento decisivo della trama, la canzone Where Is My Mind? dei Pixies, il cui titolo non potrebbe essere più azzeccato in un film di questo genere (e il cui video con immagini del film potete vedere qui sotto, anche se contiene alcuni spoiler).

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4 COMMENTI

    • Sai che non l’ho visto? Recupererò. Comunque è un genere con tanti bei film: ho escluso a malincuore anche “Taxi Driver”, “L’ora del lupo”, “Apocalypse Now”, “Donnie Darko” e “Il silenzio degli innocenti”

  1. Ne segnalo uno disturbante e alienante (non per tutti i palati): “Pi Greco – Il teorema del delirio” di Darren Aronofsky

  2. Oppure, se si vuole ridere e basta, c’è “Lo strizzacervelli”, con Walter Matthau e Dan Aykroyd

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