
Leggo il programma della stagione teatrale del comune di Occhiobello (RO), sette spettacoli che spero di non perdermi. Il primo (giovedì 14 novembre alle 21, Teatro Comunale) è con Paolo Rossi, L’amore è un cane blu, nella cui sinossi mi colpisce la frase «ti amo ma non sono d’accordo con quello che provo». Penso allora alle distonie, alle contraddizioni, ai contrasti più o meno evidenti che saltano fuori e che la letteratura ha espresso sin dall’antichità, quasi sempre in fatto d’amore.
Più è intenso il sentimento, più si confonde con il suo opposto, di cui è parte e si nutre. Più si soffre e più la tinta si fa forte e l’accostamento fra poli inconciliabili diventa inevitabile, anzi naturale.
Ho scelto cinque frammenti molto antichi, quando ancora l’apollineo e il dionisiaco non erano stati teorizzati, ma vissuti con un’immediatezza sconvolgente. A volte i poeti parlano di sé, a volte parlano di altri mascherando il proprio io; il risultato è sempre l’antinomia, prima di tutto dentro se stessi.
Indice
L’Inno ad Afrodite
Saffo, VII secolo a.C.
Scrissi, molti anni fa, questi versi su un biglietto per un’amica che era stata lasciata. Non sapendo come consolarla a parole, presi in prestito Saffo, la fonte mi parve più che autorevole. I versi li pronuncia Afrodite invocata da Saffo che soffre pene strazianti, come la mia amica. Perché non avrebbero dovuto funzionare? Perché non ritenere realizzabile e vera questa legge di reciprocità d’amore che prima o poi deve capitare?
Alla mia amica consigliavo di concentrarsi su quel “anche se non vuole”. Sta lì la chiave di tutto, le dicevo: lui ora non vuole, ma poi vedrai che capitolerà. «Quando? Quando?», mi aggrediva lei in lacrime. E io: «Presto, leggi bene ché Afrodite lo dice». Dopo molti anni, quella mia amica mi ha restituito il biglietto.
Se fugge presto inseguirà,
se respinge i tuoi doni poi ne offrirà,
se non ti ama presto ti amerà
anche se non vuole.
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Belva dolceamara
Saffo, VII secolo a.C.
È tutta un contraddizione, linguistica e semantica. Eros, il dio giovinetto, è potente e può sciogliere le membra, quindi inibire le forze a chi è preso di mira. Eros scuote Saffo e tutti quelli come lei perché non lascia tranquilli.
Eros è quel brivido che non si domina, ma è anche una belva invincibile (Saffo usa un aggettivo che ha la radice del verbo combattere tipico delle battaglie di guerra). Eros ha una sua fisionomia, una sua gestualità e un suo gusto: quello contrastante e indefinibile del doleceamaro.
Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente: dolceamara invincibile belva.
Odi et amo
Catullo, I secolo a. C.
Viene quasi soggezione a citarlo, tanta è la fama di cui gode tra i liceali. Ricordo quando la professoressa ce lo spiegò; lo fece non solo con la grinta che la contraddistingueva in ogni approccio, ma con l’intensità delle cose che appassionano. Del resto parlava di passioni. All’epoca non mi sembrò così strano che si potesse sentire di amare e odiare qualcuno nello stesso momento e con pari equilibrio, mi risulta più faticoso ora che ho imparato a stiracchiare i confini con il rischio di farli sbiadire.
A ogni modo, Odi et amo è bellissima. È tutte le opposizioni messe insieme in un conflitto interiore lucidamente detto. Due versi, niente fronzoli, nessun tentativo di spiegazione psicologica, è pura fenomenologia di ciò che sta accadendo a Catullo. Non c’è un perché. Il poeta non sa perché lo fa; se lo capisse, applicherebbe la ragione al sentimento, e questo non si può, almeno non per lui. Dice di non sapere, di non avere risposta, ma sente che accade e si tormenta. Catullo non può fare altro che ammetterlo. La traduzione italiana, purtroppo, non rende la passione della lingua latina che anche nella forma accosta verbi che indicano la passività di quel che gli sta succedendo (fieri, sentio) di fronte al fermo protagonismo di chi parla, odia, ama, brucia (odi, amo, nescio, excrucior).
Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento.
Carme 72 – A Lesbia
Catullo, I secolo a.C.
Amare contro volere bene. Per Catullo un altro conflitto a cui è stato costretto. L’offesa che Lesbia gli ha fatto non ha altra soluzione che la dissociazione tra i due sentimenti che non sono diversi stadi dell’amore, che magari può comprenderli entrambi, ma due opposti: amare magis, sed bene velle minus. Tanto più lui brucia, e quindi la ama, tanto meno le vuole bene perché rigetta, a causa dell’offesa, quell’aspetto affettivo e più mite del sentimento.
Ora ti conosco; per questo, se anche brucio di più,
tu per me vali molto meno.
Com’è possibile? Un’offesa così
ti costringe ad amare di più, ma a volere meno bene.
Carme 92 – A Lesbia
Catullo, I secolo a.C.
Dall’idealizzazione alla demonizzazione. Ci sono carmi in cui Catullo e Lesbia sono felici, ebbri di baci e tale è la loro complicità da sfidare tutti. Ma poi il patto di lealtà si spezza, o meglio, Lesbia lo frantuma. Catullo passa completamente dall’altra parte, quella della sofferenza che si porta dietro la rabbia e l’imprecazione (Catullo usa proprio deprecor).
Secoli fa, come oggi, si arrivava ad offendere, maledire, scagliarsi contro l’altro pensando così di allontanarsi o dimenticare almeno un po’. Macché. Che possa morire io se non la amo, paradossalmente.
Io la stramaledico ogni giorno. E che io crepi se non la amo.
Oggi questi frammenti e carmi si possono trovare agilmente nelle varie raccolte delle opere di Saffo e Catullo. Per la poetessa greca, in particolare, segnaliamo l’edizione con traduzione di Salvatore Quasimodo, mentre per l’autore latino consigliamo l’edizione BUR.
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