Cinque imperdibili film sulla Prima guerra mondiale

Una scena di Orizzonti di gloria, capolavoro di Stanley Kubrick dedicato alla Prima guerra mondiale

La Prima guerra mondiale è uno di quei conflitti che cambiano il mondo. Non solo per il fatto di aver ridisegnato l’Europa nel 1918. Ma anche e soprattutto per il modo in cui è stata combattuta, per le ferite che ha lasciato aperte, per come ha cambiato le vite dei suoi protagonisti. Inevitabile, quindi, che il cinema prima o poi cercasse di affrontare la questione, raccontando quegli anni.

I primi film dedicati alla Grande guerra risalgono alla fine degli anni ’20, quando d’altronde anche la letteratura cominciò ad interessarsi all’argomento. Uscirono in quegli anni libri che abbiamo già ampiamente citato in questo colonne, come Niente di nuovo sul fronte occidentale o Addio alle armi, mentre per il loro corrispettivo italiano – Un anno sull’Altipiano – si dovette aspettare, complice il fascismo, un’altra decina d’anni.


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Anche se il tema non è più tanto di moda al giorno d’oggi, i film dedicati alla Prima guerra mondiale sono ormai moltissimi, più di quanti uno possa vedere in tempi ragionevoli. Ecco allora una guida ai cinque film da cui partire, alle cinque migliori pellicole sulla Grande guerra, almeno secondo noi.

 

All’ovest niente di nuovo

La prima grande denuncia dell’assurdità della guerra

Nel 1930 erano passati appena 12 anni dalla fine del conflitto. E la crisi di Wall Street del 1929 aveva appena iniziato a riacutizzare i problemi che quel conflitto, e il successivo Trattato di Versailles, non avevano risolto. La Prima guerra mondiale era quindi ancora di grandissima attualità quando nelle sale di mezzo mondo (ma non dell’Italia, dove poté uscire solo nel 1956) giunse All’ovest niente di nuovo, capolavoro di Lewis Milestone. Tratto dal già citato romanzo di Erich Maria Remarque, si aggiudicò due premi Oscar, quello per il miglior film e quello per la miglior regia.

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Il film racconta la vita di un gruppo di soldati tedeschi al fronte, alcuni veterani, altri giovani volontari. Le azioni di guerra però si risolvono sempre in carneficine, la vita di trincea non fa altro che alimentare paranoie e follia, gli ordini che arrivano dall’alto si rivelano sempre crudeli e insensati e la retorica che aveva portato i protagonisti ad arruolarsi si rivela vuota e stupida. Insomma, uno dei più potenti atti d’accusa contro l’insensatezza della guerra, ancora più potente considerando il fatto che uscì in un periodo in cui era facile essere accusati di disfattismo. Non a caso il film ebbe problemi in Germania: alla prima berlinese i nazisti (non ancora al potere) cercarono di sabotare la proiezione liberando dei ratti nel cinema.

 

Orizzonti di gloria

Quando la guerra la racconta Stanley Kubrick

Come detto, il film tratto da Remarque fu a lungo proibito, come d’altronde il libro, nell’Italia fascista, che certo non ammetteva inni così sfrenati al pacifismo. Ma anche quasi trent’anni dopo, nella pur democratica Francia, una pellicola sulla Prima guerra mondiale ebbe un destino simile. Si tratta di Orizzonti di gloria, primo film che pose il giovane Stanley Kubrick all’attenzione della critica internazionale. La pellicola, ultimata nel 1957, poté infatti essere proiettata in Francia solo dopo il 1975 (ma in Spagna non andò meglio, visto che vi arrivò nel 1986).

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Tratto anch’esso da un romanzo scritto da Humphrey Cobb – un americano che aveva combattuto nell’esercito canadese durante la Grande guerra –, il film di Kubrick segue le vicende del colonnello Dax (Kirk Douglas) e del suo battaglione, incaricato di conquistare una postazione chiamata “il formicaio”, anche a costo di innumerevoli perdite. Quando l’attacco fallisce, il generale responsabile dell’azione accusa i suoi soldati di codardia, e riesce a fare in modo che tre di essi presi a caso vengano processati e fucilati. Davanti all’assurdità della situazione, tra l’altro ispirata a fatti realmente accaduti, anche l’accorata difesa di Dax non sortirà alcun effetto.

 

La grande guerra

Gassman e Sordi al fronte

L’opera di demitizzazione della Grande guerra in paesi come la Francia e l’Italia, in cui era sinonimo di vittoria e di retorica, continuò appena due anni più tardi questa volta con un film nostrano, il primo veramente realistico sul primo conflitto mondiale. Si trattava de La grande guerra, capolavoro di Mario Monicelli sceneggiato dallo stesso regista assieme a Age & Scarpelli e Luciano Vincenzoni. Lì, certo, venivano mostrati l’assurdità degli ordini e della catena di comando, ma ci si concentrava in particolare su due soldati, simboli di come l’eroismo non nasca dal coraggio ma più spesso dalla paura.

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I due protagonisti erano infatti il romano Oreste Jacovacci, interpretato da Alberto Sordi, e il milanese Giovanni Busacca, col volto di Vittorio Gassman. I due, in un clima che sembrava quello tipico della commedia all’italiana, si avviavano verso la guerra, comprendendone da subito l’inutilità e intuendo l’esigenza di salvare la pelle, comunque fosse andata. Il ritratto si faceva così subito tremendamente fedele, anche per il fatto che per la prima volta la censura italiana concesse l’uso di parole volgari, a riprodurre l’effettiva parlata popolare. Fedele e drammatico, il film si concludeva in modo inaspettato. Non è un caso che il produttore, Dino De Laurentiis, avesse insistito più volte con Monicelli per un finale più allegro, perché quello pensato dal regista sembrava inadatto a un film che fino a quel momento si era svolto come una commedia. Ma il regista tenne duro, e ne fu ricompensato.

 

Lawrence d’Arabia

Nel deserto contro gli Ottomani

Rimaniamo a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 con Lawrence d’Arabia, che però a differenza dei film che abbiamo presentato finora fu girato a colori. Colori che, in una storia del genere in cui tanta parte è affidata al deserto, sono indispensabili. La pellicola, frutto di una coproduzione americana e britannica, si concentrava infatti sulla controversa figura di Thomas Edward Lawrence, agente segreto britannico che durante la Grande guerra ebbe un ruolo molto importante nello scacchiere asiatico, in quanto riuscì a spingere le tribù arabe a ribellarsi contro l’Impero Ottomano, alleato di Austria e Germania. Così facendo, favorì la Gran Bretagna e divenne anche un personaggio quasi di culto a livello internazionale.

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Il film fu un grandissimo successo commerciale e fu premiato con ben 7 Oscar, 5 Golden Globe e 4 BAFTA, oltre a un paio di David di Donatello. D’altronde, oltre alla buona trama – che però si dipanava per ben 3 ore e 40 minuti –, la pellicola aveva dalla sua un cast e uno staff di prim’ordine. Alla regia c’era David Lean, che aveva già vinto 7 Oscar cinque anni prima con un altro film di guerra, Il ponte sul fiume Kwai, e ne avrebbe vinti 5 anche tre anni più tardi con Il dottor Živago. Protagonisti erano poi Peter O’Toole, i cui occhi in questo film sono indimenticabili, Alec Guinness e Omar Sharif, attori prediletti proprio da Lean (e in quegli anni anche dal pubblico).

 

Gli anni spezzati

Australiani e neozelandesi in guerra

Concludiamo con una pellicola relativamente più recente, e tutto sommato ancora poco nota nel nostro paese, nonostante sia di grande qualità. Gli anni spezzati fu realizzata infatti in Australia nel 1981 da Peter Weir, regista che poco dopo sarebbe divenuto famosissimo per film come Un anno vissuto pericolosamente, Witness – Il testimone e L’attimo fuggente. Nel cast figurava, tra l’altro, anche un giovanissimo Mel Gibson, allora appena venticinquenne.


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La storia è quella della Battaglia di Gallipoli, una campagna che, tra gli Alleati e i turchi, fece mezzo milione di morti, non portando a significativi cambiamenti di equilibrio nella zona. Nel 1915, infatti, gli inglesi cercarono di sbarcare nella penisola di Gallipoli, in Turchia, sfruttando un diversivo creato da reparti dell’esercito australiano e neozelandese. E proprio su questi ultimi si concentra l’attenzione del film, seguendo la storia di due amici, Frank e Archy, particolarmente dotati nella corsa. Frank (interpretato da Gibson) avrà il compito di correre verso il comando per ricevere istruzioni sul da farsi quando le cose si faranno particolarmente negative, e la sua corsa sarà decisiva per tentare di salvare la vita dell’amico.

 

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