
Si sa: le donne sono state spesso e volentieri dimenticate dalla storia, dalle arti e dalla letteratura. Per secoli, i libri sono stati infarciti solo delle imprese degli uomini. Un po’ perché alle donne era – tranne in casi rarissimi – proibita ogni attività esterna alla famiglia, un po’ perché il potere era gestito dai maschi, e la storia la fanno sempre i vincitori. Così, le donne non dipingevano, non scrivevano, non governavano, non praticavano le professioni. E se anche erano protagoniste di libri e opere d’arte, venivano raccontate e descritte dagli uomini.
Negli ultimi due secoli, per fortuna, molto è cambiato, anche se la strada da percorrere per l’eguaglianza in tutti i settori è ancora molto lunga. Da questo punto di vista, comunque, la vera svolta è arrivata dalla letteratura.
È stato in quest’ambito, infatti, che le donne hanno cominciato a trovare i loro spazi, a raccontare le loro vite, a rivendicare i loro diritti. È stato tramite la carta e la parola che le donne inglesi hanno cominciato a chiedere di essere parte attiva della società.
Da lì, poi, a cascata, è arrivato tutto il resto, facilitato spesso dall’evolversi rapido della società e da esigenze contingenti.
Leggi anche: Cinque figure fondamentali del movimento femminista
Quali sono stati, però, i libri che più di tutti gli altri hanno contribuito a raccontarci le donne, a mostrarne la forza e, perché no, anche la debolezza? Quali i romanzi e i saggi scritti da donne che ci hanno fatto cambiare il modo di considerare quello che un tempo veniva ingiustamente etichettato come “il sesso debole”?
Abbiamo scelto cinque libri tra loro molto diversi, figli anche di differenti momenti storici, ma che ci pare siano imperdibili in una bibliografia di libri sulle donne. Eccoli, in ordine cronologico.
Indice
1. Charlotte Brontë – Jane Eyre
Una ragazza che resiste alle traversie della vita
Partiamo da Charlotte Brontë e dal suo Jane Eyre, uno dei capolavori del romanticismo inglese e allo stesso tempo uno dei ritratti più vividi di figura femminile.
Pubblicato nel 1847 sotto lo pseudonimo di Currer Bell, racconta in prima persona la storia difficile e piena di traversie di Jane Eyre, un’orfana che si fa strada nella vita.
Leggi anche: Cinque tra le più importanti e famose scrittrici inglesi
Prima maltrattata dai parenti a cui viene affidata, poi cresciuta in un gelido istituto, infine ingannata almeno in parte anche dal suo promesso sposo, la giovane Jane riesce a mantenere però la barra dritta e a mostrare sempre una grande indipendenza.
Una storia d’amore nuova
Il romanzo è interessante sotto diversi punti di vista. In primo luogo, l’autrice è – com’è risaputo – una delle tre sorelle Brontë, che hanno rivoluzionato il modo di scrivere (e di raccontare l’amore) in Inghilterra.
Ma è anche la storia d’amore stessa a risultare nuova: Rochester non è il classico principe azzurro che salva la damigella in pericolo, ma un uomo che – nonostante la sua condizione sociale di superiorità – rimane affascinato dall’intelligenza di Jane.
È proprio il carattere della ragazza, prima ancora della sua bellezza, a colpirlo; il suo essere una donna capace di attraversare le peggiori difficoltà della vita ed uscirne comunque in piedi.
Anche il finale, da questo punto di vista, è emblematico: mentre Rochester è rimasto cieco e mutilato, lei è uscita da quella relazione a testa più che alta. Ed è pronta a tornarci, con la forza di una donna diversa da tutti gli stereotipi dell’epoca.
2. Louisa May Alcott – Piccole donne
Le sorelle March e il loro confronto col mondo
Meno moderno, ma non meno importante nella storia della letteratura anglosassone, è Piccole donne di Louisa May Alcott. Pubblicato per la prima volta tra il 1868 e il 1869, il romanzo segue le vicende – in parte autobiografiche – di un gruppo di sorelle tra loro molto diverse, le giovani signorine March.
Meg è la maggiore, quella più giudiziosa; Jo è l’animo ribelle, il “maschiaccio”; Beth è quella amata da tutti, ma destinata ad una triste fine; Amy, infine, è la più vanesia e la più piccola. Le quattro crescono, mentre il padre è in guerra, aiutandosi (e litigando) l’una con l’altra, fino a prendere marito.
Se il finale è piuttosto rassicurante anche per la morale del tempo e il romanzo è permeato di un tranquillo romanticismo, la storia è comunque rimarchevole per alcuni aspetti.
La figura di Jo – spesso resa protagonista in qualche modo anche delle trasposizioni cinematografiche – è infatti la più interessante e moderna del libro, col suo rifiuto di adeguarsi al classico modello femminile.
E anche se alla fine trova anche lei marito, non rinuncia al proprio sogno di diventare una scrittrice, appoggiata in questo dal marito. Non è un caso, come accennavamo, che anche nei film spesso questo ruolo sia stato affidato ad attrici di grande personalità. Tra tutte, merita una menzione Katharine Hepburn, protagonista della versione di George Cukor del 1933.
3. Simone de Beauvoir – Il secondo sesso
Il saggio esistenzialista, pietra miliare del femminismo
Come vedrete, in questa cinquina abbiamo lasciato grande spazio ai romanzi, perché è indubbio che essi si rivolgono ad un pubblico più ampio dei saggi. Ci sono però alcuni libri del secondo tipo che, per impatto e peso, hanno comunque avuto un significato importante nell’evoluzione del modo di intendere la donna.
Uno di questi è Il secondo sesso di Simone de Beauvoir. Pubblicato per la prima volta nel 1949, il libro è diventato una pietra miliare del femminismo del ‘900 ed è ancora oggi letto e studiato.
Scritto alla maniera della filosofia esistenzialista (la de Beauvoir, d’altra parte, era compagna di vita e collaboratrice di Jean-Paul Sartre), il libro analizza il ruolo della donna nella società moderna.
E lo fa da diversi punti di vista. Biologia, psicanalisi, materialismo storico, storia, miti, tradizioni: niente rimane escluso dall’analisi della de Beauvoir, che manifesta la necessità di una donna svincolata dai vecchi pregiudizi.
Una donna che possa essere parte attiva della società tramite il conseguimento di alcuni diritti fondamentali, come l’uguaglianza del salario, il controllo delle nascite, i diritti politici e giuridici che spesso le erano (e in parte le sono ancora) negati.
4. Sylvia Plath – La campana di vetro
Il peso delle costrizioni sociali
Spostiamoci ora a tempi più recenti, partendo da un romanzo di certo non semplice come La campana di vetro. Scritto da Sylvia Plath nel 1963, il libro è infatti fortemente autobiografico e descrive per filo e per segno tutte le difficoltà della vita della sua autrice.
La Plath, infatti, è oggi considerata una delle più interessanti poetesse americane della seconda metà del ‘900, ma ebbe una vita assai travagliata e morì nel 1963, poche settimane dopo l’uscita del suo unico romanzo, suicida.
La sua morte, anzi, è a volte più nota perfino del suo romanzo, che pure quelle pulsioni suicide le descrive ampiamente. Nel febbraio del 1963, mentre si trovava a Londra con i suoi due figli, scrisse un’ultima poesia e inserì la testa nel forno a gas, morendo per asfissia ma forse pensando che qualcuno sarebbe giunto a salvarla.
L’elettroshock della protagonista
La campana di vetro racconta, tramite una serie di personaggi fittizi, il suo cammino verso la depressione. La storia è infatti quella del suo alter ego Esther, che inizia a lavorare per una prestigiosa rivista newyorkese nei giorni dell’esecuzione dei coniugi Rosenberg.
Tra tentativi di assomigliare ad una donna che comunque disprezza e di perdere la verginità, la protagonista si trova presto persa e, dopo essersi rivolta a uno psichiatra, viene sottoposta ad elettroshock.
Al di là di questi temi fortemente negativi, il libro è però pervaso di una profonda ironia, che era tipica dello stile della Plath. Ma più in generale ha un esito anche tutto sommato ottimistico: dall’ospedale psichiatrico in cui si trova, Esther trova il modo di accettare se stessa, al di là delle richieste sociali che sono così impellenti e limitanti per una donna.
Tutti gli uomini del romanzo, infatti, sono in qualche modo oppressivi e paternalisti nei suoi confronti, e solo quando Esther scopre il modo per essere finalmente libera e autonoma, la sua speranza di guarire si accende.
5. Margaret Atwood – Il racconto dell’ancella
Il futuro distopico in cui le donne sono completamente assoggettate agli uomini
Il libro più sconvolgente della nostra cinquina è però di sicuro Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. La scrittrice canadese ha infatti creato, nel 1985, un romanzo distopico che è la più lucida disanima della sottomissione femminile, descritta soprattutto nel caso in cui possa essere aumentata e istituzionalizzata da un regime dittatoriale.
La storia – che è diventata, almeno in Nord America, un manifesto del femminismo anni ’80 e ’90 – è infatti quella di un futuro non troppo distante, in cui un regime teocratico di ispirazione biblica ha preso il controllo degli Stati Uniti.
Qui le donne sono state ridotte ad oggetti nelle mani degli uomini, che le usano per il solo fine riproduttivo, come alcuni passi dell’Antico Testamento, interpretati nella maniera più retriva possibile, sembrano consentire.
La protagonista è Difred, una ragazza poco più che trentenne che viene separata dal proprio compagno e dalla propria bambina e costretta a servire da ancella – e cioè donna fertile usata solo per procreare – di un Comandante.
Contatta dalla resistenza, ricattata dalla moglie del Comandante, in una posizione ambigua con lo stesso uomo che vorrebbe metterla incinta senza riuscire a farlo, la donna rischierà più volte la vita, accarezzando anche l’ipotesi di suicidarsi. Fino a un finale sorprendente.
E voi, quale libro sulle donne preferite?