
Pensando all’Irlanda ci vengono subito in mente immense distese di prati verdi, da collocare sotto un cielo grigiastro e piovoso e, perché no, in questo panorama ideale potremmo inserire anche un vecchio e imponente castello. In realtà, accanto ad una natura incontaminata, esiste una vita mondana e frenetica che si sviluppa invece nelle città. Proprio in queste ultime ha preso piede ormai da tempo un’intensa produzione letteraria.
Conosceremo senz’altro il famosissimo Jonathan Swift passato alla storia grazie a I viaggi di Gulliver, un classico che difficilmente non abbiamo mai sfogliato. Più tardi, come accade in pressocché tutti i paesi europei, le città si animano grazie ai circoli letterari che accolgono personalità di qualsiasi tipo.
L’universitario Joyce preferiva le riunioni del Literary and Historical Society, ma poi la vita l’ha allontanato da quel circolo e avvicinato alla gloria.
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Ognuno di questi autori ha rivelato sfaccettature diverse di una stessa nazione, sempre in uno stretto rapporto con l’epoca in cui è vissuto.
Tuttavia ancora oggi sugli scaffali delle librerie compaiono opere di scrittori irlandesi emergenti, dei quali tendiamo ad ignorare la provenienza, perché i loro nomi si mescolano con quelli della vicina Inghilterra, con cui condividono la lingua.
Scopriamo perciò quali sono gli autori irlandesi che da secoli, ma anche tuttora, rivoluzionano il panorama letterario.
Indice
1. Oscar Wilde
Anche non conoscendolo è impossibile non aver mai incontrato una sua citazione scritta sulla parete d’ingresso in un teatro o semplicemente su una pagina di diario. In realtà Oscar Wilde non pubblicò mai una raccolta di aforismi da lui elaborata, ma le sue frasi non smettono di passare di bocca in bocca e soprattutto di far riflettere.
Lo scrittore, poeta e drammaturgo irlandese nacque nel 1854 a Dublino, quando la sua nazione era ancora assoggettata all’Inghilterra. Sebbene molti lo definiscano come un’icona sempreverde, Wilde può trasmettere ben pochi esempi di vita: pare infatti che incarnasse una sregolatezza che è preferibile non imitare.
Sogna come se dovessi vivere per sempre; vivi come se dovessi morire oggi.
Una vita smodata e un’arte perfetta
L’artista soppesava ogni parola più di quanto ponderasse le proprie decisioni. Il carattere vanesio, arrogante e irascibile gli procurarono un numero considerevole di antipatie, tanto che al momento della morte, avvenuta a Parigi nel 1900, era rimasto quasi solo.
Malgrado le critiche che gli rimproveravano una certa mancanza di morale, è impossibile non riconoscere i suoi meriti e citare opere come il romanzo Il ritratto di Dorian Gray o il testo teatrale L’importanza di chiamarsi Ernesto tra i capolavori assoluti della letteratura dell’Ottocento.
2. James Joyce
È forse il più grande autore di cui l’Irlanda si possa vantare, anche se spesso formulò giudizi alquanto negativi sulla sua nazione, in particolare sulle abitudini della società dublinese.
James Joyce nacque nella capitale irlandese nel 1882 e, come la maggior parte delle personalità più illustri e colte, frequentò il Trinity College. Al pari di Wilde viaggiò parecchio, soprattutto perché si autoimpose, insieme alla moglie, un esilio che lo allontanò dal paese d’origine.
È tuttavia con Gente di Dublino (1914) che Joyce entra ufficialmente nelle grazie dei lettori. Si tratta di un libro comprendente racconti che l’autore scrive sulla base della propria esperienza personale.
Sono famosi soprattutto per le cosiddette “epifanie”, ossia momenti in cui la vita dei protagonisti viene sconvolta dal riaffiorare di un ricordo ignorato per anni.
Qual è l’età dell’anima umana? Come ella ha virtù di camaleonte nel modificare colore ad ogni nuovo avvicinamento, nell’esser felice con i beati e triste con i disperati, così è anche l’età, mutevole come il suo temperamento.
Lo scrittore irlandese per eccellenza
L’apice della sua carriera e anche della sua fama viene raggiunto senza dubbio grazie a Ulisse (1922). In esso Joyce, immerso appieno nel modernismo, sviluppa la tecnica del flusso di coscienza, portata ad un livello ancora più estremo nel romanzo successivo Finnegans Wake (1939).
Dopo una vita intensa e una produzione artistica considerevole, Joyce si spense a Zurigo nel 1941, guadagnandosi però l’immortalità letteraria.
3. Catherine Dunne
È una vita da sempre dedicata alla letteratura quella di Catherine Dunne, nata nella capitale irlandese nel 1954. Si è laureata infatti in lingua e letteratura inglese e spagnola al Trinity College di Dublino, lo stesso in cui a suo tempo studiò l’eccentrico Oscar Wilde.
Tuttavia la sua carriera è stata inizialmente assorbita dall’insegnamento presso la Greendale Community School, situata sempre in città.
La svolta radicale è avvenuta più tardi, precisamente in seguito alla morte del suo secondo figlio nel 1997, anno in cui ha pubblicato in Irlanda il suo primo romanzo, intitolato La metà di niente.
Il dramma familiare è al centro della sua opera: anche se in questo romanzo la protagonista Rose non subisce la perdita di un figlio come accadde all’autrice, la donna viene comunque abbandonata dal marito e si ritrova quindi a dover riprendere in mano la sua vita.
Ogni giorno ha la sua pena. Quanto basta per arrivare a sera.
La scrittura come medicina contro il dolore
Il seguito delle vicende di Rose è raccontato in un altro romanzo, L’amore o quasi, pubblicato invece nel 2006 e in cui la storia rispetta il lasso temporale realmente trascorso, narrando ciò che accade alla protagonista a dieci anni dalla separazione del marito.
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Oltre alla pubblicazione di tanti altri romanzi, tra cui anche Se stasera siamo qui (2008), Catherine Dunne impartisce lezioni di scrittura creativa agli studenti del Trinity College.
4. John Boyne
Nato sempre a Dublino nel 1971, John Boyne si è diplomato prima al Trinity College e poi all’Università di East Anglia in Inghilterra.
A conferirgli la maggiore popolarità è stata l’opera Il bambino con il pigiama a righe, pubblicata nel 2006, da cui è stato tratto l’omonimo film di successo. In realtà il suo primo romanzo importante era già apparso nel 2000 con il titolo The Thief of Time.

In esso Boyne racconta l’inquietante storia di Matthieu Zéla che, ancora nel lontano XVIII secolo, trova il modo di arrestare il proprio invecchiamento e diventa quindi testimone di eventi storici straordinariamente importanti come la Rivoluzione francese o la più recente crisi del ’29.
Anche se piuttosto vaghi, sono qui presenti rimandi a Il ritratto di Dorian Gray, ma l’elemento che lo accomuna maggiormente all’opera di Wilde è la capacità di servirsi di un linguaggio paradossalmente semplice.
A volte nella vita ci sono cose che dobbiamo fare perché non abbiamo altra scelta.
La semplicità del linguaggio e la complessità dei temi
Le tematiche, al contrario, non lo sono affatto. Eppure l’autore è in grado di rendere comprensibile l’Olocausto anche ai più piccoli, scegliendo di descrivere il periodo nazista dal punto di vista di un bambino.
Ecco come il Führer viene ingenuamente chiamato “il Furio” e una divisa logora non è sufficiente a convincere il protagonista Bruno che il coetaneo Shmuel è diverso da lui. Oltre a ripercorrere gli orrori dell’Olocausto, Il bambino con il pigiama a righe è un’esaltazione semplice ed efficace dell’amicizia.
5. Cecelia Ahern
Nata nel 1981, Cecelia Ahern è la più giovane scrittrice irlandese di successo. Figlia del Primo ministro d’Irlanda, Cecelia Ahern aveva solo vent’anni quando terminò il suo primo romanzo e di conseguenza comprese che nella sua vita non avrebbe mai seguito l’inclinazione politica del padre.
Il successo di P.S. I love you, del resto, fu immediato, tanto che ben presto ne venne realizzato un adattamento cinematografico, anche quest’ultimo molto apprezzato.
Si tratta di due giovani diventati amici per la pelle durante il primo anno delle elementari, che non hanno mai rinunciato a comunicare, servendosi di bigliettini, e-mail e messaggi laddove incontrarsi era impossibile. Da adulti si ritrovano però a fare chiarezza sul sentimento che in verità li unisce.
L’amore è così, nessuno ne è indenne. È selvaggio, infiammato come una ferita aperta esposta all’acqua salata del mare, però quando si spezza il cuore non fa rumore.
Tra amore e magia
Più surreale è invece Un posto chiamato qui (2006), in cui la protagonista ha l’ossessiva paura di perdere ciò che ama e si dedica alla ricerca delle persone scomparse, almeno fino al giorno in cui sarà lei a sparire nel nulla.
Romantici, profondi e mai scontati, i romanzi della Ahern hanno il dono di lasciare sempre il lettore a bocca aperta.