
Pochi sono gli autori della letteratura mondiale che hanno avuto una fortuna iconografica paragonabile a quella di Dante Alighieri, anzi, probabilmente nessuno è stato ritratto quanto lui. Dall’immensa profusione del volto del Sommo, anche grazie alle innumerevoli serie di miniature, illustrazioni e xilografie prodotte per la Divina Commedia, sono scaturiti toni e forme diversissimi, eppure ogni volta che si intravvedono alcuni tratti caratteristici del poeta fiorentino l’identificazione è immediata.
Dante: un aspetto inconfondibile
Come uno dei santi più noti, anche Dante ha degli attributi che lo rendono inconfondibile, nonostante la variazione di altri aspetti secondari della sua rappresentazione.
Il lungo abito rosso, un copricapo dalla foggia morbida con o senza corona d’alloro, il profilo, la presenza di un libro sono fra gli elementi più comunemente associati a questo personaggio.
Interessanti sono inoltre le corrispondenze fra i numerosi ritratti e la descrizione di Dante composta da Giovanni Boccaccio, il suo più grande estimatore: non molto alto, con un naso aquilino, gli occhi grandi, una mascella pronunciata e leggermente avanzata rispetto al labbro superiore, il poeta aveva spesso un’aria pensosa e corrucciata.
L’unico, curioso dato boccacciano che non trova riscontro nell’iconografia è la presenza di barba e capelli scuri.
Indice
1. In principio era Giotto
Il primo ritratto che ha fatto scuola
Il più antico ritratto di Dante si trova nel Palazzo del Bargello, all’interno della Cappella della Maddalena; esso venne realizzato probabilmente l’anno precedente l’esilio di Dante da Firenze, che fu decretato nel 1302 e impedì al poeta di rientrare in città fino al termine dei suoi giorni.
In questo affresco Dante è attorniato da numerose figure maschili convenute per un’adunata, ed è ritratto di profilo, con la caratteristica mantella rossa e il copricapo che rappresentano o un simbolo di virtù o il legame con le corporazioni.
Oppure ancora, un tratto caro a Giotto divenuto poi un’auctoritas magistrale da riprodurre in ogni ritratto del Sommo e da estendere anche a Francesco Petrarca e a Giovanni Boccaccio, come una sorta di suggello della grandezza letteraria comune alle Tre Corone.
Pare che lo stesso Botticelli abbia utilizzato questa rappresentazione per la descrizione verbale dell’autore della Commedia, anche se rimane insoluto il problema della barba mancante.
2. La versione di Andrea del Castagno
Dante nel Ciclo degli uomini e delle donne illustri
Negli anni 1448-1450, Dante torna ad essere protagonista all’interno del Ciclo degli uomini e delle donne illustri realizzato dal pittore Andrea del Castagno per abbellire Villa Carducci-Pandolfini a Firenze.
Nel ritratto, oggi agli Uffizi, Dante è ripreso da uno scorcio di tre quarti, con un leggero movimento della gamba e della veste e una sovrapposizione della mano sinistra alla cornice che imprimono tridimensionalità ad un affresco altrimenti piatto.
In questo esemplare non solo viene introdotta la figura intera che sarà scelta per ritrarre il Sommo anche da Raffaello Sanzio nell’affresco vaticano del Parnaso, ma fa la sua comparsa anche il libro, simbolo della vocazione letteraria dell’Alighieri e della fama che essa gli ha procurato.
Il libro è però simbolo anche della visione universale espressa nella Commedia, dove il mondo appare come un immenso volume rilegato dal principio ordinatore di Dio.
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Tale elemento ritornerà nel ritratto di Giusto di Gand (1474 circa) e nell’affresco realizzato per la cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto da Luca Signorelli (databile intorno al 1500). Nel ciclo di Andrea del Castagno, Dante occupa l’ultima terna di ritratti, precedendo i suoi ideali eredi letterari: Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.
3. Il modello botticelliano
L’inconfondibile profilo di Dante
L’immagine che immediatamente ci si presenta alla mente quando pensiamo a Dante Alighieri è però quella di Sandro Botticelli.
Il ritratto venne realizzato nel 1495, probabilmente sulla base dell’antecedente giottesco, e raffigura il Sommo di profilo, con un’espressione seria e avvolto in un abito rosso carminio come il copricapo che gli ricade alle spalle.
Solo la banda bianca della cuffia e il colletto interno interrompono la grande macchia rossa, sulla quale spicca la corona di alloro che simboleggia la gloria poetica di cui Dante auspica il conferimento in apertura al Paradiso.
4. L’allegoria del Bronzino
Dante nell’universo della Commedia
Qualche anno dopo l’esemplare di Botticelli, nel 1530, Agnolo Bronzino realizzò con la tecnica ad olio un ritratto allegorico di Dante sulla cui attribuzione si è a lungo dibattuto.
In esso il poeta è ripreso in un momento di torsione: il corpo è posto di fronte, ma il capo si volge alle spalle, creando un collegamento fra la dimensione dell’osservatore e lo sfondo del dipinto.
Anche qui Dante Alighieri tiene in mano un libro, ma questa volta esso è appoggiato sulle sue ginocchia e aperto, secondo una scelta originale del Bronzino.
Tradizionali sono, invece, la scelta dell’abito rosso e dell’alloro (un chiaro omaggio al Botticelli) e la collocazione di Dante nel mondo della Commedia, già proposta da Domenico di Michelino nell’affresco rappresentante Dante e i tre regni nel Duomo fiorentino (1465).
Spazio al Purgatorio
Rispetto a quest’ultimo, tuttavia, il Bronzino opera una scelta importante: non descrive tutti i tre regni oltremondani come Domenico, bensì sceglie di accennare appena, in basso a destra, alla presenza dell’Inferno.
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E, soprattutto, decide di porre alle spalle di Dante, evidenziato dalla luce celeste, il Purgatorio, il regno cui lui stesso, secondo i versi del poema, è destinato prima dell’ascesa al cielo.
5. La dissoluzione di Salvador Dalí
Dante si è fatto anima
Negli anni ’50 del Novecento Salvador Dalí realizzò una serie di xilografie a colori dedicate alla Commedia di Dante Alighieri.
Nelle illustrazioni che ne fanno parte vengono riprodotti alcuni degli episodi più celebri del poema, dall’apparizione di Caronte nell’Inferno alla salita nei cerchi più elevati del Paradiso.
Naturalmente, come accade nelle più tradizionali stampe di Gustave Doré, Dante compare spesso anche nelle tavole di Dalí, inserito nell’universo sfumato, deformato, distorto e diluito tipico dell’arte surrealista.
Nel procedere dalla prima alla terza cantica, il tratto di Salvador Dalí si uniforma allo stile dantesco, facendosi sempre meno concreto e sempre più sfumato, indefinito.
Dante vi compare con Virgilio o in compagnia delle anime dei tre regni oltremondani, ma la serie comprende anche un ritratto del solo poeta, una figura talmente fortunata nella sua iconografia che, oltre mezzo millennio dopo la sua morte, si rende identificabile anche solo con macchie di colore: l’abito rosso e una testa grigia coronata dall’alloro e ridotta all’inconfondibile profilo.
E voi, quale ritratto di Dante preferite?