
Quanti cambiamenti hanno colpito l’industria musicale in questi anni! Siamo passati, nel giro di poco tempo, dai dischi ai CD, dai CD ai file, ed ora dai file comprati a quelli ascoltati in streaming. E chissà quali altre novità ci aspetteranno in futuro. Nel frattempo, alcuni sistemi sembrano dominare il mercato. Se però vi piace provare soluzioni sempre nuove, oggi vi proponiamo alcune interessanti alternative a Spotify.
La piattaforma, fondata in Svezia nel 2006, conta oggi 140 milioni di utenti, di cui 70 milioni paganti. Domina, quindi, il mercato della musica on demand. Ma non è di sicuro l’unico operatore.
Negli ultimi anni, anzi, si sono potenziate una serie di valide alternative, che ovviamente replicano alcune delle funzionalità di Spotify ma cercano almeno in parte anche di differenziarsi.
Se il servizio fondato da Daniel Ek inizia ad andarvi stretto e volete provare qualcosa di nuovo, oggi cerchiamo pertanto di darvi una panoramica di cosa offre il mercato. Anche perché molti dei servizi che vi presenteremo vi danno la possibilità di provare il servizio, e quindi di sperimentare la loro struttura prima di abbonarvi. Scopriamoli insieme.
Indice
1. Deezer
Nel nostro articolo presenteremo piattaforme che, in molti casi, assomigliano solo fino a un certo punto a Spotify, o perché appartengono a colossi del settore informatico, o perché propongono brani di carattere diverso. Quello he invece più assomiglia al sito svedese è Deezer, un servizio che, tra l’altro, gli si avvicina anche per l’origine europea.
Deezer è infatti francese: fondato nel 2007 da Daniel Marhely e Jonathan Benassaya, nacque come evoluzione del sito BlogMusik, chiuso poco prima per violazione del diritto d’autore. Da lì in poi, però, i due fondatori hanno cercato di dare un’identità diversa alla loro creatura, stringendo via via accordi con le varie etichette.
Così, da blog per propagare musica illegalmente Deezer con gli anni si è trasformato in un servizio di streaming a pagamento perfettamente legale. Oggi, d’altra parte, è di proprietà di Orange SA, la maggior impresa di telecomunicazioni francese.
A Deezer si accede in molti modi: via web1, con app dedicate (per PC, Mac, smartphone, tablet, smart TV, perfino autoradio) e tramite anche altri canali. Inoltre nella versione a pagamento vengono offerti anche i testi delle canzoni che si ascoltano.
I pacchetti offerti
Su computer la musica può essere ascoltata senza limiti, a qualità audio standard, anche gratuitamente. Su smartphone, invece, senza spendere un euro bisogna accontentarsi delle funzionalità Flow e Mix, che di fatto rendono l’app una sorta di webradio.
A pagamento, invece, l’offerta si fa più ampia. Per 9,99 euro al mese (con un mese di prova gratuito) si accede infatti al pacchetto Premium+, con file audio ad alta qualità e con musica senza limiti su tutti i dispositivi. Inoltre è possibile anche ascoltare le canzoni offline.
Esiste inoltre anche l’abbonamento Deezer Family, che potrebbe interessare appunto alle famiglie. Con 14,99 euro al mese si possono registrare fino a 6 profili premium, anche, volendo, coi filtri per bambini. Infine esiste anche un profilo HiFi a 19,99 euro al mese, con musica in alta definizione.
Il catalogo musicale è piuttosto ampio, con 43 milioni di brani disponibili, un numero simile a quello dichiarato da Spotify. Quello che si trova là, insomma, si trova anche qui, più o meno nella stessa maniera. Anche su Deezer, infatti, si possono creare playlist e ce ne sono di proposte automaticamente dal sistema.
2. Google Play Music
Google Play Music2 esiste da anni. In origine, nel 2011, si chiamava semplicemente Google Music, anche se nel giro di poco tempo è stato integrato nello store Google Play, dove vengono vendute app per smartphone, libri, film ed altro ancora.
Di fatto, fin dall’inizio si è presentato, infatti, come il concorrente di iTunes per i dispositivi Android. Lì si poteva cercare musica e la si poteva acquistare in formato mp3. Questa musica poi la si poteva ascoltare tramite meccanismi on demand ovunque, ed era possibile uploadare la propria collezione di brani anche comprati altrove.
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Il successo di Spotify, però, ha di recente reso piuttosto vecchio questo business. Sempre meno persone comprano file mp3, anche perché con un abbonamento di pochi euro mensili è ormai possibile accedere ad un catalogo pressoché infinito.
Anche per questo motivo Google Play Music si è rinnovato. Da un lato continua a vendere mp3 e album in formato digitale, ma dall’altro offre anche un servizio in abbonamento che non ha nulla da invidiare a Spotify, Deezer e alle altre piattaforme del nostro elenco.
L’offerta di Google
Questo servizio in abbonamento è stato ribattezzato Google Play Music Unlimited. Pagando 9,99 euro al mese si può infatti accedere in maniera illimitata all’ampio catalogo ospitato sui server di Google. E lo si può fare da diversi dispositivi, non solo marchiati Android.
Google infatti ha reso disponibile la sua app sul web – e quindi accessibile da qualsiasi computer o Mac –, sugli smartphone che montano il suo sistema operativo ma anche sui dispositivi iOS, tramite app dedicata. In questo modo, anche i possessori di iPhone o iPad possono sincronizzare le loro playlist dal computer al dispositivo portatile.
Inoltre anche qui sono presenti funzionalità avanzate, utili a farci scoprire musica nuova e adatta a noi. Ecco quindi le playlist personalizzate, i consigli basati sull’umore o su particolari situazioni e la possibilità di riprodurre la musica anche offline, in mancanza di connessione internet.
I brani del catalogo sono sostanzialmente gli stessi di Spotify. Google afferma infatti che sono presenti più di 40 milioni di brani, ma d’altra parte il servizio può pure essere provato gratuitamente per un mese, senza impegno.
3. Apple Music
Apple Music3 segue, grossomodo, la stessa filosofia di Google Play Music. D’altronde, ne è in un certo senso il corrispettivo per i dispositivi della mela morsicata (o, guardandola nel senso opposto, il servizio di Google potrebbe essere il corrispettivo di Apple Music per i dispositivi Android).
La piattaforma è stata lanciata nel giugno del 2015, davanti all’incredibile crescita di analoghi servizi terzi. Offre al momento 45 milioni di brani (più di quelli dichiarati da Google), usufruibili in streaming oppure scaricandoli per l’ascolto offline. Inoltre, Apple diffonde su tutti i propri device anche i brani della libreria iTunes, qualunque sia la loro provenienza.
Su questi e altri elementi Apple ha investito molti sforzi, nel chiaro tentativo di rivaleggiare alla pari con Spotify. Si è lavorato parecchio, ad esempio, per potenziare il catalogo anche con brani esclusivi, cosa che ha portato anche a notevoli critiche.
Alla fin fine, comunque, Apple Music è cresciuta notevolmente, tanto che adesso pare contare circa 30 milioni di abbonati. Meno della metà di quelli di Spotify, ma comunque non certo pochi.
Prezzi in linea col mercato
I prezzi sono più o meno gli stessi che abbiamo già cominciato a vedere (e che ancora vedremo). L’abbonamento base costa 9,99 euro al mese, che salgono a 14,99 se si vuole un pacchetto famiglia che comprende l’accesso per 6 persone diverse. È previsto però uno sconto per gli studenti, che possono abbonarsi a 4,99 euro. Inoltre Apple offre un periodo di prova gratuito di 3 mesi.
Il servizio funziona ovviamente benissimo coi dispositivi Apple, come iPhone, iPad e Mac. Basti pensare che è integrato con Siri e che quindi è possibile comandarlo facilmente tramite l’assistente vocale. Inoltre, se si dispone di un Apple Watch, l’integrazione è ottima anche col proprio polso.
Inizialmente l’app di riferimento era piuttosto complessa, un po’ cervellotica da gestire. Con l’andare del tempo e coi successivi aggiornamenti, però, Apple ha lavorato per renderla più accessibile e semplice, e si può dire che oggi il risultato sia perfettamente raggiunto, con un software in perfetto stile-Cupertino.
Inoltre, allo streaming tradizionale e ai vari consigli si aggiungono alcune radio gestite direttamente da Apple, come Beats 1, particolarmente apprezzata dal pubblico americano, che trasmette 24 ore su 24.
4. Amazon Music Unlimited
Il terzo grande colosso che si è buttato nel settore della musica in streaming partendo da un altro genere di affari è stato Amazon. Il negozio di Steve Jobs, in realtà, aveva iniziato a vendere musica già in tempi non sospetti. Amazon Music è stato lanciato addirittura nel 2007 come un sistema per vendere file in formato mp3.
Inizialmente, però, il servizio non era differente da quello offerto da altri negozi, iTunes Store compreso. Quando la moda è passata dall’acquisto di file alla loro trasmissione in streaming, Amazon ha quindi potuto convertire agilmente il suo business, anche se nel nostro paese l’ha forse fatto con meno squilli di tromba che altrove.
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Nel nostro paese, infatti, il negozio di Jeff Bezos non ha investito sul settore della musica in streaming gli stessi sforzi messi in altri campi, almeno a livello pubblicitario. Se ci pensate, infatti, vi renderete conto di aver sentito spesso parlare di Prime, di Prime Video, dei Kindle e così via, ma raramente di Amazon Music.
Anche a causa del fatto che Unlimited4 è arrivato relativamente tardi, cioè nell’ottobre 2016, probabilmente sapete quindi poco di questo servizio. Che però non ha nulla da invidiare a quelli della concorrenza e potrebbe essere una valida alternativa a Spotify.
50 milioni di brani
Secondo i dati forniti dalla stessa azienda, Amazon Music Unlimited offre oggi più di 50 milioni di brani ai suoi abbonati, ovviamente senza pubblicità e tramite consigli personalizzati simili a quelli di altri operatori. È disponibile inoltre la modalità offline.
La cosa più interessante, però, è forse il prezzo, soprattutto se usate già altri servizi Amazon. L’abbonamento base costa 9,99 euro al mese, come per gli altri operatori, ma se si è clienti Prime è possibile pagare in un’unica soluzione per tutto l’anno al prezzo di 99 euro (risparmiando quindi il costo di due mesi di abbonamento).
Similmente, è possibile sottoscrivere un abbonamento familiare da 14,99 euro al mese, oppure da 149 euro all’anno se si è clienti Prime (con un risparmio, anche in questo caso, di due mensilità). Inoltre Amazon offre un mese di prova gratuito se volete testare i suoi servizi.
Insomma, il servizio è particolarmente vantaggioso quando si è già clienti affezionati di Amazon, e ancora più se si utilizza un Fire come tablet, visto che l’app lì è già preinstallata. In ogni caso, Amazon fornisce applicativi appositi per ogni piattaforma, sempre di ottimo livello.
5. SoundCloud
Concludiamo con un servizio perfettamente legale e in streaming, che però è profondamente diverso rispetto a quelli che vi abbiamo presentato finora. SoundCloud5, infatti, non mira a proporvi la musica già famosa, ma a farvene scoprire di nuova di cui non avete ancora sentito parlare.
Un tempo, questo sito veniva infatti presentato come il corrispettivo di YouTube per la musica. Come sul portale dei video ogni cineasta in erba può caricare il proprio lavoro e condividerlo con la comunità, così su SoundCloud può agire anche ogni aspirante musicista.
In questo modo sul sito trovate una marea di dilettanti allo sbaraglio, ma anche un buon numero di professionisti che semplicemente non hanno ancora avuto la fortuna di essere notati da una major. E se vi piace scoprire la musica prima degli altri, il servizio fa decisamente al caso vostro.
In Italia il sito è fruibile gratuitamente, con alcune limitazioni. All’estero, esiste anche un’opzione a pagamento chiamata SoundCloud Go, che permette di ascoltare i brani anche offline e senza pubblicità. Questa opzione però non è ancora attiva nel nostro paese.
E per il futuro?
SoundCloud offre quindi un servizio decisamente originale, che però pare meno solido dal punto di vista commerciale. Se infatti Spotify e i suoi rivali ricavano introiti dagli abbonamenti, SoundCloud finora ha spinto poco in questa direzione.
Per questo motivo, negli ultimi mesi si è parlato molto del sito, sottolineandone alcune difficoltà finanziarie. Da quando è nato, infatti, il servizio ha racimolato molti fondi dagli investitori, ma non sempre ha dato l’idea di riuscire a fornire un business plan all’altezza delle aspettative.
Nel luglio 2017, davanti a una momentanea crisi, la società ha quindi deciso di chiudere le sedi di Londra e San Francisco, licenziando tra l’altro quasi metà dei propri dipendenti. In compenso, poco dopo gli investitori hanno deciso di ridare fiato alle casse dell’azienda, con un investimento di quasi 170 milioni di dollari.
Oggi la società, che ha sede a Berlino pur avendo un’origine svedese, spera di potersi rilanciare in fretta e poter competere ad armi pari coi big del mercato.
Note e approfondimenti