Cinque interessanti film sui santi

Tutti i santi in una pala del Beato Angelico conservata alla National Gallery di Londra

Di film sui santi ce ne sono diversi e molti sono film per la TV. Purtroppo capita spesso che questi film siano molto edulcorati e agiografici e presentino i personaggi come già dei perfetti santi fin dal grembo materno: un vecchio modo di concepire la santità di cui ancora la televisione non si è liberata.

Al cinema abbiamo qualche esempio più interessante in questo campo, anche se il pericolo dell’agiografia spinta è sempre presente. Tra i vari film sui santi che sono passati sul grande schermo ne abbiamo scelti cinque: si tratta, ovviamente, di una selezione basata sui gusti personali, anche se ho cercato di rimanere il più obiettivo possibile, basandomi anche sui premi ricevuti dai singoli film.

 

Cielo sulla palude di Augusto Genina

È considerato uno dei cento film italiani da salvare

Cielo sulla palude, film ispirato alla vicenda di Maria GorettiÈ la storia di santa Maria Goretti (Corinaldo, 16 ottobre 1890 – Nettuno, 6 luglio 1902), venerata come santa e martire dalla chiesa cattolica. Cielo sulla palude risale al 1949 e non solo vinse il Nastro d’Argento al miglior regista nel 1950 ma è anche considerato uno dei cento film italiani da salvare (progetto delle Giornate degli Autori all’interno della Mostra del cinema di Venezia, con la collaborazione di Cinecittà Holding e il sostegno del Ministero dei Beni Culturali).

In estrema sintesi, la storia di Maria Goretti (che nel film è interpretata da Ines Orsini) è quella di una ragazza che aiutava in famiglia, molto povera, che si trasferì nella palude pontina per cercare lavoro. Tra l’altro, sua mamma morì quando lei aveva appena dieci anni, e la piccola Maria dovette prendersi cura dei fratelli più piccoli.


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I Goretti vivevano in un casale con altre famiglie presso Nettuno, in provincia di Roma. Uno dei ragazzi che viveva in quella casa – Alessandro Serennelli – si innamorò di Maria Goretti e, vistosi rifiutato dalla ragazza, tentò di violentarla. Non riuscendoci l’accoltellò.

Il film di Augusto Genina è senza dubbio agiografico, ma il suo pregio principale è quello di avere un’ottima descrizione storica del periodo in cui è ambientato. Cielo sulla palude è un film che è collocabile all’interno del filone neorealistico.

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State buoni se potete di Luigi Magni

La vita di san Filippo Neri, il “secondo apostolo di Roma”

State buoni se potete, film su san Filippo NeriState buoni se potete è un film del 1983, diretto da Luigi Magni, con Johnny Dorelli nei panni di san Filippo Neri e Philippe Leroy in quelli di sant’Ignazio di Loyola. La colonna sonora è di Angelo Branduardi (che nella pellicola interpreta Spiridione) ed è premiata con il David di Donatello. A Federica Mastroianni andò invece il Donatello come miglior attrice esordiente.

State buoni se potete racconta, in maniera molto romanzata, la vita di san Filippo Neri, Pippo il buono come veniva chiamato, definito il santo della gioia. In quest’ottica il film è perfetto e le musiche di Angelo Branduardi sono veramente ben azzeccate e rendono pienamente l’ambientazione del film.

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Thérèse di Alain Cavalier

Un film che ha incassato moltissimi premi, tra cui quello della giuria a Cannes

Thérèse, uno dei più interessanti film sui santiEra il 1986 e la Palma d’oro del Festival di Cannes andava a Mission di Roland Joffe, con Robert De Niro e Jeremy Irons. Si vede che quell’anno l’afflato religioso era forte a Cannes, visto che il Premio della giuria andò al film Thérèse, di Alain Cavalier, che raccontava la vita di santa Teresa di Gesù Bambino (Alençon, 2 gennaio 1873 – Lisieux, 30 settembre 1897). La pellicola si aggiudicò anche una Menzione Speciale a Cannes, e ben sei Premi César (miglior film, miglior regia, miglior promessa femminile, miglior sceneggiatura, miglior fotografia e miglior montaggio). Inoltre ebbe anche due nomination al David di Donatello.

Thérèse, come dicevamo, racconta la vita di santa Teresa di Gesù Bambino, più nota come santa Teresina di Lisieux, carmelitana scalza francese. Il rischio di fare un polpettone agiografico e sentimentalista era dietro l’angolo, anche perché la figura di Teresa è stata spesso sdolcinata, già a partire dalle sue consorelle che ne rimaneggiarono gli scritti per farla apparire più edulcorata e rispondente alla sensibilità della sua epoca.

Teresa di Liesieux, invece, era una donna forte e aveva una spiritualità profonda e questi aspetti vengono messi in risalto da Alain Cavalier che costruisce un film del tutto particolare, in cui l’immagine domina sulla parola. Si ha come l’impresisone di sfogliare un album fotografico, considerato che le scene hanno quasi tutte transizioni al nero e spesso la regia si sofferma su particolari che conferiscono al film una grande profondità.

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Don Bosco di Leandro Castellani

Tra le protagoniste c’è Patsy Kensit che prima dell’uscita del film si rese protagonista di un disguido abbastanza piccante per gli standard dell’epoca

Il Don Bosco interpretato da Ben GazzaraDon Bosco è un film del 1988, diretto dal regista Leandro Castellani, con Ben Gazzara nei panni di don Giovanni Bosco, Patsy Kensit nei panni di Lina, un personaggio di fantasia ma utile allo svolgimento della trama (tra l’altro l’anno precedente l’uscita del film, Patsy Kensit si rese protagonista in un “incidente” durante il Festival di Sanremo: le cedette una spallina e si intravide il seno; l’episodio fu occasione di gossip molto, molto a lungo), e Philippe Leroy che interpreta papa Leone XIII. Il film vide la luce per i cento anni dalla morte di san Giovanni Bosco (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888).

La pellicola racconta, in maniera abbastanza fedele, la vita del santo patrono dei giovani nonché fondatore dei salesiani. La narrazione cinematografica è come un grande flashback: all’inizio, infatti, don Bosco, ormai vecchio, ricorda come tutto sia iniziato e tutto poi sia andato avanti, tra difficoltà e speranze. E nelle ultime scene della pellicola ci viene mostrata la diffusione all’estero dell’opera di don Bosco, con l’invio dei missionari in Patagonia. Un film che, senza dubbio ha intenti celebrativi, ma che non è molto sdolcinato.

 

Francesco di Liliana Cavani

In nomination per la Palma d’Oro a Cannes nel 1989, ha vinto il David di Donatello per la migliore scenografia, e il Nastro d’argento sia per la scenografia che per il miglior attore non protagonista

Il Francesco di Liliana Cavani, con Mickey RourkeNel 1989 Liliana Cavani tornò a occuparsi della figura dell’assisiate con il film Francesco in cui i panni del poverello sono vestiti da Mickey Rourke. Non era la prima volta che Liliana Cavani si occupava di san Francesco: nel 1966, infatti, aveva girato un film per la televisione in due puntate dal titolo Francesco d’Assisi (tra l’altro, si è trattato del primo film per la televisione della RAI).

Anche qui, la storia raccontata è quella ben nota di san Francesco, ma è del tutto priva dei classici canoni agiografici (del resto, con Mickey Rourke era difficile realizzare un personaggio “da santino”). La scena in cui Francesco/Rourke si rotola nella neve senza alcun vestito ha fatto un po’ gridare allo scandalo alcuni benpensanti, ma fa parte del gioco.


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Tra le scene più interessanti, sia dal punto di vista cinematografico che di quello del messaggio, ci sono quelle finali della pellicola, in cui santa Chiara (interpretata da Helena Bonham Carter) e i compagni del santo parlano di Francesco in una tenda, smossa dal vento e che necessita di essere rattoppata in più punti: una immagine chiara ed evidente dell’operato di Francesco all’interno della chiesa. O almeno delle sue intenzioni.

Straziante la scena in cui Francesco implora Dio di parlargli per sapere se quello che sta facendo è secondo la Sua volontà o meno.

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