Cinque tra le più belle canzoni d’amore italiane di sempre

Le migliori canzoni d'amore italiane

Quando si vuole criticare o addirittura deridere la musica italiana, si fa riferimento, perlopiù, alla sua passione per le melodie e i testi sdolcinati, di solito conditi dalla vetusta rima “cuore-amore”. D’altronde, il nostro principale Festival, quello di Sanremo, è da sempre il regno dei brani d’amore un po’ melodrammatici, che tanto piacciono al pubblico più maturo.

Le canzoni che vanno oltre le solite rime

Al di là delle critiche, però, esistono anche, nella nostra tradizione, delle canzoni d’amore straordinarie. Canzoni che magari hanno fatto il loro esordio proprio a Sanremo o in una cornice simile, ma che poi sono diventate emblematiche di un’epoca o di una fase della nostra storia. Solo per citare alcuni dei brani che sono rimasti fuori dalla nostra selezione, pensate ad esempio a La donna cannone di Francesco De Gregori o ad Albachiara di Vasco Rossi o, in tempi più recenti, a certi pezzi di Jovanotti o Tiziano Ferro. Canzoni che sono andate oltre le solite rime, emozionando anche i cultori della musica di qualità.

Se però dovessimo scegliere solo cinque pezzi, quali sceglieremmo? Quali, cioè, potrebbero essere le più belle canzoni d’amore italiane di ogni epoca? Ognuno di noi, probabilmente, risponderebbe in maniera diversa. Noi abbiamo cercato di sceglierne cinque, però, con cui chiunque, nella stesura della sua lista, dovrebbe per forza di cose confrontarsi. Eccole, in ordine cronologico.

 

Gino Paoli – Il cielo in una stanza

Lanciata da Mina

Che Il cielo in una stanza sia una delle canzoni più belle della nostra tradizione non lo scopriamo certo noi. Eppure, fu una di quelle che ebbero più problemi ad essere incise. Scritta da Gino Paoli, fu proposta nel 1960 a varie interpreti. La rifiutarono Jula de Palma e Miranda Martino, prima che i discografici riuscissero a convincere (a fatica) Mina. Il motivo di tale riluttanza, oggi, non è dato saperlo; anche perché il fatto che il pezzo fosse ambientato in un famoso bordello genovese dal soffitto viola venne spiegato solo qualche tempo dopo.

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L’interpretazione della cantante di Cremona fu baciata subito da un grande successo, arrivando al vertice della classifica italiana e rimanendoci per dodici settimane. Pochi mesi dopo, Il cielo in una stanza venne incisa anche dallo stesso Paoli, che la rese il brano di traino del suo primo disco eponimo assieme a Senza fine e La gatta. Negli anni poi la canzone è stata eseguita anche da Giorgia, Carla Bruni, Franco Battiato, Massimo Ranieri, Morgan, Noemi, Giusy Ferreri ed altri ancora.

 

Lucio Battisti – I giardini di marzo

Il disagio di Mogol

Facciamo ora un balzo avanti di più di dieci anni. Nel 1972, all’interno dell’album Umanamente uomo: il sogno, Lucio Battisti pubblicò uno dei suoi brani più celebri, I giardini di marzo. Scritto come al solito assieme a Mogol, che in quegli anni si occupava di tutti i testi del cantante laziale, il brano era stato ispirato dalle difficoltà familiari ed esistenziali che il paroliere aveva vissuto nel dopoguerra. Al centro, però, c’era il tentativo di uscire da queste malinconie tramite l’amore.


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Anche questa canzone salì in testa alla hit parade italiana, rimanendovi per sette settimane. Una cosa abbastanza sorprendente, se si pensa alla complessità del testo. A leggerlo con attenzione, infatti, il brano manifesta un profondo disagio che solo l’amore di coppia riesce in parte a mitigare. Nelle strofe il brano presenta una serie di immagini tratte da varie fasi della vita, immagini contrassegnate dalla difficoltà ad integrarsi. Fino al ritornello («Che anno è, che giorno è?…»), dove pare che le cose possano ritrovare una dimensione più confortevole. Ma è solo apparenza, perché l’ultimo verso toglie ogni illusione: «Ma il coraggio di vivere, quello ancora non c’è».

 

Lucio Dalla – Anna e Marco

Un amore di periferia

Arriviamo alla fine del decennio degli anni ’70, quello dei cantautori. Nel 1979 uscì infatti Lucio Dalla, secondo album in cui il cantante bolognese si occupava sia dei testi che della musica. Un album che vedeva la collaborazione di artisti del calibro di Ron e Francesco De Gregori e che presentava, come prima canzone del lato B, un futuro classico, Anna e Marco.

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Il brano raccontava di due ragazzi di periferia, appunto Anna e Marco, che cercano una via di fuga dalla monotonia in uno scalcinato locale. Il ballo, la musica e le reciproche delusioni li portano ad avvicinarsi e a spostarsi assieme per la notte. Rappresentazione di un amore tanto vero quanto sconsolato, la canzone colse nel segno affiancando al testo una musica perfettamente adatta, carica di sogni e malinconia. Anni dopo, l’album è stato scelto da Rolling Stone come il quarantesimo più bello della storia della musica italiana.

 

Mia Martini – Almeno tu nell’universo

Dal Festival di Sanremo

Avevamo detto che la patria della canzone d’amore italiana è sempre stato il Festival di Sanremo. E almeno una canzone, da quella kermesse, dovevamo tirarla fuori. Ma non si tratta, in questo caso, di una scelta obbligata. Almeno tu nell’universo, presentato nel 1989 da Mia Martini, è infatti uno di quei brani che sarebbe finito nella nostra cinquina in ogni caso, qualunque fosse stata la sua origine. Scritto in realtà già nel 1972 da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, il pezzo rimase a lungo inedito, finché proprio la Martini – a cui Lauzi aveva fin da principio indirizzato la canzone – non decise di ripescarlo.


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Per la cantante calabrese fu la scelta della rinascita. Dopo anni di ostracismo, dicerie ed esclusioni, la Martini infatti conquistò a Sanremo il Premio della Critica e si piazzò molto bene in classifica, ritornando improvvisamente in auge. Il Festival fu però vinto da Fausto Leali e Anna Oxa, mentre Almeno tu nell’universo dovette accontentarsi del nono posto. Ancora peggio, d’altra parte, andò ad un altro brano-simbolo di quell’edizione, Cosa resterà degli anni ’80, che arrivò solo quindicesimo. La canzone della Martini fu poi eseguita, come omaggio, da vari altri cantanti, come Mina, Fiordaliso, Elisa, Anna Tatangelo, Chiara Galiazzo, Marco Mengoni e lo stesso Fausto Leali.

 

Franco Battiato – La cura

Quando l’amore viene raccontato da musica e filosofia

Credo sia innegabile che l’amore sia una forza che tocca tutti e tutto. Ne vengono investiti gli umili come i potenti, ne parlano gli analfabeti come i più grandi intellettuali. E quindi anche nella produzione dei cantautori più elevati e complessi se ne trova spesso traccia, anche se magari in forme non comuni. Un discorso che vale anche per La cura, celebre pezzo di Franco Battiato pubblicato all’interno dell’album L’imboscata, del 1996.

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Scritta in collaborazione col filosofo Manlio Sgalambro, la canzone è ricca di suggestioni filosofiche ma anche oniriche, ma rappresenta la molto terrena necessità di un sostegno da trovare nel proprio partner. Anche in questo caso, il successo fu clamoroso e inaspettato: l’andamento lento e il testo non certo immediato non facevano pensare a vendite paragonabili alle 30mila copie che vennero invece fatte registrare. Anche in questo caso, molti artisti hanno reinciso il pezzo: tra i tanti vanno ricordati Noemi e Adriano Celentano, oltre a una versione registrata per fini benefici ed eseguita da un gruppo di cantanti che comprendeva anche Lucio Dalla e Gianni Morandi.

 

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