Cinque libri che raccontano l’Europa nelle due guerre mondiali

Soldati francesi durante la Prima guerra mondiale

Gran parte dei libri pubblicati nel Novecento ha come tematica prevalente le vicende che hanno sconvolto il mondo intero nella prima metà del secolo. La portata planetaria dei conflitti bellici e delle tragedie umane ad essi connessi, unita alla diffusione sempre più rapida e pervasiva dei mezzi di informazione, ha permesso la nascita di una letteratura in cui narrazione e testimonianza si intrecciano così saldamente che, se si volesse distinguere quale delle due componenti sia la più sentita da autori e lettori, certamente sarebbe quella biografica.

Lo scrittore che racconta la propria esperienza durante la guerra, sotto i regimi totalitari oppure dopo la fine di queste buie parentesi non solo dà sfogo ad un naturale bisogno di ricostruire gli eventi, tentando di dare loro un senso inesistente, ma offre al contempo al suo lettore un mezzo per condividere traumi comuni e difficili da rimarginare.

Forse per la prima volta nella storia della letteratura autori e lettori appartengono alla stessa società, quella devastata dagli estremismi politici, dai bombardamenti e dalla persecuzione.


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Per questo motivo la lettura delle opere narrative (termine da non confondere in questo frangente con il concetto di “finzione narrativa”, essendo appunto molto forte o addirittura totale la componente biografica) è il necessario complemento della saggistica per chi voglia conoscere la vita – e la morte – nell’Europa incuneata fra le due Guerre mondiali.

 

1. Il mondo di ieri. Ricordi di un Europeo

La fine di un’epoca descritta da Stefan Zweig

Un primo testo che aiuta a comprendere il reale divario fra il XIX e il XX secolo è Il mondo di ieri, romanzo autobiografico dello scrittore austriaco Stefan Zweig (1881-1942).

Più che di uno scritto personale, si tratta di una sorta di biografia collettiva, un testo che ricostruisce la vita di un’intera generazione che all’improvviso ha visto svanire il mondo che ha imparato a conoscere nel passaggio a quello che lo storico Eric Hobsbawm definisce il “Secolo breve”.

Il mondo di ieri di Stefan Zweig

Con una profonda nostalgia del fervore culturale di fine Ottocento, Zweig ripercorre il cammino mesto dell’Europa verso la grande carneficina bellica, con una particolare attenzione alla Finis Austriae, la lenta consunzione dell’Impero asburgico, destinato a scomparire dopo il primo conflitto mondiale.

Leggendo questo libro si comprende la reale portata del crollo di un’intera civiltà e del mito del progresso costruito nell’Ottocento, che l’autore definisce «un castello di sogni».

Straordinaria è la capacità di Zweig di sentirsi europeo in senso moderno, identificandosi con il cittadino del mondo, sensazione che non basta ad attutire il trauma dell’esilio al quale è costretto, in quanto ebreo, con l’affermazione del nazismo.

 

2. Niente di nuovo sul fronte occidentale

Erich Maria Remarque e la cronaca delle trincee

Un altro scrittore condannato all’esilio, Erich Maria Remarque (1898-1970), compone nel 1929 uno dei racconti di guerra più crudi e sofferti, Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Si tratta di un romanzo in larga parte autobiografico, in cui la descrizione della terribile esperienza delle trincee durante la Prima guerra mondiale viene affidata alla voce di Paolo Baümer.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è uno dei più significativi romanzi sull'Europa nella Prima guerra mondiale

Questi è un giovane partito per il fronte assieme agli amici più cari con le orecchie piene della propaganda nazionalista diffusa nelle scuole e destinata a trovare nel fango e nel sangue delle linee di combattimento franco-tedesche la sanzione del proprio fallimento.


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In queste pagine, grido di dolore e di ribellione di un’intera generazione, emerge la durezza del combattimento e della vita che trascorre fra uno scontro e l’altro nell’attesa della morte.

Ma il dolore convive assieme alla pesante consapevolezza che l’esistenza di ogni singolo soldato è stata distrutta dalla guerra, con la morte o con il marchio di un’esperienza di indicibile durezza che non si può cancellare.

 

3. La Storia

Il capolavoro di Elsa Morante

Uno scandalo che dura da diecimila anni: così Elsa Morante (1912-1985) descrive la Storia, forza incontrastabile che è l’assoluta protagonista del suo romanzo più noto, pubblicato nel 1974.

La vedova Ida, il piccolo Useppe nato dalla violenza di un soldato tedesco e il ribelle adolescente Nino, prima strenuo sostenitore del fascismo e poi partigiano, sono solo alcuni dei personaggi le cui vite sono sconvolte dal regime e dal secondo conflitto mondiale, ma anche dalla delicatissima fase di ricostruzione post-bellica.

La Storia, il capolavoro di Elsa Morante

La Storia è uno straordinario affresco della società dell’Italia sconquassata dai bombardamenti e dalla fame, ricostruito con i tipici accorgimenti del romanzo storico, dall’intrusione della Morante come narratore onnisciente alla coralità che fa dei miseri sfollati un unico, grande personaggio.

La penna della Morante traccia sequenze narrative di enorme durezza, stemperate nella tenerezza del piccolo Useppe, al confronto col quale l’enormità della violenza si fa ancora più terribile.

L’Italia degli anni ’40

L’autrice restituisce con precisione molti avvenimenti cruciali degli anni 1941-1947, in particolare l’emanazione dei proclami antisemiti, il rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943.

E poi ancora la diffusione delle immagini dei lager dopo la fine della guerra, le ritorsioni tedesche contro i sostenitori dei partigiani e le angosce dei familiari dei soldati dispersi in Russia.

 

4. Se questo è un uomo

L’angoscia di rivivere, la necessità di testimoniare

Se questo è un uomo, scritto da Primo Levi nel 1947, è forse la testimonianza più sconcertante sui lager e sul loro meccanismo di annichilimento gelidamente programmato.

Il libro si presenta come una cronaca avulsa da sentimenti di odio e toni lacrimevoli, una lucida analisi fatta dall’autore dei ritmi della vita e della morte nei campi di concentramento, scanditi da operazioni finalizzate a cancellare ogni segno del passaggio dei prigionieri sulla terra.

Primo Levi e il suo Se questo è un uomo

Ciò che rende disarmante questo testo non è soltanto – e basterebbe questo – il suo contenuto, ma il sacrificio cui si è sottoposto l’autore per raccontarlo, con un’assoluta dedizione alla causa del ricordo e alla necessità di informare gli uomini del suo tempo e i posteri dell’orrore cui sono stati condannati milioni di uomini e donne.

 

5. La casa in collina

Cesare Pavese e la Resistenza

La casa in collina è uno dei romanzi più significativi della letteratura sulla Resistenza, pubblicato nel 1948 da Cesare Pavese (1908-1950).

Il protagonista, Corrado, è un insegnante sfollato da Torino in seguito ai bombardamenti; entrato in contatto con i partigiani che si muovono fra le colline vicine alla città, Corrado, dapprima intenzionato a non compromettersi con alcuno schieramento, comprende a poco a poco qualcosa di nuovo.

La casa in collina, libro sulla Resistenza di Cesare Pavese

Comprende cioè la stessa pervasione della guerra, che giunge fin dentro le case e porta la morte senza guardare in faccia colpevoli o innocenti, sostenitori dei partigiani o del nazi-fascismo, spinge ad abbracciare la causa della lotta.

Corrado-Pavese comprende che al combattimento non si può rinunciare, ma sa anche che gli unici vincitori di una simile guerra, una guerra civile, possono essere soltanto i morti: solo a loro spetta il diritto di chiedere la ragione della loro morte, mentre tutti gli altri sono i colpevoli della carneficina.

 

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