
Se c’è una classifica che è particolarmente difficile da stilare, a fine anno, è quella dei libri: mentre il numero dei film che escono al cinema è tutto sommato limitato, il numero dei videogiochi cospicuo ma ancora gestibile e per quanto riguarda i dischi esistono migliaia di siti e riviste specializzate che recensiscono continuamente le nuove uscite, permettendoti di scremare alla fonte, i libri sono qualcosa di ingestibile.
Ogni mese sul mercato ne piombano a centinaia, sia italiani che stranieri, sia di fiction che di saggistica, molti dei quali destinati a finire dimenticati indipendentemente dai loro meriti o demeriti, solo per il fatto di essere “in più” rispetto a quanto lo stesso mercato riesce ad assorbire.
Le difficoltà di elencare i migliori libri
Mentre sui siti a noi concorrenti troverete, quindi, tante classifiche sui film, sugli album o sulle app, molto difficilmente ne troverete una esaustiva sui libri e sulla loro bellezza: proprio perché addentrarsi in questo mare magnum è un’impresa titanica, che si può fare solo se si è un po’ scemi.
Noi, in effetti, un po’ scemi lo siamo e per il secondo anno di fila vi presentiamo quelli che a nostro parere sono i cinque migliori libri usciti nel 2014: abbiamo tenuto d’occhio tutto l’anno le classifiche e le recensioni, ci siamo sciorinati decine e decine (anzi, direi anche centinaia) di volumi e alla fine abbiamo costruito questa lista, che mi pare tenga conto di diverse esigenze e fasce d’età ma comunque contraddistinta da un’ottima dose di talento. Scopriamola assieme.
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Indice
Giuseppe Catozzella – Non dirmi che hai paura
La storia di Samia, dalle Olimpiadi alla traversata
Iniziamo con un libro che è comparso nelle librerie a gennaio, quasi un anno fa e praticamente come una scommessa, ma che lentamente e inesorabilmente ha conquistato spazio, sgomitando tra nomi in principio molto più affermati. Non dirmi che hai paura, firmato da Giuseppe Catozzella, non è certo l’esordio letterario del suo trentottenne autore, ma è di sicuro il primo libro ad averlo portato alla ribalta della scena letteraria nazionale e internazionale.
La storia, che abbiamo in parte già raccontato quando abbiamo presentato i favoriti alla vittoria al Premio Strega di quest’anno, è quella di Samia, giovane ragazza di Mogadiscio che ama correre; una storia che non è inventata, ma che è quella della curiosa atleta che molti di noi videro nel 2008 a Pechino classificarsi ultima nella batteria dei 200 metri, eppure così entusiasta, così diversa – col velo in testa e con le spalle coperte – dalle sue colleghe occidentali, che vantavano contratti pubblicitari fin dalla più tenera età. Nonostante gli scarsi risultati di Pechino, o forse proprio per il fatto di essere quantomeno riuscita ad ottenerli, negli anni successivi Samia continuò ad allenarsi, in condizioni sempre più precarie a causa della forza crescente dei movimenti integralisti, che la volevano veder correre solo dentro al burqa. L’obiettivo della ragazza, comunque, rimaneva quello di riprovarci a Londra 2012.
[wpzon keywords=”non dirmi che hai paura” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Nella capitale della Gran Bretagna, però, Samia non sarebbe mai arrivata: ormai impossibilitata a continuare ad allenarsi in Somalia, decise di tentare l’emigrazione e, salita verso il nord dell’Africa, tentare l’attraversamento del Mediterraneo e l’approdo in Italia, dove magari – sperava – avrebbe potuto allenarsi più liberamente, avere dei sogni e delle ambizioni. Purtroppo la traversata, come spesso accade, si sarebbe però rivelata tragica.
Un libro toccante, a metà via tra la biografia giornalistica e il romanzo di denuncia, in cui Catozzella – che pure aveva già accarezzato questo genere con Alveare e con alcune inchieste e reportage su varie riviste italiane – riesce a catturare l’attenzione del lettore e a condurlo attraverso una storia tragica ed umana senza eccedere nella spettacolarizzazione e nel gusto del morboso, ma dosando gli elementi della sua storia con fare sapiente. Finalista allo Strega e vincitore del Premio Strega Giovani.
John Green – Colpa delle stelle
Come ci si sente quando si sa di dover morire?
John Green è un autore che noi ci possiamo vantare di conoscere da tempi non sospetti: già un anno fa, su queste stesse colonne, esaltavamo infatti il suo romanzo d’esordio, Cercando Alaska, inserendolo nella lista dei migliori libri per ragazze adolescenti che abbiano voglia di fare una lettura adatta alla loro età ma non per questo stupida o superficiale. Colpa delle stelle, il suo sesto romanzo, non è in realtà un prodotto del 2014, visto che è stato pubblicato due anni fa sia in America che in Italia, ma solo in questi mesi è stato finalmente letto nel nostro paese, e per questo abbiamo deciso di inserirlo in lista.
Nonostante venisse costantemente tradotto in italiano da editori anche molto importanti e battesse vari record di vendita negli Stati Uniti, la fortuna di John Green negli anni scorsi nel nostro paese è stata molto limitata: a me stesso è capitato più volte di trovare i suoi libri nelle bancherelle di paese, dove si smerciano i libri invenduti a pochi euro. Questo sembra essere stato almeno fino a un certo punto anche il destino di Colpa delle stelle, importato due anni fa con successo molto relativo dalla Rizzoli.
[wpzon keywords=”colpa delle stelle” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]È stato solo grazie al film omonimo, lanciato proprio quest’anno in tutto il mondo, che il libro ha trovato una nuova copertina e una nuova linfa editoriale, rinascendo dalle proprie ceneri. Un percorso che, a ben vedere, è simile a quello intrapreso da un altro libro che ha rischiato fino all’ultimo di finire nella nostra lista, Storia di una ladra di libri, che però, seppure con un titolo diverso, si era già fatto notare prima della riduzione cinematografica.
La storia di Green è piuttosto nota (e ne abbiamo già parlato anche noi): Hazel, una sedicenne malata di cancro, viene costretta dai genitori a frequentare un gruppo di sostegno e qui conosce Augustus, un ragazzo di un anno più grande di lei con una gamba amputata a causa di un osteosarcoma. I due, tra tentennamenti e paura di ferirsi a vicenda, si innamoreranno e voleranno fino ad Amsterdam per conoscere l’autore del romanzo che entrambi amano, Un’imperiale afflizione, solo per realizzare, poco dopo, che uno dei due è di nuovo vittima della malattia, questa volta in maniera probabilmente definitiva.
Zerocalcare – Dimentica il mio nome
Quando la comicità diventa commovente
Come John Green, anche Zerocalcare è una nostra vecchia conoscenza, anche se in questo caso non possiamo dire di essere stati tra i primi a proporlo all’interno di liste per così dire impegnate visto che la fama del disegnatore romano è ormai consolidata da qualche anno. Dimentica il mio nome è il suo ultimo lavoro, pubblicato solo lo scorso ottobre da Bao Publishing e andato letteralmente a ruba in queste prime settimane nei negozi.
Un lavoro che – pur in continuità per lo stile e l’andatura della narrazione – segna una rottura, anche se non nettissima, con i volumi precedenti e ancora di più con le tavole pubblicate sul blog. Lo scarto è evidente fin dalla copertina: non una parodia, non un gioco, ma delle ombre inquietanti che si avvicinano al protagonista e a una bimba che, come scopriremo più avanti nella storia, è a lui legata, anche se a distanza di molti anni.
[wpzon keywords=”dimentica il mio nome” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]In generale, Dimentica il mio nome è un libro più complesso rispetto ai precedenti, in cui la comicità si fonde con il dramma, la presa per i fondelli con la commozione, la realtà con la fantasia, l’aspetto autobiografico con l’invenzione: il punto di partenza è la morte della nonna che ogni lunedì, da bambino, lo portava allo zoo, tanto che il piccolo Zerocalcare era ribattezzato “il sindaco” dal personale del parco. Da lì parte un percorso di recupero della propria storia e della propria memoria che Michele Rech compie esibendo il solito grande talento che ne ha decretato la fortuna, negli ultimi anni, anche ben al di fuori dell’ambito tradizionale del fumetto.
Però sì, ovviamente si tratta di un fumetto e non di un romanzo, come forse qualcuno si aspettava all’inizio di questa cinquina; un fumetto che ha una sua dignità in quanto tale e che – come dicevano molti nel caso di Gipi, qualche mese fa, quando fu candidato al premio Strega – non ha bisogno di essere paragonato ai romanzi per “darsi un tono”. Tutto vero, ma sempre di un libro si tratta: romanzo, saggio, reportage, fumetto, intervista sono tutti modi di raccontare una storia, usando tecniche diverse, con loro pregi e difetti. E Zerocalcare – assieme a Gipi e in modo completamente diverso da lui – ha ormai dimostrato di essere in grado di farlo ai più alti livelli.
Amos Oz – Giuda
Il tradimento come base del progresso
Ritorniamo, con buona pace di quanto abbiamo appena scritto, al romanzo con l’ultima opera di Amos Oz, uscita in queste settimane da Feltrinelli col titolo emblematico di Giuda. Un libro che, come spesso accade nei romanzi dello scrittore ebraico, è un’occasione per ripensare alla situazione politica e militare del suo paese, al conflitto con gli arabi, ma anche alla storia che ha portato Israele a quel punto, agli errori che sono stati fatti e a quale potrebbe essere il modo migliore per correggerli.
Il romanzo, però, non è ambientato ai giorni nostri come, date queste premesse, sarebbe logico aspettarsi, bensì tra gli anni Cinquanta e Settanta. Protagonista è il giovane e impacciato Shemuel, che sta preparando una tesi su Gesù e Giuda che un discreto peso avrà sull’intera idea di fondo del romanzo: lo spunto del ragazzo, infatti, è che Gesù sia stato un ebreo morto da ebreo, e che sia stato invece Giuda, colui che l’ha tradito, a considerarlo per primo figlio di Dio, elemento divino sceso in terra, proprio perché solo la sua morte poteva dimostrarne l’immortalità. In questo senso, Giuda Iscariota, da sempre identificato come il più spregevole dei traditori e il responsabile tra l’altro di non poco pregiudizio antiebraico nei secoli più bui del nostro passato, viene rivalutato come una sorta di “primo cristiano”, quello che per primo ha intravisto il futuro.
[wpzon keywords=”amos oz giuda” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”2″ country=”it” descr=”0″ col=”2″]Proprio questa è, non a caso, la definizione che Oz dà dei traditori, dei quali tesse l’elogio durante tutto il suo libro: la storia la fanno quelli che spezzano gli accordi, che rompono col passato, che cambiano bandiera e idea. Solo così è possibile il progresso, solo tramite il tradimento è possibile migliorare il mondo. Tradimento che Shemuel scopre anche nella storia della famiglia della quale – a causa di alcuni problemi finanziari – si mette a servizio, famiglia che ha avuto un peso anche nella nascita di Israele.
Scritto, come di consueto nei romanzi dello scrittore israeliano, con uno stile efficacissimo e con una tensione morale che non può lasciare indifferenti, il romanzo di Oz ci trascina in una storia di personaggi ma anche di idee, di piccole storie ma anche di sommovimenti che hanno sconvolto il mondo mediorientale con una soavità che è rara incontrare in altri scrittori.
Elena Ferrante – Storia della bambina perduta
Le amiche concludono il loro percorso
Concludiamo con un libro che non è un libro a sé stante, ma il quarto e ultimo capitolo di una saga che, con buona pace dei romanzi d’avventura in più parti che vanno per la maggiore, è dal punto di vista letterario una delle più riuscite degli ultimi anni. Da poche settimane, presso le Edizioni e/o, è infatti uscito Storia della bambina perduta di Elena Ferrante, che chiude la tetralogia de L’amica geniale.
In generale, la storia è quella di due amiche di Napoli, Lina ed Elena (o Lila e Lenù), che crescono insieme negli anni Cinquanta, poi si separano, intraprendono strade diverse, si incontrano di nuovo, si perdono e passano attraverso tutti gli alti e bassi che sono propri anche delle nostre vite, tra amori finiti, lavoro in cui ci si impone a fatica (soprattutto in certe realtà, soprattutto essendo donne), figli, dissapori e quant’altro; ma i romanzi della Ferrante non sono solo racconti di vita quotidiana: nella sua prosa si trova la capacità di narrare la psiche umana, la personalità a tutto tondo di personaggi che non sono mai scontati, mai prevedibili, eppure sempre coerenti, fedeli a loro stessi e alla loro storia, anche quando decidono di tradirla.
[wpzon keywords=”storia della bambina perduta” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]In quest’ultimo capitolo, in particolare, Elena è diventata una scrittrice affermata e, dopo essere stata per molto tempo lontana da Napoli e aver visto naufragare il proprio matrimonio, decide di ritornare nella città natale inseguendo un amore giovanile; Lila, invece, è sempre rimasta nella città partenopea, dove, con fatica e sacrificio (e lottando anche contro il pizzo), è riuscita a reinventarsi come imprenditrice informatica. Di colpo, però, le loro vite ricadono nella solitudine, con anche la scomparsa di una delle due amiche, fino ad un finale sorprendente e inatteso.
Quanto ci sia di autobiografico in tutti questi quattro romanzi è difficile saperlo, se non altro perché nessuno sa chi si nasconda realmente dietro al nome d’arte di Elena Ferrante (qualcuno ha ipotizzato addirittura una mano maschile, anche se pare difficile vista la grande capacità di descrivere l’universo e la mente delle donne); di sicuro, la storia è intensa e raccontata con trasporto ed emozione, come pochi in Italia sanno ancora fare.