Cinque memorabili canzoni di Renato Zero

Le più belle canzoni di Renato Zero, qui in esibizione ai Wind Music Awards (foto di Raphael Mair via Wikimedia Commons)
Le più belle canzoni di Renato Zero, qui in esibizione ai Wind Music Awards (foto di Raphael Mair via Wikimedia Commons)

Renato Zero è uno dei cantanti italiani di maggior successo di ogni epoca. Nella sua storia vanta infatti più di 45 milioni di dischi venduti e l’esser riuscito ad arrivare in testa alle classifiche discografiche di cinque decenni diversi, dalla fine degli anni ’70 ad oggi.

Un curriculum ammirabile, che trova i suoi punti di forza nell’estrema poliedricità del cantante romano. Zero ha dimostrato più volte di essere capace di ballare e cantare, recitare e costruire un personaggio come forse solo in America, prima di lui, sapevano fare.

La sua discografia, a tutt’oggi, si compone di quasi trenta album ed innumerevoli canzoni. Alcune sono particolarmente amate dal suo pubblico di fedelissimi, che le hanno trasformate in inni di un determinato modo d’essere.

Altre, invece, hanno saputo superare i confini, e catturare anche un pubblico diverso da quello che solitamente segue le produzioni dell’artista romano. Perché il pregio forse maggiore di Renato Zero è quello di riuscire a parlare a diversi tipi di persone, in maniera anche intima e profonda.

Abbiamo pertanto cercato le cinque canzoni della sua produzione che ci sembrano più significative e belle.

Scopriamole assieme, cercando di dare anche una panoramica il più possibile esaustiva del percorso artistico di Renato Zero.

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1. Il cielo

da Zerofobia, 1977

Di solito è buona norma cominciare dall’inizio. Noi, invece, partiremo in realtà dal 1977, anche se la carriera di Renato Zero aveva preso avvio parecchi anni prima [1].

La copertina di Zerofobia, l'album di Renato Zero che conteneva anche la canzone Il cieloGià sul finire degli anni ’60 aveva infatti cominciato a farsi conoscere all’interno dell’ambiente musicale romano, prima come ballerino, poi come attore e infine come performer a tutto tondo. Partecipava a serate nei locali, a musical, perfino – ma come comparsa – a film di Federico Fellini.

Con gli anni ’70 erano poi arrivati i primi album, ma il successo – quello vero – gli arrise solo con Zerofobia, uscito proprio nel 1977. I due brani più significativi, all’interno comunque di un disco di ottimo livello e in assoluto uno dei migliori della sua carriera, erano Mi vendo, che apriva la tracklist, e Il cielo [2], che la chiudeva.

Proprio quest’ultima canzone – scritta in toto da Zero – sarebbe stata destinata a una grande fortuna, tanto è vero che è immancabile anche nelle esibizioni dal vivo del cantante romano.

D’altro canto, lì c’erano già tutti gli elementi della sua poetica. Partendo da un’umanità disperata e spersa, la canzone infatti saliva fino a richiamarsi a qualcosa di più grande.

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2. La favola mia

da Zerolandia, 1978

Passò appena un anno e già nel 1978 Renato Zero seppe confermare il suo periodo di grande forma e ispirazione, dando alle stampe Zerolandia.

L’album riprendeva i toni già proposti da Zerofobia e anzi li portava alle estreme conseguenze. Giocava infatti in maniera ancora più esplicita con quell’ambiguità sessuale che aveva consentito a Zero di porsi sulla scena nazionale non solo come un ottimo cantautore, ma anche come un caso mediatico.

La favola mia, libro dedicato alle migliori canzoni di Renato Zero

Non a caso nel disco non mancavano i brani ammiccanti. Come, tra i tanti, la celeberrima Il triangolo – un ottimo successo anche nei paesi di lingua spagnola –, Sesso o esse o Sbattiamoci. Ad aprire l’album e a dare in un certo senso la rotta era però La favola mia [3].

Di questa canzone, tra l’altro, non si conoscono in realtà gli autori, visto che alla prima pubblicazione fu firmata da Franca Evangelisti, Piero Pintucci e dallo stesso Zero ma in una ristampa fu attribuita alla stessa Evangelisti, a Roberto Conrado, ad Albert Verrecchia e a Piero Montanari.

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Ad ogni modo, quella ballata intimista lasciava il segno. In essa Zero continuava in un certo senso a parlare della sua scelta di mascherarsi, truccarsi e presentarsi in maniera appariscente. Non risultava però come in altri casi provocatorio, ma spiegava come quello fosse il suo modo per regalare la magia ai propri fedeli fan.

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3. Più su

E in effetti, il periodo a cavallo tra gli anni ’70 e i primi anni ’80 fu magico per Zero. La sua capacità di porsi come “animale da palcoscenico” era infatti valorizzata dal cambiamento dei tempi.

Dopo la contestazione e il mutamento dei costumi, si era infatti disposti ad accettare e a guardare con curiosità chiunque, in un modo o nell’altro, proponesse un modo diverso di fare spettacolo.

EroZero, del 1979, fu il suo primo disco a raggiungere la vetta della hit parade, trainato da Il carrozzone. Ancora meglio fece il doppio Tregua, datato 1980 e contenente Amico.

Al di là dei dischi registrati in studio, era però anche nelle esibizioni live che Renato Zero stava ormai da qualche tempo cementando il suo rapporto con i fan. Fan che in quegli anni avrebbero iniziato a chiamarsi e a farsi chiamare “sorcini”.

Da Icaro, 1981

Proprio Tregua diede l’occasione per lanciare un grande tour intitolato Senza tregua, che la casa discografica decise di registrare e di immortalare nel primo album live della carriera del cantautore romano, Icaro. Questo disco fu pubblicato con enorme successo nel 1981.

In quell’album, che arrivò in vetta alla classifica italiana, erano presenti anche due inediti registrati sempre dal vivo, Chi più chi meno e soprattutto Più su [4]. Quest’ultimo brano chiudeva il lato B del secondo disco in vinile, chiamato “RenatoQuattro”.

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La canzone, scritta da Dario Baldan Bembo per la musica e dallo stesso Zero per il testo, era una summa del percorso compiuto fino ad allora dal cantante romano.

Era infatti finalmente giunto all’apice della propria carriera, ma ancora desideroso di mettersi in comunione col suo pubblico, al quale doveva così tanto. Da qui il desiderio di cantare insieme e continuare in un certo senso ad andare “più su“.

Purtroppo, però, quella salita si sarebbe presto interrotta. Dopo i grandi successi dei primi anni ’80, infatti, per Zero sarebbe presto arrivata la crisi professionale e di vendite, dalla quale però l’artista avrebbe saputo presto risollevarsi.

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4. I migliori anni della nostra vita

Facciamo ora un balzo in avanti. Come detto, attorno alla metà degli anni ’80 la popolarità di Renato Zero, quasi all’improvviso, crollò. Erano anni di grandi capovolgimenti nel settore musicale, in cui l’influenza dei cantanti stranieri cominciava a farsi sentire come un macigno.

Zero, forse ancora troppo legato all’immagine glam che si era costruito nel decennio precedente, fece fatica a rinnovarsi, rischiando di finire nel dimenticatoio.

Sulle tracce dell'imperfetto, album di Renato Zero che contiene I migliori anni della nostra vita

La sua lenta ma inesorabile risalita partì all’inizio degli anni ’90 anche con due partecipazioni a Sanremo. Si completò però solo con l’uscita di L’imperfetto, l’album del 1994 che lo fece ritornare in vetta alle classifiche di vendita.

E circa un anno dopo quel buon disco, uscì un lavoro strano, una sorta di celebrazione dei trent’anni di carriera che conteneva rivisitazioni di pezzi classici ma anche degli inediti.

Da Sulle tracce dell’imperfetto, 1995

Quell’album si intitolava Sulle tracce dell’imperfetto. Non era forse il suo lavoro più ispirato ma conteneva, in chiusura, uno dei suoi pezzi migliori (e più famosi) di sempre, I migliori anni della nostra vita [5].

La canzone era scritta per una volta non da Renato Zero ma dai navigati Maurizio Fabrizio e Guido Morra, che l’avevano offerta in prima istanza a Giorgia.

E si ispirava, almeno nel titolo, all’omonimo film del 1946 diretto da William Wyler. Rispetto a quella pellicola, però, raccontava una storia d’amore intensa. O, meglio, la potenza di quello stesso amore che consente di andare al di là dei problemi.

Il successo del brano fu strepitoso non solo all’interno del consueto pubblico di Zero, ma anche di chi non lo aveva mai apprezzato. La melodia finì così per essere accolta in sigle televisive e perfino in film d’autore (come Il divo di Paolo Sorrentino).

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5. Cercami

da Amore dopo amore, 1998

Ormai ritornato nelle grazie del pubblico italiano e ridivenuto uno dei cantautori più apprezzati del paese, nel 1998 Renato Zero lanciò Amore dopo amore. L’album risultò uno dei tre più venduti di tutto l’anno in Italia grazie soprattutto a Cercami [6], il secondo singolo estratto dopo l’anticipo di L’impossibile vivere.

La canzone, scritta interamente da Renato Zero per il testo e dallo stesso Zero e da Gianluca Podio (autore anche di vari pezzi per Pino Daniele) per la musica, rimase in classifica per tutta l’estate del 1998.

In questo modo trascinò tutto l’album, ricollegandosi in un certo senso ai vecchi successi del “re dei sorcini”, anche se ora passato attraverso i travagli della maturità.

Il testo in questo senso è emblematico: «Sono stato invadente – cantava Zero –, eccessivo lo so, il pagliaccio di sempre, anche quello era amore però. Questa vita ci ha puniti già, troppe quelle verità che ci son rimaste dentro. […] Io sono qui, insultami, feriscimi. Sono così, tu prendimi o cancellami, adesso sì, tu mi dirai che uomo mai ti aspetti».

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Ecco cinque memorabili canzoni di Renato Zero: vota la tua preferita.

 

Note e approfondimenti

[1] I suoi esordi risalgono alla metà degli anni ’60, quando, giovanissimo, cominciò ad esibirsi e a ballare in numerosi locali romani. Sul finire di quel decennio iniziò a registrare i primi brani e alcuni Caroselli, oltre a cercare ingaggi, spesso in compagnia delle amiche Mia Martini e Loredana Bertè.
[2] Potete ascoltarla qui.
[3] Qui potete sentirla in una bella esibizione live di qualche anno fa.
[4] Potete ascoltare il brano cliccando qui.
[5] Qui trovate il pezzo da ascoltare.
[6] La canzone potete riascoltarla qui.
[-] La foto di copertina è stata eseguita da Raphael Mair (via Wikimedia Commons).

 

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1 COMMENTO

  1. Ne citerei almeno altre cinque: Madame, Morire qui, La tua idea, Nei guardini che nessuno sa, Madame.

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