Cinque memorabili film su lupi mannari e licantropi

Cinque grandi film sui lupi mannari e i licantropi

Ecco i cinque migliori film su lupi mannari e licantropi secondo noi: vota il tuo preferito e poi leggi l'articolo per scoprirne tutti i dettagli.

 
Poco tempo fa vi abbiamo presentato un articolo che cercava di individuare cinque tra i film più spaventosi di sempre. Una scelta ardua, perché l’horror è un genere che ha sempre prodotto tante pellicole e, d’altro canto, numerose sono anche le fonti di ispirazione sia letterarie che tradizionali.

Mostri spesso ai margini

Oggi però vogliamo entrare più nello specifico con cinque memorabili film su lupi mannari e licantropi, figure storiche del folclore horror che però raramente hanno avuto ruoli di primissimo piano al cinema. Spesso, anzi, hanno finito per essere confinate ai margini delle varie pellicole, come personaggi di contorno. Forse anche per la difficoltà a livello di effetti speciali nel rendere in maniera realistica una mutazione che, per fare colpo, deve essere davvero impressionante.

Lasciamo da parte quindi film ironici come Voglia di vincere e telefilm come lo stesso Teen Wolf che, con toni più seri, riprende la stessa idea della pellicola con Michael J. Fox. E vediamo invece insieme i più terrificanti film sull’argomento, dagli anni ’40 ad oggi.


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L’uomo lupo

Quando la Universal era la casa dei mostri

Abbiamo appena citato Teen Wolf, la serie TV che proprio in questi anni sta rinverdendo il mito dei lupi mannari e la loro difficile integrazione col resto della società. Un tema affrontato di sfuggita, tra l’altro, pure nella saga di Twilight, ma che nella serie TV è centrale. E proprio in uno dei primissimi episodi di quel telefilm si cita il film che è considerato l’iniziatore almeno morale dei filone sui licantropi, L’uomo lupo del 1941.

In realtà, la pellicola non è la prima in assoluto appartenente a questo genere. Già nel 1935, infatti, la Universal aveva provato a produrre Il segreto del Tibet (in originale: The Werewolf of London), pellicola che però, nonostante gli ottimi effetti speciali, non venne apprezzata dal pubblico.

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Fu solo con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e con l’arrivo in America dello sceneggiatore ebreo Curt Siodmak che le cose cambiarono. Siodmak era infatti un apprezzato scrittore di fantascienza che avrebbe sceneggiato molti film “di mostri”, film che avrebbero fatto la fortuna della Universal di quegli anni. Da Frankenstein a Dracula passando per la Mummia, i personaggi più inquietanti dell’epoca uscirono dalla fantasia di quello sceneggiatore.

La storia de L’uomo lupo vede un ricco americano di origine gallese tornare al paesino di famiglia, in Gran Bretagna, dopo la scomparsa del fratello maggiore. Qui, durante un’avventurosa spedizione nel bosco in cerca di zingari da cui farsi leggere le carte, viene morso da un lupo mannaro. Finisce così per trasformarsi anch’egli e generare terrore nel vicinato, fino a quando l’anziano padre, inconsapevole della reale identità del mostro, non finirà per ucciderlo.

Tra tragedia greca e horror

Grazie a una sceneggiatura che ricorda più una tragedia greca che non un horror tradizionale, la figura del licantropo è presentata come una vittima del destino e della maledizione che, ineluttabile, porta alla metamorfosi al sorgere della luna piena. Qua e là Siodmak riesce poi anche ad inserire vistosi riferimenti all’ebraismo, come la stella a cinque punte che il protagonista vede comparire, come un presagio, sulle mani delle sue future vittime, fornendo così una sorta di parallelo tra la brutalità dell’uomo tramutato in lupo e quella – storica – degli uomini tramutati in nazisti.

Da segnalare, infine, lo straordinario (per i tempi) lavoro al trucco di Jack Pierce, una delle leggende di quegli anni per la sua capacità di dare vita, coi pochi mezzi a disposizione all’epoca, a vere e proprie icone della storia del cinema. Come anche il Frankenstein interpretato da Boris Karloff.

 

L’ululato

Joe Dante e la riscoperta dei licantropi

Dopo il periodo d’oro degli anni ’40 e ’50, Hollywood si dimenticò per qualche tempo dei suoi mostri. Li si considerava forse elementi troppo pacchiani e fuori moda, figli di un mondo ingenuo e che si accontentava di poco per impressionarsi. D’altronde, l’orrore non lo si viveva più nei film di fantasia o nei fumetti, ma nella vita di tutti i giorni, con la guerra del Vietnam o la morte di alcuni tra i più importanti leader della politica americana.

Per questo l’horror, soprattutto dagli anni ’60 in poi, si era evoluto verso un genere in cui la paura non veniva generata tanto da mostri irreali, ma dalla persona della porta accanto. Ovvero dal vicino di casa, dal Norman Bates della situazione che poteva sì essere posseduta da entità maligne (come ne L’esorcista) ma era sempre uno di noi.

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Qualcosa cominciò a cambiare con l’inizio degli anni ’80, grazie al successo di film come Alien, La cosa e, a suo modo, Lo squalo. Una rinascita che portò in breve tempo alla riscoperta anche di mostri tradizionali come i lupi mannari.

Nel 1981, ad esempio, uscirono due pellicole destinate a rimanere negli annali del genere: L’ululato e Un lupo mannaro americano a Londra. Il primo era diretto da un giovane Joe Dante, all’esordio con una produzione relativamente importante.

Allievo di Roger Corman

Dante era cresciuto con la lettura dei fumetti d’orrore e si era formato alla scuola di Roger Corman, maestro indiscusso del B-movie americano. Forse anche per questo seppe creare una pellicola convincente (che non a caso venne notata anche da Spielberg, che proprio al regista italoamericano avrebbe affidato il progetto di Gremlins), grazie anche agli ottimi effetti speciali. E soprattutto alla prima trasformazione in un’unica scena senza stacchi – e quindi “in diretta” – di un essere umano in lupo mannaro.

La trama era incentrata su una giornalista televisiva, Karen White, che decideva in apertura di fare da esca per un pericoloso serial killer, che finiva per rimanere ucciso una volta caduto nella trappola della donna. Karen però, molto scossa, si trasferiva per un periodo di vacanza in una zona montana, dove purtroppo finiva per scoprire che tutti gli abitanti della zona erano – come il serial killer, che in realtà non era morto – lupi mannari. E, particolare più preoccupante, volenterosi di vendicarsi di quello che lei aveva fatto al loro capobranco.

 

Un lupo mannaro americano a Londra

La proficua collaborazione tra John Landis e il mago del trucco Rick Baker

Oggi John Landis è famoso per le commedie realizzate, da giovane, a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80. Animal House nel 1978 decretò la fortuna sua e di John Belushi. Blues Brothers, due anni più tardi, fece entrare entrambi nel mito. Una poltrona per due, Il principe cerca moglie e Beverly Hills Cop III instaurarono una proficua collaborazione con Eddie Murphy.

Ma Landis è un regista e sceneggiatore dalla doppia faccia. Fin delle sue primissime autoproduzioni, infatti, le commedie sono state alternate a film horror-grotteschi. Tra questi rientra il suo esordio assoluto Slok, diretto nel 1973 a ventitré anni grazie alle donazioni di amici e parenti, in cui una sorta di King Kong moderno (da lui stesso interpretato, sotto il trucco del coetaneo Rick Baker) si innamorava di una ragazza cieca.

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Subito dopo Blues Brothers, così, Landis si mise al lavoro su qualcosa di completamente diverso, cioè un recupero del mito del lupo mannaro operato grazie alla collaborazione del fido Baker. Nacque così Un lupo mannaro americano a Londra, uno dei capolavori del genere.

La storia si concentra su due giovani studenti americani in vacanza in Inghilterra che vengono aggrediti, dopo essersi persi nella brughiera, da uno strano mostro. Questi uccide uno dei due e ferisce gravemente l’altro. Ricoverato a Londra, David comincia ad avere strani incubi, che culminano quando gli appare l’amico morto che gli spiega che si trasformerà in un lupo al sorgere della prima luna piena.


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La trasformazione effettivamente avviene e David lascia cadaveri in tutta Londra. Quando si risveglia umano e si accorge di aver causato tanti lutti, prova a suicidarsi, senza però riuscirci. Tutto prosegue fino a quando, al termine di alcune concitate scene, non viene freddato dalla polizia.

Un successo inatteso

Il film, pur non interpretato da nessuna star, ebbe un grande successo ed ottenne due Saturn Awards (per il miglior film horror e il miglior trucco). E soprattutto si aggiudicò l’Oscar per il trucco, il primo della carriera di Rick Baker, che avrebbe ottenuto lo stesso riconoscimento altre sei volte. L’ultima statuetta risale al 2011 per un altro film sui licantropi, Wolfman, remake de L’uomo lupo con cui abbiamo aperto la nostra cinquina.

Inoltre, Landis e Baker collaborarono ancora in una produzione horror realizzando il celeberrimo (e premiatissimo) video di Michael Jackson Thriller. Un video in cui lo stesso Jackson sembra vicino a trasformarsi in lupo mannaro e balla con un gruppo di zombie risorti dalle loro tombe.

 

Licantropia Evolution

Quando il lupo mannaro è una ragazza adolescente

Facciamo ora un salto avanti di un paio di decenni ed affacciamoci ai primi anni Duemila. In quel periodo il tema della licantropia ha dato vita a varie produzioni minori, lontane forse dai grandi fasti hollywoodiani ma baciate da un successo inaspettato. Un successo basato perlopiù sul passaparola (e sui siti internet di appassionati).

Uno dei primi – e più bistratti dalla distribuzione italiana – di questi film di culto è Licantropia Evolution, pellicola canadese del 2000. In Italia è uscita prima direttamente in TV, trasmessa dalla Rai col titolo originale di Ginger Snaps, poi in DVD assieme al sequel e al prequel, ma in un ordine sbagliato. La nuova titolazione scelta dagli adattatori italiani ha infatti fatto sì che il prequel, in realtà il terzo film realizzato, sembrasse l’inizio della trilogia e che questo Licantropia Evolution apparisse come il suo seguito.

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Al di là di queste beghe tutte italiane, la pellicola presentava vari motivi di interesse. Per la prima volta, ad esempio, il licantropo protagonista non era un uomo ma una donna, e anzi un’adolescente, che veniva trasformata in licantropo proprio la notte delle sue prime mestruazioni. Inoltre la ragazza, la Ginger del titolo originale, viveva già prima della mutazione un rapporto morboso e macabro con la sorella, che aveva reso le due in un certo senso le “dark” e le escluse della scuola.

Una mutazione graduale

Giocando sull’ambivalenza del collegamento tra sessualità e bestialità, Ginger diventava una ragazza sempre più estroversa e disinibita. E non si trasformava – come vorrebbe la tradizione – al sorgere della luna piena quanto piuttosto mutando gradualmente, giorno dopo giorno, prima in una feroce giovane donna e poi in un vero lupo. Tutto fino a quando la sorella, con l’aiuto di un ragazzo, non riusciva a fermarla.

Nel cast del film diretto da John Fawcett figuravano le giovani Emily Perkins e Katherine Isabelle, poi diventate caratteriste in molte altre produzioni horror. La prima è infatti comparsa in Supernatural, la seconda in Vampire e Insomnia. Inoltre c’era anche la statunitense Mimi Rogers, famosa soprattutto per essere stata la prima moglie di Tom Cruise e la responsabile del suo ingresso in Scientology.

 

Dog Soldiers

Un gruppo di soldati assediati dai licantropi

La seconda pellicola degli anni Duemila – prodotta a basso costo ma presto diventata di culto – che abbiamo scelto per la nostra cinquina è Dog Soldiers, realizzata nel 2002 in Gran Bretagna. E in Gran Bretagna è anche ambientata, come tra l’altro ben tre dei cinque film della nostra classifica. Segno che le brughiere inglesi e scozzesi sembrano ancora essere considerate la location ideale per un attacco di licantropi.

Scritto e diretto da Neil Marshall – futuro autore anche di The Descent e Doomsday – il film è uno splatter ricco di citazioni da altri film horror, in primis quelli di George Romero e Joe Dante. Nella landa scozzese un plotone di soldati è impegnato in un’esercitazione, ma si trova improvvisamente aggredito da dei lupi mannari. I militari sfuggono solo dopo il sacrificio di alcuni compagni e grazie all’aiuto di una biologa, che dà loro rifugio nella propria casa.

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Assediati durante la notte, i soldati entrano di volta in volta in contatto con diversi lupi che cercano di penetrare nella struttura. I mostri vengono spesso respinti, ma alla lunga riescono a decimare le forze degli umani, che si trovano spesso decapitati o trasformati a loro volta in lupi mannari.

Cooper contro Ryan

Dopo vari infruttuosi tentativi di fuggire o quantomeno di far saltare in aria i mostri, il solo soldato Lawrence Cooper – vero protagonista della pellicola – riesce a sopravvivere all’ultimo tentativo di far esplodere la casa. Si trova però così faccia a faccia col capitano Richard Ryan, ormai trasformato in licantropo.

La pellicola ha ricevuto vari riconoscimenti in festival indipendenti e, come detto, è stata molto apprezzata anche dagli appassionati, guadagnandosi col tempo fama di cult-movie. Gli incassi però non sono stati brillanti, anche se il film ha fatto comunque decollare la carriera di Marshall, che in patria è diventato il regista horror più apprezzato. Non a caso, di recente ha potuto dirigere anche alcuni episodi de Il trono di spade.

 

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