I cinque migliori marcatori della serie A di ogni epoca

Tra i migliori marcatori della serie A di sempre c'è anche Francesco Totti, qui impegnato in un derby con la Lazio nel 1996/97

Ci sono stati periodi della storia del calcio italiano in cui la classifica dei migliori marcatori della serie A non è interessata praticamente a nessuno: se guardate le medie realizzative di un tempo e le paragonate a quelle di oggi, vi rendete conto che è ormai impossibile rivaleggiare con i 0,77 gol a partita di Gunnar Nordahl che giocò negli anni ’50 o i due gol ogni tre gare di Aldo Boffi, che fu una bandiera (anche lui del Milan) a cavallo tra gli anni ’30 e i ’40.

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In queste ultime stagioni, però, la tendenza si è invertita, grazie soprattutto all’apporto di due veterani che, forti di una carriera lunga e invidiabile, hanno pian piano scalato le posizioni. Stiamo parlando di Francesco Totti e Antonio Di Natale, gli unici due calciatori ancora attivi nel nostro campionato (all’estero ci sono pure Del Piero e Gilardino) a posizionarsi tra i primi 30 della graduatoria.

Quali sono però i primi cinque della lista? E, soprattutto, qual è stata la loro storia e la loro carriera? Eccone un breve sunto.

 

Silvio Piola

Il bomber che non vinse mai lo scudetto

A guidare la classifica dei più prolifici marcatori della serie A è, e nettamente, il quasi irraggiungibile Silvio Piola, goleador d’altri tempi che vanta ben 274 reti tra il 1929 e il 1954, che salgono a 290 se si tiene conto anche dei massimi campionati giocati a più gironi, come avvenne nel 1945/46, appena usciti dalla guerra (senza contare il campionato Alta Italia del 1944, in cui siglò 27 gol).

I numeri ci dicono che fu indubbiamente il più grande bomber italiano di tutti i tempi, soprattutto se si considera che disputò quasi tutti i campionati in squadre non di primo piano, che non lottavano quasi mai per lo scudetto, e quindi per lui era anche più difficile di altri andare in rete. Nato in provincia di Pavia (ma da una famiglia vercellese) nel 1913, giocò le prime cinque stagioni nella locale Pro Vercelli, club storico che negli anni ’10 e ’20 aveva fatto incetta di scudetti; quando vi esordì Piola (a soli 16 anni), però, i tempi d’oro erano ormai passati e la squadra vivacchiava a metà classifica (ma dopo l’addio del suo bomber, nel 1934, precipitò immediatamente in B e da allora non ha più fatto ritorno nella massima serie).

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Nel 1934 passò così alla Lazio, voluto da alcuni gerarchi fascisti che sognavano di far volare in vetta alla classifica le due squadre romane e che con forti ingerenze batterono la concorrenza di Torino e Ambrosiana; nella capitale sarebbe rimasto per nove anni, diventando il marcatore più prolifico di sempre con la maglia biancazzurra, forte di ben 143 gol ufficiali. Lo scudetto però non arrivò mai, nonostante i forti investimenti della dirigenza: dopo un paio d’anni d’assestamento, solo nel 1936 la squadra poté effettivamente competere per la vittoria finale, ma fu superata dal Bologna.

In compenso in quegli anni esordì in Nazionale, superando anche l’iniziale diffidenza di Vittorio Pozzo, trovandosi titolare nella spedizione in Francia per la Coppa del Mondo del 1938: segnò in tutto 5 reti, tra le quali le più importanti furono quelle durante la finale con l’Ungheria, laureandosi anche capocannoniere del torneo. La guerra purtroppo ne interruppe la carriera nel periodo di massima maturità, ma Piola aveva il fisico resistente: durante gli ultimi anni del conflitto disputò un campionato col Torino e due con la Juventus, senza comunque aggiudicarsi neppure qui alcuno scudetto. Chiuse la carriera nel Novara, che riportò in serie A e col quale continuò a segnare a raffica fino a oltre i 40 anni d’età.

 

Francesco Totti

Il più prolifico con un’unica maglia

Francesco Totti è l’unico calciatore della nostra cinquina ancora in attività, e l’unico quindi che è ancora in grado di incrementare il suo già importante bottino di 239 reti nella massima serie (anche se sarà difficile arrivare ai livelli di Piola). Ma un primato il capitano della Roma l’ha già raggiunto: è il più prolifico marcatore di sempre ad aver giocato con un’unica maglia, visto che tutte le 239 reti sono state realizzate in giallorosso.

Nato a Roma nel 1976, Totti esordisce con la prima squadra a soli 16 anni, mandato in campo da Vujadin Boskov durante un Brescia-Roma; l’esordio da titolare arriva l’anno successivo, nel febbraio del 1994, soprattutto grazie a Carlo Mazzone, che lo inserisce gradualmente nel gioco della squadra. Il primo gol ufficiale è datato 4 settembre 1994 contro il Foggia, anche se in queste stagioni il giovane attaccante viene utilizzato principalmente come trequartista e non va spesso in rete, anche perché gli allenatori – famoso il difficile rapporto con Carlos Bianchi – non gli danno la continuità necessaria.

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La svolta arriva quando sulla panchina della Roma va a sedersi Zdenek Zeman: Totti diventa infatti un titolare fisso e punto di riferimento della manovra offensiva, oltre che capitano della squadra; l’unica cosa a mancare sono, però, i successi, tanto è vero che lo stesso fantasista minaccia il trasferimento in altre squadre per costringere la dirigenza ad ampliare la rosa. Nel 1998 arriva così Fabio Capello in panchina, che su Totti costruisce la sua nuova squadra, anche grazie agli arrivi di Batistuta, Montella e di altri campioni: nel 2001 arriva così l’agognato scudetto, di cui il capitano è assoluto protagonista.

Gli anni immediatamente successivi sono magri di soddisfazioni: continua a segnare con grande continuità e da seconda punta viene anche avanzato a centravanti di manovra, ma i successi in campionato non arrivano. La squadra ritorna ad essere competitiva con l’arrivo di Spalletti in panchina e con un Totti che lotta spesso per il titolo di capocannoniere del torneo, in un processo che sembra continuare immutato anche con l’attuale allenatore Garcia, di cui il numero 10 è inevitabilmente un punto fermo. Anche in Champions, nonostante la squadra non riesca ad arrivare nelle fasi finali della competizione, Totti lascia spesso il segno con gol memorabili, detenendo attualmente il record di calciatore più anziano a segno nella competizione. Un’ultima parola sulla Nazionale: esordisce subito dopo il Mondiale del ’98 ma è soprattutto nell’Europeo del 2000 che entra negli annali, inventando il rigore “a cucchiaio”; dopo le parentesi sfortunate del 2002 e 2004, nel 2006 è, reduce da un infortunio, tra i titolari della squadra che conquista il Mondiale.

 

Gunnar Nordahl

Il pompiere svedese

Al terzo posto della graduatoria troviamo un bomber d’altri tempi, forse il più forte in assoluto che abbia mai calcato i campi italiani: lo svedese Gunnar Nordahl, che rese grande il Milan e concluse la carriera alla Roma. I suoi 225 gol realizzati in serie A non sono però importanti solo per la cifra raggiunta, ma anche per almeno due altre cose che vale la pena ricordare: in primo luogo, sono quasi tutti gol segnati su azione, visto che solo due furono i rigori che realizzò in carriera; inoltre, tra i calciatori che sono arrivati a superare la soglia delle cento reti lui vanta una media realizzativa da extraterrestre, di 0,77 gol a partita (giusto per dare un termine di paragone, Piola è fermo a 0,51 e nessuno dei giocatori oggi in attività – in Italia o all’estero – supera lo 0,56 di Ibrahimovic).

Nato nel 1921, Nordahl – che in patria era un dilettante e lavorava come pompiere – arrivò in Italia nel gennaio del 1949, dopo aver ben impressionato alle Olimpiadi di Londra, grazie a 7 gol in 4 partite che contribuirono a portare la Svezia alla conquista della medaglia d’oro. Assieme a lui approdarono in rossonero altri due connazionali: la mezzala Gunnar Gren e il centrocampista Nils Liedholm, tutti giocatori che come Nordahl si avviavano verso i trent’anni d’età ma che avrebbero lasciato un segno indelebile nella storia del Milan e del campionato italiano.

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Il trio, particolarmente portentoso in attacco, venne presto ribattezzato dai tifosi “Gre-No-Li”, e proprio in Nordahl trovava il finalizzatore ideale, visto che il centravanti nordico non era particolarmente alto (1.80 metri, che per l’epoca era comunque una statura di tutto rispetto) ma aveva una forza e una muscolatura eccezionali che gli permettevano di resistere agli urti dei difensori ma anche di involarsi in scatto. Nelle sette stagioni giocate a Milano – Gren in realtà se ne andò dopo quattro anni, mentre Liedholm resistette di più –, il “pompiere” ottenne due scudetti e due Coppe Latine (antesignana della Coppa Campioni).

Soprattutto, memorabili dal punto di vista realizzativo furono i primi tre anni in Italia: nel 1949 arrivò a gennaio, giocando solo sei mesi ma segnando subito 16 gol in 15 partite; l’anno dopo i gol furono 35 su 37 incontri disputati (record ancora imbattuto), mentre nel 1950/51 lo scudetto – dopo quarantaquattro anni d’attesa per i rossoneri – arrivò anche grazie alle sue 34 reti. Alcuni suoi fratelli giocarono in varie squadre italiane (Knut a Roma, Bertil a Bergamo), mentre lui concluse la sua carriera a quasi 37 anni, dopo due campionati della Roma di cui divenne anche, brevemente, allenatore. È ancora oggi, inoltre, l’attaccante con la miglior media realizzativa nella storia della nazionale svedese, con 43 gol in 33 partite.

 

Giuseppe Meazza

Il Balilla che fece grande l’Inter e la Nazionale

Avviamoci ora verso la conclusione: al quarto posto troviamo, a pari merito a quota 216 gol, due leggende del passato tra loro molto diverse, cioè da una parte Giuseppe Meazza, dall’altra José Altafini. Partiamo dal primo, sia per ordine di anzianità, sia perché il suo totale salirebbe a quota 262 se si contassero i campionati non a girone unico che disputò a inizio carriera e durante la guerra.

La storia di Giuseppe Meazza è, a suo modo, la più epica del nostro calcio, e anche per questo motivo abbiamo già avuto modo in passato di parlare di lui e dei suoi gol. Nato a Milano nel 1910, orfano di guerra da parte di padre, aveva iniziato a giocare a calcio per le strade di Milano, fino a che non era riuscito ad entrare nell’Inter poi ribattezzata Ambrosiana (a causa delle ingerenze fasciste, che mal digerivano una squadra “internazionale” perfino nel nome) dopo essere stato scartato dal Milan per il fisico troppo mingherlino. L’esordio in prima squadra avvenne a soli 17 anni, nel 1927, cosa che gli fruttò il soprannome di Balilla.

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Già nel 1930, nella prima edizione della serie A, vinse scudetto e titolo di capocannoniere con 31 reti, guadagnandosi la prima convocazione in Nazionale, che negli anni ’30 gli regalò molti più successi di quanti non potesse concedergliene la squadra di club, limitata dal ciclo vincente della Juventus (il secondo e ultimo scudetto sarebbe arrivato nel 1938): sotto la guida di Vittorio Pozzo, Meazza divenne il fuoriclasse degli Azzurri, dimostrandosi capace di guidarli a vincere due Coppe Internazionali (la prima vincendo in Ungheria per 5-0 contro la fortissima squadra locale, grazie a una sua tripletta) e soprattutto due Coppe del Mondo, in Italia nel 1934 e in Francia nel 1938.

Nel 1939, quand’era ancora altamente competitivo, si infortunò: un’occlusione ai vasi sanguigni del piede sinistro – che divenne celebre come “piede gelato” – lo tenne a lungo lontano dai campi, e quando poté tornare a giocare da un lato era scoppiata la Seconda guerra mondiale, con il conseguente stop alle partite internazionali e la suddivisione della serie A in più gironi, dall’altro lui non era più il giocatore di un tempo. Giocò ancora qualche stagione nella Juventus Cisitalia, nel Varese, nell’Atalanta e poi di nuovo nell’Inter, ma senza riuscire a ripetere le imprese di un tempo. È a tutt’oggi, comunque, il secondo marcatore più prolifico della storia della Nazionale dietro a Gigi Riva.

 

José Altafini

Il goleador venuto dal Brasile

E concludiamo la nostra panoramica con José Altafini, l’unico sudamericano non solo della nostra cinquina ma anche dei primi dieci posti, considerando che gli altri bomber dell’America Latina in graduatoria sono Gabriel Batistuta all’undicesimo posto, Luis Vinicio al ventunesimo, Hernan Crespo al ventitreesimo e Omar Sivori al ventiseiesimo.

Nato in Brasile nel 1938 e chiamato, in patria, col soprannome di Mazzola per via della sua somiglianza a Valentino Mazzola, Altafini cominciò a farsi conoscere sulla scena internazionale grazie alla militanza nel Palmeiras, squadra che per tradizione ospita giocatori italobrasiliani come lui. Grazie alle prestazioni in biancoverde ottenne una convocazione in Nazionale per i Mondiali del 1958 in Svezia; proprio durante la fase di preparazione a quella competizione – che portò i verdeoro in Italia – venne visionato dagli emissari del Milan che decisero di acquistarlo e portarlo nel belpaese, ad appena 20 anni d’età. Ai Mondiali giocò tre partite e segnò due gol, conquistando il titolo di campione del mondo; il trasferimento in Italia e l’acquisizione della cittadinanza italiana lo esclusero però da lì in poi da altre convocazioni in verdeoro.

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Al Milan vinse subito lo scudetto, ripetendosi poi anche nel 1962, anno in cui conquistò pure la classifica marcatori con 22 reti; ma l’anno forse più importante in rossonero fu il successivo, quando guidò la squadra alla finale della Coppa Campioni sconfiggendo il fortissimo Benfica di Eusebio, che aveva vinto le due edizioni precedenti: particolarmente memorabile fu proprio la finale disputata a Wembley, in cui la squadra di Nereo Rocco superò in rimonta per 2-1 i lusitani grazie proprio a una doppietta di Altafini, che si laureò anche capocannoniere del torneo.

Nel 1965 alcuni contrasti interni alla squadra lo fecero approdare al Napoli, dove formò una coppia d’oro col maturo Omar Sivori e portò la compagine partenopea a quello che fino ad allora era stato il miglior piazzamento della sua storia, il secondo posto nel 1968. Nel 1972, quando ormai tutti lo davano per prossimo alla pensione, passò con Dino Zoff alla Juventus, dove visse una seconda giovinezza: pur partendo sempre dalla panchina, riuscì a siglare 25 gol in 64 apparizioni, risultando determinante nella conquista di due scudetti. Chiuse la carriera a quasi 42 anni in Svizzera.

 

Segnala altri grandi marcatori della serie A nei commenti.

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