Cinque opere di Le Corbusier che hanno fatto epoca

Villa Savoye, forse la più celebre delle opere di Le Corbusier (foto di Valueyou via Wikipedia)
Villa Savoye, forse la più celebre delle opere di Le Corbusier (foto di Valueyou via Wikipedia)

In genere, il lavoro dell’artista è ben separato da quello del critico o del teorico. Coglie, quasi divinamente, i sentimenti del suo tempo e riesce ad esprimerli in maniera visiva, ma raramente sa costruirci una filosofia attorno. Così, molto spesso gli artisti lasciano che siano le loro opere a parlare per loro, anche perché loro stessi non saprebbero spiegare del tutto i moventi delle loro azioni.

Ci sono dei casi in cui, però, il pittore e l’architetto sanno anche illustrare i motivi delle loro scelte. O, meglio, costruiscono le loro opere sulla base di un ben preciso dettato teorico, elaborato nel corso degli anni.

Quando ciò avviene, arte e filosofia estetica si fondono, e spesso nascono creazioni capaci di lasciare un segno profondo. Così è stato anche per Le Corbusier, uno degli architetti più importanti e famosi del Novecento.


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Nei suoi lavori si possono ritrovare le sue convinzioni estetiche, sintetizzate per la prima volta nel saggio Verso una architettura del 1923 e poi in vari altri scritti. E allora ripercorriamo queste convinzioni attraverso cinque sue memorabili opere.

 

1. Villa Savoye a Poissy

La teoria di Le Corbusier messa in pratica

La costruzione forse più famosa in assoluto di Le Corbusier – al secolo Charles-Edouard Jeanneret-Gris – è Villa Savoye a Poissy, non distante da Parigi. Realizzata tra il 1929 e il 1931, quando l’architetto svizzero stava cominciando a farsi conoscere sulla scena europea, enucleava al suo interno tutte le regole del Movimento Moderno.

L’edificio fu costruito su commissione di Pierre Savoye ed è considerato il massimo esempio del cubismo architettonico. Tanto è vero che, dopo anni di abbandono, è stato di recente recuperato e aperto al pubblico.

Villa Savoye, forse la più celebre delle opere di Le Corbusier (foto di Valueyou via Wikipedia)
Villa Savoye, forse la più celebre delle opere di Le Corbusier (foto di Valueyou via Wikipedia)

Gli elementi più distintivi si vedono già dall’esterno. Intanto si notano subito i pilotis, i pilastri, che innalzano la struttura centrale al di sopra del livello del terreno, cosa che il calcestruzzo armato finalmente permetteva di fare.

Il tetto poi è a terrazza e ospita un giardino, oltre a un solarium. Ci sono poi le finestre a nastro, mentre la facciata e la pianta sono libere. I committenti, in realtà, non furono molto contenti del lavoro.

Intanto il costo passò dai previsti 500mila franchi a 800mila. Poi, dopo appena poche villeggiature in quella villa di campagna, i Savoye cominciarono a scrivere a Le Corbusier, lamentandosi delle infiltrazioni al soffitto, dagli spifferi alle finestre e dal tremolio dei vetri del lucernario.

 

2. Unité d’Habitation a Marsiglia

Un edificio per l’uomo moderno

Se prima della Seconda guerra mondiale Le Corbusier pose le basi del suo successo, fu solo dopo il 1945 che cominciò a cogliere il frutto del suo lavoro. Nella Francia rinata dopo l’occupazione nazista trovò numerose occasioni di lavoro, potendo sviluppare al meglio le sue idee.

Nel corso degli anni aveva infatti concepito una nuova idea dell’architettura, che da un lato doveva accordarsi alla moderna società industriale e dall’altro servire alle esigenze dell’uomo moderno. Nacque così un’architettura quasi “a catena di montaggio”, i cui elementi dovevano essere facilmente replicabili in serie.

L'Unité d'Habitation a Marsiglia (foto di Jean-Pierre Dalbéra via Flickr)
L’Unité d’Habitation a Marsiglia (foto di Jean-Pierre Dalbéra via Flickr)

Ma allo stesso tempo un’architettura basata sul modulor, cioè su nuovi rapporti numerici e più armoniosi.

Il più grande esempio di queste idee si ritrova oggi nell’Unité d’Habitation di Marsiglia, realizzata tra il 1947 e il 1952. L’idea era quella di costruire delle case per il proletariato e il ceto medio urbano che potessero essere veramente vivibili.

Case in cui si replicasse infinite volte lo stesso modulo, per appartamenti di 2, 3, 4 o 5 persone. Ma anche case collegate tra loro non tanto da corridoi, quanto più da strade, ai lati delle quali sorgessero negozi e luoghi di ritrovo.

Una città verticale

Il palazzo diventava così una sorta di città verticale (e infatti è famoso anche col nome di Cité Radieuse).

Mentre i bambini giocavano nel giardino sul tetto, i genitori potevano fare la spesa, andare in lavanderia, entrare in biblioteca, pur senza mai uscire dall’edificio. Dopo il successo – pur non senza polemiche – dell’edificio marsigliese, altre costruzioni simili furono realizzate da Le Corbusier a Rezé, a Briey, a Firminy e a Berlino Ovest.

Abitata ancora oggi, l’Unité d’Habitation marsigliese è anche monumento storico e tappa obbligata di numerosi percorsi turistici.

 

3. Cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp

L’architettura religiosa di Le Corbusier

Quasi al confine con la natia Svizzera si trova un altro degli edifici più famosi di Le Corbusier, la Cappella di Notre-Dame du Haut. Un edificio che dimostra come i dettami teorici dell’architetto non si adattavano per forza solo a costruzioni civili, ma potevano lasciare il segno perfino nell’architettura religiosa.

La cappella, che sorge nei dintorni di Belfort, fu progettata nel 1950 ma realizzata tra il 1954 e il 1955, quando fu benedetta. È stata però consacrata solo nel 2005, molti anni dopo la morte del suo ideatore.

L'ardita Cappella di Notre-Dame du Haut

La struttura, come si può vedere nella foto qui di fianco, è molto particolare, ma non tradisce le idee di Le Corbusier. Colpisce subito, sia dall’esterno che dall’interno, il tetto, creato con una gettata di calcestruzzo che è stato modellato come a formare una vela rovesciata.


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Il peso della copertura, però, non poggia sui muri, ma ancora una volta sui pilastri, che riescono a dare un’idea di leggerezza al tutto. Le finestre, poi, pur essendo meno ampie di quelle degli edifici civili, sono però numerosissime e di dimensioni molto diverse, creando strani effetti di luce all’interno.

 

4. Palazzo dell’Assemblea a Chandigarh

Un’intera città da progettare in India

Le Corbusier non fu, però, solo un architetto. I suoi interessi, anzi, erano molto ampi, e spaziavano in tutti i settori dell’abitare. Progettò diversi mobili, alcuni dei quali sopravvissuti al suo tempo, e soprattutto ideò intere città.

D’altronde, non era certo il tipo che si accontentava di disegnare su carta dei singoli edifici: con la mente spaziava, e aveva l’ambizione di ridisegnare tutto il mondo. Già nel 1922 aveva concepito il progetto di una Città per Tre Milioni d’Abitanti, rimasto solo su carta. Nel 1933 l’aveva ampliato in quello di una Ville Radieuse.

Il Palazzo dell'Assemblea, parte di un ampio progetto urbanistico a Chandigarh, in India

Fu però solo negli anni ’50 che questi sforzi di teoria urbanistica poterono trovare un campo d’attuazione. Nel 1951 il primo ministro indiano, Jawaharlal Nehru, gli chiese di disegnare una nuova città nel nord del paese.

La metropoli si sarebbe chiamata Chandigarh e sarebbe divenuta la capitale di due regioni del nord. Le Corbusier ebbe praticamente mano libera nel disegnarla, posizionandovi gli edifici governativi e le zone residenziali.

I due palazzi più belli di quella grande opera sono probabilmente il Palazzo dell’Assemblea e quello di Giustizia. Il primo, in particolare, è un edificio in cui ancora una volta la leggerezza della costruzione è assicurata dai pilastri, in cui è lasciato ampio spazio alle vetrate e in cui si cercano costruzioni ardite nelle coperture.

 

5. Chiesa di Saint-Pierre a Firminy

L’ultimo lavoro di Le Corbusier

L’ultima opera che abbiamo scelto per concludere la nostra selezione ci consente di ritornare in Francia. In particolare, nel piccolo comune di Firminy, appena 17mila abitanti non lontano da Saint-Étienne.

Qui a metà anni ’60, ormai anziano, Le Corbusier realizzò vari edifici, riuniti oggi sotto il nome di Firminy Verde. Tra questi, un’Unité d’Habitation, uno stadio, una Casa della cultura e la Chiesa di Saint-Pierre, che è considerata l’ultimo tra i grandi lavori del maestro svizzero.

La Chiesa di Saint-Pierre, ultimo capolavoro di Le Corbusier

Le Corbusier la disegnò infatti poco prima di morire, nel 1965. I lavori per la sua costruzione partirono però solo nel 1971 e sono stati completati di recente, nel 2006.

Un ritardo, quello costruttivo, che non ne ha intaccato però la portata dirompente. La Chiesa, infatti, negli ultimi anni è stata salutata da molte riviste di architettura come una delle costruzioni più importanti di questo inizio di secolo, nonostante sia stata progettata ormai cinquant’anni fa.

A completare l’opera in questo ultimo tratto di lavori è stato l’architetto José Oubrerie, già allievo di Le Corbusier. Visto che è stata completata con fondi pubblici e in Francia lo Stato non finanzia edifici religiosi, è oggi usata per eventi culturali.

 

E voi, quale opera di Le Corbusier preferite?

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