
All’interno della storia della letteratura, Edgar Allan Poe ha vari meriti: inventore del giallo e del racconto horror, prosecutore e forse massimo esponente in lingua inglese del genere gotico, fu anche, tra le altre cose, il primo vero scrittore di libri thriller psicologici, cioè di storie in cui la tensione della trama non era generata tanto dalle azioni dei protagonisti, quando dai pensieri e dalla psiche degli stessi. Se avete letto Il cuore rivelatore, il celebre racconto del 1843, sapete bene di cosa stiamo parlando: un viaggio nella mente spesso malata e ossessiva di un assassino.
Da quella metà dell’Ottocento in poi molti sono stati gli scrittori che hanno ripreso in mano quel genere, a volte seguendo la lezione di Poe, altre volte rinnovandolo da capo a fondo. Se l’argomento vi interessa e volete scoprire quali siano i romanzi fondamentali del thriller psicologico, eccovi, quindi, le nostre proposte.
Indice
1. Jim Thompson – L’assassino che è in me
Fino a qualche anno fa nessuno, neppure negli Stati Uniti, aveva idea di chi fosse Jim Thompson, l’autore che è oggi considerato uno dei massimi esponenti dell’hard boiled americano e più in generale del thriller psicologico ed esistenziale.
Protagonista di una vita piena di insuccessi e di insoddisfazioni, fu costretto – a causa delle difficoltà economiche e dello scarso apprezzamento da parte del pubblico verso i suoi primi lavori – a campare scrivendo inizialmente romanzi pulp che venivano pubblicati da editori di scarso rilievo in mezzo a tanta robaccia di serie B.
Poi passò alle sceneggiature per Hollywood (un paio anche per film di Stanley Kubrick), in cui però spesso non veniva neppure accreditato. Infine approdò a programmi televisivi e perfino ad adattamenti in forma di romanzo di storie tratte da serie TV.
Il noir dell’autore rivalutato
L’assassino che è in me, pubblicato nel 1952, ad esempio, aprì la proficua fase pulp di Thompson, che lo portò a pubblicare ben dieci romanzi in due anni, libri spesso di pregevole fattura e altrettanto spesso ignorati dalla critica e dal pubblico.
Il suo tentativo di vendicare il fratello più vecchio, Mike, morto in circostanze misteriose in un cantiere, e contemporaneamente di garantirsi un alibi, finirà in una vera e propria carneficina, con coinvolgimento di prostitute, innocenti e mascalzoni.
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2. Patricia Highsmith – Il talento di mr. Ripley
Quando si tratta di psicologia e dell’entrare nei meandri della mente umana, si pensa tendenzialmente che lo spirito femminile, per l’acutezza e l’interesse verso queste tematiche, parta in un certo senso avvantaggiato.
Nella cinquina che vi stiamo presentando, però, solo una donna è riuscita a guadagnarsi secondo il nostro giudizio una posizione di rilievo, anche se si tratta di una vera e propria leggenda della letteratura criminale: cioè Patricia Highsmith.
Ma fu pochi anni più tardi, con Il talento di mr. Ripley, che la Highsmith lasciò un segno indelebile nel genere del thriller psicologico, con uno stile decisamente meno sanguinolento e truce del contemporaneo Jim Thompson.
Tom Ripley, un tipo solo all’apparenza comune
In quel romanzo – tra l’altro più volte portato al cinema nel corso degli anni da grandi registi, tra cui Anthony Minghella – facciamo infatti la conoscenza di Tom Ripley.
Questi è un giovane americano all’apparenza senza grandi qualità, ma in grado di acquisire i comportamenti di chi stima e, subito dopo, di eliminare fisicamente chiunque gli impedisca di mettere in atto questi comportamenti e realizzare i suoi sogni, il tutto senza rimorso.
La tensione, come in altri libri del genere, non sta quindi nella scoperta del crimine, che è anzi raccontato per filo e per segno dalla viva voce della scrittrice, ma nell’indagine psicologica di un uomo comune, un uomo che nasconde una serie di segreti e la cui incolumità è perennemente messa a rischio dalle sue stesse azioni e dal rischio di essere scoperto e smascherato.
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3. Thomas Harris – Il silenzio degli innocenti
Per questa selezione, ovviamente, ci siamo limitati solo ai grandi classici del thriller, a quei libri cioè che, prima o dopo, hanno lasciato una traccia in grado di influenzare gran parte della produzione successiva.
Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris – in parte anche per il successo della bella versione cinematografica ma anche per le proprie indubbie qualità – è un thriller che appartiene sicuramente alla schiera dei migliori nel suo genere.
Al centro della storia vi sono le indagini della giovane e promettente Clarice Starling, agente speciale dell’FBI, in merito a una serie di omicidi compiuti da un serial killer che si fa chiamare Bufalo Bill.
Lo psichiatra che diventa assassino
Non sono però tanto gli omicidi o le indagini a sconvolgere la mente del lettore, quanto il rapporto che si viene a instaurare tra Clarice e il celeberrimo dottor Hannibal Lecter, psichiatra col vizio del cannibalismo.
L’uomo è inizialmente detenuto in un carcere di massima sicurezza, ma la stessa Clarice decide di consultarsi con lui per cercare di comprendere la psicologia del serial killer a cui sta dando la caccia.
Segno che il personaggio è riuscito non solo ad entrare nell’immaginario della letteratura contemporanea (e, grazie soprattutto all’interpretazione di Anthony Hopkins, del cinema), ma anche a plasmare la carriera del suo stesso creatore.
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4. Dennis Lehane – L’isola della paura
Arriviamo, pian piano, ai classici più recenti e più vicini forse anche al ritmo ossessivo e vorticoso che il genere ha assunto in questi ultimi anni, in un rapporto spesso di influenza reciproca col cinema e coi suoi più grandi maestri.
Dennis Lehane, nome forse non notissimo ai più, è infatti uno che con le sue parole da un lato ha dimostrato e continua a dimostrare una visione perfettamente cinematografica delle scene e delle ricostruzioni e dall’altro ha influenzato enormemente il cinema degli ultimi anni, spesso ai più alti livelli.
Il secondo è invece L’isola della paura, adattato da Martin Scorsese nel 2010 in Shutter Island. Senza contare i film che anche Ben Affleck ha tratto e ha intenzione di trarre dai suoi libri.
La paranoia dell’agente dell’FBI
L’isola della paura, in particolare, è un romanzo ambientato in un’isola-penitenziario nell’America degli anni ’50 in cui due agenti dell’FBI vengono inviati per indagare sulla misteriosa scomparsa di una detenuta, Rachel Solando, internata per l’uccisione dei suoi tre figli.
Il primo di questi due agenti, però, Teddy Daniels, inizia a subodorare qualcosa di strano, soprattutto quando gli viene messa nell’orecchio la pulce che dietro alla scomparsa della paziente ci sia tutta una grande macchinazione di cui lui stesso potrebbe presto diventare vittima.
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5. Stieg Larsson – Uomini che odiano le donne
Se la tradizione d’eccellenza dei thriller psicologici è, almeno sul versante dei libri, tutta americana, c’è da dire che da qualche anno a questa parte si sono affacciate sulla scena nuove scuole, caratterizzate da alcuni tratti comuni.
E una delle più interessanti è probabilmente quella nordica o più precisamente svedese, della quale abbiamo anche noi cercato di dare una panoramica tramite la nostra guida ai migliori scrittori svedesi di gialli degli ultimi anni.
Uomini che odiano le donne è infatti comparso nelle librerie svedesi nel 2005, un anno dopo la morte di Larsson, e costituisce il primo capitolo della trilogia Millennium che è poi proseguita con La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta.
L’esordio di Lisbeth Salander
Protagonista della serie è Lisbeth Salander, hacker dal passato misterioso del quale – almeno nel primo volume – si sa molto poco e che sembra comunque averne viste di tutti i colori, soprattutto in termini di violenze e soprusi.
Con Michael Blomkvist
Nel primo romanzo la ragazza si trova a collaborare col giornalista Michael Blomkvist nel tentativo di riportare alla luce segreti drammatici legati alla storia di una potente famiglia svedese, segreti che si intrecciano anche in questo caso a violenze sessuali, morti e fughe.
Il romanzo ha avuto un grandissimo successo in tutto il mondo, tanto che in meno di dieci anni è già stato portato sul grande schermo ben due volte, la prima in Svezia per la regia di Niels Arden Oplev e la seconda negli Stati Uniti, grazie al regista di Fight Club (che a suo modo è anch’esso un thriller psicologico), David Fincher.
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