Cinque ottimi piatti tipici del Trentino-Alto Adige

Alla scoperta dei piatti tipici della cucina trentina e altoatesina

In questi mesi vi abbiamo fatto fare in un certo senso il giro del mondo, sia dal punto di vista turistico che culinario: solo per citare gli ultimi articoli che abbiamo pubblicato, vi abbiamo accompagnato alla scoperta dei piatti tipici russi, dei dolci e dei vini siciliani, dei gusti degli australiani e di quelli degli spagnoli e così via.

La cucina regionale che diventa cultura

Lo facciamo, con questa costanza e frequenza, perché crediamo che anche il cibo faccia parte della cultura di un popolo, tanto quanto una cattedrale, un poema epico o un’opera d’arte, anche se in modo diverso. In Italia, poi, l’esistenza di tante diverse cucine regionali rende ancora più evidente quanto esistano, separate magari solo da un corso d’acqua, culture diverse e secolari. Culture che solo in tempi piuttosto recenti hanno cominciato a mescolarsi, contaminarsi, influenzarsi a vicenda.

Queste cucine regionali, un po’ alla volta, abbiamo intenzione di esplorarle e conoscerle più a fondo. Individuandone, come abbiamo fatto finora, alcuni piatti particolarmente importanti e rinomati e tracciandone la storia. Per questo oggi abbiamo intenzione di continuare il nostro percorso col Trentino-Alto Adige, terra di confine – e per lungo tempo di spinte autonomistiche – in cui la tradizione germanica si è mescolata a quella italiana e soprattutto ai prodotti locali, dalle mele allo speck, dai formaggi ai pesci di torrente. Addentriamoci quindi insieme alla scoperta di cinque ottimi piatti tipici del Trentino-Alto Adige.

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Canederli

L’antichissima pietanza contadina

I canederli, uno dei più famosi piatti tipici del Trentino-Alto AdigeForse il più antico piatto tipico della zona, a cui sempre pensiamo quando ci mettiamo in marcia verso un rifugio – indipendentemente dal fatto che sia estate o inverno –, sono i canederli. Si tratta di palle rotonde del diametro di circa cinque centimetri o poco meno, formate da pane raffermo in un impasto che comprende anche latte, uova, speck, a volte formaggio, prezzemolo e cipolla.

I canederli sono diffusi in un’amplissima zona che in Italia va dall’Alto Adige al Friuli ma, oltre le Alpi, unisce Germania del sud, Austria, Repubblica Ceca e perfino Slovenia e Polonia (dove, in diverse varianti, si ritrovano piatti molto simili). Traggono il loro nome dalla parola tedesca knödel, che a sua volta deriva da knot, ovvero nodo, grumo. Una parola che ne indica quindi la consistenza e in un certo senso anche gli ingredienti poveri.


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Asciutti o in brodo

Questi grossi gnocchi possono essere mangiati “asciutti”, magari accompagnati da crauti, cicoria o gulasch, oppure – ed è la ricetta più tradizionale – nel brodo di cottura. In questa versione diventano un’ottima pietanza per riscaldarsi dopo una fredda giornata invernale all’aperto.

Se, come abbiamo detto, è impossibile stabilire in quale paese del centro Europa questo piatto abbia avuto origine, bisogna però ricordare che la prima testimonianza ufficiale dell’esistenza dei canederli risale al 1180. Tale testimonianza si trova in un affresco contenuto nella cappella del Castel d’Appiano, fortezza che si trova a Missiano, in provincia proprio di Bolzano, al confine con la provincia di Trento.

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Crauti alla tirolese

Il piatto tipico tedesco nella variante altoatesina

I crauti alla tiroleseAncora più dei canederli, la pietanza che più di tutte ricorda a noi italiani la cucina tedesca è quella dei crauti, tanto che questa particolare verdura è da sempre associata nel nostro immaginario alla Germania almeno quanto all’estero associano a noi la pasta o la pizza. Non a caso in tedesco kraut indica l’erba e quindi, in generale, qualsiasi ortaggio a foglia. Noi invece associamo tale parola al cavolo cappuccio, preparato tramite una fermentazione lattica naturale e con l’aggiunta di sale da cucina. Una preparazione che conferisce al contorno quel tipico gusto un po’ aspro che ben si sposa, in genere, coi würstel.

In Trentino e soprattutto in Alto Adige i crauti vengono serviti secondo una tipica ricetta locale che è quella dei crauti alla tirolese. In pratica, ai classici crauti tedeschi si aggiungono pancetta affumicata, cipolla e vari aromi (si possono usare perfino le bacche di ginepro). Il tutto poi viene servito come contorno non solo di würstel o salsicce, ma anche degli stessi canederli o delle varie pietanze a base di patate di cui abbonda la cucina tirolese e che vedremo già nel prossimo punto della nostra cinquina.

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Polenta di patate o della Val Pusteria

Le due più diffuse e più gustose varianti

La polenta di patateSe i primi due piatti che abbiamo presentato segnano il legame tra il Trentino-Alto Adige e la tradizione tirolese e germanica, più legata alla cucina del nord Italia è invece la polenta. Anche questa, però, nella nostra regione alpina si presenta in alcune varianti molto particolari. Nella ricetta tradizionale, diffusasi a partire dal XVII secolo in tutta la pianura padana e nelle zone prealpine, l’ingrediente fondamentale era la farina di mais, prodotto da poco importato dall’America.

Nelle varianti trentine, però, il baricentro si sposta in genere verso le patate. Soprattutto nelle zone più meridionali della regione infatti c’è l’usanza di cuocere a tocchetti le patate (possibilmente non fresche) nell’acqua salata e poi di pestarle, aggiungendoci la farina di grano saraceno o, al limite, un misto di farine varie. Il tutto viene poi impreziosito con salame, formaggi o cipolla (in questo caso prende il nome di polenta cocia).


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Più a nord, in Val Pusteria, la polenta invece si fa mescolando la farina di grano saraceno ad acqua e vino e poi aggiungendo del formaggio locale tagliato a dadini. Inoltre, a fine cottura, bisogna inglobare delle acciughe, secondo una ricetta importata dalla Liguria e poi fatta rapidamente propria dai valligiani. Infine va spolverata con un po’ di pepe e servita, calda o fredda.

 

Strudel di mele

Un vortice di Golden Delicious

Lo strudel di meleArriviamo, dopo primi e contorni, ai dolci, per i quali nella regione c’è una particolare predilezione. Ed è inevitabile che sia così, avendo a disposizione certi ottimi prodotti della terra che ben si sposano con le torte. Le famose mele trentine della Val di Non, ad esempio, trovano la loro collocazione anche nel celebre strudel di mele, dolce di origine turca (il suo antesignano è la baklava) che poi, tramite dominazioni e invasioni, è arrivato prima in Ungheria, poi a Vienna e infine anche nelle zone del nord Italia. E cioè appunto in Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, dove comparve a partire dal XIX secolo.

Il nome è una parola tedesca che significa vortice, nome scelto per sottolineare l’arrotolamento che la pasta subisce dopo esser stata riempita di vari ingredienti, dalle pere alle albicocche, dai frutti di bosco fino anche alle verdure. È però proprio con le mele, e in particolare con le Golden Delicious – zuccherine e in grado di tenere la cottura –, che il dolce è conosciuto in Trentino. La pasta da strudel infatti viene arrotolata con dentro i pezzi di mela prima di andare in forno, spesso con l’aggiunta anche di pinoli, cannella, scorza di limone e uvetta.

 

Zelten

Il dolce natalizio a base di frutta secca

Lo zeltenUltimo piatto e secondo dolce della nostra cinquina è lo Zelten, tipico delle feste natalizie anche se ormai preparato durante tutto l’anno. Il nome, anche in questo caso, deriva dal tedesco, lingua che è di casa nella provincia di Bolzano, terra d’origine pure di questo pane dolce fruttato. Selten significa infatti raramente e indica l’occasionalità con cui il dolce veniva preparato.

La differenza tra Trentino e Alto Adige

Si tratta di un tradizionale impasto costituito da farina di frumento e segale, uova, burro, zucchero e lievito, all’interno del quale si piazzano frutta secca (in particolare pinoli, noci, mandorle, fichi secchi e uva sultanina) e canditi. Questo in linea di massima, perché le variazioni sul tema sono innumerevoli. Basti pensare che nel Trentino il dolce assomiglia a una torta morbida, mentre in Alto Adige tende ad avere la forma di un grande biscotto con una maggior abbondanza di frutta secca.

In ogni caso la tradizione vuole che questa specialità venisse preparata tutti insieme in famiglia (sia per la difficoltà dell’esecuzione, sia per il costo non indifferente) attorno al 13 dicembre – perché aveva bisogno di essere lasciata a riposare per una decina di giorni – e che poi venisse gustata il giorno di Natale. Spesso anche come dono che le promesse spose facevano alla famiglia del loro fidanzato.

 

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1 COMMENTO

  1. Buonissimi tutti questi piatti che sono a dire il vero tutti tipici dell’alto Adige. Del Trentino si può aggiungere un piatto tipico valsuganotto, cioè della Valsugana, polenta con crauti e cotechino. Una specialità tipica invernale. Ultimamente però l’ho mangiato inn un hotel merano e dintormi. Squisito! Un caro saluto da Marlengo. Monica di http://www.lamaiena.it/

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