
Come forma narrativa, quella del diario è forse la più spontanea, partendo dal fatto che chi scrive lo fa solo ed esclusivamente per se stesso. In questo modo non vige l’obbligo di rispettare alcun canone: figure retoriche, correttezza lessicale e virgole al posto giusto non sono affatto necessarie se il testo non ha alcun destinatario. Ma quali sono le ragioni che spingono una persona a mettere per iscritto le proprie memorie e a riporle in un cassetto?
A volte solo la carta può soddisfare uno sfogo e sempre sulla carta si possono annotare emozioni o episodi perché non sbiadiscano come accade invece ai ricordi.
Così capita che, mentre le nostre giornate vengono travolte dagli eventi e la vita ci conduce verso un futuro lontano da questo mondo, tutto ciò che siamo stati rimane in quel fascio di fogli nascosti in un luogo segreto, com’è accaduto ad Anna Frank.
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Il suo è forse il diario più famoso, ma non è di certo l’unico. Ogni tanto alcune pagine ingiallite fanno capolino dal baule impolverato di una soffitta e ci si rende conto di quanto sia preziosa quella testimonianza ricoperta di ragnatele.
Che racchiudano il dolore causato da una malattia, il terrore provocato da una guerra o delle semplici descrizioni di viaggi, i diari sono sempre emozionanti. Eccone cinque tra i più belli.
Indice
1. Etty Hillesum – Il diario
La decisione di subire la stessa sorte del suo popolo
La sua storia riguarda uno dei periodi più atroci della storia dell’umanità, ossia la Seconda guerra mondiale. Il motivo per cui non ha riscontrato la stessa diffusione di quello di Anna Frank è che il diario di Esther Hillesum, più comunemente nota con il diminutivo Etty, è di pubblicazione più recente: venne infatti dato alle stampe solo nel 1981.
Etty nacque a Middelburg, nei Paesi Bassi, nel 1914. Suo padre era un insegnante di lingue classiche che lavorava ovunque, quindi Etty, insieme alla madre e ai due fratelli Mischa e Jaap, lo seguiva durante i suoi spostamenti.
Gli Hillesum viaggiarono tra Tiel, Winschoten e Deventer, fino a trasferirsi definitivamente ad Amsterdam. Lì la ragazza intraprese gli studi di giurisprudenza, ma fu lo scoppio della guerra e l’interesse per la psicologia analitica junghiana a convincerla a tenere un diario a partire dal 1941.
Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso.
Piena di risorse, Etty Hillesum svolse numerosi incarichi, tra cui quello di dattilografa al Consiglio Ebraico nel 1942. In quell’occasione le venne offerta la possibilità di sfuggire ad un destino che l’avrebbe condannata ad una morte certa, ma rifiutò: la sua fede era troppo profonda e nulla l’avrebbe persuasa ad abbandonare il suo popolo.
Così fu internata insieme a tutta la famiglia nel campo di Westerbork. Successivamente vennero deportati ad Auschwitz, dove morirono tutti tranne Jaap, che fu l’unico superstite.
2. Nina Lugovskaja – Il diario di Nina
Il regime che confisca i ricordi e sopprime i sogni
Esattamente come nel caso di Etty, le memorie della moscovita Nina Lugovskaja sono una scoperta tardiva e casuale. È stata la studiosa Irina Osipova, infatti, a frugare negli archivi della polizia segreta e a riportare alla luce questo ritratto della Russia degli anni Trenta.
Il problema de Il diario di Nina, in realtà, è stato il suo primo pericoloso e prematuro ritrovamento, avvenuto parecchi decenni prima di quello della Osipova.
All’epoca, infatti, il paese in cui la ragazzina viveva era in una situazione politica instabile. Le perquisizioni erano diventate una pratica di routine e fu in una di queste che venne scovato il diario.
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La diciottenne non si era trattenuta dal riversare sui fogli bianchi ciò che le era proibito esprimere: il disappunto nei confronti del regime. La cattura e i cinque anni di lavori forzati furono l’aspra punizione che spense per sempre la voce di Nina.
Il tempo non passava mai. Ljalja temeva per il suo diario, e io ancor di più per il mio: appena mi sono ricordata che cosa c’era scritto, sono inorridita.
Sebbene fosse frustrata a causa del suo aspetto fisico e del suo strabismo, la giovane russa descriveva anche momenti di gioia e immaginava di poter realizzare il sogno di diventare una scrittrice. In effetti possedeva del talento e molto probabilmente ci sarebbe riuscita, ma al ritorno in libertà Nina scelse di sfogare la sua vena creativa nella pittura.
3. Ernesto “Che” Guevara – Latinoamericana
Meraviglie e debolezze dell’America Latina
Forse uno dei motivi per i quali la gente ama leggere i diari altrui è che spesso questi ultimi sono scritti da persone che nessuno conosce e che, grazie a quelle poche righe senza destinatario o secondi fini, si sono convertite invece in un esempio di vita.
Anche le memorie di personaggi importanti, però, non sono da trascurare: cosa si nascondeva nell’animo Virginia Woolf, stimata critica e scrittrice di romanzi? Per fortuna esistono dei diari che lo svelano.
Anche il rivoluzionario argentino Ernesto Guevara, prima di diventare il “Che”, affidava i suoi pensieri alla carta. Latinoamericana è un diario di viaggio, quello intrapreso insieme all’amico Alberto Granado attraverso i paesi dell’America Latina.
Viaggiano in sella alla Poderosa II, che altro non è che la fantastica motocicletta di Granado. Nel corso del tragitto si sposteranno però anche a piedi o su mezzi di trasporto occasionali.
Non è questo il racconto di gesta impressionanti. È il segmento di due vite raccontate nel momento in cui hanno percorso insieme un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni.
L’itinerario è molto vario, ma le due tappe fondamentali sono la storica Machu Picchu e il lebbrosario di San Pablo. Lo stretto contatto con la povertà e la miseria permetterà ad Ernesto di far maturare le sue idee: avverte la necessità di cambiare le sorti del popolo latinoamericano, per indirizzarlo verso un futuro più equo e giusto, libero dai sistemi economici che lo stanno danneggiando.
4. Alice: i giorni della droga
La schiettezza del diario e i misteri che circolano su di esso
Alice: i giorni della droga fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1971 e sollevò immediatamente un gran polverone. La scrittrice che si occupò dell’opera fu Beatrice Sparks ma, per quanto riguarda la ragazza che la scrisse di suo pugno, non si seppe assolutamente nulla, probabilmente perché era consapevole dello scandalo che avrebbe provocato o magari perché non fu sua l’intenzione di rendere note quelle pagine.
La misteriosa autrice racconta, attraverso ben due diari, la sua esperienza nel tunnel della droga.
Ciò che più sconcerta il lettore è che, per quanto difficile sia la vita della protagonista, inizialmente non si manifesta in lei l’intenzione di avvicinarsi alla tossicodipendenza. Le sue preoccupazioni sono quelle di una normalissima adolescente: la scuola, il rapporto con i genitori, quello con il cibo e l’accettazione sociale.
Arriva poi l’evento che turba la sua quotidianità: il trasferimento in un’altra città a causa del lavoro del padre.
Una goccia di pioggia mi è appena caduta in fronte, proprio come una lacrima che giunge dal cielo. È possibile che le nuvole e i cieli mi piangano addosso?
Il ritorno, durante le vacanze estive, alla città natale e l’invito ad una festa faranno conoscere alla ragazza l’LSD. La sua storia ricorda quella di Christiane F. in Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: entrambe le protagoniste vogliono uscire dall’incubo delle sostanze stupefacenti, ma vi precipitano ripetutamente.
Alla fine del secondo diario pare che le cose si sistemino definitivamente, ma un epilogo riporta la morte della ragazza tre settimane dopo il suo ultimo messaggio, forse per un’overdose, forse per suicidio.
5. Johann Heuchel – Il libro di Johann
Un malato che si aggrappa disperatamente alla vita
Johann Heuchel è un giovane ragazzo francese di diciannove anni originario di Bosc-le-Hard. È affetto da fibrosi cistica, una malattia che ostacola il buon funzionamento dei polmoni e a causa della quale nei primi anni Novanta, periodo in cui Johann si racconta, molte persone venivano sottoposte urgentemente a un trapianto a cui, nella maggior parte dei casi, non sopravvivevano.
Il suo diario ripercorre perciò il progredire della malattia e il travaglio che comporta.
Le giornate di Johann scorrono quasi sempre tra le mura della clinica di Giens in cui è tenuto costantemente sotto controllo. Lì conosce altri malati, altri giovani che, come lui, sperano di ricevere polmoni sani e di respirare finalmente il profumo della vita.
Tutti insieme si fanno forza, stringendosi la mano quando uno di loro è in sala operatoria, pregando che ne esca vincitore.
Penso che la vita valga la pena di essere vissuta, e che se fra un anno non sarò più qui a scrivere, vivrò ancora attraverso ciò che scrivo oggi.
Sebbene si tratti di un diario intimo, Johann si rivolge ad un ipotetico lettore. In fondo si percepisce il desiderio che i suoi ricordi siano trovati e pubblicati. Non si stanca mai di ribadire il suo amore per la vita e sogna un futuro senza fibrosi cistica.
Putroppo però Johann Heuchel muore il 23 agosto 1992 in seguito ad un’operazione. Le sue pagine vengono proprio ritrovate in un cassetto dai genitori, che decidono di renderle un pubblico esempio.
E voi, quale diario preferite?